Ostraka - Forum di archeologia

Dialetti, parlate... e inflessioni antiche?

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zilc
view post Posted on 13/5/2011, 19:37




Lo lessi tempo fa' e non lo conservai, non essendo daccordo.
Dal pdf che mi consigli
"Si considerino anche gli esiti Keller (cantina)-Zelle (cella-cabina) dal latino cella (importato in epoca imperiale dai
coltivatori) e cellarium (importato dai monaci cristiani con la pronuncia palatale come la nostra)."
Lo stesso errore che fai tu: usare come prova una conseguenza di un ragionamento che prevede come accertato che la pronunzia della c in età imperiale fosse K e che non lo fosse quella dei monaci in quanto ecclesiastica. Così i due termini vengono spiegati arbitrariamente secondo una ipotesi della quale divengono prova. Arbitrariamente, perché questa ricostruzione è fantasiosa, perché non ci sono attestazioni e cronologie.
Fantasia per fantasia, in Germania poteva esserci un termine kella, come cela in etrusco (questo si, è attestato), al quale si è affiancato il cella latino. Differenze dialettali o importazione dal nord est italiano possono aver fatto il resto. Bastava uno di Parma o di Piacenza per arrivare ad una pronuncia zelle. "Importato in epoca imperiale" dice; ha prove? Neanche una. In epoca imperiale non c'era la c dolce? Stento a crederci, quando le forme nuncius/nuntius, e non solo, sono più comuni.



Dal pdf che consideri benfatto: "Non avendo il segno v, non ne avevano neppure il suono".
Neanche per idea, errore di metodo.

Come dire che non avendo la G, il suono corrispondente non c'era, mentre il contrario è dimostrato.
La G come segno grafico, derivato dalla C, nasce nella scuola di Spurio Carvilio, liberto del console del 234 Spurio Carvilio Massimo Ruga. Ma se non mi ricordo male era già presente nel Sepolcro degli Scipioni.
Per la V e la U si parla di suoni espressi da un solo segno.
Anche noi abbiamo un solo segno per la C di casa e la C di cece.
Polibio, per es., traslittera Valerius in 'Oualerios. Ma anche qui va notato che il digamma in greco non c'era più da diversi secoli e non c'era altra scelta. Uagire è convincente, anche se la U non era in discussione; piuttosto, oltre a vinum che credo non desti dubbii, c'è che anche uno dei colli di Roma si chiama Velia, che è etrusco e il suono V in etrusco c'è. Sostenere che il grafema V indichi solo il suono U, è infondato e contraddetto almeno dalle trascrizioni dei nomi etruschi.

Se alla restituta o riformata viene a mancare il Cicirro, resta solo il "markellino" (CIL V 3655) del teatro di Verona, che infatti non è a Roma.
Ed in ogni caso quella K non ci da nessuna informazione sulla pronuncia effettiva, ma solo del fatto che la K è usata al posto della C dei latini da parte di qualcuno che evidentemente non è di madrelingua latina, essendo la K stata abbandonata a Roma da molti secoli.

Lista di parole, che non sono due o tre, ognuno ne può trovare in quantità.

Di quegli esempi che per te non contano, essendo dati di fatto contrari, alcuni si trovano in Plauto; ho evitato gli esempi di epoca imperiale. Va bene, ti darò questo vantaggio, dubitiamo pure dei copisti. Ma non possiamo evitare Varrone.
Marco Terenzio Varrone (116 a.C. – 27 a.C.) in “De lingua latina” scrive che storpiare Maesium in Mesium o SCAENA in SCENA, (cioè non tanto pronunciare ae->è, che doveva essere ormai da tempo la pronuncia normale, ma SCRIVERLO) è da rozzi (rustici).
Anche il Lucilio citato (180-102 ac) nel pdf testimonia proprio la stessa cosa, cioè che la stessa pronuncia del dittongo -ae- come E non apparteneva solo alle classi basse. E questo succedeva diverse generazioni prima di Cesare.
Lucilio, giocando sul doppio senso di urbanus, scrisse che Cecilius (sic, non Caecilius) non era un pretor urbanus, ma rusticus.
Testimonia solo una resistenza ad un cambiamento che c'era già stato e stava coinvolgendo anche la lingua scritta, anche tra le persone istruite. È evidente che il gioco di parole si gode solo dallo scritto, non essendo ormai più percepibile nel parlato, e anche questa è un' altra EVIDENZA che basta da sola a rendere la restituta infondata e comunque inadeguata almeno al periodo di Cesare e Cicerone. Presto i dittonghi furono eliminati anche dallo scritto e ricostruiti dagli Umanisti. Non prima, perché nel latino ecclesiastico fino a quello di Dante quasi non ce ne sono.
Ricorderai che durante la costruzione del tempio sul Campidoglio fu trovato un teschio che diede nome al colle ed il nome del proprietario della testa era un certo OLO, cioè Aulus. E anche questo credo che chiuda definitivamente la questione dei dittonghi e della restituta in generale. Ma qualche altra considerazione si può fare.
"[Anche –au- era letto –o-: di qui doppioni come caupo-copa, “oste-ostessa”, Claudius-Clodius, e allotropi italiani come “Causa, cosa”, “rauco-roco”, “aureo-oro”]."
Questa sarebbe potuta essere una delle differenze di pronuncia che distinguevano chi frequentava ambienti colti dagli altri: un tribuno della plebe di nome Claudio (cfr clautie in etr) si fece chiamare Clodio per avere il nome che il popolo gli dava.

Quindi queste "trasformazioni" NON erano in corso nel I dc come dici, bensì erano comune parlato già da molto tempo prima.

Come si vede la restituta fa molta, molta acqua, se si mettono in bocca a Cesare (che oltretutto era un populista e demagogo, non ce lo dimentichiamo) cosae cae non stanno in caelo (o coelo) nè in terra.
Il fenomeno Ki/Ci, se mai c'è stato, non sarebbe come dici "un fenomeno ... decisamente più tardo", perché è molto più probabile che sia associato alla lettura -ae- -> e piuttosto che esser nato prima o dopo, per semplice logica qualunque è estremamente più probabile che sia un fenomeno collegato.

Gli esempi dal tedesco e dal greco sono inutili, non avevano altro modo di scriverlo nè di pronunciarlo.

Cachinnus si trova varie volte in Cicerone e Catullo (e Svetonio). Dimmi dove trovi "cacinno", che sul dizionario non c'è.
Ah, già: i copisti medievali... Allora non ci resta che la Villa dei Papiri, ma siamo già in età imperiale...
Perché porti esempi che a tuo parere non valgono? O valgono solo per te e non per me?
Inutile parlare di bracchium, allora, o di Cicirro, anche se gaesum e gesum si trovano anche in Cesare.


Per la g, che nasce ufficialmente nel 230 ac è ancora più facile
"nosco", dice il dizionario, "forma arcaica di gnosco"
come gnascor è forma arcaica per nascor
natus/gnatus
gnarus/narus, forme usate entrambe da Cicerone, proprio come in italiano coesistono i cognomi Gneri, Gnieri, Nèri, Nièri, che si pronunciano nel modo normale italiano.
Eppoi
gnavitas/navitas
gnaviter/naviter
gnavus/navus
gnatus/natus
A conferma esistono anche le forme errate
CIL VI 3637: SINGNIFER (signifer)
CIL XIV 1386: DINGNISSIME (dignissime)
CIL IX 2893: SINNV (signum)
con gli stessi errori che si trovano nei testi medievali, quando, non credo ci sia dubbio, il gruppo gn era detto (come) in italiano.

Dal pdf citato:
c/g sono duri (= it ch./gh): Cicero = Kikero, scio = schio, genus = ghenus, cena = chena
Questa è pura invenzione che non ha documentazione, a meno che non si consideri la traslitterazione in greco "kikero" come una prova, che non può essere, non essendoci nessun altro modo di scriverlo, in greco. Quindi è inutile anche citarlo.
Resta quel Markellino del teatro di Verona e non a Roma; e che quella k non da nessuna indicazione sulla pronuncia l'abbiamo già detto.

Ti ricordo inoltre,
e nota bene questo punto, che non è trascurabile,
che nei toponimi non ci son tracce di nessuna presunta c dura: mai s'è detto Arichia o Plachentia.

Ricapitolando
"Pronuncia classica = pronuncia del latino del ceto colto di Roma nel I sec. a. Cr. (di Cesare, Cicerone, fino a Tacito da una parte e Plauto dall’altra, con poche varianti)
"ae/oe = come sono scritti accento su a/o
Cáesar, próelium"
No. Cèsar, prèlium, come Mesia (Maesia), Cecilius (Caecilius), coelum/caelum, come visto.
"y = u francese (tyrannus)"
Ok.
"h = aspirata se iniziale (habeo) e in ph, th, ch (= gr. Fqc) (philosophus, thesaurus); = muta se intermedia (nihil)"
Ok.
"ti = come scritto gratia, otium …"
Ok, con tendenza alla pronuncia gracia, ocium, come si vede da alcune forme doppie come nuncius/nuntius
"c/g sono duri (= it ch./gh): Cicero = Kikero, scio = schio, genus = ghenus, cena = chena"
No.
Pronuncia secondo tradizione, perché non c'è nessuna ragione valida per andar contro ad essa e anzi gli indizi contrari sono molto superiori.
"gn pronunciati separatamente g+n (ag-nus; mag-nus)"
No.
Vedi sopra le forme errate come "singnifer" etc.
"u semivocale pronuncia u: Valerius = ualerius; ueni = ueni"
No. Nomi in V di derivazione etrusca.

Insomma, più che i tuoi artifici lingustici io avrei voluto qualche prova, ma mi sa proprio che non ci sia; quelle poche che hai, direttamente o indirettamente, creduto di portare non lo sono. Nonostante i 500 anni di "purificazione", interpretazione e riscrittura dei classici in senso erasmiano.
 
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lama su
view post Posted on 13/5/2011, 23:02




CITAZIONE (zilc @ 13/5/2011, 20:37) 
in Germania poteva esserci un termine kella

dimostralo: il tedesco è una lingua indoeuropea ben studiata, e appartiene ad una subfamiglia (le lingue germaniche) altrettanto ben studiata.
Dimostrami che "keller" non viene dal latino, ma da una parola "nativa": trovami, in un'altra lingua germania (magari una lingua scandinava, dove si può escludere l'influenza latina), una parola corrispondente per fonetica e significato che può essere considerata imparentata senza essere un prestito.

Fin tanto che questa tua supposta etimologia germanica non è dimostrata, l'etimologia latina rimane la più verosimile. E se la parola è di origine latina (e non vedo perchè dubitarne, al massimo è a te l'onere della prova se vuoi sostenere il contrario), essa attesta che la pronuncia era "k", non "c"

anche perchè confermata da altri termini, come appunto Kichererbse e da Kaisar, da un lato, e parole come zentrum e zirkel dall'altro. E chissà quante altre ce ne sono.

e a proposito, ti faccio notare che in greco il nome in questione non è *kaisar come tu sembri dare per scontato, ma è kaisaros. Se il tedesco Kaiser venisse dal greco, come suggerisci tu, dovrebbe esserci qualche traccia della desinenza -os (come, per esempio, c'è in egitto, dove il nome in questione, in geroglifici, è scritto k-s-r-s), mentre io non ne vedo nessuna. Vedo solo una bella -ar che riflette la forma latina.


CITAZIONE (zilc @ 13/5/2011, 20:37) 
"Non avendo il segno v, non ne avevano neppure il suono".
Neanche per idea, errore di metodo.

su questo in parte hai ragione. in realtà per forza di cose due suoni c'erano, visto che uno era una vocale, e uno era una consonante. Il fatto però che i romani usassero un solo segno può far pensare che la consonante fosse più simile alla vocale di quanto sia la "v", e quindi può far pensare che la coppia non fosse u / v ma piuttosto u / w.

Del resto, anche in italiano usiamo la w senza accorgerci: per esempio "statua" in realtà è "stat(u)wa", in quanto la "u" non è una vera vocale, ma una semivocale (e questo si vede bene nei dialetti lombardi, dove sg statua -in realtà statuwa-, ma pl. statuf, con -f < -w/v).

Se invece di pronunciare "w" avessero pronunciato "v", ci si aspetterebbe piuttosto una confusione b/v o f/v (tipo f/balerius invece di ualerius), mentre l'uso della "u" fa pensare piuttosto ad una "w". Ma nulla esclude che la "w" potesse realizzarsi come "v" in certi contesti fonetici.

CITAZIONE
Marco Terenzio Varrone (116 a.C. – 27 a.C.) in “De lingua latina” scrive che storpiare Maesium in Mesium o SCAENA in SCENA, (cioè non tanto pronunciare ae->è, che doveva essere ormai da tempo la pronuncia normale, ma SCRIVERLO) è da rozzi (rustici).
...
Quindi queste "trasformazioni" NON erano in corso nel I dc come dici, bensì erano comune parlato già da molto tempo prima.

come già detto e ripetuto (ti invito a leggere con ancora più attenzione), si sa che questi mutamenti vocalici erano già in corso nel parlato di epoca classica. Se non ti piace il I sec d.C, mettici pure il I sec a.C., non cambia molto. Non stai dicendo nulla di nuovo, e nulla sorprendente e tanto meno nulla di rivoluzionario.

CITAZIONE
Il fenomeno Ki/Ci, se mai c'è stato, non sarebbe come dici "un fenomeno ... decisamente più tardo", perché è molto più probabile che sia associato alla lettura -ae- -> e piuttosto che esser nato prima o dopo, per semplice logica qualunque è estremamente più probabile che sia un fenomeno collegato.

è qui che c'è l'errore: per quale motivo il cambiamento Ki/Ci deve per forza essere associato al cambiamento ae/e?

i cambiamenti fonetici non avvengono tutti nello stesso momento, e non c'è nessuna "logica" che debba far pensare che avvengono assieme.

Anzi, è evidente che spesso i cambiamenti non avvengono in contemporanea, ma piuttosto in sequenza. Risparmiandoti il sanscrito (che tuttavia qui avrebbe un ottimo parallelo), prendi per esempio:

vetulus > vecchio
situla > secchio (o secchia, meglio)
mentula > minchia

i cambiamenti sono i seguenti:

caduta della vocale non accentata:

vetulus > vetlus
situla > sitla
mentula > mentla

mutamento tl > cl

vetlus > veclus (attestato dalle glosse tardoantiche, quindi è evidente che questo è un passaggio intermedio)
sitla > sicla
mentla > mencla

mutamento cl > chi (in realtà, è un mutamento generale consonante + l > consonante + i)

veclus > ve(c)chio
sicla > si(c)chia
mencla > menchia

(cf anche planus > piano, plus > più, ecc)

quindi di nuovo sta a te dimostrare che il cambiamento ki/ci è contemporaneo al mutamento ae/e, perchè non è affatto scontato.

CITAZIONE
a meno che non si consideri la traslitterazione in greco "kikero" come una prova, che non può essere, non essendoci nessun altro modo di scriverlo, in greco.

non è assolutamente vero che non c'era altro modo per scriverlo. In greco la forma regolare per trascrivere "ci" era con "ti" o "si". Questo lo si vede bene in egitto: in egizio è sicuro che c'era il suono "ci", ed esso è regolarmente trascritto "ti" o "si" (nota: paragonabile al tedesco "zi") in greco.

Per esempio nei toponimi:

egizio Cemnoute = greco Sebennutos

egizio Ciaane = greco Tanis

ma mai c = k.

quindi, se "cicero" fosse stato pronunciato come in italiano, probabilmente i greci lo avrebbero reso come "sisero" o "titero" o qualcosa di simile, ma non "kikero", e caesar sarebbe diventato "saisaros" o "taisaros", non "kaisaros". Non lo facevano per la "ci" egizia, perchè mai avrebbero dovuto farlo per una ipotetica "ci" romana?

CITAZIONE
Ti ricordo inoltre,
e nota bene questo punto, che non è trascurabile,
che nei toponimi non ci son tracce di nessuna presunta c dura: mai s'è detto Arichia o Plachentia.

anche qui commenti un errore: non c'è alcun motivo per aspettarsi una preservazione della c dura nei toponimi, in quanto i toponimi fanno parte di una lingua tanto quanto le altre parole. Quando dunque cambia la pronuncia di un suono nelle parole normali di una lingua, cambia anche nella pronuncia dei toponimi.

Un esempio?

abbiamo visto che ad un certo momento latino cl > italiano chi.

Questo cambiamento avviene nel lessico, e avviene anche nei toponimi, per esempio: italiano Chiusi < latino Clusium, Etrusco Cleusin
 
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view post Posted on 14/5/2011, 09:45
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CITAZIONE (lama su @ 14/5/2011, 00:02) 
CITAZIONE (zilc @ 13/5/2011, 20:37) 
"Non avendo il segno v, non ne avevano neppure il suono".
Neanche per idea, errore di metodo.

su questo in parte hai ragione. in realtà per forza di cose due suoni c'erano, visto che uno era una vocale, e uno era una consonante. Il fatto però che i romani usassero un solo segno può far pensare che la consonante fosse più simile alla vocale di quanto sia la "v", e quindi può far pensare che la coppia non fosse u / v ma piuttosto u / w.

Come spieghi però il fatto che l'imperatore Claudio aveva in mente di introdurre nell'alfabeto latino un segno proprio per differenziare V e U?. Se aveva sentito questa necessità a me viene da pensare che la pronuncia delle due lettere doveva essere abbastanza diversa.
 
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view post Posted on 14/5/2011, 10:44




CITAZIONE (leda77 @ 14/5/2011, 10:45) 
Come spieghi però il fatto che l'imperatore Claudio aveva in mente di introdurre nell'alfabeto latino un segno proprio per differenziare V e U?. Se aveva sentito questa necessità a me viene da pensare che la pronuncia delle due lettere doveva essere abbastanza diversa.

beh, ma se è per quello, potrebbe semplicemente essersi accorto della differenza tra "w" e "u". ;)

Al nostro orecchio di italiani suonano simili perchè di fatto al di fuori dei dittonghi non abbiamo il suono "w", ma in inglese, per esempio, i due suoni sono decisamente distinti (e hanno due segni distinti).

Comunque la variazione tra v e w è talmente minima che entrambi i suoni potrebbero essere stati sempre presenti, a dipendenza dei contesti fonetici (= allofoni http://it.wikipedia.org/wiki/Allofono ), o delle varianti regionali.

Ad ogni modo, si su questo punto personalmente anche a me la restituta lascia qualche dubbio, o meglio mi sembra un po' superflua, non perchè non sia possibile, o non vi siano le evidenze, ma piuttosto perchè è più probabile che la situazione reale fosse più sfumata (per esempio una pronuncia dominante w tendente in certi casi a v, o viceversa una pronuncia dominante v tendente in certi casi a w).

Mi sembra un po' difficile che fosse esclusivamente v / u, come in italiano (principalmente appunto perchè personalmente non conosco rese in greco con "b", ma usa piuttosto "ou")

sinceramente, secondo me la questione "v oppure w" è un problema che a malapena si pone, da un punto di vista strettamente fonetico e fonologico.
 
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view post Posted on 14/5/2011, 11:39
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Per quanto riguarda l'intercambiabilità tra u (w) e v ricordo che i nomi di località sloveni o croati delle zone istriane furono trascritti o trasformati in italiano usando la u (w) al posto della v originaria, ad es.: Lovran - Laurana
 
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view post Posted on 14/5/2011, 12:12
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Ho trovato questo:

www.scribd.com/doc/27476036/Alfabeto-greco-e-latino

Qui si dice più o meno quello che affermi tu, cioè che Claudio appunto volesse distinguere due tipi di "u", ma in questo caso sarebbe stato più il suono della ϋ.
 
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zilc
view post Posted on 14/5/2011, 19:41




Sta a me dimostrare cosa? È la restituta a dover dimostrare di basarsi su qualcosa di concreto, l'ecclesiastica è tramandata, è attiva e reale. La restituta è un'ipotesi teorica che resta del tutto da dimostrare. Ed è molto debole anche come ipotesi, figuriamoci come siamo vicini alla verità.

Chiedi "per quale motivo il cambiamento Ki/Ci deve per forza essere associato al cambiamento ae/e? "
"Per forza" non si fa neanche l'aceto.
Ho detto che è molto più probabile che i cambiamenti in una lingua, come mi confermi, avvengano a grappoli anziché in modo solitario, perché quando un sistema cambia e si modifica ci sono inevitabilmente una serie di ripercussioni. Semplice buonsenso e teoria sistemica.

Dici: "

Quale senso può avere paragonare un termine latino del quale fingiamo di non sapere (perché invece lo sappiamo e non ci crediamo) se contiene una c dura o dolce al tedesco o qualsiasi altra lingua che non ha uno dei suoni in questione eppoi dire 'visto? Era come dicevo!'?
Una possibilità maggiore di avvicinarsi al vero l'avremmo confrontando il suddetto termine latino con uno francese, o spagnolo, ma di una lingua che offra almeno entrambe le possibilità.



Dici: "i toponimi fanno parte di una lingua tanto quanto le altre parole. Quando dunque cambia la pronuncia di un suono nelle parole normali di una lingua, cambia anche nella pronuncia dei toponimi."
Lo sai bene che non è così e non so perché lo dici. o meglio, lo so; ma tendo a non crederci.
I toponimi sono assai conservativi e nei secoli oppongono una notevolissima resistenza al cambiamento, anche solo quello dell'accento. L'esempio che hai fatto testimonia un passaggio attraverso tre lingue. Il nome dialettale di Verona, Veruna, etrusco, si presenta ancora invariato dopo vari cambi di lingua e cultura. La gente che ci abita, con quella dei dintorni, conserva sia il nome che la pronuncia e li tramanda spesso invariati; tanto che spesso i popoli migrando portano con sé i nomi dei luoghi d'origine.
Sei davvero convinto che Caenina fosse chiamata Caenina? Oggi esistono diverse località dal nome Cennina e hanno tutte la c dolce. Che Aricia fosse detta Arichia, il Circeo fosse detto Chircheii?
(Gaeta era Caieta e nonostante la Chiesa e l'Italiano non è diventata Ceta o Geta né tantomeno Cheta)

Lama Su: "come già detto e ripetuto (ti invito a leggere con ancora più attenzione),
si sa che questi mutamenti vocalici erano già in corso nel parlato di epoca classica.
Se non ti piace il I sec d.C, mettici pure il I sec a.C., non cambia molto. Non stai
dicendo nulla di nuovo, e nulla sorprendente e tanto meno nulla di rivoluzionario. "

Attenzione tu, lama: uno scarto dal I ac al I dc arriva a 198 anni, non è poco.
E proprio in questo periodo non è poco importante.
La restituta si riferisce al solo latino classico
Lucilio scrive nel II sec ac (muore nel 102 ac)

Il latino Arcaico arriva fino al I sec ac
Il latino Classico va dal I sec ac all'inizio del I dc sec dc. Secondo alcuni dal I ac anche al IV dc.
(Rif http://lettere2.unive.it/lmondin/Introduzi...tino/intro5.pdf da dei limiti ancora più ristretti: "L’età del latino arcaico (per la definizione → § 57) coincide con il periodo compreso tra la fine della prima guerra punica (241 a.C.) e la morte di Silla (78 a.C.)")
Come vedi l'ha detta grossina e non puoi nemmeno accusare un frate.
Da quanto esposto nella discussione risultano corruzioni (evoluzioni AE->E) nello scritto come minimo dal II sec ac, quindi precedenti al latino classico al quale si riferisce la pronuntiatio restituta. Per arrivare allo scritto queste variazioni dovevano essere presenti ben p r i m a nel parlato, ed essere talmente comuni da non attrarre l'attenzione in un'attività che ne richiede di norma più del parlare, com'è lo scrivere.


Una considerazione di ordine generale: i grammatici d'ogni epoca si sforzano di evidenziare e correggere i presunti difetti di pronuncia e di scrittura per un lungo lasso di tempo, praticamente a partire dal III sec ac quando sembra aumentare l'interesse per la correttezza della lingua, che immancabilmente, essendo viva tende a variare. Nessuno fa riferimenti, mai, alla pronuncia della C come dura o dolce.
Neppure nell'Appendix Probi (II-III sec dc), che si colloca ancora nel latino imperiale o tardo, si trovano riferimenti alla pronuncia della C. (Una correzione frequente è proprio della lettera Q che stava andando in disuso. Es. "equs non ecus; coqus non cocus; coquens non cocens; coqui non coci") La pronuncia normale della C dolce davanti alle vocali palatali E e I doveva essere un dato di fatto ancora precedente al latino arcaico, alla I guerra punica. Totalmente normale ed accettato. Così farebbe pensare anche l'introduzione della G, perché ormai la povera C da sola avrebbe dovuto rappresentare, ingenerando confusione, ben quattro suoni: C dura e dolce e G dura e dolce.

Certo non si può ascrivere l'introduzione della c dolce, come mi è capitato di leggere, alle invasioni barbariche ed in particolare germaniche che avevano, loro si, una lingua veramente dura.

Sulla pronuncia della V c'è da segnalare "virgo non vyrgo". Che danno l'idea di una pronuncia "vurgo" (con la Y greca, come u francese. Non so come si mette la dieresi sulla u). Che riguarda comunque più la pronuncia della I, ma Virgo è considerato un prestito (non "imprestito", che è vernacolare) etrusco e potrebbe per questo sollevare l'obiezione di costituire un'eccezione, se subito dopo nell'Appendix Probi non ci fossa la più latina delle parole: vir non vyr. Quindi non uir.
Eppoi "vapulo non baplo".

Cicerone (I° secolo a. C.), De divinatione, II, 40:
"Cum M. Crassus exercitum Brundisii imponeret,
quidam in portu caricas Cauno advectas vendens,
-Cauneas- clamitabat. Dicamus, si placet, monitum
ab eo Crassum caveret ne iret: non fuisse periturum
si omini paruisset"
(trad. mia: "Quando Crasso imbarcava l'esercito a Brindisi, qualcuno che vendeva fichi nel porto di Cauno continuava a gridare "cauneas". Diciamo, se piace, che ammonito da questo evento, Crasso avrebbe dovuto guardarsi dal partire: non sarebbe morto se avesse prestato attenzione al presagio."

L'aneddoto viene usato per "dimostrare" una certa commistione nella pronuncia tra U e V (o addirittura l'assenza del suono V) come se il venditore dicesse "cave ne eas" o, insistendo, "caue ne eas". Ma questo non è nel testo, che contiene la spiegazione di Cicerone.
La cosiddetta "prova" non c'è più se s'interpreta quel "cauneas" come "caute eas" oppure "cau(te) ne eas", anche se cautus derivò verosimilmente da caveo (*cavutus?), ma in tempi molto più antichi.
Di questa bava di chiocciole è fatta la restituta.
Però Quintiliano (35-95 dc) grammatico sotto Claudio voleva introdurre il digamma per il suono V.

Ciao
zilc

(Scusate la fretta, non posso dedicare molto tempo al forum)
 
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view post Posted on 14/5/2011, 20:59
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CITAZIONE (zilc @ 14/5/2011, 20:41) 
Però Quintiliano (35-95 dc) grammatico sotto Claudio voleva introdurre il digamma per il suono V.

In realtà quello che voleva introdurre Claudio era un digamma inverso, non il digamma vero e proprio, che già c'era in latino ed era "F". In effetti proprio il fatto che la scelta fosse caduta sul digamma, sia pure inverso, a me lascia qualche dubbio sul fatto che Claudio volesse distinguere due differenti suoni di "u". Questo perché il digamma a volte veniva pronunciato in greco non soltanto come "w", ma anche come "β" o "v" (http://it.wikipedia.org/wiki/Digamma).
Questo mi fa credere che l'introduzione del segno fosse piuttosto per distinguere appunto una pronuncia vicina a quella di "β" o di "v" che non di "w". Infatti l'alfabeto latino è semplificato rispetto a quello greco, non esistono ad esempio segni diversi per le vocali lunghe e brevi, quindi penso che il problema della differenza tra "u" e "w" o "ϋ" non sarebbe stato poi così sentito. Diverso sarebbe stato il caso per un suono che effettivamente si distaccasse da "u". Però la riformna di Claudio non fu approvata, quindi ciò deporrebbe a favore della tesi che i due suoni fossero effettivamente "u" e "w".
Differente invece il caso della pronuncia della "c": Zilc, se prendi il Castiglioni Mariotti, vedrai che riporta soltanto la versione "caelus", non quella di "coelus". Siccome quel vocabolario si basa su di un latino per lo più di età repubblicana (la maggior parte degli esempi sono tratti da scrittori fino all'età di Augusto) è ragionevole credere che la variante "coelus" si apparsa dopo. Anzi, secondo me tale variante è già del latino tardo, se non medievale. Non a caso in ambito ecclesiastico la troviamo spesso e volentieri (ad es. Regina Caeli o Regina Coeli). In greco invece il suono dolce della "c" non esisteva, e siccome il latino riprende dal greco, sia pure mediato dall'etrusco, non penso che la "c" possa mai avere avuto suono dolce.
 
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zilc
view post Posted on 14/5/2011, 22:26




"Coelum, non animum, mutant qui trans mare current", diceva Orazio
 
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view post Posted on 14/5/2011, 22:44
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Caelum, non animum mutant, qui trans mare currunt, diceva Orazio (Epistole, 1, 11, 27)
www.perseus.tufts.edu/hopper/text?d...3D11#note-link1
 
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zilc
view post Posted on 15/5/2011, 08:52




In perseus c'è la verità? Vedi il problema delle convinzioni?
Se la restituta è verità i testi verranno corretti secondo Verità. Attenzione alle convinzioni.
Anche i dizionari tendono a seguire la stessa linea, così bisogna ricorrere alle monete, per esempio, o alle fonti epigrafiche.
Però ragazzi, una ricerchina fatevela!
Orazio, Catone, Virgilio, Plinio...
Hac constare et tertiam illam a terra subeuntium in COELUM, et pariter scandi earn quoque existimavere plerique falso; qui ut coarguanttir, aperienda est subtilitas immensa, et omnes eas complexa causas. Plinio Hist. Nat: Lib II
"Tenet Minos terras, -inquit- tenet etiam pelagus altum. At coelum liberum patet: nos per coelum e carcere effugiemus". Dixit et novae arti se dedit: postquam pennas in ordine posuit, tum medias (pennas) lino, imas ceris alligat atque parvo curvamine flectit. (ovidio)
Altrimenti possiamo dar la colpa ai frati o agli umanisti.
http://books.google.it/books?id=xFnZIyluJk...ved=0CEQQ6AEwBw
http://books.google.it/books?id=xFnZIyluJk...0CE8Q6AEwBzigAQ
http://latinr.com/coelum-non-animum-mutant...re-currunt.html
http://libsysdigi.library.uiuc.edu/oca/Boo...02plin_djvu.txt
http://books.google.it/books?id=_CM6AAAAcA...ved=0CDcQ6AEwBA
http://www.archive.org/stream/workshoracew...lmgoog_djvu.txt
Etc etc etc etc
Coelianus = di Caelio

Qualcosa di meglio?
(onde evitare la scusa dei copisti e le correzioni della restituta?)

Console del 94 ac fu C. Coelio Caldo
image
come di vede dalla moneta raffigurata la dicitura è C·COEL·CALDVS
http://en.wikipedia.org/wiki/Gaius_Coelius_Caldus
"Gaius COElius Caldus or Gaius CAElius Caldus was a politician of ancient Rome of the late 2nd and early 1st century BC "

Lucius Coelius Antipater è citato indifferentemente anche come Lucius Caelius Antipater (II sec ac), e così molti altri.
Da notare che sono nomi, l'indifferenza per le forme OE e AE è ancora più significativa del fatto che ormai da moltissimo tempo non erano più sentite le differenze.
ECCO PERCHÉ DICO CHE LA PRONUCIA RESTITUTA NON SOLO È INFONDATA, MA È UN OSTACOLO ALLA CONOSCENZA.

Ciao
zilc
 
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view post Posted on 15/5/2011, 10:23
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CITAZIONE (zilc @ 15/5/2011, 09:52) 
In perseus c'è la verità? Vedi il problema delle convinzioni?

In interiore homine habitat veritas (Agostino)

Perseus dimostra solo ch esiste anche un'altra grafia. Dove, come, quando e perché si siano sviluppate grafie diverse è un altro discorso, ma il problema delle convinzioni vale anche, e oserei dire soprattutto, per te.
 
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IunoMoneta
view post Posted on 15/5/2011, 10:39




CITAZIONE (zilc @ 15/5/2011, 09:52) 
In perseus c'è la verità? Vedi il problema delle convinzioni?

No, c'è nei codici che trasmettono il testo oraziano.
Basta prendersi una edizione critica del testo di Orazio (Ep. I, XI, 27) per trovare:
Caelum non animum mutat (l'edizione che ho a casa è quella di Wickham, rivista da Garrod per la collana Scriptorum classicorum Biblitheca Oxoniensis).
Non viene segnalata nessuna variante nella tradizione. Per avere una maggior certezza sarebbe opportuno verificare su altre edizioni critiche che non ho a casa.
Aggiungo che Perseus usa l'edizione critica di Rushton Fairclough per la Loeb (che non ha, se non ridotte all'essenziale, indicazioni delle varianti testuali).
Qualcuno ha sottomano una edizione Teubner? Sono le più accurate di solito nella trascrizione delle varianti testuali.

CITAZIONE (zilc @ 15/5/2011, 09:52) 
Lucius Coelius Antipater è citato indifferentemente anche come Lucius Caelius Antipater (II sec ac), e così molti altri.

Dove? L'unica prova che hai portato è la scritta monetale che dà la versione Coelius non Caelius.

 
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view post Posted on 15/5/2011, 11:28
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Orazio:
Qui il testo dalla Bibliotheca Augustana (ed. B. Kytzler, Stuttgart 1986), anch'esso senza varianti:
www.hs-augsburg.de/~harsch/Chronolo...s/hor_ep11.html

Il mio Orazio l'ho imprestato oltre quarant'anni fa, e non è ancora tornato indietro! (Non ricordo che edizione fosse, magari era l'autografo di Orazio che avrebbe risolto tutto) :nonono.gif:
 
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zilc
view post Posted on 15/5/2011, 14:20




Se piacciono le monete www.deamoneta.com/tintinna/view/11869
http://www.wikimoneda.com/catalogue_es.php...0COELIA%3Cbr%3E
cercare:
caelius antipater
coelius antipater
gens caelia
gens coelia

www.cosmovisions.com/Caelia.htm
http://nl.wikipedia.org/wiki/Lucius_Caelius_Antipater
http://en.wikipedia.org/wiki/Caelia_(gens)
www.cnr.edu/home/sas/araia/CiceroClodia_notes.html
http://books.google.it/books?id=wHVGrxdt2X...d=0CCwQ6AEwAzgK
www.comune.ceriana.im.it/en-GB/turismo/storia-e-cultura
http://217.194.4.203/museosaccisica/storag...Zatta_71-90.pdf
http://books.google.it/books?id=xksM2k5Dmk...ved=0CDwQ6AEwBA
http://books.google.it/books?id=ysoOAAAAQA...ved=0CD8Q6AEwBQ
www.ancientlibrary.com/smith-bio/0542.html
http://books.google.it/books?id=Yp6JEOtf9B...ved=0CFkQ6AEwBw

Dceg, capisco che la cosa non ti piaccia e capisco di essere antipatico, non ho mai cercato d'esserlo. E da buon psicoterapeuta lo sai.
Con Moneta non ci siamo mai intesi, credo sia incompatibilità naturale.
Leda... stima e disistima contemporanee e reciproche, purtroppo. Con lama la storia è vecchia, lo frega l'emotività e me il rancore: non gradisco che mi vengano cancellati i messaggi. Comunque buona prosecuzione.
Massinissa, posso dirti solo grazie.
Bene, ci siamo divertiti, la discussione è stata animata e ha fatto ascolto, spero siate contenti, vi ringrazio per il contraddittorio, e spero capiate, senza scuse, se mi viene nervoso a sentir chiamare scientifico qualcosa che non lo è.
Ora mi assento per qualche tempo.
ciao
zilc
 
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64 replies since 5/5/2011, 22:06   3115 views
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