Ostraka - Forum di archeologia

Italiani "rumorosi" a causa della loro lingua?

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view post Posted on 19/1/2020, 23:27

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Confesso di sentirmi onorata che un mio intervento abbia attratto l'attenzione di Mario_A, di cui nel tempo ho letto (e sempre molto apprezzato) numerosi contributi.

CITAZIONE (Mario_A @ 16/1/2020, 18:28) 
(la metodologia evoluzionistica e la linguistica hanno alcuni tratti in comune, al punto che sono stati fatti degli studi sull'evoluzione delle lingue usando softwares per l'evoluzione biologica)

Approfitterò quindi di questo suo inciso per provare ad ampliare il raggio del discorso citando un altro articolo, sempre tratto da Internazionale (n. 1327 di ottobre 2019, p. 62) ma questa volta proveniente da New Scientist, sempre del 1/5/2019, il cui autore è il giornalista scientifico David Robson (titolo originale The origin of language discovered in music, mime an mimicry).

L'articolo si concentra in particolare su cosa abbia spinto i nostri antenati (parliamo almeno di homo erectus) su un percorso evolutivo che ci ha portato a sviluppare, attraverso il linguaggio, un sistema di comunicazione infinitamente più flessibile e con una gamma espressiva enormemente più ampia di qualsiasi altra specie animale.

Nel tempo si sono sviluppati tre gruppi di ipotesi:
1. nell'Origine dell'uomo Darwin ipotizzava un passaggio attraverso un iniziale protolinguaggio musicale (a cui assegnava una valenza principalmente di richiamo sessuale), che avrebbe avuto il vantaggio di favorire lo sviluppo di una particolare flessibilità vocale, successivamente utilizzata, con lo sviluppo dell'intelligenza, per l'elaborazione del linguaggio per un più ampio e raffinato spettro di comunicazioni.

Se "[...] le prove che il linguaggio e la musica siano emersi attraverso la selezione sessuale sono deboli, dal momento che come conseguenza ci si aspetterebbe di vedere grosse differenze tra i sessi in queste abilità [...] [a meno che] il motivo scatenante non [fosse] l'esibizione del maschio, ma un duetto alla pari tra partner [...]".
A sostegno di questa ipotesi però "[...] la scienza moderna offre alcuni indizi di un'intima connessione tra linguaggio e musica negli umani. Le scansioni cerebrali, per esempio, rivelano che sono analizzati da reti neuronali sovrapposte."

Mi permetto su questo di aggiungere un po' di esperienza personale: da quel che ho studiato, l'esperienza musicale nei bambini piccolissimi risulta d'aiuto per aumentare la discriminazione uditiva e quindi le abilità linguistiche. La musica, insieme al cosiddetto "mammese" parlato spontaneamente tra genitori e figli fino circa ai 2 anni, presentano infatti un linguaggio caratteristico, fatto di intonazioni e pause che favoriscono l'apprendimento del linguaggio in quanto l'accentuazione sillabica fornisce informazioni importanti per l'identificazione di sillabe, parole e frasi. A parte le indicazioni scientifiche del Centro per la Salute del Bambino, da cui nascono i progetti Nati per Leggere e Nati per la Musica dalla cui documentazione ho estrapolato le ultime righe, lo vedo quotidianamente come mamma quando ad esempio "duetto" con il mio bambino di 5 anni inventando i testi e improvvisando su motivi noti. ^_^

Ma torniamo a noi:
2. ipotesi del protolinguaggio gestuale, che spiegherebbe perché tutti gli umani, anche i ciechi, muovono le mani quando parlano. Questa ipotesi varrebbe a maggior ragione per Homo erectus, ancora privo delle mutazioni anatomiche associate allo sviluppo del linguaggio comparse successivamente. "I gesti potrebbero essere stati un mezzo di comunicazione molto più semplice all'inizio dell'evoluzione del linguaggio. Questo avrebbe preparato i nostri cervelli alle sfide del linguaggio, come la capacità di connettere i simboli al significato [...]" Non spiega però il passaggio successivo al linguaggio.

3. ipotesi del linguaggio che si sviluppa a partire dall'onomatopea. Apparentemente semplice, si scontra con l'assenza nei nostri più primitivi antenati degli "adattamenti anatomici e neurali necessari alle vocalizzazioni controllate". Recentemente però si è scoperto che "Alcuni oranghi, per esempio, possono imparare a fischiare e a riprodurre suoni in una certa tonalità. Questo suggerisce che i nostri antenati fossero capaci di fare grezze imitazioni anche senza troppe variazioni anatomiche."

L'onomatopea sarebbe però troppo limitata per formare la base di un protolinguaggio. Anche in questo caso, recenti studi sull'imitazione hanno evidenziato come "[...] una certa onomatopea creativa possa veicolare una gamma di concetti più ampia di quanto si immaginasse." (l'articolo descrive per sommi capi l'esperimento svolto e cita autori e università di riferimento)

Ora, Jerome Lewis, dello University College di Londra, ha recentemente suggerito un approccio multimodale, ossia in cui questi tre grandi filoni vengano ricomposti in maniera complementare anziché letti in contrapposizione. Il canto non si sarebbe però sviluppato come richiamo sessuale, ma come "[...] strumento di difesa quando i nostri antenati scesero dagli alberi [...]" per sembrare più numerosi e sempre in guardia nei confronti di possibili predatori. "E questa cosa di vocalizzare e cambiare tonalità per camuffare i numeri portò poi al tipo di destrezza vocale decisiva per l'evoluzione di laringi più sofisticate e degli organi articolatori".

Ora mi scuso ma non riesco a finire stanotte il mio riassunto. Cercherò di riprenderlo il prima possibile. Intanto vi lascio con questi primi spunti. ;)
 
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view post Posted on 23/1/2020, 00:30

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CITAZIONE (clitemnestra @ 19/1/2020, 23:27) 
Confesso di sentirmi onorata che un mio intervento abbia attratto l'attenzione di Mario_A, di cui nel tempo ho letto (e sempre molto apprezzato) numerosi contributi.

Ti ringrazio per il tuo gentilissimo (ed inaspettato) complimento!

Il tema dell'evoluzione del linguaggio umano è alquanto intricato e dibattuto. Secondo un articolo scientifico pubblicato sei anni fa,

M. D. Hauser et al., The mystery of language evolution. Frontiers in psychology 5, 401 (2014).

www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2014.00401/full

(che include autori di alto livello come il celebre linguista Noam Chomsky ed uno dei massimi studiosi dell'evoluzione, Richard Lewontin) l'evoluzione del linguaggio sarebbe ancora in alto mare.
Gli autori hanno rilevato che la maggior parte delle ipotesi correnti per spiegare l'evoluzione del linguaggio non sono state ancora provate da solide evidenze scientifiche.

Gli studi comparativi in altre specie animali non hanno in realtà evidenziato un meccanismo comune che nell'uomo avrebbe dato origine al linguaggio.

La paleontologia e l'archeologia, contrariamente a quanto spesso affermato in passato, non possono dare risposte valide. Le dimensioni e la forma delle ossa del cranio degli uomini paleolitici e degli ominidi non possono rivelare l'abilità del linguaggio. In pratica non è possibile dimostrare se l'uomo di Neanderthal o di Denisova avesse la capacità di parlare un linguaggio come l'Homo sapiens.

E neppure la genomica e la genetica molecolare possono, al momento, dimostrare un'abilità del linguaggio, pur avendo il genoma completo del Neanderthal e del Denisova. Sono stati fatti molti studi su un gene in particolare, il FOXP2, di cui alcune varianti causano gravi deficienze nell'abilità del parlare e che è stato quindi ritenuto fondamentale per il linguaggio. Poichè il FOXP2 differisce tra l'uomo ed il gorilla e tra l'uomo e lo scimpanzé, ma è uguale tra l'uomo ed il Neanderthal, questo fatto era stato portato come prova che il Neanderthal avesse un linguaggio umano. Tuttavia, alla luce di nuove ricerche questo non è più sostenibile in quanto il FOXP2 è un regolatore genico ed è coinvolto nella regolazione in molti organi, come l'intestino e quindi la sua funzione non è ristretta solo al linguaggio. Altri geni presi in esame non hanno avuto migliore fortuna.

Quindi c'è ancora molto lavoro da fare, ma sicuramente in futuro le sorprese non mancheranno. Negli ultimi 30 anni sono stati fatti enormi progressi nello studio dell'intelligenza delle altre specie animali, che sono quasi tutte risultate molto più intelligenti di quanto l'uomo non credesse.
Una volta si parlava di istinti innati, ma poi si è scoperto che anche nelle altre specie animali molte abilità sono tramandate per via culturale. Ad esempio, i felini imparano le tecniche di caccia dalla loro madre, non per istinto, e molte specie di uccelli hanno differenze regionali nel canto, come le lingue umane. I delfini comunicano tra loro con suoni, la cui variabilità è tale che potrebbero veicolare una lingua dello stesso livello di una lingua umana.

Chissà, un giorno gli studiosi potrebbero scoprire che i delfini parlano come noi!.
 
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view post Posted on 2/3/2020, 20:51

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Rieccomi a più di un mese di distanza :P .

Secondo Lewis "il punto di svolta" fu "'idea che un suono vocale può rappresentare qualcosa di significativo" ossia la comparsa della "comunicazione mimata", che avrebbe portato a strutturazione e stilizzazione di suoni e gesti fino a evolvere in forme di linguaggio.

L'ipotesi è condivisa da Robin Dubar, antropologo e psicologo evoluzionista britannico e specialista nel comportamento dei primati, dell'Università di Oxford, che ritiene che "il controllo del respiro richiesto dal canto è un fattore chiave per la produzione verbale. [...] Il linguggio è successivo al canto senza parole, e probabilmente di molto". A suo avviso però "Il canto si è evoluto per rafforzare i gruppi, perché i gruppi coesi tengono a bada i predatori" e "cantare insieme [...] stimola la produzione di endorfine, ormoni che favoriscono la coesione sociale".

In realtà mancava molto poco. ^_^


Le tue osservazioni, Mario, sono come sempre interessanti.
Nell'articolo di New Scientist fanno un generico riferimento a ricerche multidisciplinari (archeologia, antropologia, scienze cognitive, linguistica) che avrebbero portato all'articolazione delle nuove ipotesi. In particolare parlano di collegamenti nervosi "dal cervello lungo il midollo spinale fino al diaframma e ai muscoli intercostali. Questi nervi permettono un accurato controllo del respiro, indispensabile per produrre vocalizzazioni precise." Questi collegamenti sarebbero presenti nei neandertal e nei sapiens. "Inoltre, entrambe le specie mostrano specifici mutamenti in una parte dell'orecchio interno che aumentano la sensibilità alle frequenze sonore caratteristiche della voce umana, un adattamento essenziale che permette di usare sottili variazioni nella pronuncia per esprimere significati differenti."

Personalmente non so quale scienza permetta di arrivare a queste conclusioni, che mi sembrano in conflitto con quanto riportato nell'articolo da te trovato:

CITAZIONE (Mario_A @ 23/1/2020, 00:30) 
La paleontologia e l'archeologia, contrariamente a quanto spesso affermato in passato, non possono dare risposte valide. Le dimensioni e la forma delle ossa del cranio degli uomini paleolitici e degli ominidi non possono rivelare l'abilità del linguaggio. In pratica non è possibile dimostrare se l'uomo di Neanderthal o di Denisova avesse la capacità di parlare un linguaggio come l'Homo sapiens.

Sul gene Foxp2, l'articolo sembra invece fermo alla prima versione da te riportata.

A partire dalla convergenza tra questi due fattori, Bart de Boer della Vrije Universiteit di Bruxelles "e altri sono convinti che qualche tipo di linguaggio sia comparso almeno 400mila anni fa, quando gli umani e i neandertal si separarono. Secondo loro potrebbe perfino essere successo centinaia di migliaia di anni prima, quando i nostri antenati cominciarono a mostrare dei comportamenti cooperatvi più sofisticati: forse due milioni di anni fa o più, quando usavano utensili di pietra e quindi probabilmente cacciavano." E anche "Probabilmente troveremo gradazioni di linguaggio e parola che risalgono fino all'homo erectus" la cui "caccia e produzione di utensili [...] indicano che usava qualche sistema di comunicazione avanzato" afferma Stephen Levinson del Max Planck Istitute for psycholinguistics di Nimega.
 
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view post Posted on 27/8/2020, 10:49

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È una "opinion" di Tobias Jones, scrittore e giornalista britannico che vive da anni nel nord Italia, a Parma. Spesso i suoi scritti sfiorano gli stereotipi sugli italiani, ma non perché lui li pensi aderenti alla realtà, se gli fossimo davvero antipatici non penso che Jones vivrebbe in Italia.

The Observer è oggi una testata domenicale pubblicata dal Guardian, uno dei quotidiani britannici più influenti; la versione online si trova nel sito del Guardian.

Non riesco a trovare il 2015 survey of global noise pollution al quale fa riferimento lo scritto di Jones.

www.theguardian.com/commentisfree/...-it-is-unlikely
 
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