Le fonti - iconografiche, letterarie, mitemi - sono ricche di esempi di sacrifici umani a Roma; tanto per iniziare...Remo.
Al di là della critica che si può avanzare alla narrazione mitologica in sé, va riconosciuto che, per sancire la sanctitas di un confine sacro come quello di un insediamento delimitato da mura, quindi con una sua compatezza ed unità strutturale e sociale - atto costitutivo che porta in terra l'ordine celeste, per questo era preceduto dall'azione augurale - il sacrificio umano era l'offerta più alta e "santa" che si potesse concepire per suggellare un momento così fondamentale. Da quel momento il limite territoriale assurgeva a limite divino, e l'oltrepassarlo senza le adeguate prescrizioni significava commettere azione assolutamente nefasta, e perciò passibile della massima punizione.
Giustamente IunoMoneta riferisce di una sepoltura legata al circuito delle Mura Palatine di VIII sec.: è quella rinvenuta sotto la soglia della presunta Porta Mugonia. La posizione, essenzialmente, ma non solo, fa pensare proprio ad un sacrificio di fondazione. Se ne parla diffusamente in 'La nascita di Roma' di Carandini, cui rimando per ulteriore bibliografia.
Lo strano rituale degli Argei, il sacrificio della coppia di prigionieri (Livio, Ab Urbe Condita, XXII, 57, 6, l'ultimo sacrificio umano nella storia romana), un altro sacrificio, avvenuto nel 228 a.C., durante la guerra contro gli Insubri, e riportato da Plutarco, indicano chiaramente che il sacrificio era attuato, anche se in circostanze straordinarie e non senza un senso di riprovevolezza. Come atto in sé lo si condannava, ma, nella mentalità pragmatica dei romani, a mali estremi...
Sempre per rimanere nel mondo romano, nell'Eneide (Virgilio, Eneide, X, 519-520) si trova che Enea stesso - progenitore dei Romani - prende prigionieri otto giovani dall'esercito di Turno per sacrificarli vivi come offerte agli dei inferi. E come dimenticare che nel cuore stesso di Roma, nel Foro Romano, a poca distanza dalla Curia di età augustea, vi è il Lacus Curtius, che da Marco Curzio prese il nome, il quale si gettò nel 320 a.C. in una voragine infernale per salvare la cittadinanza?
Sempre Livio, per concludere, ci parla di un probabile atto sacrificale, da lui condannato come brutale, questa volta perpetuato proprio dagli Etruschi: l'uccisione di trecentosette prigionieri romani (Livio, Ab Urbe Condita, VII, 15), sul modello di quello più antico già citato da Cerebia.
Per quanto riguarda gli studi della Bonghi Jovino, non ne so molto, ma cercando velocemente su Internet ho trovato che se ne parlò nel convegno «Etruschi, Greci, Fenici e Cartaginesi nel Mediterraneo centrale», tenutosi ad Orvieto dal 24 al 26 novembre 2006. L'intervento della Bonghi era “A proposito di sacrifici umani e rituali sacri in area mediterranea. Tarquinia”; credo lo si ritroverà in "Annali della Fondazione per il Museo «Claudio Faina» vol.14", dedicato a quel convegno. Per maggiori informazioni penso sia meglio mettersi direttamente in contatto con lei: stando a quanto riportato sul sito dell'Università di Milano, il suo indirizzo email è xxxxx, il numero di telefono è xxxxxx.
Edited by dceg - 1/11/2010, 23:32