Ostraka - Forum di archeologia

Scrittura e scribi presso i Micenei

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view post Posted on 8/2/2012, 01:49

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Aggiungo un tassello alla nostra discussione dopo la lettura di Troy and Homer di Latacz.
Proprio partendo dalla famosa questione della non utilizzabilità del lineare B per la resa di testi complessi e a partire dall'uso di messaggi in lingue luwitiche tra il regno ittita e i suoi più o meno vassalli occidentali, l'autore ipotizza che le comunicazioni scritta tra Achei e Ittiti potessero avvenire in una di queste lingue. Ovviamente sostiene che lo scambio di messaggi fosse usuale, anche a partire dai riferimenti a precedenti comunicazioni tra i due che si possono ritrovare nella cosiddetta Lettera di Tawagalawa, dove il re ittita fa riferimento a precedenti scambi di corrispondenza risalenti a un'epoca in cui lui però era giovane.
 
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view post Posted on 8/2/2012, 10:48
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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CITAZIONE (clitemnestra @ 8/2/2012, 01:49) 
Proprio partendo dalla famosa questione della non utilizzabilità del lineare B per la resa di testi complessi e a partire dall'uso di messaggi in lingue luwitiche tra il regno ittita e i suoi più o meno vassalli occidentali, l'autore ipotizza che le comunicazioni scritta tra Achei e Ittiti potessero avvenire in una di queste lingue. Ovviamente sostiene che lo scambio di messaggi fosse usuale, anche a partire dai riferimenti a precedenti comunicazioni tra i due che si possono ritrovare nella cosiddetta Lettera di Tawagalawa, dove il re ittita fa riferimento a precedenti scambi di corrispondenza risalenti a un'epoca in cui lui però era giovane.

Beh, tutto ci può stare.
L'ipotesi che avevo riportato (e cioè di rapporti diplomatici esclusivamente orali) pareva, da un lato, risolvere il problema dell'assenza di documenti scritti; ma, certo, non posso negare che, dall'altro, mi abbia sempre lasciato un po' dubbioso...

In fin dei conti, abbiamo visto come tutti i popoli del Mediterraneo del TB, bene o male, si spedissero lettere scritte (quando in accadico, quando in ittita, quando in altre lingue, a mano a mano che la potenza dello stato andava decrescendo).

Il problema, allora, in che termini si porrebbe per l'Egitto, secondo te?
Lama, tu hai mai pensato a una soluzione per questo aspetto del problema? A quel che sapevo, peraltro, lì è già più difficile individuare il nome con cui probabilmente si indicavano i Micenei: si era pensato a Eqwesh (da equiparare ad Ahhiyawa), ma mi pare di ricordare che, nel ramesseo di Medinet Habu, gli Eqwesh fossero indicati come circoncisi (una pratica sicuramente estranea ai Greci, e almeno apparentemente non testimonita per i Micenei).
 
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view post Posted on 8/2/2012, 15:13

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Latacz dedica un intero capitolo all'argomento, a partire dal famoso binomio Achei/Danai, che mi ha sempre colpito ma che non sembrava avesse attirato particolarmente l'attenzione degli studiosi.
Non mi risulta esistano testi egizi che attestino rapporti epistolari diretti con i sovrani micenei (a differenza di quanto avviene con Arzawa nel XIV sec), ma nei testi egizi a partire da Tuthmosi III, se non ricordo male, si parla di Tanaya, da diversi studiosi ipotizzato come trascrizione di Danai. Ora, la prima cosa da notare è che l'epoca di Tuthmosi III dovrebbe essere quella che coincide con l'occupazione micenea di Creta, quindi la comparsa dei Tanaya si spiegherebbe con il loro subentrare ai minoici, con cui gli Egizi avevano rapporti da secoli.
Latacz ipotizza (e io sono d'accordo con lui) che il termine Achei designasse in origine le popolazioni a nord del Peloponneso, probabilmente quelle della Tessaglia meridionale (questo lo dico io). Considerando che nel TE III A le ceramiche micenee ritrovate ad esempio nella Troade sono in prevalenza di origine tessala, è possibile che le prime popolazioni greche con cui anche gli Ittiti sono entrati in contatto fossero della Grecia settentrionale e si auto-chiamassero Achei. Nel momento in cui la conoscenza si è estesa ad altre popolazioni di lingua greca e cultura analoga, gli Ittiti potrebbero avere continuato a definirli Achei, senza differenziare ad esempio i Danai (questa seconda parte dell'ipotesi è mia).

Invece gli Egizi entrarono in contatto con i Micenei nel momento in cui questi subentrarono a Creta. L'archeologia testimonia rapporti particolarmente stretti tra Creta e la Laconia sia in epoca minoica sia dopo e anche l'espansione della ceramica peloponnesiaca sembra subentrare in quasi tutti i vecchi siti minoici. Secondo Latacz il termine più antico è quello di Argivi, ma in una qualche fase dello sviluppo del mondo miceneo palatino, probabilmente un clan o una famiglia che si chiamava Danai prese il sopravvento/governo dell'Argolide fino a estendere il proprio patronimico come sinonimo della popolazione del posto (il che spiegherebbe anche il perché questo nome di popolo non ha un territorio con lo stesso nome; mi spiego: Argivi-Argolide, Achei-Acaia, ecc, sempre riflessione mia). Stando alla documentazione egizia, questo sarebbe successo un bel po' prima del regno di Tuthmosi III (altrimenti non connoterebbe il nome di un intero popolo) e potrebbe avere un riscontro archeologico a Micene nel graduale impoverimento del più antico circolo di tombe a vantaggio di uno nuovo (quello oggi più famoso), come ben descritto in Cultraro. Quest'ultima supposizione è mia, non di Latacz.

Diverso il discorso per gli Eqwesh. In effetti molti ipotizzano che sia la trascrizione in egizio di Achei. Se è vero il discorso di cui sopra, dovevano distinguersi però parecchio dai Tanaya, altrimenti anche gli Egizi avrebbero dovuto comportarsi come gli Ittiti e ampliare il termine a loro già noto per designare le genti greche. All'epoca di Merenptah sembra però improbabile una differenza così significativa, che non avrebbe riscontro nel dato archeologico che indica invece una grossa uniformità da Creta alla Tessaglia meridionale.
Confermo che dalla documentazione egizia gli Eqwesh risultavano circoncisi e infatti mi interrogavo proprio di recente che fonti potrebbero indicare una pratica di questo tipo tra i micenei, dato che ovviamente non è riscontrabile dagli scheletri! :P
In effetti presso gli Egizi la pratica della circoncisione è raffigurata su affreschi. Non so se questo vale anche per altre popolazioni che praticavano la circoncisione, per essere usata come prova che se questo rituale non viene raffigurato significa che non viene praticato. Mi ci stavo interrogando proprio di recente, un contributo di Lama Su sarebbe interessante! Il problema mi intriga molto...
 
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lama su
view post Posted on 8/2/2012, 17:00




Mi limito in qui a rispondere alla questione della scrittura, lasciando il discorso dell'etnicità e della circoncisione ad un futuro post (scusatemi, poco tempo..).

Personalmente, a me non convince l'idea di trattative diplomatiche con i micenei tenute in ittita e penso che ci sia un'altra opzione da prendere in considerazione.

Andiamo con ordine, e cominciamo dal problema dell'ittita.

Nel mondo del mediterraneo orientale si parlavano varie lingue, che potevano essere scritte con vari sistemi di scrittura che a loro volta erano strettamente associati a particolari tipi di supporto.

Seppure qualche eccezione c'è, e qualche caso marginale lo si può trovare, a me sembra (sottolineo "a me", nel senso che è un'opinione del tutto personale, non ho mai letto di studi a tal proposito, quindi va presa con le dovute cautele) che per lo meno fino all'età del ferro questi tre elementi, lingua-scrittura-supporto fossero estremamente interconnessi, e difficilmente scambiabili fra loro, persino all'interno della stessa cultura.

Prendiamo l'esempio dell'egitto: in egitto, nel nuovo regno possiamo riconoscere l'uso di tre "lingue" (il termine non è appropriato, non è da intendere come singolo "idioma" quanto piuttosto come "gruppo".. capirete in seguito cosa intendo), tre sistemi di scrittura, e tre supporti.

Partiamo dal caso più semplice.
1) Una della realtà linguistiche chiaramente identificabili in egitto sono quelle che definirei "lingue cuneiformi" cioè tutte quelle lingue (accadico in primis, ma anche ittita, urrita,..), usate per trattative diplomatiche, scritte in cuneiforme, su tavolette d'argilla.

2) La seconda realtà linguistica è quella del Neo-Egizio, cioè l'egizio parlato. In genere scritto in ieratico su papiro.
Così sul momento non mi viene in mente nessun esempio di testo interamente in Neo-Egizio scritto in caratteri monumentali su pietra (se ne trovano dei "frammenti" più o meno importanti qua e là all'interno di testi in Egizio classico, come negli annali di tutmosi III, ma non mi viene in mente nessun esempio che possa essere definito "puro" neo-egizio), e allo stesso tempo che io sappia non esiste nessun esempio dell'uso dello ieratico in iscrizioni su pietra (in periodi successivi sì, a partire dal terzo periodo intermedio, ma non nel nuovo regno).

3) Infine vi è la realtà linguistica rappresentata dall'Egizio Classico (la lingua di tradizione, che era parlata nel medio regno ma era ormai scomparsa nel nuovo), che è principalmente associato con il geroglifico monumentale su pietra, ma che può essere trovato anche su altri supporti come il papiro, dove può essere si scritto in ieratico (come il neo egizio), ma può anche essere scritto con quello che si definisce "geroglifico lineare", in quanto di fatto è una forma di geroglifico monumentale semplificato per poter essere scritto su papiro, ma non tanto semplificato, non "corsivo" come lo ieratico (che da quello che so io non era mai usato per scrivere il Neo-Egizio)

Ora, questi tre insiemi "lingua-scrittura-supporto" erano in termini molto generali chiaramente distinti e formati da elementi non interscambiabili.

Cioè, quello che voglio dire è che se da un lato ci sono numerose attestazioni di testi in lingua accadica scritti in cuneiforme su tavolette d'argilla, dall'altro non c'è nessun esempio noto di testo in lingua accadica scritta in caratteri ieratici su papiro, o di Neo-Egizio scritto in Geroglifico Monumentale su una tavoletta d'argilla.

Ora, è vero che ci sono dei contesti liminali in qualche piccola interazione poteva avvenire (penso per esempio ad alcune glosse in lingua egizia ma trascritte in caratteri cuneiformi attestate in certe lettere di amarna, oppure ad alcune note in ieratico sulle stesse tavolette, oppure ad alcune parole o brevissime frasi -in particolare formule magiche- in lingue diverse dall'egizio trascritte in caratteri egizi attestate da alcuni papiri), ma in genere si tratta appunto di contesti del tutto marginali ed eccezionali, che non coinvolgono mai (che io sappia) interi testi.

Nell'insieme, i tre insiemi lingua-scrittura-supporto erano abbastanza impermeabili fra loro.

Quest'idea sembra essere confermata anche dalla versione egizia del trattato egizio-ittita di Qadesh. La versione che noi abbiamo, incisa sulle pareti del ramesseum e del tempio di Karnak, è scritta su pietra in geroglifico monumentale e essenzialmente in egizio classico (anche se con forti influenze neoegizie, e parrecchie stranezze grammaticali), benchè sappiamo che la versione originale era scritta in cuneiforme su una tavoletta (d'argento invece che d'argilla, ma pur sempre tavoletta) molto probabilmente in lingua accadica.
Gli egizi quindi non hanno "copiato" il testo cuneiforme sulla pietra delle pareti del tempio, e non hanno neppure "trascritto" in geroglifico il testo in lingua accadica, ma hanno "tradotto" sia la lingua, sia i sistema di scrittura sia il supporto dal gruppo 1) al gruppo 3) menzionato qui sopra.

Ora, questa realtà in cui lingue-scritture-supporti appaiono in qualche modo correlati, e per nulla o molto limitatamente interscambiabili può essere riconosciuta anche all'interno di altre culture vicino orientali. Nel mondo ittita, per esempio, si può riconoscere un insieme
"ittita"-"cuneiforme"-"tavoletta"
contrapposto ad uno
"luvio"-"geroglifico anatolico"-"pietra" (o contesto monumentale in genere).

In palestina vi era probabilmente un gruppo
"accadico"-"cuneiforme"-"tavoletta"
ed uno
"cananeo"-"scrittura lineare proto cananea"-"roccia(graffiti)/ipotetico supporto deperibile (papiro o pelle, probabilmente)".


E questa distinzione e impereabilità mi sembra fosse ancora più marcata a livello di contatti internazionali: sulle tavolette di argilla si scriveva in cuneiforme e in una delle lingue tradizionalmente scritte in cuneiforme: gli egizi non avrebbero mai mandato una lettera ad attusha scritta in cuneiforme ma in lingua egizia (o per lo meno non ne abbiamo nessun esempio), e probabilmente (anche possiamo solo dire che non ne abbiamo nessun esempio) gli ittiti non avrebbero mai scritto una lettera in geroglifico su papiro ma in lingua ittita.

Questa associazione lingua-scrittura-supporto non è in effetti sorprendente, e del resto ancora oggi spesso la gente comune la da per scontata, sopprattutto per quello che riguarda realtà "straniere". Per esempio mi sono accorto che quando si parla di "cinese", la gente spesso confonde fra "scrittura" e "lingua", e fa fatica a capire che la "scrittura cinese" è in realtà usata per scrivere anche lingue diverse dal cinese (giapponese, coreano, e in passato vietnamita, jurken, mongolo..), e allo stesso tempo fa fatica a capire che la lingua cinese può essere sì scritta in caratteri cinesi, ma può anche essere scritta in caratteri latini. Stessa confusione rispetto all'arabo, fra "lingua araba" e "scrittura araba".

Ora, questo ragionamento mi porta a dubitare che nella corrispondenza fra ittiti e micenei si usasse la lingua ittita, perchè in questo caso mi aspetterei che per scrivere tale lingua si usasse il cuneiforme su tavolette d'argilla. Ma in tal caso, alcune di queste tavolette avrebbero dovuto essere trovate negli archivi ittiti, ma non ce n'è traccia.

Quindi?
Quindi secondo me bisognerebbe considerare la possibilità di supporti deperibili, che nel quadro del ragionamento di qui sopra potrebbero (potrebbero, non necessariamente "devono") significare l'uso un sistema di scrittura specifico e possibilmente di una lingua specifica.

Una possibilità che io prenderei in considerazione è il minoico come lingua, e il lineare A, su supporto deperibile, come sistema di scrittura. Come detto, il lineare B è chiaramente inappropriato per scrivere testi complessi in greco. Al contrario, è molto probabile che fosse il lineare A essendo nato in contesto minoico, è probabile che fosse in grado di trascrivere in maniera precisa la lingua minoica, anche in testi lunghi. Se a questo aggiungiamo che per le proprie caratteristiche grafiche (tratti sinuosi e "complessi", "lineari" appunto) come scrittura sembra particolarmente appropriata per essere tracciata con calamo o pennello su supporti deperibili come papiro, pelle (molto di più che non essere inciso su tavolette), e se a questo aggiungiamo il chiaro ruolo egemone della cultura minoica nell'egeo prima dell'arrivo dei micenei, allora non suonerebbe poi troppo assurdo pensare che il minoico scritto in lineare su supporti deperibili fosse la lingua franca della zona egeo-anatolica, l'equivalente se vogliamo dell'insieme accadico-cuneiforme-tavoletta caratteristico del vicino oriente.

Certo con la scomparsa della cultura minoica si potrebbe affermare che anche la loro "lingua franca" avrebbe dovuto scomparire. Possibile, ma non indispensabile: del resto il sumero sopravvive in medio oriente per millenni dopo la morte della cultura sumera stessa.

Questa è una possibilità.

Un'altra possibilità è che le interazioni diplomatiche avvenissero tramite messaggi scritti su materiali deperibili, in scritture ormai totalmente o quasi perdute.

Di fatto noi tendiamo a pensare che i sistemi di scrittura che conosciamo rappresentino tutti i sistemi di scrittura usati nella regione nel periodo in questione. Molto probabilmente non è così.

Sappiamo per esempio che per lo meno tra 18 e 15 secolo a Byblos si usava un sistema si scrittura unico ( http://en.wikipedia.org/wiki/Byblos_syllabary ) attestato solo da un numero limitatissimo di iscrizioni, e ad oggi indecifrato. Per la sua struttura, e per la storia di Byblos stessa (strettamente legata all'egizio) è altamente probabile che questa scrittura venisse usata principalmente su supporti deperibili (probabilmente papiri importati dall'egitto) e usata per scrivere la lingua locale (un dialetto semitico?).

Ad ugarit, d'altro canto, è ben noto a tutti l'uso di un alfabeto cuneiforme su tavolette d'argilla. Tuttavia, visti i paralleli nell'ordine delle lettere con gli alfabeti semitici successivi (some quello ebraico) e vista la relativamente breve durata di questo sistema di scrittura, è stato suggerito (e io mi trovo pienamente d'accordo) di fatto questo "alfabeto cuneiforme" non sia altro che un adattamento di un preesistente alfabeto lineare, sviluppato per poter scrivere sulle tavolette d'argilla. Questo da un lato confermerebbe l'idea suggerita sopra del collegamento per lo meno fra supporto-scrittura (cioè sulle tavolette d'argilla si scrive in cuneiforme. si può usare un alfabeto di propria invenzione, ma esso deve essere cuneiforme in forma - e questo probabilmente semplicemente per ragioni "tecniche"), e dall'altro per lo meno fortemente suggerisce la presenza di un alfabeto "lineare" (cioè "non cuneiforme") usato per scrivere su supporti deperibili (un alfabeto che doveva essere diffuse oltre i confini di ugarit e che dovette sopravvivere alla sua caduta, altrimenti non si spiega l'identico ordine di lettere fra l'alfabeto cuneiforme ugaritico e l'alfabeto fenicio, dato lo iato temporale che li divide).

Ora, considerando che a Ugarit non solo aveva contatti commerciali con l'egeo, ma probabilmente ospitava una comunità (o per lo meno qualche mercante) di micenei, ci si potrebbe domandare se non fosse questo ipotetico alfabeto lineare (e la relativa lingua -semitica- che trascriveva) che venisse usato come lingua franca. A volersi spingere un po' oltre, se si immagina che i micenei veramente usassero un "alfabeto" inventato da dei semiti della costa siro-libanese (quindi di fatto proto fenici) già prima dell'introduzione dell'alfabeto fenicio vero e proprio, ci si potrebbe domandare se i famosi miti di cadmo e compagnia bella, che mi sembra qualcuno di voi sottolineava non quadrare molto a livello cronologico, possano in realtà riferirsi, almeno in parte, a questo primo alfabeto, e non a quello greco classico a cui generalmente pensiamo. Ma qua siamo ben oltre i limiti della "speculazione".

Infine, l'ultima possibilità, la più speculativa di tutti è che i micenei usassero una lingua x (a noi nota, come il miceneo stesso, o lo hattico, il licio,... o ignota.. chissà quante lingue erano parlate nella regione di cui non abbiamo traccia) con un sistema di scrittura y (a noi ignoto) su supporti deperibili.

Di fatto, questa è un'ipotesi che difficilmente potrà essere provata, ma che considerando il contesto storico-culturale, non può secondo me essere esclusa..

Non so, cosa ne pensate?
 
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view post Posted on 9/2/2012, 00:17
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CITAZIONE (lama su @ 8/2/2012, 17:00) 
Un'altra possibilità è che le interazioni diplomatiche avvenissero tramite messaggi scritti su materiali deperibili, in scritture ormai totalmente o quasi perdute.

Ad ugarit, d'altro canto, è ben noto a tutti l'uso di un alfabeto cuneiforme su tavolette d'argilla. Tuttavia, visti i paralleli nell'ordine delle lettere con gli alfabeti semitici successivi (some quello ebraico) e vista la relativamente breve durata di questo sistema di scrittura, è stato suggerito (e io mi trovo pienamente d'accordo) di fatto questo "alfabeto cuneiforme" non sia altro che un adattamento di un preesistente alfabeto lineare, sviluppato per poter scrivere sulle tavolette d'argilla.

Ora, considerando che a Ugarit non solo aveva contatti commerciali con l'egeo, ma probabilmente ospitava una comunità (o per lo meno qualche mercante) di micenei, ci si potrebbe domandare se non fosse questo ipotetico alfabeto lineare (e la relativa lingua -semitica- che trascriveva) che venisse usato come lingua franca. A volersi spingere un po' oltre, se si immagina che i micenei veramente usassero un "alfabeto" inventato da dei semiti della costa siro-libanese (quindi di fatto proto fenici) già prima dell'introduzione dell'alfabeto fenicio vero e proprio, ci si potrebbe domandare se i famosi miti di cadmo e compagnia bella, che mi sembra qualcuno di voi sottolineava non quadrare molto a livello cronologico, possano in realtà riferirsi, almeno in parte, a questo primo alfabeto, e non a quello greco classico a cui generalmente pensiamo. Ma qua siamo ben oltre i limiti della "speculazione".

Ovviamente, non posso scartare, a priori, nessuna delle tre ipotesi che hai avanzato. Questa, però, fra le tre, è quella che mi ha stuzzicato un po' di più (forse per la questione della effettiva presenza micenea a Ugarit, archeologicamente attestata, forse per le tue ipotetiche connessioni con il successivo mito di Cadmo e del suo alfabeto...).
Certo, come hai detto tu stesso, qui siamo nel campo della speculazione più pura. Ma, senza dubbio, si tratta di una proposta davvero molto originale per far combaciare i tasselli a nostra disposizione.
 
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view post Posted on 9/2/2012, 00:30

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Ciao Lama Su! Fortuna che avevi poco tempo... :lol:
Per un ragionamento complessivo su tutti i temi che poni in discussione, temo di avere bisogno di un po' di tempo per riflettere (e meno sonno...).
Volevo solo segnalare che esiste almeno una tavoletta di argilla scritta in ittita che secondo gli studiosi è una documento inviato da un re acheo al re ittita (KUB 26.91). Originariamente si pensava che fosse al contrario, come tutte le altre tavolette di queste genere rinvenute. Poi ci si è accorti che la forma del testo era troppo inconsueta e che probabilmente si trattava di una traduzione in ittita di un originale in altra lingua. Trovate tutto a pag. 290 di Letters from the Hittite Kingdom di Harri, Hoffner e Bechman, reperibile online (almeno in buona parte).

Non so bene come inserire in questo ragionamento i supporti per scrivere su cera (con tanto di tondini in cera, se non erro) che sono stati rinvenuti nel relitto di Ulu Burun insieme ad altri materiali che fanno pensare che il proprietario fosse un miceneo di un certo rango. Più che altro perché non mi sembra che la cera si presti a importanti comunicazioni diplomatiche, vista la sua manipolabilità! :P
 
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view post Posted on 9/2/2012, 00:42
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CITAZIONE (clitemnestra @ 9/2/2012, 00:30) 
Non so bene come inserire in questo ragionamento i supporti per scrivere su cera (con tanto di tondini in cera, se non erro) che sono stati rinvenuti nel relitto di Ulu Burun insieme ad altri materiali che fanno pensare che il proprietario fosse un miceneo di un certo rango. Più che altro perché non mi sembra che la cera si presti a importanti comunicazioni diplomatiche, vista la sua manipolabilità!

Ma infatti, nemmeno io credo che la cera potesse essere utilizzata con questa funzione. La cera era probabilmente adatta per il dittico di Ulu Burun, in quanto vi si potevano aggiungere o sottrarre informazioni (magari relative al carico e alle consegne), come a un qualunque tipo di elenco.
Esemplari di tabulae ceratae sono noti, per esempio, nel mondo romano (ne sono stati rinvenuti diversi nelle abitazioni di Pompei ed Ercolano). La cera veniva incisa con uno stilo metallico; all'occorrenza (in caso di un errore, per esempio), bastava passare lo stilo sulla fiamma di una candela, per riscaldarlo leggermente e utilizzarlo per 'cancellare' le parole indesiderate. La cera, lisciata dallo stilo caldo, tornava immediatamente buona per scrivere.

Questo, ovviamente, sarebbe stato un grosso problema per un documento ufficiale! :P
 
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lama su
view post Posted on 9/2/2012, 22:04




CITAZIONE (Perseo87 @ 9/2/2012, 00:17) 
Questa, però, fra le tre, è quella che mi ha stuzzicato un po' di più (forse per la questione della effettiva presenza micenea a Ugarit, archeologicamente attestata, forse per le tue ipotetiche connessioni con il successivo mito di Cadmo e del suo alfabeto...).

anche a me è quella che intriga di più.. ^_^

CITAZIONE
Ciao Lama Su! Fortuna che avevi poco tempo...

si, come si vede dagli abominevoli errori di battitura.. :blush.gif:

ad ogni modo:

CITAZIONE
Volevo solo segnalare che esiste almeno una tavoletta di argilla scritta in ittita che secondo gli studiosi è una documento inviato da un re acheo al re ittita (KUB 26.91). Originariamente si pensava che fosse al contrario, come tutte le altre tavolette di queste genere rinvenute. Poi ci si è accorti che la forma del testo era troppo inconsueta e che probabilmente si trattava di una traduzione in ittita di un originale in altra lingua. Trovate tutto a pag. 290 di Letters from the Hittite Kingdom di Harri, Hoffner e Bechman, reperibile online (almeno in buona parte).

si, sapevo di questa possibilità. Non sono un esperto delle lingue in questione, quindi non posso giudicare. Però mi vengono da fare le seguenti osservazioni:

-anche ammesso che sia veramente una lettera scritta in miceneo da un re acheo, si tratta comunque di una singola lettera, che quindi può essere in qualche modo eccezionale. Vista la sua unicità, e se si assume l'esistenza di contatti regolari fra ittiti e micenei (o chi per essi), mi sembra inevitabile pensare a qualche altro tipo di supporto andato perduto.

-il fatto che la forma linguistica sia inconsueta può indicare che sia una traduzione in ittita a partire da un'altra lingua (e a questo punto sarebbe interessante vedere se ci sono degli elementi che possano far capire quale sia questa lingua di background, o per lo meno di quale tipo -semitico, indoeuropeo, altro?-), ma di per sè non da alcuna informazione sul luogo dove tale traduzione venne eseguita. Cioè, non significa automaticamente che sia stata scritta da uno scriba miceneo in grecia in ittita e sia arrivata ad hattusha già in questa forma. Per quanto ne sappiamo, potrebbe benissimo essere stata scritta su un supporto deperibile in una lingua x, essere arrivata in questa forma ad hattusha, e poi qui essere stata tradotta in ittita e trascritta in cuneiforme su una tavoletta (i motivi potrebbero essere vari: perchè per qualche motivo era considerata importante e quindi si voleva poterla leggere senza bisogno di un interprete, perchè l'originale era danneggiato e questo era un modo per preservarla, come esercizio di uno scriba,...). Come detto, la versione egizia del trattato di qadesh è un esempio in tal senso: il testo arrivò in egitto sicuramente scritto in accadico in cuneiforme su una tavoletta, ma le versioni che abbiamo noi sono traduzioni in egizio (con problemi grammaticali probabilmente dovuti al tentativo degli scribi egizi di fare una traduzione quanto più letterale possibile).

Qui ci sarebbero due analisi che meriterebbero di essere condotte: da un lato un'analisi paleografica. Da quello che so, come per tutti i sistemi di scrittura, il cuneiforme cambia da scriba a scriba, e da tradizione scrittoria a tradizione scrittoria. La grafia di uno scriba siriano è distinguibile da quella di uno ittita e così via. In teoria dunque sarebbe interessante provare a capire di chi era la mano che ha scritto quella tavoletta: uno scriba ittita? uno scriba straniero?
La seconda analisi, molto più importante secondo me, sarebbe un'analisi petrografica dell'argilla della tavoletta in questione, per capire da dove proviene. In effetti, è secondo me un po' inutile stare qui a speculare su sole basi linguistiche se la tal tavoletta è satata scritta micene, o ad hattusha: basterebbe analizzare l'argilla (come è stato fatto dall'università di tel aviv per certe lettere di amarna) per capire da dove proviene, e quindi dove è stata scritta..
 
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view post Posted on 10/2/2012, 19:39

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Ciao Lama Su, ho provato a riprendere in mano il testo che ho citato per trovare qualche risposta ai quesiti che poni. Purtroppo la versione online del libro è largamente incompleta, inclusa la parte riguardante la tavoletta in questione. E' da un anno che ho provato a ordinare il libro tramite una libreria, ma per ora niente da fare (dovrei provare online).

Comunque da quel che ho letto, il luogo del ritrovamento pare sia sconosciuto, ma gli autori, che mi sembrano avere prodotto un lavoro di ottima qualità, affermano alcune cose interessanti:
1. il mittente sembrerebbe senza dubbio un re ahhiyawa il cui nome non è leggibile (viene riportato il testo ittita e la traduzione a fronte) che si rivolge a un re ittita il cui nome è altrettanto illeggibile;
2. il re ahhiyawa si rivolge al re ittita con il termine fratello facendo riferimento a una lettera ricevuta dal re ittita;
3. la lettera è "probabilmente" la traduzione in ittita di una comunicazione scambiata tra emissari bilingue in una zona di interfaccia tra i due regni;
4. la traduzione non sarebbe opera di uno scriba della corte ahhiyawa, ma di in emissario ittita che ha portato il messaggio ricevuto dall'emissario ahhiyawa al re ittita e poi l'ha tradotto nella sua lingua (precedentemente si afferma che era pratica comune leggere prima le lettere nella lingua in cui venivano originariamente scritte e solo successivamente tradurle in ittita).

Mancando delle parti del libro, non sono in grado di dirti come siano arrivati a queste affermazioni.

Comunque, se quello che dicono è vero, sembrerebbe confermato che l'originale era scritto in una lingua diversa dall'ittita. Se non poteva essere il lineare B diventa a questo punto intrigante capire di che lingua potesse trattarsi. L'unica che mi viene in mente è qualche lingua luwita, che è anche l'ipotesi di Latacz. Ci si arriva un po' per esclusione, ma non sottovaluterei la lunga consuetudine tra Ahhiyawa e Arzawa (non a caso Uhhaziti e la sua famiglia, quando vengono sconfitti da Mursili si rifugiano in Ahhiyawa). E' d'altro canto vero che il regno Arzawa in genere per la corrispondenza internazionale usava l'ittita!
Il minoico francamente non mi convince.

Quanto a supporti diversi...il libro dice che gli Ittiti avevano due differenti categorie di scribi: quelli che scrivevano su tavolette di argilla e quelli che scrivevano su supporti in legno rivestiti di cera. Ma abbiamo già escluso che questo tipo di supporto potesse essere utilizzato in comunicazioni ufficiali. Altri supporti testimoniati per quell'epoca sono il papiro e gli ostraka, questi ultimi difficilmente pensabili per una comunicazione a questo livello e comunque non attestati per quest'area geografica a quest'epoca.

Quindi su questo fronte siamo più o meno daccapo...
 
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view post Posted on 10/2/2012, 21:10

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Nel frattempo ho recuperato un articolo di Melchert sull'argomento, la cui versione non ancora pubblicata pare sia alla base di quanto affermato in Letters from the Hittite Kingdom.
Melchert ipotizza (ma non tiene conto in questo ragionamento dell'impossibilità di utilizzare il lineare B per comunicazioni complesse) che non esistesse una lingua franca tra i due regni, ma che ci fosse un regolare invio di messaggeri bilingue che raggiungevano l'area di confine in Anatolia e che si recavano poi alla corte ittita insieme a un messaggero bilingue ittita in maniera tale che ciascuna delle due parti potesse confermare la veridicità del contenuto. Solo a quel punto gli scribi ittiti traducevano il messaggio nella propria lingua su una tavoletta per conservarlo negli archivi relativi ai rapporti con Ahhiyawa. La risposta tornava al re ahhiyawa nella stessa maniera.
Pare che la lettera di Amarna relativa ai rapporti tra Arzawa e Egitto testimoni l'esistenza di simili procedure.
E se i messaggeri micenei consegnassero messaggi solo verbalmente? Melchert si sente di escluderlo per i riferimenti ricorrenti a messaggi scritti tra le parti.

Mah...ci devo riflettere. Intanto volevo condividere con voi.
 
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lama su
view post Posted on 10/2/2012, 21:16




CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 19:39) 
Il minoico francamente non mi convince.

beh, di sicuro deve esserci stato un periodo in cui la lingua minoica era diffusa e nota, se non addirittura usata come lingua franca, sia nell'egeo che a cipro, in quanto in entrambe queste regioni sono attestati e sono stati adottati dalle popolazioni locali dei sistemi di scrittura derivati dal lineare A (lineare B e sillabario cipriota rispettivamente). E in genere, un sistema di scrittura si diffonde con la lingua scrittura che lo ha ideato, per lo meno nelle sue prime fasi.
Se a questo aggiungiamo che alcuni incantesimi in lingua minoica sono attestati in papiri egizi (tra scritti in geroglifico, una delle piccole eccezioni al ragionamento fatto prima, ma essendo formule magiche si può immaginare che fosse più importante trascrivere i suono in una maniera che il medico fosse in grado di riprodurre, piuttosto che tradurre il significato letterale), mi sembra che si possa assumere che appunto, deve esserci stato un periodo in cui la lingua minoica (probabilmente scritta supporti deperibili) sia stata relativamente diffusa, o per lo meno nota, a livello internazionale.

Si tratta però verosimilmente di un periodo precedente a quello di cui stiamo parlando. Come detto, secondo me non si può escludere a priori che il minoico possa essere sopravvissuto per un certo periodo come "lingua franca" anche dopo la fine dell'egemonia minoica (il sumero è chiaramente un parallelo in questo senso, come lo è il latino nell'europa medievale), però non lo ritengo neppure la possibilità più convincente, soprattutto senza indizi concreto, se non proprio prove, per sostenerlo.

CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 19:39) 
Mancando delle parti del libro, non sono in grado di dirti come siano arrivati a queste affermazioni.

appena ho tempo cerco di verificare e ti faccio sapere
^_^

CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 19:39) 
Comunque, se quello che dicono è vero, sembrerebbe confermato che l'originale era scritto in una lingua diversa dall'ittita. Se non poteva essere il lineare B diventa a questo punto intrigante capire di che lingua potesse trattarsi. L'unica che mi viene in mente è qualche lingua luwita, che è anche l'ipotesi di Latacz.

si una qualche lingua luwita/anatolica occidentale può essere una possibilità interessante.

se ti interessa la questione del luwio, di consiglio questo libro:

www.brill.nl/sociolinguistics-luvian-language

personalmente l'ho sfogliato, ma non ho ancora avuto tempo di leggerlo per intero. Però ho avuto occasione di discutere lungamente con il suo autore, e trovo che le sue idee siano estremamente interessanti.

Cmq.. la situazione linguistica dell'anatolia dell'età del bronzo è così complessa e così relativamente poco nota, e quindi altre opzioni potrebbero essere valide.

Questo, se ti interessa, è un articolo su quello che si sa (e quello che non si sa) sulla distribuzione linguistica attorno al 1700 aC. un po' più antico del periodo di cui stiamo discutendo, ma da comunque un'idea generale di quello che ci si può aspettare:

http://leidenuniv.academia.edu/JoostBlaswe...nguages_1700_BC

CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 19:39) 
Quanto a supporti diversi...il libro dice che gli Ittiti avevano due differenti categorie di scribi: quelli che scrivevano su tavolette di argilla e quelli che scrivevano su supporti in legno rivestiti di cera. Ma abbiamo già escluso che questo tipo di supporto potesse essere utilizzato in comunicazioni ufficiali. Altri supporti testimoniati per quell'epoca sono il papiro e gli ostraka, questi ultimi difficilmente pensabili per una comunicazione a questo livello e comunque non attestati per quest'area geografica a quest'epoca.

anche l'uso del cuoio è attestato.

Inoltre, non sarei così restrittivo sugli ambiti di competenza dei due tipi di scribi. Di fatto, quello che sappiamo è che in accadico c'erano degli scribi che erano chiamati tupshar lê'i , cioè "scribi dei lê'i" . in genere " lê'i " viene tradotto come "tavole di legno cerata", però dando un'occhiata veloce al dizionario, sembra che in realtà la parole lê'u possa significare anche "tavola" in generale, o "foglio"
se vi interessa, cercate "wax" qui:
http://www.premiumwanadoo.com/cuneiform.la...nary/search.php

qui per maggiori dettagli, pag 156 e seguenti:

http://oi.uchicago.edu/pdf/cad_l.pdf

quindi non escluderei che in realtà si traduca "tavole di cera" per convenzione/perchè quelle sappiamo che esistevano, quando in realtà il termine poteva coprire anche altri supporti, diversi dalle tavolette d'argilla.
O magari indicava anche solo delle "tavole" (di legno?) senza necessariamente la cera, su cui si poteva tranquillamente scrivere con calamo e inchiostro (come si usava nel mondo arabo medioorientale in passato, e come si usa ancora oggi per esempio in africa).

Cmq sarebbe interessante sapere se sono stati fatti degli studi specifici su questo termine e sul suo uso..
 
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view post Posted on 10/2/2012, 23:14

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Sempre nello stesso libro si dice che in ittita esistono due modi per definire gli scribi: lo scriba normale (ma il termine riportato per il confronto è il sumerico DUB.SAR) e lo scriba del legno (DUB.SAR GIS, sulla S andrebbe un ^ rovesciato) e che dai testi ittiti risulta accertato che i due incarichi non fossero mai sovrapposti.

Immaginavo fosse possibile l'uso di cuoio, ma non credo per comunicazioni diplomatiche di alto rango...
 
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lama su
view post Posted on 13/2/2012, 20:01




CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 23:14) 
Sempre nello stesso libro si dice che in ittita esistono due modi per definire gli scribi: lo scriba normale (ma il termine riportato per il confronto è il sumerico DUB.SAR) e lo scriba del legno (DUB.SAR GIS, sulla S andrebbe un ^ rovesciato) e che dai testi ittiti risulta accertato che i due incarichi non fossero mai sovrapposti.

si, il fatto è che queste parole gli ittiti le scrivevano con degli ideogrammi sumeri (che vengono indicati come riporti tu). Però di fatto non sappiamo se usassero la pronuncia sumera (che quella che hai riportato tu), quella accadica (che ho riportato io), o avessero delle parole puramente ittite.

Comunque le due forme sono equivalenti:

sum. DUB.SAR = acc. tupshar (se fai caso è la stessa parola, solo un po' "storpiata")
sum DUB.SAR GIS = acc tupshar lê'i


CITAZIONE (clitemnestra @ 10/2/2012, 23:14) 
Immaginavo fosse possibile l'uso di cuoio, ma non credo per comunicazioni diplomatiche di alto rango...

in realtà almeno in egitto era relativamente comune, anche per documenti ufficiali importanti.
Questo lo sappiamo sia dai ritrovamenti archeologici (dovrebbero essere noti circa una 20 di documenti su cuoio, che vanno dai documenti d'archivio ad un testo di matematica), sia dalle fonti scritte. Per esempio, negli annali di Thutmosi III si dice chiaramente che i dettagli della campagna militare erano stati registrati su dei rotoli di cuoio.

In effetti è possibile che per i documenti importanti si preferisse il cuoio al papiro, in quanto più resistente e duraturo (e personalmente mi domando se non fosse anche una questione di minore "contraffabilità").

Ovviamente, questo vale per l'egitto (però sarei tentato di estendere la cosa anche almeno alla costa levantina, anche considerando da un lato la scarsità di papiro e dall'altro l'abbondanza di pecore)
 
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Enrico Boffelli
view post Posted on 18/3/2015, 01:18




Salve, con questo post spero di essere di vostro gradimento.
Mia mamma, Cristina bruno, studiosa di lingue antiche ha da tempo intrapreso una ricerca ai fini di tradurre alcune tavolette scritte in Lineare A e dopo anni di studio, è riuscita a interpretare e catalogare diversi fonemi arrivando alla traduzione di intere iscrizioni complete. A quanto ne so, si conosce solo la parola ''totale'' mia mamma ha approfondito e ha scoperto molti fonemi e via via tradotto intere tavolette, tutto pare corrispondere dalla mia visione da profano in ligue antiche e archeogia.. Io sono ignorante in materia, ma vista l'umiltà e la timidezza di mia mamma nel proporsi, ho ritenuto opportuno darle una mano, afffinchè il suo lavoro prezioso non vada perduto o non esposto... sono riuscito a farle avere un appuntamento pubblico grazie all'aiuto del direttore dell'accademia culturale di Rapallo sig. Karalis che ha accettato di mettere in programma la conferenza presso villa queirolo sede dell'Accademia culturale di Rapallo giovedi 19 marzo ore 16. Scrivo molto tardi, ma spero che possiate partecipare o comunque seguire gli sviluppi. Grazie
 
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view post Posted on 18/3/2015, 23:00
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CITAZIONE (Enrico Boffelli @ 18/3/2015, 01:18) 
A quanto ne so, si conosce solo la parola ''totale''

Secondo quanto riportato in questo glossario (http://it.wikipedia.org/wiki/Lineare_A#Glossario) ci sono diversi termini, oltre a KU-RO: intero, totale, cui si è dato un provabile signficato.

Cristina Bruno dovrebbe prendere contatto con specialisti in materia. Una conferenza nell'ambito di un'istituzione culturale locale può essere un inizio, occorre andare avanti e verificare la plausibilità dei risultati ottenuti.
 
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