Ostraka - Forum di archeologia

Piramidi in Europa

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Pablito50
view post Posted on 26/6/2011, 22:00 by: Pablito50




Volendo fare una cosa gradita a tutti gli utenti di questo sito, questo fine settimana all’ombra delle Dolomiti ho cercato di riassumere e sintetizzare almeno parzialmente alcuni concetti esposti dall’articolo di S. Campbel “RETHINKING HALAF CHRONOLOGIES” e segnalato poco sopra con cura da Karl che ringrazio ancora. L’articolo in inglese lo trovate qui: http://www.arts.manchester.ac.uk/research/...stuartcampbell/

L’articolo è estremamente interessante perché usando come esempio le datazioni riscontrate negli scavi della Mesopotamia Settentrionale (periodo 7°-5° millennio a.C.) propone un “ripensamento” su tutte le datazioni.

Chiedo scusa per alcune traduzioni libere che farò in questa occasione per rendere più comprensibile il testo di Campbell.

Giustamente Campbell dice: “Gli archeologi lavorano costantemente con le cronologie, sia che esse siano il punto centrale dello studio o meno. Le cronologie vengono utilizzate per riordinare gli eventi del passato e per fornire uno schema entro il quale il cambiamento sociale può essere discusso. È evidente la necessità di rivedere e perfezionare la cronologia delle strutture via via che sono disponibili nuove informazioni”. Ritengo questo un concetto fondamentale, ossia laddove le datazioni precedenti non sono coerenti con delle datazioni successive, magari utilizzando tecniche più evolute, è necessario un ripensamento delle stesse. Dunque non bisogna fossilizzarsi sulle ricerche precedenti, anche se blasonate, dandole dogmaticamente come assodate.

In particolare è interessante il capitolo dal titolo “LO SCHELETRO CRONOLOGICO” dove Campbell enumera diversi problemi nella datazione dei resti, soprattutto con il C14.

Primo suggerimento: le datazioni al C14 devono essere per forza multiple.
Su questo non si può non essere d’accordo: gli errori e le contaminazioni sono sempre possibili, più si aumenta il numero dei campioni più si affina la loro affidabilità, eliminando i risultati posti troppo al limite. Un unico campione è assolutamente insufficiente; può essere un punto di partenza, ma non di arrivo, aggiungo io.

Ma lui stesso anche esclude, per la comprensione e la datazione di una civiltà, i siti posti troppo alla periferia, perché, pur essendo importanti, possono avere una deviazione standard troppo elevata rispetto ai siti più centrali. Questo è un altro concetto importante.

In particolare lui dice ”La selezione molto ristretta di siti chiave limita drasticamente l'intervallo tra i dati, ma ha grandi vantaggi. Evita qualsiasi enfasi sulle datazioni che potrebbero essere di vecchia data o scarsamente stratificate. Essa pone grande enfasi nei siti in cui la nostra conoscenza è maggiore. L'uso di sequenze stratigrafiche è importante perché fa il massimo utilizzo delle tecniche più recenti nel campo della calibrazione”.

Per quanto riguarda la datazione al C14, Campbell dice “L'uso della statistica bayesiana nella datazione al radiocarbonio ha avuto un impatto enorme negli ultimi anni” ed è vero. Ricordo che alla base del Teorema di Bayes è il concetto che con l'aumentare della disponibilità dei dati il grado di fiducia nella ricerca cambia e con sufficiente evidenza empirica può diventare molto alto o molto basso.

Infatti non manca di dire “L'integrazione di informazioni stratigrafiche nella calibrazione della datazione non solo migliora il processo di calibrazione, ma rende anche molto più facile identificare le date che sono incompatibili con la loro posizione stratigrafica e i giudizi non corretti sulle datazioni possono essere valutati più in termini probabilistici che non soggettivamente”.

La disponibilità di programmi user-frendly di questo tipo, dei quali io stesso sono furiosamente alla ricerca (sarei molto grato a chiunque mi segnali un programma davvero user-friendly per PC e non quelli complicatissimi che ho incontrato io), riprogramma la possibilità di escludere i risultati più al di fuori dai limiti cronologici che ci si è posti nel modello di studio.

Ma Campbell fa anche un’altra affermazione importante “In quasi tutti i casi, le datazioni importanti qui di seguito sono determinazioni relativamente recenti da parte di importanti laboratori. Anche se ci possono essere ancora alcuni problemi con variazioni degli standard tra laboratorio e laboratorio, questo è un problema minore rispetto alle datazioni più vecchie temporalmente. Ovviamente, dove le datazioni sono più vecchie e lo sono anche le date di riferimento, la variabilità inter-laboratorio è molto più di una preoccupazione”.

È chiara ed evidente che una datazione al C14 non può mai essere considerata definitiva. Così come in medicina si migliorano continuativamente i farmaci eliminando sempre di più le reazioni avverse (non sempre se di produzione cinese), così il test al C14 è migliorato per l’uso di macchine sempre più perfezionate e non per una modifica della metodica. Più la metodica è collaudata, più gli strumenti possono essere affinati e più si può eliminare tutte quelle deviazioni che possono intervenire nell’analisi del campione che hanno origine tipicamente dalla strumentazione.

Dopo anni di contatto con laboratori di analisi mi fido sempre meno delle macchine, spesso guardate con troppo rispetto dai ricercatori come se si trattassero di un oracolo e non di uno stupido molto veloce, come in realtà sono.

Ma veniamo ad un altro problema: il problema della “rideposizione”. Campbell dice “I vari campioni non possono essere associati con sicurezza a determinati eventi che loro richiamano e possono essere arrivati nel loro contesto attraverso il fenomeno della “rideposizione”. Il campione potrebbe essere di legno già vecchio nel momento in cui venne sepolto”.

Qui permettetemi una piccola digressione da antropologo medico. Se improvvisamente il ridente paese del Trentino dal quale sto scrivendo fosse sepolto da una frana (è già successo per le piogge intorno al 1.200 d.C.) e degli archeologi si trovassero ad esaminare la mia stanza cercando tra gli oggetti contenuti in essa a distanza di migliaia di anni, sicuramente rimarrebbero sconvolti dalle datazioni con il C14 per la cassapanca del 1.300 dall’altro lato della stanza, o ancora, dalla scrivania alla quale sto scrivendo di fine ‘800. Se poi esaminassero le altre stanze troverebbero oggetti di ogni epoca. E credo succederebbe anche a voi lo stesso, visto che sto scrivendo in un forum di quantomeno appassionati di archeologia.

A quale risultato si potrebbero affidare? Sicuramente al dato più recente se si trova nello stesso luogo, ma anche al mio scheletro, se fosse ritrovato ancora, ed in particolare ai denti che sono l’ultimo elemento a distruggersi per ogni scheletro.

Se quindi il legno può avere una durata notevole nel tempo tanto da essere usato da generazioni molto distanti tra loro e sconvolgere le datazioni possibili, e Campbell non manca di sottolineare il fenomeno del “legno vecchio”, un dente ritrovato integro può essere fondamentale per le informazioni che potrebbe dare. Non parliamo se ritroviamo un cranio intero.

Scartando l’ipotesi del cadavere murato in soffitta, i residui organici di natura animale o umana hanno un tempo di “vita” sicuramente inferiore ai manufatti in legno e per questo li ritengo più affidabili nella datazione.

A proposito dello scheletro ritrovato in soffitta, ricordo il caso di un ritrovamento durante dei lavori di ristrutturazione di un negozio a Milano. Il caso fu subito chiuso dal magistrato in quanto risalente a 150 anni prima (C14), presupponendo che gli autori dell’omicidio fossero ormai scomparsi.

Ma ritornando all’articolo di Campbell, questi sottolinea “Le informazioni sul contesto del ritrovamento (n.d.r. da parte di alcuni autori) sono ancora troppo spesso imprecise e il materiale datato a volte non è specificato o semplicemente segnalato come legno carbonizzato, senza una identificazione che aiuti a valutare la possibilità di potenziali errori da legno vecchio “.
Anche questo è molto vero. Spesso si trovano pubblicazioni apparentemente molto interessanti, ma quando si va a guardare il capitolo “Materiali e metodi” si trovano imprecisioni non tollerabili.

Inoltre Campbell dice “Il primo passo per la calibrazione bayesiana è la creazione di un modello formale cronologico per il sito specifico. Questo è un passo fondamentale, perché la precedente conoscenza incorporata in questo modello è combinata con le datazioni che produrranno le date poste ai limiti cronologici (n.d.r. della ricerca). All'interno dei siti, la cronologia relativa proposta da chi scava è stata in genere utilizzata per creare il modello, anche quando non ci sono collegamenti diretti tra le varie fasi stratigrafiche”.

Ciò vuol dire che, nonostante i progressi, l’opinione di chi scava è fondamentale per creare un modello coerente.

Ed infatti Campbell ancora dice: “Anche se non esistono legami stratigrafici tra di loro, il sito si basa su vari dati col fine di integrarli in un unico modello cronologico. Anche se questo non vuol dire che i modelli utilizzati qui per le cronologie del sito (n.d.r. l’autore intende nel suo studio sulle datazioni in Mesopotamia) a volte ancora non possano confondere le interpretazioni cronologiche e culturali. Si è ritenuto che questo è giustificabile in quanto si basa sulla conoscenza dettagliata di un ricercatore che scava in un singolo sito archeologico. Inoltre, si potrebbe anche sostenere che basandosi su un modello di rapporti stratigrafici, che dipende anche in larga misura dalla fiducia sulle conoscenze di chi scava in un sito, senza un buon numero di pubblicazioni estese, le verifiche o le reinterpretazioni sono spesso problematiche”.

E su questo ultimo periodo vorrei dire una cosa: non si può continuare a chiedere dati sterili, riservandosi di accettarli o no in base a un qualsivoglia principio. Bisogna potersi fidare della buona fede di chi li pubblica e solo di fronte ad un’evidente cialtroneria, decidersi a scartarli.

Se chi governa un computer è una persona senza conoscenza è inutile usare un computer superpotente, i risultati saranno sempre drogati. Ma prima di criticare bisogna dimostrare con chiarezza e prove che chi ha prodotto i risultati è inconsistente. Magari con uno studio parallelo.

La figura dello studioso che scava e la sua relativa conoscenza rimane, pertanto, la figura chiave nell’interpretazione delle datazioni. I modelli possono essere di supporto, ma al centro rimane l’uomo e non la macchina.

Credo di aver messo abbastanza carne al fuoco su questo problema fondamentale e spero ne nasca un dibattito sincero. Nel prossimo post cercherò di spiegare come questo schema può e deve essere applicato anche alle ricerche sulle piramidi bosniache.



 
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