| Mi piace molto questo tema e lo riesumo volentieri per esprimere la mia opinione al riguardo, anche se non servirà assolutamente a nulla, sperando di riuscire eventualmente ad interessare qualcuno, senza annoiare nessuno.
Comunemente, si tende ad assegnare (quasi arbitrariamente, come molti sostengono) ruoli sociali a maschi e femmine (in tutte le epoche storiche e preistoriche) a seconda del genere di appartenenza. L'uomo possiede in genere un fisico più muscolare e di dimensioni maggiori della donna: gli si assegna quindi la caccia (che può anche condurre piuttosto lontano dalla sede temporanea o definitiva della comunità) e la difesa verso gli eventuali aggressori, di qualunque specie. Alla donna (specialmente considerata come custode della prole indifesa, o che ancora porta in grembo, con tutte le limitazioni che ciò comporta) si assegnano attività meno onerose fisicamente, quali la raccolta dei fruttti delle bacche e dei semi, oltre ai lavori d'intreccio. Ecco perché si ritiene più probabile che copricapi, tappeti, stuoie, cinture, briglie, correggie e corde, bracciali e collane, cesti e cestini, calzature e vestiti, nasse e reti, fossero prodotti dalle mani delle donne. Sono tutti lavori lunghi e noisi, ma importantissimi, che permettono - contemporaneamente - di controllare la casa, la prole e l'area circostante.
Naturalmente, si può avanzare più di un dubbio: ad esempio, è molto più probabile che scudi ed elmi intrecciati fossero fatti personalmente da coloro che li avrebbero poi usati, gli uomini guerrieri, affidando a quelle difese la propria integrità fisica. E nulla vieta che, lungo il percorso di caccia, l'uomo non raccogliesse frutti e bacche, eventualmente cibandosene, oppure anche riportandoli a casa. Ma nulla vieta che anche le donne partecipassero alla caccia, almeno in determinati tipi di essa e con ruoli specifici e meno cruenti (ad esempio: come battitori, se non proprio come prime attrici della caccia stessa). La concia delle pelli è un lavoro nauseante per lezzo e modalità: credo fosse di pertinenza dell'uomo. Anche se poi toccava probabilmente alla donna trarne i vari oggetti finiti. Ricordo che il mito del "Grande Cacciatore", che risale al Paleolitico Superiore è sempre un uomo. Così come anche quello dello Sciamano è un uomo. Ci sarà un motivo, se non compaiono figure di donne tra loro: e si tratta di miti che hanno avuto una lunghissima fortuna di frequentazione e d'uso, fino quasi ai giorni nostri (con Gilgamesh ed Ercole, per citarne solo due).
Attribuirei comunque più facilmente la fabbricazione degli oggetti d'uso comune nell'amministrazione domestica (già elencati) e familiare quotidiana alla donna e quelli per la difesa personale (armi, palizzate, fossi, recinti, capanne) all'uomo...
Più tardi, con il graduale ridursi del numero delle prede utili cacciabili e la conseguente minore redditività alimentare della caccia stessa, si ammette che l'addomesticazione di piante e di animali si sia sviluppata in numero ed in quantità crescenti, fino ad obbligare alla sedentarietà ed alla comparsa dei marcatori ceramici delle prime civiltà stanziali, presso pianure alluvionali fertili. E' suggestivo ma non assolutamente obbligatorio, che la prima agricoltura sia quindi stata appannggio delle donne.
L'osservazione (prosaica e per nulla sentimentale, in quanto più probabilmente avvenuta in un letamaio) che dai semi delle piante (ingeriti dagli animali) germogliano nuove piante della stessa specie poteva essere di chiunque, maschio o femmina: ma erano più probabilmente le femmine ad avere maggiore dimestichezza con l'individuazione, la cernita, la raccolta e la conservazione dei semi e delle bacche. Dato che più probabilmente erano proprio loro che restavano nel villaggio stagionale o definitivo, a curarsi delle attività possibili nei paraggi, erano loro che possedevano il maggiore "know how" tecnico che riguardava anche la scelta più opportuna del posto della possibile semina e la futura cura e coltura delle prime piantine. Non si sa con certezza se le cose siano andate sempre proprio così, naturalmente. Qualsiasi obiezione è lecita, anche in relazione alle epoche e culture che si prendano eventualmente in esame. Ma alcune costanti antropologiche umane restano identiche a sè stesse sempre ed ovunque: i cestini di foglie di yukka dei "basket makers" Hopi di Mesa Verde, assomigliano a quelli di asfodelo degli artigiani sardi di oggi, ad esempio.
Per quanto riguarda la terracotta, non riesco ad attribuire con certezza un ruolo a seconda del genere, come ho letto che altri fanno con decisione per i Maya. Il forno del vasaio è un posto terribile: esso espone a malattie broncopolmonari, per il notevole divario della temperatura alla quale è esposto chi vi lavora. Ma questo varrebbe per chiunque, maschio oppure femmina. Anche il forno del pane, seppure con tempi più brevi, non è troppo tenero, ma sappiamo che è spesso competenza di ambedue i sessi, se non addirittura di quello femminile.. Propenderei anche qui per una collaborazione di ambedue, con divisione dei ruoli tra artigiano che inventa le forme (nelle quali serve il senso pratico di chi quotidianamente usa dette forme) e tecnico che sta alla cottura e stabilizza dette creazioni.
La sperimentazione, cioé quella fase precedente, che consiste innanzitutto nel ricercare tutt'attorno i materiali adatti e noti ed altri nuovi da provare, la ssegnerei preferibilmente ai maschi, ma non sono affatto sicuro di ciò. Anzi, credo proprio che lo stimolo a ricercare nuove colorazioni e nuove terre, consistenze differenti e grane più fini sia stato dato più probabilmente dalle donne.
Che poi sia stato trovato un metallo, che - cotto nel forno del vasaio - sia diventato la prima involontaria fusione della storia, questo è probabilissimo (non dico certo, solo perché nessuno di noi era lì a certificarlo, ma non sono state mai fatte ipotesi più convincenti: la vecchia storia delle pietre intorno al fuoco è poco più che una "favola archeologica", analoga alle moderne "favole metropolitane"). Da allora, il forno del vasaio si è separato dal forno fusorio, specializzandosi in una linea di attività che - come sappiamo con certezza - erano tutte maschili: i prospectors, gli scavatori(*), i fusori, i fabbri. Questi ultimi, nell'Età dei Metalli, divennero personaggi di grandissima importanza per la società, tanto da essere spesso sepolti con i loro strumenti e, infine, divinizzati con le loro deformità e malattie professionali (°).
Quindi, in conclusione, tenderei a dire che sì: le forme più utili nella vita pratica di ogni giorno sono d'ispirazione femminile, cioé di chi le usava quotidianamente. La realizzazione pratica, forse, no.
(*) Anche se esistono tracce di miniere con gallerie troppo piccole per gli adulti, nelle quali erano utilizzati probabilmente bambini. (°) Di cui abbiamo moltissime rappresentazioni, ad esempio Vulcano, un dio troppo veristicamente zoppo. La malattia professionale era l'arseniosi, che probabilmente spinse alla ricerca di leghe in cui non si dovesse respirare il vapore d'arsenico, come nel "rame arsenicale (Betancourt). Leghe con il raro e preziosissimo stagno...
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