Ostraka - Forum di archeologia

Conoscenze indirette dell'America in età ellenistica

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view post Posted on 18/11/2014, 19:10
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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CITAZIONE (leda77 @ 18/11/2014, 16:31) 
Quindi le domende da porsi, secondo me, sono: i Fenici o Cartaginesi avevano navi adatte per un viaggio così lungo e il viaggio era per loro abbastanza sicuro, o comunque non meno pericoloso di altri? E, soprattutto, il gioco valeva la candela - cioè le ricchezze delle Antille erano tali da giustificarlo?
A mio modesto parere le Antille ai Fenici o Cartaginesi non è che potessero offrire molto di più di quanto offrissero gli altri paesi del Mediterraneo.

Condivido a pieno queste parole.
E in queste stesso senso, fra l'altro, sembrano muoversi - perlomeno in età romana - anche le considerazioni (da me forse già citate in un'altra discussione) fatte da Strabone (Geographia, II, 5.8), il quale, parlando dei paesi situati nelle regioni più estreme della Terra, afferma che:

CITAZIONE
per le ragioni del governo non vi è alcun vantaggio nel conoscere questi paesi e i loro abitanti, soprattutto quando vivono in isole che non ci possono procurare problemi né dare profitti considerata la mancanza di reazioni.

Questo potrebbe essere tranquillamente il caso delle Piccole Antille. Considerate che già sulle Canarie gli insediamenti e i reperti romani si contano sulle dita di una mano (e qualcosa è stato individuato individuato anche per il periodo dell'espansione punica). Ma, se la regola vale per i Romani, lo stesso ragionamento - sempre in termini puramente speculativi - potrebbe valere anche per Cartaginesi, Fenici etc.
A quanto avevo letto, le prime rotte tracciate dai Cartaginesi (e, prima ancora, forse, dai Fenici) fuori da Gibilterra mossero verso Sud, in direzione dell'Africa Nera, per intercettare le locali 'vie dell'oro', e verso Nord, in direzione delle Isole Britanniche, per i loro giacimenti di stagno (anche se, in questo caso, c'è da dire che non tutti sono concordi nel ritenere che le mitiche Isole Cassiteridi erodotee debbano essere identificate con le coste della Cornovaglia).

Avendo già tali fonti di arricchimento, accessibili con una navigazione perlopiù lungo le coste, che bisogno potevano avere gli antichi naviganti di spingersi fino in America? Manfredi aveva anche ipotizzato che i Cartaginesi avessero casualmente scoperto la cd. 'Volta Pelo Largo', che permette alle imbarcazioni a vela di compiere un ampio giro nell'Atlantico dalle coste dell'Africa Occidentale, rientrando praticamente all'imbocco di Gibilterra (potete vedere il suo percorso qui, in alto a destra: http://pt.wikipedia.org/wiki/Volta_do_mar#...eanic_gyres.png). Le correnti di questa rotta, in effetti, portano diretti verso le Piccole Antille, prima di virare a Nord e tornare verso le Azzorre e il Vecchio Continente. Questo potrebbe spiegare, fra l'altro, i misteriosi resti individuati in alcuni punti della costa americana, attribuiti ora ai Fenici, ora ai Cartaginesi o, ancora, ai Romani. Ma, secondo me, più che di rotte commerciali, si dovrebbe piuttosto pensare a naufragi, o comunque casi di sbarchi isolati: un viaggio tanto lungo, faticoso e pericoloso, probabilmente, non avrebbe avuto senso nemmeno per le ingenti ricchezze possedute dai nativi americani, e questo proprio in virtù del fatto che già sulle coste africane potevano acquistare notevoli quantità di oro, con uno sforzo e un rischio decisamente minori.
 
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view post Posted on 18/11/2014, 20:54
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CITAZIONE (Perseo87 @ 18/11/2014, 19:10) 
A quanto avevo letto, le prime rotte tracciate dai Cartaginesi (e, prima ancora, forse, dai Fenici) fuori da Gibilterra mossero verso Sud, in direzione dell'Africa Nera, per intercettare le locali 'vie dell'oro',

Oltre all'Africa, per l'oro era inoltre disponibile la Spagna, che fino a tutta l'epoca romana aveva alcune delle più importanti miniere dell'impero. Non so se i Fenici ed i Cartaginesi sapessero sfruttare una delle principali miniere che poi sfruttarono i Romani, con una particolare tecnica descritta da Plinio, ma per quanto riguarda quetsi ultimi, di certo, grazie alle loro tecniche, non avevano bisogno di andare a prendere l'oro in America. La miniera in questione oggi è patrimonio dell'umanità:

http://it.wikipedia.org/wiki/Las_M%C3%A9dulas

Detto questo, se parliamo di naufragi sulle coste dell'America, questi invece sono possibilissimi e la testina ritrovata in una tomba precolombiana, di cui si è parlato ampiamente, starebbe lì a dimostrarlo. Ma commerci veri e propri sono decisamente difficili, se non impossibili, da ipotizzare.
 
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view post Posted on 18/11/2014, 22:21
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CITAZIONE (leda77 @ 18/11/2014, 16:31) 
Quindi le domende da porsi, secondo me, sono: i Fenici o Cartaginesi avevano navi adatte per un viaggio così lungo e il viaggio era per loro abbastanza sicuro, o comunque non meno pericoloso di altri? E, soprattutto, il gioco valeva la candela - cioè le ricchezze delle Antille erano tali da giustificarlo?

Non mi riulta che nelle Antille, isole d'origine vulcanica, ci siano giacimenti auriferi.
 
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view post Posted on 18/11/2014, 22:54
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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Qui un articolo apparso sul New York Times, circa il rinvenimento di anfore riconosciute come romane dal suo scopritore in una baia nei pressi di Rio de Janeiro (Guanabara Bay, 1982): http://www.nytimes.com/1982/10/10/world/ri...oman-visit.html.
 
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view post Posted on 18/11/2014, 23:15
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Mario_A aveva riferito in un'altra discussione di aver assistito a Boston al MIT ad un seminario in merito a questo rinvenimento.
https://ostraka.forumfree.it/?t=51859185
 
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Seneca_
view post Posted on 6/1/2015, 18:57




salve a tutti ho trovato questa discussione e vorrei chiedervi cosa ne pensate del testo di seguito che ho trovato in internet ;)
complimenti per il forum :)


Eratostene di Cirene fu il primo a calcolare con un trascurabile margine d'errore la circonferenza terrestre seguito poi da Posidonio. I loro risultati servirono da base a Marino di Tiro e Tolomeo per la composizione delle loro mappe geografiche, le quali anche se rappresentate in piano si rifacevano ovviamente ad una dimensione sferica.



Da qui - come ben sottolineato ancora da Elio Cadelo - agli antichi venne in mente esattamente la medesima idea che avrebbe poi avuto Colombo, ossia raggiungere l'Oriente navigando verso occidente, attraversando l'Atlantico: «D'altro canto Tolomeo cita Posidonio e scrive: “Quindi diceva Posidonio chi partisse dall'estremo occidente del nostro mondo, e navigasse con l'Euro, per ponente, con un pari percorso arriverebbe nelle Indie"...» (Elio Cadelo, p. 212), convinzione condivisa ad esempio anche da Strabone, Aristotele e diversi altri scrittori dell'antichità.

Qualche altro autore poi come Plutarco nel suo scritto Il volto della Luna aggiunge che "a cinque giornate di navigazione dalla Britannia verso Occidente ci sono alcune isole e dietro di loro un continente...» (Elio Cadelo, cit. p. 198). Ma il grande storico di Agira, Diodoro Siculo, è molto più dettagliato:


«Poichè abbiamo discorso delle isole che stanno al di qua delle Colonne d'Eracle, passeremo ora in rassegna quelle che sono nell'Oceano... Infatti, di fronte alla Libia (Africa) sta un'isola di notevole grandezza, e posta com'è in mezzo all'Oceano è lontana dalla Libia molti giorni di navigazione, ed è situata a occidente. La sua è una terra che dà frutti, in buona parte montuosa, ma in non piccola parte pianeggiante e di bellezza straordinaria. Poichè vi scorrono fiumi navigabili, da essi è irrigata, e presenta molti parchi piantati con alberi di ogni varietà, ricchi di giardini attraversati da corsi d'acqua dolce. La zona montuosa presenta foreste fitte e grandi alberi da frutto di vario genere, e valli che invitano al soggiorno sui monti, e molte sorgenti. In generale, quest'isola è ben fornita di acque dolci correnti.
"Ora, nei tempi antichi quest'isola non fu scoperta per la sua grande distanza dall'intero mondo abitato, ma lo fu più tardi per le seguenti ragioni. I Fenici, che da tempi antichi facevano continuamente viaggi per mare a scopo di commercio, fondarono molte colonie in Libia e non poche nelle parti occidentali dell'Europa. Poichè le loro iniziative procedevano secondo le aspettative, ammassarono grandi ricchezze e tentarono di navigare oltre le Colonne d'Eracle, nel mare cui gli uomini danno nome Oceano.
"E dapprima, proprio sullo stretto presso le Colonne, fondarono una città sulla costa europea, e poichè essa occupava una penisola, la chiamarono Gadira (Cadice).
"Vi costruirono molte opere adatte a quei luoghi, e anche un sontuoso tempio di Eracle, e introdussero sacrifici magnifici condotti secondo i costumi dei Fenici. Si dà il caso che questo santuario sia stato tenuto in assai onore, sia allora che in tempi recenti fino alla nostra generazione. Anche molti Romani fecero voti a questo dio, e li adempirono dopo aver portato a termine le proprie gesta con successo.
"I Fenici, dunque, mentre esploravano, per le ragioni sopra citate, la costa al di là delle Colonne, navigando lungo la Libia, furono portati fuori rotta dai venti, a grande distanza nell'Oceano. Dopo essere stati esposti alla tempesta per molti giorni, furono portati sull'isola che abbiamo citato, e una volta constatata la sua prosperità e la sua natura, ne resero nota l'esistenza a tutti gli uomini.
"E perciò i Tirreni, al tempo in cui erano padroni del mare, intrapresero il tentativo di mandarvi una colonia, ma i Cartaginesi lo impedirono, sia perchè per la fertilità dell'isola molti vi si volevano trasferire da Cartagine, sia per prepararsi un luogo in cui rifugiarsi contro gli imprevisti della sorte, nel caso che a Cartagine toccasse qualche disastro totale. Infatti, dal momento che erano padroni del mare, avrebbero potuto, pensavano, far vela con tutta la casa e la famiglia verso un'isola sconosciuta a chi li avesse sconfitti.» (Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libro V, 19-20).


Gli storici ritengono che Diodoro in questo passo si riferisca a qualcuna delle Isole Canarie o delle Azzorre, ma nessuna delle isolette dell'Atlantico corrisponde ai nostri giorni ad una tale descrizione. Vi è dunque il forte sospetto che lo storico siciliano si riferisca in realtà alle coste più occidentali del Sud-America, da lui e dai Fenici creduta un'isola. In effetti, sono diversi gli archeologi che avrebbero trovato iscrizioni e testimonianze fenicie in diverse parti del Brasile. Ladislao Netto sin dal 1899 ne avrebbe trovata una proprio sul monte che sovrasta Rio, il Pan di Zucchero: «Siamo figli della Terra di Canaan - dice l'iscrizione - . Su noi pesano la sventura e la maledizione. Abbiamo invocato invano i nostri dei: essi ci hanno abbandonati, e presto moriremo disperati. Oggi è il decimo anniversario del giorno infausto in cui siamo giunti su queste rive. Il caldo è atroce, l'acqua è fetida, l'aria piena di schifosi insetti. I nostri corpi sono coperti di piaghe. O dei, aiutateci! Tiro, Sidone, Baal».

Anche l'archeologo brasiliano Bernardo da Silva Ramos, il ricercatore austriaco, Ludwig Schwennhagen, ed il francese Apollinaire Frot avrebbero ritrovato, tradotto e classificato migliaia di iscrizioni in diverse parti della giungla Amazzonica nonché in zone montuose. Secondo le loro ricerche in alcuni luoghi dell'Amazzonia nei pressi di laghi e fiumi vi sarebbero anche resti di mura e cantieri navali. Viceversa negli scavi compiuti a Sidone, in Libano, nel 1860, archeologi francesi individuarono molti reperti di legno che potevano provenire soltanto dal Brasile, in quanto realizzati o con legno "quebracho" (o "Quebra Machado", il legno che spezza il machete), o un altro di colore rosso, chiamato in portoghese Paua Brasil.
 
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view post Posted on 6/1/2015, 23:20
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Onestamente, penso che i contenuti che hai trovato siano un po' esagerati come resoconto.

A leggere una cosa del genere...
CITAZIONE
Anche l'archeologo brasiliano Bernardo da Silva Ramos, il ricercatore austriaco, Ludwig Schwennhagen, ed il francese Apollinaire Frot avrebbero ritrovato, tradotto e classificato migliaia di iscrizioni in diverse parti della giungla Amazzonica nonché in zone montuose. Secondo le loro ricerche in alcuni luoghi dell'Amazzonia nei pressi di laghi e fiumi vi sarebbero anche resti di mura e cantieri navali.

... dovrei pensare che l'America fosse stata colonizzata a livello massiccio dai Fenici (e, dopo di loro, da altri popoli). Possibile - mi chiedo - che un continente venga scoperto e colonizzato (e perfino 'pubblicizzato' in patria) fino a tal punto, mentre nelle fonti scritte le menzioni a suo riguardo risultano, per contro, così poche e controverse? Mi pare un controsenso...

Ho notato che esiste una pagina su Wikipedia interamente dedicata alla questione: http://pt.wikipedia.org/wiki/Teoria_da_pre...Dcios_no_Brasil.
E, fra le 'prove' della colonizzazione fenicia, ci sarebbe pure il profilo di un monte scolpito a forma di sfinge fenicia: http://pt.wikipedia.org/wiki/Pedra_da_G%C3...a_gavea_(3).JPG.

Si tratta di studi perlopiù di fine XIX-inizio XX secolo.
Io sono decisamente scettico, ma, da un punto di vista epigrafico, non sono il più titolato per esprimermi...
 
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view post Posted on 6/1/2015, 23:25
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Significativo è quanto viene detto nella seconda pagina di wiki citata da Perseo:
CITAZIONE
"É notável que a inscrição é descrita pela primeira vez oficialmente durante os primeiros anos da independência do Brasil sob o imperador Dom Pedro I, o que sugere uma tentativa de construção de uma identidade nacional pelo Império brasileiro."
 
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Seneca_
view post Posted on 7/1/2015, 16:59




CITAZIONE (Perseo87 @ 6/1/2015, 23:20) 
Onestamente, penso che i contenuti che hai trovato siano un po' esagerati come resoconto.

Quindi reputi il resoconto di Diodoro Siculo non verosimile?


la seconda parte del testo la avevo tralasciata perchè analizzava la quastione dalla prospettiva asiatica ma ho notato che ci sono sempre in mezzo i romani quindi la posto.Sempre per un vostro parere.



Le cose tuttavia potrebbero essere anche più complesse, e qualcuno del Vecchio Mondo potrebbe essere giunto in America per altre vie.

Le rovine dell'antica città di Comalcalco, nei pressi dell'attuale città di Villaermosa in Messico (stato di Tabasco), costituiscono tutt'altro che un banale mistero per archeologi e studiosi. La località infatti è l'unico insediamento di epoca Olmeca o Maya che abbia i suoi edifici costruiti con l'utilizzo di mattoni cotti, anziché in pietra come tutte le altre città coeve. Il mistero tuttavia si è infittito quando gli studiosi hanno scoperto sul retro di diversi mattoni dei marchi di fabbrica pressocchè identici a quelli presenti sugli antichi mattoni romani, visibili ancora oggi ad es. a Roma ed in molti altri siti archeologici. Anche le dimensioni dei mattoni sono uguali, mentre sempre a Comalcalco è stata anche scoperta quella che sembra un'antica statuetta romana in terracotta. E' stato fatto notare tuttavia che, anche se edificata in mattoni cotti, lo stile architettonico della città è tipicamente maya, ed anche gli archi non sono quelli caratteristici romani a tutto sesto bensì quelli tipici centro-americani a triangolo acuto.

Alcuni ricercatori dalle idee più aperte hanno ipotizzato che nel periodo della dinastia Satavahana (circa 200 a. C. - 200 d. C.) in India, che - come abbiamo visto - allacciò stretti rapporti commerciali col mondo romano, l'uso dei mattoni per le costruzioni venne reintrodotto nell' Hindu Kush dopo che era stato abbandonato in passato a favore della pietra. Dall'India si estese poi fino in Indocina, al seguito probabilmente dei Kushana, altri partner commerciali dei Romani. Questa minoranza di studiosi sostiene appunto che l'uso dei mattoni cotti sia giunto a Comalcalco tramite l'Oceano Pacifico, al seguito di mercanti del sud-est asiatico.

A riprova di ciò, mostrano alcuni motivi architettonici, simili a quelli indiani, presenti in alcuni mattoni della città maya, ed alcune urne funerarie, sempre a Comalcalco anch'esse in stile asiatico. Nonostante appaia curioso il fatto che anche i tipici marchi di fabbrica romani possano essersi conservati insieme ai mattoni nel loro viaggio fino ai Maya (non si capisce bene con quale funzione), i medesimi sostenitori dei contatti fra le due sponde del Pacifico portano altre prove, quali ad esempio resti di cavalli pre-colombiani che sarebbero stati dissepolti sempre in America. Nel Museo attiguo alle rovine di Comalcalco è inoltre possibile ammirare altri curiosi e misteriosi reperti come raffigurazioni di personaggi con cappello e barba.


Comalcalco in realtà è solo uno dei tanti luoghi misteriosi che fanno sospettare contatti tra Asia e America ben prima di Colombo.

Sempre in Messico nei pressi della città di Poza Rica, le rovine della città di Tajin, antica capitale del popolo precolombiano dei Totonachi, comprendono una piramide che «...non solo nella parte inferiore della costruzione, ma anche nelle decorazioni e nelle nicchie è identica alle pagode della città morta birmana di Pagan...» secondo le parole dello studioso Pierre Honorè, che continua: «...Lo stile ornamentale di Tajin, specie per quanto concerne i vasi, mostra una tale somiglianza con il tardo stile Chu della Cina, da rendere quasi impossibile distinguere l'uno dall'altro...».

Anche le piramidi maya di Tikal sembrano identiche a quelle cambogiane di Angkor-Vat, così come di stile orientale sembrano statue, gioielli di giada, ornamenti e decorazioni rinvenuti in Ecuador ed in Perù. Per non parlare di curiose analogie scientifiche e culturali, come l'uso dello zero e del sistema decimale presso i Maya che fino all'inizio del Medioevo si ritrovava solo in un altro luogo al mondo, ovvero in India.
Per l'archeologia ufficiale sia i potenziali contatti con l'America di Fenici e Romani attraverso l'Atlantico, sia i viaggi transpacifici degli asiatici mancano ancora di prove decisive. Molti parlano di “miopia archeologica”, altri di semplice prudenza. Ma in ogni caso gli scavi e gli studi proseguono.
 
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Su quanto riporti di Diodoro Siculo, non posso dire niente, non conosco proprio l'argomento.

CITAZIONE
Le rovine dell'antica città di Comalcalco, nei pressi dell'attuale città di Villaermosa in Messico (stato di Tabasco), costituiscono tutt'altro che un banale mistero per archeologi e studiosi. La località infatti è l'unico insediamento di epoca Olmeca o Maya

Comalcalco ha poco o nulla a che vedere con gli Olmechi, i suoi abitanti erano Maya (Chontal e Putun) che utilizzarono mattoni di argilla perché non c'è pietra calcarea nel luogo dove sorge l'insediamento. L'unica particolarità è che cuocevano i mattoni, cosa insolita nel panorama archeologico delle Americhe.
Tuttavia, i Maya conoscevano il metodo di ricavare calce cuocendo la pietra calcarea e cuocevano l'argilla per fabbricare vasi, quindi non è inverosimile che una delle popolazioni della loro cultura abbia cotto l'argilla dei mattoni, in mancanza di pietra.
La storiella che sui mattoni di Comalcalco siano impressi marchi simili a quelli usati dai Romani la considero una specie di leggenda metropolitana, copiata e incollata senza controllare le fonti (alla maniera di Peter Kolosimo, per es.).
Per quanto ne so, nessun lavoro scritto da archeologi ne parla e non ho mai dico mai visto una immagine di questi marchi. Mi ricrederò non appena qualcuno mi mostrerà una foto, leggibile.

CITAZIONE
Anche le piramidi maya di Tikal sembrano identiche a quelle cambogiane di Angkor-Vat,

Che le "piramidi" di Tikal siano uguali a quelle di Angkor Wat lo può dire solo uno che non ha mai visto né le une né le altre, dai una occhiata qui

https://www.google.it/search?q=Tikal&biw=1...AB&ved=0CCAQsAQ

http://en.wikipedia.org/wiki/Angkor_Wat

CITAZIONE
così come di stile orientale sembrano statue, gioielli di giada, ornamenti e decorazioni rinvenuti in Ecuador ed in Perù.

Studio la lavorazione della giada nell'America precolombiana da più di 20 anni, mai sentito parlare di giada in Ecuador e Perù... per quanto ne so, costaggiù l'unica pietra lavorata che può in parte essere scambiata per giada è il turchese.
Qualche rarissimo pendente, classificato genericamente come giada (non si sa se nefrite o giadeite, non sono state condotte indagini mineralogiche), è stato rinvenuto nell'Amazzonia brasiliana.
Si tratta di oggetti molto semplici, in pratica ciottoli fluviali nei quali è stato praticato un foro per farvi passare un laccio.
Ne parla anche Sir Walter Raleigh, in una sua relazione, riportando le parole di un cacique incontrato alle foci dell'Orinoco.

Sempre per quanto ne so, le "piramidi" di El Tajin sono caratterizzate dalla presenza di numerose nicchie, quanto possano assomigliare a "piramidi" dell'Estremo Oriente non saprei... a me sembra che la somiglianza sia fantasiosa.

Ah, dimenticavo, scrivo "piramidi" (tra virgolette) perché le uniche vere piramidi sono quelle egizie (e quella di Caio Cestio, a Roma, che ne è una imitazione)
http://it.wikipedia.org/wiki/Piramide_(geometria)
Sia quelle dell'America precolombiana sia quelle dell'Asia orientale dovrebbero essere meglio indicate come ziqqurat o "edifici piramidali a gradoni". E non mi sembra una differenza da poco.

Circa lo "stile" con cui vennero realizzati manufatti in argilla dalle popolazioni della costa del Pacifico dell'America del sud, andrei molto cauto nel definirlo "orientale". E poi, è una valutazione "ad occhio", quindi sempre assolutamente soggettiva.

CITAZIONE
Per non parlare di curiose analogie scientifiche e culturali, come l'uso dello zero e del sistema decimale presso i Maya che fino all'inizio del Medioevo si ritrovava solo in un altro luogo al mondo, ovvero in India.

Qui si raggiunge l'apice dell'ignoranza e della volontà esplicita di non documentarsi.
I Maya avevano una notazione vigesimale, non decimale, e la cosa è talmente risaputa da essere patrimonio dell'Umanità, o almeno di quella parte dell'umanità che, prima di scrivere, legge e si documenta... tra l'altro, la notazione vigesimale (cioè in base 20) era utilizzata da tutte le popolazioni della Mesoamerica e venne inventata dagli Olmechi, probabilmente attorno al 1000 a.C.
Zero posizionale: i Maya lo conoscevano almeno dal 200 a.C. (e forse lo conoscevano già gli Olmechi, qualche secolo prima...), in India compare attorno al VI sec. d.C.: quindi, semmai furono i Maya a trasmetterne la conoscenza e l'uso alle popolazioni dell'Estremo Oriente.
Dato, però, che nessun autore serio ha mai prospettato neanche lontanamente l'ipotesi che gli Indiani siano stati dei grandi navigatori e che gli unici contatti siano semmai avvenuti con i Cinesi, in epoca storica, tra il 1200 e il 1400 d.C., non vedo sia così difficile accettare la semplice idea di una invenzione autonoma da parte di Maya e Indiani.
Nella storia dell'umanità, è un caso tutt'altro che raro.

Discorso diverso è per le effigi di uomini barbuti (con o senza cappello, il particolare è ininfluente, tutte le popolazioni mesoamericane conoscevano cappelli di varie fogge).
Non solo, nelle raffigurazioni di sovrani mesoamericani spesso sul loro mento compare il bezote, cioè una finta barba.
Giustificare questa usanza e le effigi in questione è veramente un problema irrisolto.

 
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view post Posted on 7/1/2015, 23:29
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Mi pare anche che in quanto riportato a proposito dei mattoni romani e quelli di Comalcalco ci siano divari temporali di molti secoli.
È pensabile che i mattoni di Comalcalco siano stati cotti e non solo seccati al sole in quanto in quella zona il clima è più umido che nelle zone dove vennero utlilzzate gli adobe che non sopportano, se non protetti da intonaco, precipitazioni importanti?
 
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view post Posted on 7/1/2015, 23:48
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Sul bezote e il suo significato come simbolo di potere ho trovato questo articolo: http://www.banrepcultural.org/blaavirtual/...n42/enjn02a.htm
 
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view post Posted on 8/1/2015, 12:24
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Giusto, dceg, le strutture in mattoni di Comalcalco sono datate 700 - 900 d.C., altro "mattone" che si aggiunge alla assoluta mancanza di metodo scientifico da parte dell'autore della pubblicazione di cui stiamo discutendo.

Ripeto, ha fatto un minestrone di scritti che si possono facilmente rintracciare anche sul web, che non sono minimamente documentati.
Molti di questi "scrittori" affermano che Comalcalco è un sito Olmeco e Maya, e lui lo ha riportato, senza controllare quando quella città sia nata. Definirla sito Olmeco è parto di pura fantasia.
Del pari, affermano, come lui riporta, che la testina di uomo barbuto
http://img46.imageshack.us/img46/4192/cali...aooparthean.jpg
è stata rinvenuta vicino a quella località, mentre proviene da un sito vicino a Città del Messico, ci sono quasi 1000 km in linea d'aria!
Nessuno di quanti scrivono sul web dei segni impressi sui mattoni di Comalcalco posta una foto, con raffronto a segni simili incisi su mattoni romani, mentre si possono facilmente rintracciare foto di mattoni di Comalcalco che portano incisi simboli zoomorfi e caratteri glifici tipici della scrittura Maya.

Stile "orientale" di alcuni manufatti precolombiani in terracotta: ho appena visto su un muro della città in cui abito un disegno che raffigura una radio portatile umanizzata. Il disegno è praticamente uguale ai coperchi di urne in terracotta che si rinvengono in tombe precolombiane del Messico: avevano previsto anche questo?

Tuttavia, ripeto, la cosa grave è che questi scrittori non presentano mai documentazione che giustifichi le affermazioni che fanno: non foto e disegni comparativi, né citazioni verificabili di scritti di altri autori che a loro volta presentino prove documentali.
Leggetevi i libri di molti autori di fantaarcheologia o misteriologia: il metodo è sempre quello, affermare che in una località pressoché irraggiungibile c'è un fregio, una statua, un chissacosa che non dovrebbe essere lì... ma niente documentazione, niente di controllabile e verificabile, nulla di nulla.
E una quantità di affermazioni sbagliate, frutto della mancata assimilazione di quanto si è letto o sentito dire (a voler essere buoni...) e non verificato (numerazione decimale, edifici di Tikal e Angkor Wat, le "curiose analogie scientifiche e culturali"...).

Bezote.
Ho utilizzato un termine che si presta a generare incomprensioni, perché con questo termine gli archeologi dell'America centrale di lingua spagnola indicano non solo quanto illustrato nel lavoro indirizzato da dceg, e cioè quello che in inglese viene chiamato labret e in italiano "ornamento da labbro", ma anche degli ornamenti che sembrano barbette arricciate.
A cosa servissero e perché venissero indossati questi oggetti è chiaro: quando chi li indossava profferiva parola, si muovevano ed essendo fatti d'oro o di giadeite, lanciavano dei lampi quando erano colpiti da raggi di luce.
Ora, essendo il sovrano "il grande parlatore", cioè colui che può parlare con gli spiriti superiori (questo è il significato del titolo di Tlatoani che portava il sovrano azteco), il lampeggiare testimoniava questa capacità.
Però, gli amerindiani non avevano e non hanno "l'onor del mento" (pochi di loro hanno una rada barbetta, i cui peli sono arricciati e molto corti). Quindi, da dove hanno ricavato le raffigurazioni di uomini con lunga e folta barba?
Ne abbiamo già parlato in questa discussione https://ostraka.forumfree.it/?t=58586191
 
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Seneca_
view post Posted on 9/1/2015, 14:15




mi pare di capire che quindi sono affermazioni non documentate.

Mentre per quanto riguarda i resoconti degli autori greci fra i quali Diodoro Siculo mi piacerebbe si aprisse un dibattito ;)

e anche per quel che riguarda le iscrizioni fenice

riporto da sopra
...sono diversi gli archeologi che avrebbero trovato iscrizioni e testimonianze fenicie in diverse parti del Brasile. Ladislao Netto sin dal 1899 ne avrebbe trovata una proprio sul monte che sovrasta Rio, il Pan di Zucchero: «Siamo figli della Terra di Canaan - dice l'iscrizione - . Su noi pesano la sventura e la maledizione. Abbiamo invocato invano i nostri dei: essi ci hanno abbandonati, e presto moriremo disperati. Oggi è il decimo anniversario del giorno infausto in cui siamo giunti su queste rive. Il caldo è atroce, l'acqua è fetida, l'aria piena di schifosi insetti. I nostri corpi sono coperti di piaghe. O dei, aiutateci! Tiro, Sidone, Baal»...
 
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view post Posted on 9/1/2015, 16:28
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Sulle isrcizioni "fenicie" in Brasile si era ampiamente parlato e dicusso anni or sono, se non erro però non su ostraka ma su Ai, il forum sulle cui ceneri è nato ostraka purtroppo chiuso.

Anche qui siamo alle solite: le iscrizioni non sono pubblicate, almeno non rispettando i criteri scientifici attualmente validi, gli originali si sono persi, ecc. ecc. Un'analisi accurata condotta sul testo che dovrebbe appartenere all'iscrizione di Paraibo ha dimostrato che si tratta di un falso.

Su Diodoro non sono neppure io in grado di esprimere un parere.

Il problema è però sempre lo stesso: sporadici e fortuiti approdi di naviganti provenienti dalle aree del Mediterraneo sulle sponde americane non sono a priori da escludere, restano nel campo del possibile, scambi regolari tra l'America e l'Europa prima di Colombo non sono assolutamente documentati. Anche la breve colonizzazione vikinga sulle coste americane settentrionali rimase senza seguito. Analogo è il discorso per possibili contatti tra l'Asia e l'America del sud.
 
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59 replies since 28/2/2012, 00:40   2707 views
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