Ostraka - Forum di archeologia

Informazioni riguardo lo stoccaggio di reperti archeologici

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view post Posted on 27/4/2014, 10:42

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Da uomo brutale e di cantiere quale io sono non perderò tempo a fare i complimenti sulla eleganza e sensibilità del progetto etc. etc. blablabla.

Vengo al punto e chiedo: si sta immaginando il magazzino di una istituzione museale già esistente e la cui consistenza fosse accertata a priori e fondamentalmente consolidata e stabile (il patrimonio di quel Museo è quello, le nuove acquisizioni sono una eventualità del tutto marginale) oppure si sta immaginando una struttura che dovrebbe servire ad un territorio nel quale la tutela archeologica (e la valorizzazione, magari anche) è pienamente in corso?

Secondo me questa considerazione meriterebbe una premessa metodologica esplicitata in maniera molto chiara.

Se si tratta di un sistema “chiuso” è ovviamente tutto più facile; sappiamo a priori che lo spazio è sufficiente (magari ci diamo un minimo di margine, ma lo possiamo stimare semplicemente a buon senso), sappiamo che l’ordine di stoccaggio dei materiali potrà alla fine considerarsi definitivo (nel senso che sarà pochissimo probabile il rischio di dover spostare un sacco di cose per fare largo in una posizione logica a dei nuovi arrivi), siamo a conoscenza a priori del rapporto percentuale fra materiali che comportano condizioni di stoccaggio specifiche in rapporto alla dimensione. Non è che anche così la progettazione sia cosa da poco, perché comunque si presenteranno decisioni progettuali alquanto importanti quando si scoprirà che la statua di marmo ad altezza d’uomo è imbragata in una struttura di tubolari al secondo piano, mentre il frammento del naso della medesima sta in un cassetto di un bancale al quindicesimo e il modesto (ma cronologicamente importantissimo) coccetto di ceramica trovato nella fondazione del suo basamento rischia di trovarsi in un sacchetto in un altro posto ancora, per non parlare dell’eventuale moneta che starebbe addirittura un un'altra ala dell’edificio (ma questo purtroppo è normale in Archeologia: purtroppo le monete spariscono subito dai contesti, normale ma non auspicabile). Però a parte il dovere di richiamare in linea di principio la possibile criticità su questi argomenti ci sono professionalità specifiche che possiamo immaginare che verrebbero coinvolte in una fase di “progettazione esecutiva” e poi per forza in fase di allestimento e ad esse certi compiti sarebbero demandati

Nel caso invece di una struttura destinata a vivere con il proprio territorio e a ricevere le nuove acquisizioni provenienti dai nuovi scavi la faccenda mi pare un tantino più complicata.

Tanto per cominciare non mi viene in mente nessun territorio nel quale il rapporto percentuale quantità/dimensioni dei reperti provenienti da nuovi scavi possa avvicinarsi realmente allo schema a pag. 16. I reperti di piccole dimensioni mi sembrano assolutamente sottodimensionati rispetto all’esperienza del mondo reale.

Anche il principio di dividere i reperti sulla base del materiale di cui sono fatti non mi sembra una grande idea se pensiamo a nuove acquisizioni che arriverebbero ordinate secondo contesti stratigrafici di provenienza (nei quali il valore storico ed il dato scientifico stanno fondamentalmente nella associazione fra loro dei reperti molto più dell’informazione di attestazione di ognuno preso singolarmente). Lo studioso che –con una copia della relazione di scavo in mano- arrivasse felice come una Pasqua a chiedere di esaminare i reperti della buchetta che sta sopra al mosaico tale, quelli del riempimento di asportazione del muro in fase col mosaico e quelli rinvenuti all’interno del massetto del mosaico stesso … secondo me si metterebbe subito a piangere scoprendo che tutto ciò è sparso di qua e di là. E comunque al terzo contesto che chiedesse di visionare gli inservienti (costretti ad andare a prendergli il frammento di metallo del contesto tale nel tal posto, quello di pietra del medesimo nel tal altro, quello di osso del medesimo nel tal altro ancora, ma poi di nuovo quello di ceramica dell’altro contesto . . .) lo manderebbero sonoramente a quel paese. La necessità è un’altra: scavo XYZ dell’anno ####, mi servono i contesti US da ### a ### con tutto quello che c’è, ceramica, osso, vetro, metallo, vaghi di collana, statue colossali crisoelefantine . . .
Suggerirei anche di riconsiderare (spiegandolo con una bella nota e qualche riferimento bibliografico) sotto il profilo delle quantità prevedibili la differente incidenza che può esservi riguardo ai materiali organici in territori continentali centro-nord europei, in territori mediterranei asciutti e (anche lì, ma molto meno che nel centroeuropa) in casi particolarissimi di contesti umidi subacquei o semiumidi anche terrestri.

Quanto ai contenitori per i reperti , non mi convincono neanche un po’ le dimensioni.

Il presupposto che nello stesso bancale (ottima peraltro l’idea di standardizzare su base bancale, anche se non ho capito se è legato ad un sistema di movimentazione automatico orizzontale oppure verticale) ci debbano stare per forza oggetti di fra loro uguale dimensione mi sembra irrealistico.

Inoltre il cassetto 80x120 h15 mi sembra una unità di stoccaggio difficilmente compatibile con le movimentazioni dei reperti provenienti dallo scavo, mentre l’ideale sarebbe che i contesti di scavo arrivassero già secondo “colli” riconducibili esattamente al loro contenitore finale (anche se fossero da travasare, sarebbe evidentemente meglio che ciò avvenisse sulla base del confezionamento originale).

Nella prassi quotidiana di chi fa scavi archeologici oggi l’unità di misura del contenitore auspicabilmente non divisibile per i reperti è un sacchetto (più o meno traspirante o al contrario impermeabile e più o meno resistente) chiuso con un laccetto e dimensionalmente riconducibile di solito a misure grosso modo comprese tra i 10x20 cm e i 40x80 cm di forma orrendamente gonfia ed irregolare e di solito ospitato dentro cassette rettangolari (più o meno ignifughe e più o meno atossiche oltreché più o meno impilabili) del tipo di quelle da agricoltura quando non addirittura quelle da commercio di frutta e verdura. Soluzioni non ottimali, ma piuttosto diffuse (e comunque c’è di peggio).
Questo è quello che un Progettista deve pensare che gli arrivi entro una struttura che accoglie i reperti dei nuovi scavi, salvo che egli stesso non sia in grado di proporre uno standard migliore.

Suggerirei caldamente una visita a magazzini “correnti” di qualche Soprintendenza o (di qualche Museo Locale affidatario da parte di una Soprintendenza) prima di procedere nella progettazione.

Concludo (restando molto volentieri interessato a tornare sull’argomento) dicendomi da solo il mio “ne sutor ultra crepidam”, ma la tentazione di dire la mia anche sulla struttura architettonica è troppo forte: un sistema a “torri” così coraggioso siamo sicuri che sia ingegneristicamente realizzabile secondo le linee agili e le distribuzioni delle cubature che sono previste? I pochissimi casi che io conosca di sistemi di stoccaggio del genere (non ad uso museale, peraltro) mi sembra abbiano uno sviluppo planimetrico molto maggiore e per carichi relativamente modesti (componenti industriali in acciaio e sim., mediamente di peso inferiore e più esattamente predeterminabile rispetto ai reperti archeologici) Qui i carichi sarebbero notevolissimi e inoltre il possesso di caratteristiche antisismiche mi sembra fondamentale. Tra l’altro il peso dei bancali (immaginando una cubatura di 120x80x150 zeppa di materiali archeologici) richiederebbe l’impiego di un sistema automatico mi immagino su rotaia, in ogni caso un bel vincolo per le strutture portanti dell’edificio). Non è che a far due calcoli si scoprirebbe che in certi piani emergerebbe un limite di carico massimo/minimo che snaturerebbe le destinazioni d’uso come sono state immaginate?
Non sarebbe a quel punto più interessante concentrarsi su gli aspetti di standard a livello di bancale specificamente a fini archeologici e proporre la tecnologia di movimentazione automatica come risorsa flessibile facilmente adattabile a (quasi) qualunque involucro architettonico, compreso il riuso di grandi capannoni industriali esistenti?


Buon lavoro.
 
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*Gibo*
view post Posted on 2/5/2014, 12:00




Prima di tutto mi associo ai complimenti per la tematica e per il lavoro.
Rilancio sulla parentesi aperta da Lavori Archeologici relativamente agli aspetti ingegneristici del progetto e ti faccio anche io alcune domande:
è possibile vedere delle planimetrie e delle sezioni quotate dell'edificio e in particolare delle torri di stoccaggio per capire la reale entità dei volumi (personalmente non sono sicuro di aver compreso correttamente lo schema quotato a pag.12)?
Per i rack che materiali hai scelto (alluminio o acciaio immagino) e, se già te ne sei occupato, che profilati e che tecnica realizzativa (laminati a caldo o a freddo)? Stai facendo riferimento a specifiche tecniche fornite da alcuni produttori?

Non sono particolarmente preparato sulle problematiche relative alle scaffalature metalliche; so che dopo il terremoto dell'Emilia l'aspetto relativo al comportamento di queste strutture nei confronti delle azioni sismiche è stato messo al centro di un'attenta riflessione (sulla tematica si può leggere "Sicurezza e progettazione antisismica delle scaffalature metalliche" dell'ing. Barbara Orsatti, reperibile in rete, interessante anche per il quadro normativo vigente: www.ingenio-web.it/immagini/Articoli/PDF/97dLgJ8YwN.pdf ).

Personalmente mi concentrerei proprio sugli effetti delle azioni sismiche e delle azioni eccezionali, in particolare quelle dovute a incendio, piuttosto che sugli aspetti del comportamento in campo statico. I materiali coinvolti e le tipologie strutturali in genere possono garantire un comportamento molto performante mantenendo ingombri e dimensioni estremamente ridotte (anche se ovviamente occorrerebbe capire meglio di che dimensioni stiamo parlando) e non credo che i carichi dovuti agli oggetti disposti sulle scaffalature in ambito industriale siano così diversi da quelli in ambito museale.
Approfondirei soprattutto l'aspetto "antincendio" se il lavoro che stai svolgendo ha un taglio più di tipo architettonico che strutturale, ma se hai fatto valutazioni di tipo strutturale e volessi condividerle sarei molto interessato ;) .
Un sistema di stoccaggio di questo tipo non credo possa prevedere in nessun modo una rapida evacuazione dei reperti, di conseguenza gli standard di prevenzione e contrasto dei rischi legati all'incendio, anche per l'importanza degli oggetti presenti, devono essere certamente elevati. Hai già affrontato l'argomento e, se sì, quali problematiche e quali soluzioni sono emerse?
Ti faccio tutte queste domande dichiarando una certa ignoranza sull'argomento specifico e chiedo anche agli altri utenti che hanno conoscenza diretta di magazzini di musei se sanno come questi problemi sono stati trattati.
 
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vvanrome2
view post Posted on 6/5/2014, 16:22




Non mi aspettavo tale interessamento da parte vostra, per me è molto utile visto che durante la fase progettuale l'architetto si deve in un certo senso impersonare negli addetti al settore e approfondire di volta in volta tematiche nuove come in questo caso. Apprezzo molto le vostre critiche e vi ringrazio, cercherò di rispondere ad ogni quesito.

1. Questo è inteso come un edificio privato che collabora con musei, università, organizzazioni e ricercatori. L'idea è quella di fornire delle strutture per la registrazione, il restauro, e lo stoccaggio di reperti archeologici provenienti da nuovi scavi, magazzini sovraccarichi e acquisizioni varie. In poche parole collabora con istituzioni pubbliche con l'obiettivo di migliorare il sistema di conservazione dei reperti e la loro eventuale distribuzione.

2. Il grafico che rappresenta il rapporto tra le dimensioni e la quantità dei reperti è puramente approssimativo. L'intento è quello di capire in grandi linee quanto sarà lo spazio occupato da piccoli, medi e grandi reperti. Tali dati sono alquanto difficili da reperire su internet, il lavoro si complica ancor di più visto che sarò qui in Germania fino alla discussione della tesi di laurea (fine giugno).

3. Le torri di stoccaggio sono completamente automatizzate. L'accesso ad ogni singolo reperto (contenuto in cassetti o box, a loro volta sistemati in un sistema a pallet) avviene grazie ad un sistema informatico con cui è possibile reperire diversi oggetti, sistemati anche in pallet e torri diversi, in breve tempo.

4. Da quel che ho visto e come Lei mi conferma, la soluzione più usata e forse la più pratica è quella delle cassette tipo frutta. Allo stesso tempo però può venirsi a verificare uno svantaggio dovuto alla quantità spesso enorme di queste impilate una sopra l'altra. La mia idea perciò e quella di standardizzare il sistema di stoccaggio attraverso l'utilizzo di pallet i quali contengono cassette di varie dimensioni a seconda della grandezza del reperto. Le dimensioni da me indicate nel PDF precedente riguardo le dimensioni dei cassetti e box sono puramente casuali, prenderò in considerazione i suoi suggerimenti.
Per quanto riguarda le dimensioni dei reperti, nel PDF è stato indicato il quantitativo massimo che ogni cassetto può contenere, considerando le dimensioni minime di un reperto. (E' per questo motivo che sono tutti della stessa misura).

5. Le torri di stoccaggio sono dei sistemi che si stanno diffondendo in larga scala vista la loro efficienza ed economicità. Sì sto facendo riferimento ad alcuni produttori tra cui:

ssi-schaefer.ph/storage-distribution/pallet-racking-systems/rack-supported-building.html
youtube.com/watch?v=Y_bBbYA6tts

Questo PDF spiega in breve i loro vantaggi:
dematicplanet.com/educational/ES_Rack_Vs_Conventional.pdf

E' una tipologia ovviamente consolidata per merci varie ma non per reperti archeologici che io sappia. Nel caso dei reperti, infatti, ci sono non pochi accorgimenti da prendere in considerazione tra cui l'isolamento termico che si risolve facilmente con una semplice ma efficace coibentazione dell'involucro esterno.
Una struttura del genere prevede sistemi antisismici integrati, La ringrazio per il prezioso documento a riguardo.

6. Non ho affrontato il tema dei sistemi antincendio e spero (se trovo il tempo) di farlo quanto prima.


vvanrome
 
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view post Posted on 6/5/2014, 18:13
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Assai in breve: all'Albertina di Vienna è stato realizzato un sistema di immagazzinamento completamente automatizzato e con particolare riguardo ai pericoli d'incendio. Pare però avessero scordato che il Danubio non è lontano, il cher ha procurato qualche problema... <_< :rolleyes:
 
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view post Posted on 8/5/2014, 16:34

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Se l'idea è quella di una struttura privata che fornisce un servizio ad istituzioni pubbliche e che risponde a necessità conseguenti alla difficoltà di gestione delle nuove acquisizioni, allora capisco che non si tratta di fondi museali tradizionali la cui consistenza possa essere ritenuta abbastanza stabile o in crescita volumetricamente contenuta (come nel caso dell'Albertina, mi immagino io, spero di non dire una sciocchezza).
Direi che siamo invece proprio di fronte al caso più impegnativo, quello di dover dare risposta ad un territorio che "produce" a getto continuo -ma secondo accelerazioni assai difficilmente prevedibili- nuove acquisizioni provenienti da nuovi scavi.

Tra l'altro sottolineo che si tratterebbe giuridicamente di un soggetto che non è proprietario dei beni che custodisce, che probabilmente sarebbe sottoposto a forti limitazioni operative nel maneggiarli e persino nel compiere azioni apparentemente scontate come fotografarli o simili.

Temo che in uno scenario del genere il presupposto di separare i reperti a seconda del materiale di cui sono fatti potrebbe scontrarsi con un vero e proprio tabù e persino l'eventualità di pensare a travasi di contenitori potrebbe non essere affatto raccomandabile (quando fra tot anni il Proprietario rivorrà indietro il materiale in quali contenitori e secondo quale ordine di stoccaggio glielo restituirò?)

Questo mi induce ancora di più a richiamare la strategicità della progettazione più coraggiosa dell'unità di stoccaggio bancale. Non è che cassette del tipo da agricoltura (meglio che non le semplici cassette da commercio ortofrutticolo e possibilmente pvc-free giusto per mandare avanti anche un aspetto antincendio) potrebbero con opportuni sistemi di ancoraggio essere ricondotte alla volumetria del bancale?
Non è che una sorta di cassapallet potrebbe essere occasionalmente non solo coibentato ma all'occorrenza anche un minimo climatizzato?

A quel punto perché progettare per singole torri e non su un sistema compatto?

E per contro come non prevedere importanti aree di stoccaggio temporaneo (mesi) a piano terra di materiali in arrivo?

Ma soprattutto la madre di tutte le domande (quella forse più di tutte che potrebbe riguardarmi professionalmente, sono decisamente molto interessato al meccanismo virtuoso che potrebbe ingenerarsi) chi . . . paga? :B):
 
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view post Posted on 8/5/2014, 20:52
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CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 8/5/2014, 17:34) 
(come nel caso dell'Albertina, mi immagino io, spero di non dire una sciocchezza)

Non è certo una sciocchezza, a parte una donazione di circa 300 quadri di classici moderni ricevuta nel 2007 non credo che i reperti dell'Albertina (circa un milione di oggetti) aumentino costantemente.
 
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vvanrome
view post Posted on 29/5/2014, 14:44




Son venuto in possesso di un documento "Archeologia e calcolatori, All'insegna del giglio, 2007", in cui sono presenti alcune statistiche:

"Dieci anni fa è stato calcolato che i depositi dei soli musei archeologici italiani contenessero l'82% del totale dei reperti (stimato in più di 9 milioni); la velocità di accrescimento medio annuale di questi valori, data dai nuovi ritrovamenti, assomma - almeno nel caso a me noto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia - al 30-40%."

Qual è il riflesso di queste statistiche ai giorni d'oggi? Cosa si prospetta per il futuro?

Dove è possibile trovare altre informazioni/statistiche di questo genere?

Vi ringrazio, come sempre, anticipatamente.
Cordiali saluti
vvanrome
 
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view post Posted on 30/5/2014, 08:38

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Ad essere ottimisti per il futuro si prospetta un incubo.

Per questo la chiave di tutto, oltre che nella eventualità di una prudente innovazione normativa, dovrebbe stare nella domanda che io ponevo "chi paga?"

Non sono a conoscenza di dati statistici affidabili ed onestamente anche su quello proposto per Ostia ho forti perplessità, però va bene citarlo per rendere l'idea (magari meglio citarlo in termini distaccati, senza insistere troppo convintamente su quei numeri).

Per implementare la bibliografia con informazioni di prima mano suggerirei di contattare i responsabili di un paio di progetti di forte impatto sui magazzini e chiedere loro se c'è di dominio pubblico (magari on-line) qualche relazione di tipo amministrativo che essi hanno senz'altro dovuto produrre per richiedere l'assegnazione di spazi di stoccaggio.
In buona sostanza porrei un quesito del tipo "... è di dominio pubblico la stima del fabbisogno di spazi per stoccaggio di materiale archeologico che avete dovuto fare? "

A puro titolo di esempio proverei a chiedere al Comune di Roma (forse partendo inizialmente dalla Soprintendenza ministeriale, non sono sicurissimo di come loro si siano organizzati per i reperti in quel paticolare caso) per gli scavi al Mercato Testaccio (in quanto scavo archeologico di non molti anni fa ma ormai felicemente completato quindi più facile che ci sia voglia di parlarne serenamente anche facendo emergere eventuali criticità). E questo lo assumerei come caso limite di situazione altamente problematica.
Oppure proverei a chiedere ai Musei Civici del Comune di Modena (che sono depositari del materiale di scavo sulla base di una convenzione con la Soprintendenza) come esempio di situazione normale (eppure di gestione faticosissima) di un territorio che essendo dotato di strumenti normativi d'avanguardia ha un afflusso ininterrotto di reperti da interventi di scavo piuttosto continui; sempre a loro si potrebbe chiedere come ha impattato sulle loro previsioni pluriennali l'arrivo per quantità decisamente inaspettate dei materiali archeologici dello scavo di pochi anni fa al grande parcheggio Novi Sad. Stesso approccio potrebbe valere per Trento (Provincia) e per tanti altri casi.
In realtà anche diverse Soprintendenze Beni Archeologici (per esempio la Lombardia a Milano) stanno attivamente affrontando la questione e potrebbero disporre di dati seri di previsione sull'incremento dei magazzini, ma (soprattutto se c'è fretta e se è sufficiente citare dei casi di esempio senza necessariamente elaborare delle vere statistiche generali) mi immagino che burocraticamente sia più facile trovare qualche documento specifico già pronto e già almeno teoricamente di dominio pubblco rivolgendosi ai casi nei quali i depositi sono tenuti dagli Enti Locali.
 
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