Ostraka - Forum di archeologia

L'inchiesta di Sergio Frau, (riesaminando le fonti)

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view post Posted on 4/6/2015, 09:34

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CITAZIONE (Perseo87 @ 3/6/2015, 17:20) 
In Sardegna si sarebbero selezionati, dunque, vitigni particolari, esclusivi di questa regione, già a partire dall'età del Tardo Bronzo (nel testo, fra l'altro, ho notato che si parla proprio di vitigni atti a produrre uve bianche, come avevi detto anche tu, Giacomo).
Tutto questo non lo conoscevo e, al netto di tanti sensazionalismi che si trovano in rete, lo trovo molto interessante.

Conosco un pò la letteratura biologica della Vitis vinifera, essendomi occupato negli ultimi 2 anni di genomica della vite in collaborazione con l'Università di Verona, e volevo fare alcuni commenti su questo e sul precedente articolo citato nel blog di Montalbano.
Gli autori ipotizzano che nella Sardegna nuragica fossero state prodotte e coltivate varietà di uve bianche, citando il fatto che ancora oggi la Sardegna produce vini bianchi come la Vernaccia e la Malvasia.
Trovo questa ipotesi alquanto disinvolta: se io fossi stato uno dei revisori dell'articolo avrei imposto loro di commentarla nel contesto della letteratura corrente. Mi spiego meglio: l'uva bianca è il risultato di una doppia mutazione genetica alquanto complessa e considerata avente bassa probabilità. Questa mutazione è risultata identica in tutte le varietà di uva bianca finora studiate.

I genetisti della vite ritengono quindi che questa mutazione sia comparsa una sola volta (essendo altamente improbabile) in Francia nell'Alto Medio Evo e sia stata propagata per incrocio per produrre le altre varietà. Nella letteratura latina e greca, se non erro, non è stato mai descritto vino bianco, che invece storicamente compare nella Francia medioevale (ma sarei molto interessato se qualcuno avesse notizie di vini bianchi descritti nell'antichità, alcune fonti riferiscono che li bevessero gli Egizi).

Ovviamente nuove scoperte potrebbero cambiare questa ricostruzione, però è chiaro che uva bianca nell'antichità è un'ipotesi che senza evidenze aggiuntive desta non poche perplessità. Occorrerebbe trovare varietà bianche attuali con una mutazione differente ( e quindi indipendente) dall'unica finora conosciuta per corroborare l'ipotesi.
 
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view post Posted on 4/6/2015, 09:58
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Non necessariamente il vino bianco deve essere prodotto partendo da uva bianca. La vinificazione in bianco (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Vinificazione...zione_in_bianco) permette di ottenere vini bianchi anche da uve rosse.
 
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view post Posted on 4/6/2015, 10:26

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CITAZIONE (dceg @ 4/6/2015, 10:58) 
Non necessariamente il vino bianco deve essere prodotto partendo da uva bianca. La vinificazione in bianco (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Vinificazione...zione_in_bianco) permette di ottenere vini bianchi anche da uve rosse.

Si, conosco questa tecnica. Ma l'ipotesi di cui sopra parlava di varietà di uve bianche, ed inoltre in letteratura si afferma che il vino bianco comparve con l'uva bianca. Evidentemente la vinificazione in bianco deve essere molto più recente.
 
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view post Posted on 4/6/2015, 11:40
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CITAZIONE (Giacomo pozza @ 3/6/2015, 19:54)
Si, mi trovo d'accordo con Cerebia, l'archeologia si basa sul metodo scientifico, poi avere certezze grazie all'archeologia è sempre molto difficile, soprattutto quando si parla di realtà così remote.

Ma l'archeologia raramente offre certezze: questa disciplina si limita perlopiù a ricostruire un quadro verisimile della realtà storica sulla base dei dati oggettivi disponibili. Poi è ovvio che, se arrivano nuovi dati che confutano le vecchie deduzioni, il panorama cambia... ma i dati devono essere evidenti, sicuri e (come dicevo prima) devono soprattutto essere rintracciabili su fonti attendibili (come nel caso della rivista citata da Giacomo). Perché un conto è trovare un'informazione sull'American Journal of Archaeology, altro è trovarla edita su La Repubblica - e non è questione di voler fare i classisti, ma semplicemente le riviste scientifiche di settore hanno alle spalle comitati scientifici che esaminano attentamente i singoli contributi prima di consentirne la pubblicazione: una cosa che su quotidiani, blog e siti amatoriali non esiste (e quindi non c'è garanzia che le informazioni rintracciabili su di essi siano corrette). Può piacere o non piacere, ma ha una sua logica e così funziona.

CITAZIONE (bor_el @ 3/6/2015, 22:02) 
Io, prima di prendere qualsiasi posizione in merito, l'ho letto per tre volte, cercando di approfondire sia l'aspetto classico dei documenti sia il valore di quelli più recenti, emersi dalle ultime scoperte.
Viene fatto altrettanto?

Quindi, parlando del saggio di Frau, devo dedurre che se non lo riprendo in prestito e non lo rileggo almeno altre due volte, allora non c'è garanzia che io possa esprimermi correttamente in merito al suo contenuto?!

Dai, scherzi a parte...

Mi dispiace, ma io credo di aver già sufficientemente espresso il mio parere in merito a questo testo (e se non li hai ancora letti, ti invito a rileggerti i miei vari commenti, non da ultimo quello conclusivo in particolare): Frau su alcune cose - come il possibile slittamento delle Colonne d'Ercole, per esempio - potrebbe non aver avuto tutti i torti (e gliel'ho riconosciuto io per primo nei miei post); ma considerando tutta la serie di ragionamenti contorti che espone, i suoi numerosi controsensi e le espressioni decisamente volgari che inserisce in alcuni capitoli (ricordo, fra tutti, "quel co****ne di Rufo Festo Avieno", reo unicamente di riportare dati che si muovono contro la tesi dell'autore), unite a un taglio decisamente giornalistico e sensazionalistico dell'opera, per me non merita una seconda lettura. Questo, per me, non è diffondere cultura, ma solo fare pericolose semplificazioni e divulgare una pseudo-cultura fra le masse (perché, da che si parla di "archeologia", il mito di Atlantide ha sempre tirato di più che delle analisi stratigrafiche e dell'archeometria). Oggi ci sono tanti bravi divulgatori in Italia (penso a Manfredi, ad Angela etc.), ma questa è gente che, prima di mettersi a scrivere di archeologia, si è comunque formata seriamente nel mondo accademico (e che, per questo, ben conosce quel metodo scientifico che, pur non essendo l'archeologia una "scienza esatta", è comunque richiesto a garanzia di correttezza del contenuto esposto). Tutto il resto, per me, lascia il tempo che trova, e forse sarebbe bene che i giornalisti (come Frau, ma non solo lui) facessero i giornalisti, senza improvvisarsi esperti del mondo antico.

Concludo il mio intervento con una citazione proprio da un saggio di Manfredi (che già una volta avevo riportato in una differente discussione e che, secondo me, è emblematica di quanto ho scritto sopra). Rifletteteci bene:

CITAZIONE
Mentre nessuno si sognerebbe mai di fare per diletto il neurochirurgo nel tempo libero o l'avvocato penalista o l'anatomo-patologo, moltissimi invece pensano di potersi improvvisare archeologi e tacciano di ottusità chi, abituato al rigore di un metodo, non è così pronto ad abbracciare la prima bislacca teoria che gli venga sottoposta, sia pure con entusiasmo

[da La tomba di Alessandro, Mondadori, 2010]
 
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view post Posted on 4/6/2015, 12:03

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Giacomo pozza
view post Posted on 4/6/2015, 14:33




Ok, neanche io escludo uno slittamento delle colonne, ma Atlantide di per sè mi sembra un' invenzione quasi totale, come molti di voi hanno già fatto notare, fare archeologia basandosi unicamente su miti non ha molto senso, penso che fino a prova contraria qui siamo tutti d'accordo che 11mila anni fa di civiltà complesse come l'Atlantide descritta da Platone non ne esistessero.
 
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lino85
view post Posted on 4/6/2015, 15:05




CITAZIONE (Giacomo pozza @ 4/6/2015, 15:33) 
Ok, neanche io escludo uno slittamento delle colonne

Quali sono le argomentazioni riguardo a questa tesi? Qui si è già fatto notare come le argomentazioni portate da Frau abbiano vari punti molto deboli...

P.S.: povera wikipedia, leggo qui:

https://it.wikipedia.org/wiki/Colonne_d%27Ercole

che "Nell'Odissea non vi è l'equazione Colonne = Gibilterra, poiché il mondo greco allora orbitava tra il Mediterraneo orientale e il mar Nero: è solo del 637 a.C. che compare per la prima volta la terra iberica nelle storie greche. Questo è uno dei fatti che ha portato Sergio Frau e successivamente l'Accademia dei Lincei Italiani a prima ipotizzare e poi spostare la collocazione delle antiche colonne d'Ercole."

Sì, dai l'intera "Accademia dei Lincei" ha ipotizzato questo... :wacko: va beh che Frau è riuscito nel 2006 a far organizzare un convegno sulle sue ipotesi proprio all'Accademia dei Lincei, ma da questo a dire tutti gli studiosi dell'Accademia concordano con quel giornalista ce ne passa... Certo che questo episodio, insieme a quello del simposio nel 2005 nella sede dell'Unesco a Parigi la dice lunga sullo stato di come nei piani alti vengono decisi certi ad argomento scientifico-culturale...

Ciao.
 
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Giacomo pozza
view post Posted on 4/6/2015, 17:17




Io non sono certo di tale tesi, dico che secondo me è una possibilità perchè leggendo di come gli antichi Greci antichi parlavano in modo estremamente impreciso del mediterraneo occidentale , almeno inizialmente, scambiando luoghi o fornendo nozioni molto discutibili (come Tartesso che dista più di due giorni di navigazione da Gadir), non escludo che si siano chiamati più luoghi nello stesso modo facendo confusione.
 
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lino85
view post Posted on 4/6/2015, 17:34




CITAZIONE (Giacomo pozza @ 4/6/2015, 18:17) 
gli antichi Greci antichi parlavano in modo estremamente impreciso del mediterraneo occidentale , almeno inizialmente, scambiando luoghi o fornendo nozioni molto discutibili (come Tartesso che dista più di due giorni di navigazione da Gadir)

Mi sapresti fare i riferimenti precisi alle fonti primarie in cui si mostrano queste "imprecisioni"? Così le vediamo una per una e proviamo a capire insieme i motivi di queste "nozioni molto discutibili".

Ciao.
 
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view post Posted on 5/6/2015, 12:54
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Credo che per questo argomento sarebbe utile creare una nuova discussione, altrimenti si perde tutto in un gran calderone!
;)
 
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view post Posted on 5/6/2015, 18:28
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CITAZIONE (Cerebia @ 5/6/2015, 13:54) 
Credo che per questo argomento sarebbe utile creare una nuova discussione, altrimenti si perde tutto in un gran calderone!

In realtà al momento si tratta di discutere di dati riportati proprio nel saggio di Frau, quindi resterei qui sopra per il momento.

Faccio solo una precisazione:

CITAZIONE (Giacomo pozza @ 4/6/2015, 18:17)
Io non sono certo di tale tesi, dico che secondo me è una possibilità perchè leggendo di come gli antichi Greci antichi parlavano in modo estremamente impreciso del mediterraneo occidentale , almeno inizialmente, scambiando luoghi o fornendo nozioni molto discutibili (come Tartesso che dista più di due giorni di navigazione da Gadir), non escludo che si siano chiamati più luoghi nello stesso modo facendo confusione.

CITAZIONE (lino85 @ 4/6/2015, 18:34)
Mi sapresti fare i riferimenti precisi alle fonti primarie in cui si mostrano queste "imprecisioni"? Così le vediamo una per una e proviamo a capire insieme i motivi di queste "nozioni molto discutibili".

Quando parlo di un possibile slittamento della localizzazione delle Colonne d'Ercole, penso al fatto che in alcune tradizioni arcaiche ci sono elementi che lascerebbero supporre un limite del mondo andato in estensione verso Occidente: ora vado a braccio con la memoria (e non vorrei sbagliarmi), ma mi sembra di ricordare che, nel VI secolo a.C., una tradizione (Stesicoro?) ponesse il regno di Gerione in Epiro (un'antica regione più o meno situata tra la Grecia moderna e l'attuale Albania), mentre, dirimpetto a questo, sulle coste libiche, sempre fin dal VI secolo a.C., si trovava la città di Euesperide - poi Berenice (l'odierna Bengasi) - nelle cui prossimità era collocato il favoloso giardino delle Esperidi (mentre, in alcuni autori più tardi, ricordo che "Hesperia" è il nome arcaizzante con cui veniva poeticamente identificata l'Italia).
In seguito, Gerione ha poi ottenuto la sua dimora definitiva nella Penisola Iberica, mentre il giardino delle Esperidi è stato posto, se non erro, sulle coste del Marocco. Ora, se il regno di Gerione e il giardino delle Esperidi rappresentavano i limiti del mondo civilizzato, raggiunti da Eracle nelle sue Fatiche, non trovo improbabile la possibilità che il Mediterraneo Occidentale possa esser stato tagliato fuori, inizialmente, dalle "terre note" degli antichi (attenzione, so bene che nel VI secolo a.C. questa parte di mare era tutt'altro che ignota ai naviganti greci, ma penso alla possibilità di reminiscenze di racconti molto più antichi, in qualche modo stratificatisi e sopravvissuti nella poesia greca del periodo preclassico). Certo, di Colonne d'Ercole per esempio non si parla mai in Omero - che, per i confini del mondo, parla di una sola colonna, sorretta da Atlante: la prima menzione di queste colonne, se non ricordo male, dovrebbe essere rintracciabile in Pindaro (VI-V secolo a.C.), che già le pone nella zona di Gadir (Cadice), quindi non dovrebbero esserci riferimenti sicuri a Colonne d'Ercole nello Stretto di Sicilia, ma si tratterebbe solo di una possibilità (affascinante, certo, ma tutta da provare).

Non mancano, comunque, anche notevoli errori e controsensi in tutto ciò: primo fra tutti il livello del mare, che Frau abbassa notevolmente (e, a che mi ricordi di aver letto, irrealisticamente), per far avvicinare le coste tunisine a quelle siciliane; inoltre, il blocco delle Colonne d'Ercole nel Canale di Sicilia sarebbe stato facilmente "aggirabile" passando per lo Stretto di Messina (terra di coloni greci fin dall'VIII secolo a.C.): questo "trucco" avrebbe palesemente permesso ai marinai una navigazione a vista lungo le coste dell'Etruria, per poi doppiare la Corsica e giungere così nel cuore del Mediterraneo cartaginese. Al contrario, se si pongono le Colonne a Gibilterra, l'accesso all'Oceano da lì sarebbe stato (così com'è ancora oggi) uno e uno solo, poiché non ci sono possibilità di raggiungerlo in altri modi via mare. Quindi, anche questi dettagli vanno soppesati...

Per quanto concerne, infine, il carattere confusionario delle fonti antiche circa la natura dello stretto delimitato dalle Colone d'Ercole, si deve comunque considerare che si tratta di un braccio di mare molto lontano dalla Grecia, e che, per molto tempo, ha costituito un inaccessibile presidio cartaginese (i Punici, infatti, navigavano già da tempo fuori dallo stretto, come dimostrano anche i racconti sulle esplorazioni di Annone e Imilcone, e si muovevano verosimilmente verso Nord per reperire lo stagno delle leggendarie Cassiteridi, oppure verso Sud per intercettare le vie dell'oro dell'Africa sub-sahariana). I Greci (così come gli Etruschi), dunque, dovettero esser tenuti a debita distanza, per lungo tempo, da quel tratto di mare, e in ambiente marinaro, da che mondo è mondo, circolano le più svariate leggende, in cui mostri marini, scogli affioranti e secche nascoste sono ottimi elementi per giustificare l'evitazione di una determinata area di mare.
Aristotele, per esempio, parla dello stretto proprio in questi termini, ma si deve considerare che Aristotele (così come molti altri dietro di lui) era essenzialmente uno scienziato, che non aveva mai navigato in prima persona, ma si era servito unicamente di resoconti di esploratori o racconti di marinai per parlare di territori molto distanti dalla sua madrepatria. Quindi, non ci vedo nulla di strano se sul conto di una terra molto lontana e poco nota (perché "proibita") le versioni e le descrizioni risultano così contrastanti da autore ad autore... Trovo singolare, invece, che Frau dia molto più spazio a queste controversie, che non all'opera di Platone - primo filosofo a parlare di Atlantide, nel panorama letterario dell'antichità - le cui indicazioni sono così precise che non lasciano spazio ad alcun tipo di fraintendimento: per Platone, Europa e Tirrenia, Libia ed Egitto sono tutte nazioni che stanno al di qua delle Colonne d'Ercole, mentre Atlantide sta fuori dallo stretto (o "bocca", come mi pare la chiami lui).
Ora, se le Colonne fossero state realmente nel Canale di Sicilia, come potevano l'Etruria e l'Europa risultare a Platone comprese dentro di esse? Passi l'Egitto, ma queste due no: nella ricostruzione di Frau resterebbero inevitabilmente fuori dalle Colonne (così come anche buona parte della Libia - poiché con questo nome i Greci non indicavano solo la Libia attuale, ma praticamente tutta la fascia settentrionale dell'Africa, fino al'Egitto).
Come giustificare questo (non irrilevante) dettaglio?

P.s.

CITAZIONE (lino85 @ 4/6/2015, 16:05) 
va beh che Frau è riuscito nel 2006 a far organizzare un convegno sulle sue ipotesi proprio all'Accademia dei Lincei, ma da questo a dire tutti gli studiosi dell'Accademia concordano con quel giornalista ce ne passa... Certo che questo episodio, insieme a quello del simposio nel 2005 nella sede dell'Unesco a Parigi la dice lunga sullo stato di come nei piani alti vengono decisi certi ad argomento scientifico-culturale...

Di fronte a considerazioni tanto evidenti ed elementari, è proprio questo che lascia basiti. ;)
 
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view post Posted on 5/6/2015, 21:15
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CITAZIONE (Perseo87 @ 5/6/2015, 19:28) 
il blocco delle Colonne d'Ercole nel Canale di Sicilia sarebbe stato facilmente "aggirabile" passando per lo Stretto di Messina (terra di coloni greci fin dall'VIII secolo a.C.): questo "trucco" avrebbe palesemente permesso ai marinai una navigazione a vista lungo le coste dell'Etruria, per poi doppiare la Corsica e giungere così nel cuore del Mediterraneo cartaginese.

Mo faccio l'avvocato del diavolo :twisted.gif:
Ammettendo che il livello del mare fosse tanto basso da far diventare il Canale di Sicilia uno stretto come quello di Gibilterra, Sardegna e Cosrsica sarebbero state unite e provabilmeente anche la costa tirrrenica dell'Italia avrebbe raggiunto, o quasi la Sardegna, chiudendo il passaggio. L'ipotesi però sembra essere confutata dai dati scientifici, come è stato qui riprtutamente citato. Quindi tutto il costrutto non sta in piedi e l'asino casca.
 
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view post Posted on 15/6/2015, 17:06
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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A parte il fatto che siamo abbondantemente OT, torno a sottolineare, come ho fatto in un post in precedenza ricordato da Dceg, che troppo spesso l'archeologia viene utilizzata a fini nazionalistici. E Ugas è uno degli archeologi che adotta costantemente questa pratica.
A questo proposito, leggiti questo blog, che spiega come "scientificamente" lavori Ugas
http://monteprama.blogspot.it/2014/08/va-b...a-mettiamo.html
e leggilo fino in fondo, fino agli interventi dei lettori e almeno fino alla risposta che riguarda un altro articolo, quello sulla ancora non interpretata "scrittura nuragica". Di questa risposta riporto il passaggio più importante
"cosa penso di quell’articolo? che è una presa in giro e offensivo per l’intelligenza altrui e anche per quella dell’autore stesso. Il titolo dice tutto. Trasla nel passato, parlando dei nuragici del Sinis, quello che chiunque voglia oggigiorno parlare di storia o di archeologia in Sardegna “deve” dire dei Sardi, in nome di un’orientazione partitica: e cioè che in assenza di un presente accettabile, i Sardi cercano nel passato la gloria nazionalistica."

Tornando all'articolo del Corriere sui "nuraghi" di al-Awhat, dopo 23 anni dalla prima notizia (se non ho letto male, si parla del 1992) Ugas e Zelter sono gli unici che ne abbiano parlato e scritto.
Ora, anche Einstein fu il solo a tradurre, in un articolo su quella che venne poi chiamata relatività ristretta, le conclusioni derivanti dagli studi precedenti, e le conclusioni erano sconvolgenti per la fisica del tempo, tanto quanto sono sconvolgenti i "nuraghi" palestinesi per l'archeologia del Mediterraneo. Ma l'articolo di Einstein suscitò immediatamente l'attenzione del mondo accademico e il dibattito divampò subito, violento.
Invece, a distanza di ben 23 anni dal primo annuncio e di 18 dall'articolo del Corriere, sui "nuraghi" palestinesi non sono riuscito a trovare traccia di alcun altro lavoro pubblicato, a parte quelli di Ugas, nessun commento, né positivo né negativo, nulla di nulla.
Ho cercato male? O il mondo accademico complotta? Nessun anarcoide? Nessuna voce che sfugge al controllo?
 
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Alfonso Stiglitz
view post Posted on 17/6/2015, 09:33




Su el-Ahwat in realtà si è scritto, e non sulla base dell'articolo del Corriere, ma sulle pubblicazioni scientifiche di quello scavo. Il problema è che non c'è niente di nuragico né di Shardana e, in generale, sono state messe in discussione sia la cronologia che le interpretazioni.
Giusto per informazione:
J. EMANUEL, Review of Adam Zertal, "El-Ahwat, A Fortified Site from the Early Iron Age Near Nahal 'Iron, Israel: Excavations 1993-2000", Journal of Ancient Egyptian Interconnections 5, no. 2 (2013): 57-60.
I. FINKELSTEIN – E. PIASETZKY, Radiocarbon Dating and Philistine Chronology with an Addendum on el-Ahwat, in «Ägypten und Levante/ Egypt and the Levant», XVII (2007), pp. 73-82
S. WOLFF Review of Adam Zertal (ed.), El-Ahwat, in «Strata. Bulletin of the Anglo-Israel Archaeological Society» 32, 2014, pp. 172-174.
A. STIGLITZ, La Sardegna e l'Egitto, il progetto Shardana, in G. CAVILLIER (ed.), Atti della I Giornata di Studi Egittologici (Genova 24 settembre 2010), in «Aegyptica», Annali dell'Accademia Egizia – Studi e ricerche, I, 2010, pp. 59-68.
A. STIGLITZ,"Gli itineranti del naufragio del millennio". Gli 'Shardana', i 'popoli del mare' e la Sardegna. Omaggio a Giovanni Lilliu (Testo e immagini intervento letto), in Giornate di Studio in onore di Giovanni Lilliu nel centenario della sua nascita (Orroli-Villanovaforru 20147).
Gli articoli citati sono facilmente reperibili in rete, in particolare dal sito academia.edu

Cordialmente
Alfonso Stiglitz
 
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150 replies since 27/1/2014, 20:26   5235 views
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