Ostraka - Forum di archeologia

Come veniva lavorata la giadeite?

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view post Posted on 30/9/2019, 20:07

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Sebbene di differentissimo contesto, forse dovreste guardare questo:
http://www.quaderni.archeofriuli.net/wp-co...ra_levigata.pdf

L'esperienza in termini di archeologia sperimentale di forare pietre decisamente compatte utilizzando un debole legnetto di sambuco (unitamente a tanta sabbia quarzifera e tantissima pazienza) è ai nostri giorni gettonatissima un po' in tutti i nostri "parchi di archeologia preistorica", io stesso ho avuto modo di cimentarmici e posso confermare che funziona.
 
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view post Posted on 1/10/2019, 05:48
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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LA, a parte il differentissimo contesto, il lavoro che si può leggere all'indirizzo da te trascritto si riferisce solo ed esclusivamente alla PERFORAZIONE, non al taglio.

L'applicazione delle tecniche di perforazione con trapani dei tipi illustrati in quel lavoro sono ben note e studiate anche relativamente alla produzione di fori, coppelle e grani di collana in pietra semidura, segnatamente giadeite e turchese, nella Mesoamerica.
Di più, si ipotizza anche l'utilizzo di trapano ad archetto e di trapano a pompa, anche se personalmente considero quest'ultima tecnica troppo impercisa, vista la qualità dei risultati ottenuti da Olmechi, Nicoyani e Maya.

Inoltre, i fori presenti nei manufatti in giadeite prodotti in quell'area raramente hanno la sezione cercolare (vedi oltre gli orecchini a rocchetto), la presenza di fori di tal fatta su pendenti costaricensi è quasi sempre indice di un falso, prodotto per il mercato nordamericano.
I fori sono quasi sempre biconici, raramente monoconici, e le tracce analizzate al loro interno portano a pensare che lo strumento utilizzato per praticarli fosse un trapano ad archetto o del tipo che si vede nelle illustrazioni di quel lavoro, con una punta di quazite, selce, raramente di ossidiana (l'ossidiana è molto fragile), fissata all'estremità posta a contatto con il materiale da forare.

La punta non veniva inserita quando si utilizzava un'asta cava, in genere ricavata da un lungo osso cavo di uccello o da un culmo altrettanto cavo di una specie di bamboo, che è molto ricco di silicio, per ottenere un cilindretto da utilizzare per la produzione di grani di collana. In tal caso il foro risultante aveva sezione circolare.
Sono sempre cilindrici e di diametro abbastanza grande i fori presenti sul "fiore" degli orecchini a rocchetto

Tieni presente che con questa tecnica sono stati prodotti fori biconici, del diametro di 6/7 mmm, su tubi in giadeite della lunghezza di 55 cm. Il foro praticato partendo da ciascuna estremità dell'oggetto è ovviamente pressoché circolare fino a meno di un cm dalla sua fine e le due estremità coniche si incontrano quasi perfettamente, lo scanso è minimo...

Le coppelle sono concave con il fondo generalmente piatto. Anche in questo caso, le strie constatabili sulla superficie della coppella sono state riprodotte utilizzando trapani del tipo visto in precedenza, con punta litica. Il fondo piatto si pensa sia il risultato dell'usura del puntale.

Qui, un lavoro abbastanza recente, frutto delle analisi e degli esperimenti condotti nel laboratorio dell'INAH a Città del Messico, sotto la direzione di Emiliano Mélgar Tisóc

https://dadospdf.com/download/analisis-tec...cab67341d49_pdf


L'analisi delle tracce di lavorazione rilevabili sul verso delle mezze asce costaricensi e di grandi oggetti prodotti dagli Olmechi (vedi p. es. il verso della c.d. ascia Kunz http://en.wikipedia.org/wiki/File:Kunz_Axe.jpg [American Museum of Natural History, New York, 27.9 x 15.5 cm, peso 7 kg]) indica chiaramente l'utilizzo di corde per segare le asce intere in due metà, nel caso dei pendenti costaricensi, e per staccare lamelle sottili, nel caso delle "asce" olmeche.
Lo stesso vale anche per oggetti prodotti dalle culture neolitiche cinesi (Liangzhu e altre, meno note).

Che io sappia, in letteratura si trovano solo due lavori riferentisi a esperimenti sul taglio condotto con corde.
Uno è stato tentato, vado a memoria perché non ho sottomano i documenti, negli USA ad opera di Mark Chenault, l'altro in Cina, non ricordo il nome dell'autore.

Il risultato del primo, condotto su un pezzo di giadeite, è stato sostanzialmente negativo: il consume delle corde era incredibilmente veloce e l'incisione ottenuta, dopo 6 ore di lavoro e consumando una grande quantità di corde, era profonda 6 mm, se non ricordo male. Considerando che abbiamo esempi di asce tagliate a metà e lunghe più di 20 cm... è vero che i costaricensi del tempo avevano a disposizione tutto il tempo che volevano, quindi le 200 ore di lavoro necessarie per terminare un taglio del genere forse per loro non erano un problema, ma il consumo di corde di lunghezza limitata fu giudicato decisamente eccessivo.

Il risultato del secondo fu giudicato dall'autore molto positivo, salvo ammettere, alla fine della presentazione, di aver condotto l'esperimento su un pezzo di muscovite, materiale decisamente più tenero sia della nefrite che più ancora della giadeite (muscovite durezza Mohs 2,5, nefrite 6/6,5, giadeite 6,5/7).

Inoltre, nel caso della Cina i documenti storici in nostro possesso, quindi risalenti a dopo l'introduzione della scrittura, quando già i cinesi avevano a disposizione non solo bronzo di ottima qualità ma addirittura acciaio temprato e forse le punte diamantate, sono molto vaghi a proposito della più antica produzione di oggetti in nefrite (la giadeite iniziò ad essere utilizzata in Cina solo a partire dal 1750 d.C.), parlano di unguenti che rendevano la nefrite tenera come il burro.
Nel caso della produziome mesoamericana, invece, abbiamo le relazioni che ci hanno lasciato i cronisti spagnoli, a proposito delle tecniche utilizzate da Aztechi e popolazioni delle isole caraibiche.
E queste ci parlano della tecnica di taglio con corde di henequén o cabuya, utilizzate nella maniera da loro illustrata.

Ho aggiunto le mie considerazioni a proposito della struttura della corda, della sua lunghezza e di come doveva essere raggomitolata o ammatassata, per rendere il suo utilizzo "comodo".
Di matasse (cerros, in spagnol) parlano entrambi i cronisti che ho citato.

All'inizio di questa discussione, Zilc ha suggerito l'utilizzo di corde realizzate con capelli umani, secondo lui, per ragioni strutturali, più resistenti all'usura delle corde in fibra vegetale: nessuno dei cronisti ne parla. E nemmeno gli archeologi...
 
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view post Posted on 1/10/2019, 07:40

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Perdonami, ma insisto che il riferimento potrebbe essere illuminante.

Dalla piccolissima esperienza che in passato mi è capitato di fare anche personalmente il punto è che il materiale utilizzato in associazione alla sabbia quarzifera non deve affatto avere caratteristiche meccaniche particolari: deve solamente essere abbondantemente disponibile (perché dovrà essere sostituito frequentemente) e deve essere utilizzato secondo un verso che assecondi la tendenza a tenere raccolta (e a non disperdere eccessivamente) la sabbia.
Un legnetto da poco che in natura si presenta più consistente all'esterno che nell'interno (o forse addirittura uno cavo, non so) funzionerebbe senz'altro per perforazioni di punta, ma con più fatica e più tempo non vedo perché non dovrebbe funzionare anche di taglio una volta sezionato longitudinalmente.
In altre parole se siamo d'accordo a dire che ciò che taglia è la sabbia, allora ci tocca ammettere che il secondo materiale influisce più che altro sulla maggiore o minore efficienza del sistema trattenendola più o meno bene, ma in fondo non è così risolutivo.

Ragionando di corde la questione non dovrebbe essere molto differente.

Istintivamente mi verrebbe anche da dire che dove non riesci a tagliare spacchi e poi regolarizzi (di nuovo con sistemi a base di sabbia).

Suggerisco dell'archeologia sperimentale, meglio se muovendosi insieme a chi già ne fa sebbene su differenti contesti (per esempio in qualche bel archeoparco incentrato sull'Archeologia preistorica).

. . . ah poi semmai sarebbe interessante valutare se l'operazione è condotta a secco o a umido.
 
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view post Posted on 1/10/2019, 14:04
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Circa l'ultimo quesito, ciooè se l'operazione fosse condotta a secco o umido, gli archeologi che studiano la lavorazione della giadeite nella Mesoamerica sono concordi: umido. Ma non hanno prove documentali in merito.

Torno alle due domande principali: con quale materiale e con quale tecnica sono state tagliate le pietre semidure nella Mesoamerica?

Materiale.
Nel lavoro di Mélgar Tisóc e allieva che ho citato, le conclusioni dei loro esperimenti e confronti sono chiare (tra l'altro, Mélgar Tisóc è autore di numerose pubblicazioni, in merito anche ad altri tipi di pietre, segnatamente la turchese, molto utilizzata dagli Aztechi, e non è l'unico ad aver effettuato esperimenti e confronti del genere, vedi più avanti).
Materiale e tecnica, di cui parlerò dopo, sono differenti a seconda che si tratti di taglio o di lavorazione della superficie.
Partendo, come ho fatto io, dallo studio delle fonti, non hanno tentato di tagliare una pietra con quella tecnica, cosa fatta in passato con pessimi risultati (perché secondo me sbagliavano nell'applicazione della tecnica).
Più modestamente, hanno inciso, con varie tecniche e utilizzando differenti materiali, la superficie della giadeite.
Utilizzando il microscopio a scansione, ne hanno confrontate le strie risultanti con quelle rilevabili su oggetti in giadeite, prodotti in area Maya e rinvenuti durante gli scavi di quanto resta del Templo Mayor a Città del Messico.
La conclusione è stata che le strie di pochi micron di larghezza rilevabili sugli oggetti precolombiani sono assolutamente simili a quelle prodotte sperimentalmente, utilizzando corda vegetale e sabbia silicea molto fine.
Analoghi risultati sono stati ottenuti da altri archeologi con confronti dello stesso tipo, effettuati su giadeiti costaricensi.
Questi sono dati di fatto sperimentali, i primi pubblicati già una decina di anni orsono, ottenuti con esperimenti tutt'ora in corso nei laboratori messicani dell'INAH (Instituto Nacional de Arqueologia e Historia) e in quelli costaricensi dell'MNCR (Museo Nacional de Costa Rica).
Quindi, gli archeologi che studiano quegli oggetti non hanno dubbi su quale materiale sia stato utilizzato per il taglio.
Solo in rari casi si è constatato l'utilizzo, come utensile di taglio, di sottili microliti di ossidiana o selce, fissati presumibilmente su piatti bastoni di legno, come facevano gli Aztechi per produrre le loro "spade", di cui si può vedere qui una ricostruzione, dato che nemmeno una è giunta sino a noi

https://it.wikipedia.org/wiki/Macuahuitl#/..._Maquahuitl.jpg

Tecnica.
Durante gli esperimenti, sono state utilizzate tecniche e materiali differenti a seconda del tipo di lavorazione che si effettuava.
Sempre in base ai risultati sperimentali, come si legge nel lavoro che ho più volte citato, il taglio era effettuato con corda e sabbia (che la corda sia di fibra vegetale o di pelle animale, il risultato è identico) e movimento di andirivieni.
Le incisioni superficiali, invece, erano effettuate con molte tecniche differenti e utilizzando legno duro ridotto a scaglie con una estremità assottigliata o pietre appuntite di vario genere, quarzite, ossidiana, selce, arenaria e altre.
Il lustro superficiale veniva ottenuto attraverso due differenti fasi di lavorazione.
La prima, quando la superficie non era stata ancora incisa, avveniva sfregando l'oggetto con pietre altrettanto dure, in genere agate o giadeite stessa.
Terminate le incisioni, si procedeva ad una ulteriore lucidatura, con legni di varia durezza via via minore e infine con pelle animale.
Questo è il motivo per cui l'interno delle incisioni degli oggetti autentici o non rimaneggiati dagli antiquari è grezzo.

L'interrogativo rimanente, quindi, è questo: perché hanno fallito gli esperimenti volti ad effettuare un taglio vero e proprio?
Secondo me la risposta sta in quanto ho ipotizzato, studiando le fonti del XVI sec., scritte subito dopo la conquista da due personaggi che ebbero a cuore la sorte degli indigeni.
Il taglio non veniva effettuato con brevi corde incoccate su un archetto, bensì utilizzando lunghe corde, raccolte a gomitolo o matassa. Questo permetteva di non fermarsi mai durante l'operazione, a sostituire la corda sull'archetto, più semplicemente il filo usurato veniva fatto scorrere olte la linea di taglio, sulla quale arrivava in questa maniera filo "sano", come scrive Oviedo.

I trapani venivano utilizzati solo per praticare fori e una tecnica era anche quella di praticare tanti forellini lungo la linea di taglio e poi tagliare con la corda i setti che li separavano, ma veniva usata principalmente per separare braccia e gambe dal corpo di oggetti di forma antropomorfa, realizzati su lastre di piccolo spessore.
Oppure, i trapani venivano utilizzati per produrre cilindretti, da tagliare poi in dischi da collana o diadema.
 
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view post Posted on 1/10/2019, 17:58
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CITAZIONE (Usékar @ 1/10/2019, 06:48) 
unguenti che rendevano la nefrite tenera come il burro.

Non vorrei essere vittima di un falso ricordo, ma mi pare che in questo forum (o era forse sul predecessore AI?) si sia parlato di una tecnica di taglio di pietre utilizzata credo in America Meridionale, in cui ci si serviva, se non erro, di succhi vegetali per "sciogliere" le stesse.

O farnetico?

Non vedo però perché mettere in dubbio quanto tramandato rigurdo alla possibilità di usare cordicelle per tagliare la giada/giadeite.
 
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view post Posted on 1/10/2019, 18:23

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CITAZIONE (dceg @ 1/10/2019, 18:58) 
Non vedo però perché mettere in dubbio quanto tramandato rigurdo alla possibilità di usare cordicelle per tagliare la giada/giadeite.

Pare anche a me che l'argomento non suoni nuovo.

Per conto mio non mettevo in dubbio la cordicella come tecnica, solo cercavo di contribuire a svelare il trucco "da prestigiatore": ciò che veramente taglia non è la corda o a seconda dei casi il bastoncino, ma la sabbia che portano con sè (del resto oggi nel campo delle macchine utensili più progredite si fa più o meno la stessa cosa veicolando sabbia con idrogetti ad altissima pressione).

Quanto all'impiego di sostanze vegetali per "sciogliere" le pietre si tratta di espedienti tecnici -riferiti nelle narrazioni a situazioni più o meno esagerate come il famoso caso di Annibale sulle Alpi- che ritornano in svariate culture in giro per il mondo (fino all'immancabile Cina, se ricordo bene).
 
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view post Posted on 1/10/2019, 18:55
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Nel caso cinese, secondo i testi scritti più di duemila anni dopo, il taglio della nefrite in epoca neolitica sarebbe stato agevolato da un unguento di cui ciascun artigiano conservava gelosamente il segreto, ma il cui componente essenziale sarebbe stato grasso di rospo.
Non è dato sapere di che specie di rospo si trattasse nè quali altri ingredienti entrassero nella composizione dell'unguento :lol:

Ne abbiamo brevemente parlato all'inizio di questa discussione, argutamente IunoMoneta ossrvò:
"Mi sa che hanno dimenticato la formula perchè attualmente usano delle frese meccaniche... :D"

Se vi interessa, apro una discussione a parte, per raccontarvi un po' delle leggende cinesi che circondano la nefrite.
Anche i Maōri neozelandesi fecero della nefrite la loro pietra totemica e la circondarono di bellissime leggende, magari vi racconto anche quelle, a beneficio delle serate da trascorrere coi vostri nipotini... :P :lol:

Ah, dimenticavo.
LA, certo, hai fatto benissimo a sottolinearlo.
Secondo me, versavano acqua nella zona di taglio, per raffreddare la corda, altrimenti si sarebbe usurata ancor più velocemente, ma soprattutto spalmavano la corde di resina, per farvi aderire la sabbia, così non si disperdeva e "grattava" in maniera ancor più efficace.
Sull'acqua sono d'accordo anche gli archeologi, nessuno di quelli dei quali ho letto i lavori accenna alla resina.
Io ho preso l'idea dai suonatori di strumenti a corda e archetto, violinisti etc., che spalmano colofonia, una resina, sui crini di cavallo dell'archetto, per farlo "grattare" bene.
 
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view post Posted on 1/10/2019, 21:51
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CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 1/10/2019, 19:23) 
Per conto mio non mettevo in dubbio la cordicella come tecnica, s

Non intendevo che tu lo facessi, tutt'altro; la mia era un'osservazione di carattere generale

Sì, sì, Usékar, raccontaci le storie e le leggende!

Penso anch'io che il taglio dovesse venir bagnato, e quindi anche la cordicella e questo per vari motivi, non solo il raffreddamento ma anche il fatto che alla cordicella bagnata i granelli abrasivi aderivano più facilmente e che almeno certe fibre vegetali sono più resistenti da bagnate che da secche, tendendo a contrarsi e meno a sfibrarsi.
L'ipotesi della resina ispirata alla colofonia mi piace (sto proprio ascoltando la partita N° 1 per violino solo di Bach in una vecchia registrazione di Nathan Milstein :) ). Io avevo pensato anche all'uso di un grasso per far aderire i granelli alle fibre. (Magari avevano i rospi adatti ;) )
 
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view post Posted on 2/10/2019, 06:04
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CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 1/10/2019, 19:23) 
Per conto mio non mettevo in dubbio la cordicella come tecnica

Anzitutto, chiedo scusa a LA, in effetti avevo trascurato di sottolineare quanto da lui fatto accuratamente rilevare, e cioè che il "trucco da prestigiatore" risiede nell'utilizzazione di sabbia fine, dato che è quella che taglia, non la corda in sè.
Il fatto è che davo quasi per scontata l'osservazione, essendo tutto concentrato nel cercare di capire perché gli esperimenti tentati per effettuare un taglio fossero miseramente falliti. E questo non è dipeso dalla sabbia, bensì dalla corda utilizzata e dalla tecnica di manovra della stessa.

CITAZIONE (dceg @ 1/10/2019, 22:51) 
Sì, sì, Usékar, raccontaci le storie e le leggende!

Bene, aprirò i racconti nelle sezioni apposite, Archeologia dell'Asia e ... urca, mi sono accorto or ora che non esiste una sezione Oceania, utilizzarò la sezione Archeologia generica.
Però, no, sono racconti, non notizie di archeologia strettamente detta, è meglio che utilizzi la sezione Per rilassarsi un po', cosa ne dici?

CITAZIONE (dceg @ 1/10/2019, 22:51) 
Penso anch'io che il taglio dovesse venir bagnato, e quindi anche la cordicella e questo per vari motivi, non solo il raffreddamento ma anche il fatto che alla cordicella bagnata i granelli abrasivi aderivano più facilmente e che almeno certe fibre vegetali sono più resistenti da bagnate che da secche, tendendo a contrarsi e meno a sfibrarsi.

Scusa, ma per quanto ne so le corde in fibre vegetali, quando vengono bagnate, si allungano, tanto che era uso bagnarle prima di legare i polsi dei prigionieri, in modo che il nodo, con l'asciugarsi della corda e il suo successivo ritirarsi, divenisse più stretto e saldo.
Si tratta di una tecnica che viene ancor oggi utilizzata nella costruzione di capanne di bamboo, in Giappone e nell'America centrale, o perlomeno, io l'ho visto utilizzare nella Costa Rica, anche nella costruzione di impalcature per l'ediliza "campestre" (nelle città, utilizzano i normali tubi in acciaio, con giunti dello stesso materiale...)
Vero è, invece, che le fibre vegetali bagnate tendono a distendersi, il che fa diminuire l'attrito interno alla corda stessa, dovuto alla tensione, con conseguente maggiore resistenza e prolungamento della durata della corda.

A questo proposito, iniziando con le storielle, c'è un aneddoto famoso, riguardante l'erezione dell'obelisco di Piazza S. Pietro, in Vaticano, avvenuta nel 1586.
Nella piazza si era radunata una gran folla, per assistere all'evento. Il papa Sisto V aveva dato ordine di far osservare il più assoluto silenzio, pena l'arresto con successiva esecuzione capitale, per non disturbare l'operazione.
Quando l'obelisco fu a circa 45°, a causa della trazione e dell'attrito interno delle corde, queste cominciarono a fumare e schioccare, dando le prime avvisaglie di cedimento.
Dalla folla, si levò un grido "daighe aiga ae corde", lanciato dal marinaio ligure Benedetto Bresca, sanremese o bordigotto.
Le guardie pontifice arrestarono immediatamente il marinaio, ma l'architetto Fontana, direttore dei lavori, si fidò del consiglio, fece bagnare le corde a più riprese e l'operazione riuscì perfettamente, grazie a quell'espediente.
Sisto V ovviamente annullò l'arresto del Bresca e gli concesse il grande onore di inviare annualmente a Roma, dal suo paese natale in Liguria, le foglie di palma in occasione della festa omonima. A lui è intitolata una piazza a Sanremo.

CITAZIONE (dceg @ 1/10/2019, 22:51) 
Io avevo pensato anche all'uso di un grasso per far aderire i granelli alle fibre. (Magari avevano i rospi adatti ;) )

Mah, rospi ce ne sono tanti, in giro per il mondo, in tutti i sensi, magari l'espressione è metaforica e per l'unguento veniva utilizzata l'adipe di qualche cinese cicciotto :lol:
Però, non so se la metafora "uomo brutto = rospo" in Cina sia corrente...

CITAZIONE (dceg @ 1/10/2019, 22:51) 
L'ipotesi della resina ispirata alla colofonia mi piace (sto proprio ascoltando la partita N° 1 per violino solo di Bach in una vecchia registrazione di Nathan Milstein :) ).

Come sempre, finissimo intenditore. Salzburg 1966?
 
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view post Posted on 2/10/2019, 07:43
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CITAZIONE (Usékar @ 2/10/2019, 07:04) 
Però, no, sono racconti, non notizie di archeologia strettamente detta, è meglio che utilizzi la sezione Per rilassarsi un po', cosa ne dici?

Ho aperto nella sezione Svago ed Altro un sottogruppo Miti e leggende.

CITAZIONE (Usékar @ 2/10/2019, 07:04) 
Scusa, ma per quanto ne so le corde in fibre vegetali, quando vengono bagnate, si allungano, tanto che era uso bagnarle prima di legare i polsi dei prigionieri, in modo che il nodo, con l'asciugarsi della corda e il suo successivo ritirarsi, divenisse più stretto e saldo.

Naturalmente hai ragione. Ho l'impressione che talora il mio cervello funzioni alla rovescia! :cry:

CITAZIONE (Usékar @ 2/10/2019, 07:04) 
Come sempre, finissimo intenditore. Salzburg 1966?

Sì Salisburgo, ma 6 agosto 1956.
 
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view post Posted on 2/10/2019, 07:51
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CITAZIONE (dceg @ 2/10/2019, 08:43) 
CITAZIONE (Usékar @ 2/10/2019, 07:04) 
Però, no, sono racconti, non notizie di archeologia strettamente detta, è meglio che utilizzi la sezione Per rilassarsi un po', cosa ne dici?

Ho aperto nella sezione Svago ed Altro un sottogruppo Miti e leggende.

Bene, uno alla volta vi racconterò quanto conosco di miti, leggende e storielle in genere, sulla giada nel Mondo
 
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view post Posted on 7/9/2020, 14:36
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Riprendo velocemente questa discussione per chiedere una cortesia.

@ LA Ho cercato molto in rete un qualche lavoro che si riferisse a esperimenti sul taglio della pietra con sabbia e corda vegetale/legno o altro materiale tenero, magari con particolare riguardo per il neolitico, non sono riuscito a trovarne uno...

Oltre all'indirizzo che hai già pubblicato (mi sono stampato il lavoro relativo, ma come ho sottolineato parla solo di fori praticati con veri tipi di trapano, tecnica ben documentata anche in altri lavori già da tempo in mio possesso, ma non si acenna al taglio, che è cosa ben diversa) hai la possibilità di indicarmi un lavoro di archeologia sperimentale che si riferisca appunto al taglio?

Mi serve una citazione, per un lavoro che sto scrivendo, nel quale già cito i passi che ho pubblicato qui nel forum, di Gonzalo Oviedo y Valdés e Fray Bartolomé de las Casas.
Però questi scrivono di quanto hanno visto nel primo quarto del XVI sec., nei Caraibi e in Messico. Presumibilmente, la tecnica da loro illustrata con precisione era molto più antica, ma non documentata, che io sappia.
 
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view post Posted on 7/9/2020, 14:55

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Su due piedi mi trovi impreparato.

Bisognerebbe chiedere a qualche Collega che collabora con organizzazioni didattiche tipo questa: www.archeopark.net/servizi/laboratori-di-archeologia-22
oppure con istituzioni museali particolarmente attente all'Archeologia Sperimentale come per esempio questa: www.museodellapreistoria.it/contatti.html (in particolare potresti provare a contattare uno dei loro "Esperti", ma sull'argomento mi risulta che abbiano poi anche dei collaboratori esterni ferratissimi).

Ci penso meglio, ma mi sa che se ti risponde qualcuno di loro non c'è nulla di meglio su cui io possa spremermi le meningi.
 
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view post Posted on 7/9/2020, 15:00
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Va bene, ci provo, vediamo cosa ne viene fuori. Grazie per le indicazioni, ti farò sapere il risultato.
 
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apò ña spitha èni jinumèna aćà khàra

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