Ostraka - Forum di archeologia

Ditemi che non è vero..., complottisti alla riscossa

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view post Posted on 22/2/2020, 17:58
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Concordo con gli ottimi interventi di Perseo e Usékar cui non saprei aggiungere nulla.

Edited by dceg - 22/2/2020, 18:06
 
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view post Posted on 22/2/2020, 18:03
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Credo si debba fare un distinguo tra i pochi che sanno quanto stanno facendo, ne sono ben consapevoli e perseguono uno o più fini, e la grande maggioranza degli ignoranti, nel senso che proprio ignorano tutto di quello di cui scrivono e si sono trovati tra le mani uno strumento che permette loro di manifestare alla grande la loro ignoranza.

I primi, come ho scritto, sono ben consapevoli di quanto scrivono, i loro fini sono i più diversi: desiderio di notorietà, avere un numero altissimo di "mi piace", diventare influencer... e soprattutto, guadagnare per es. attraverso i contributi che i pubblicitari passano alle pagine più lette in cambio di spazio dedicato alla pubblicità, oppure trovando un editore dopo aver dimostrato di avere un largo pubblico potenziale, o ancora, e sono i più pericolosi, facendosi pagare per scrivere falsità, sic et simpliciter.
Questo è il caso dei debunker e di quanti, come alcuni autori citati in precedenza, si sono venduti agli opposti schieramenti della guerra fredda. Alcuni di questi ultimi sono in piena attività tutt'oggi.

Dei secondi che dire, se non concludere semplicemente che nella loro ignoranza sono gratificati dall'azione citata da Manfredi "Opro bocca e je dò fiato", che peraltro non credo sia stata inventata da lui, penso sia un popolare detto romanesco
 
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view post Posted on 22/2/2020, 18:12
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Penso che meglio che discutere con i fantacosi sia ignorarli. Il silenzio è per loro certo quanto meno desiderano.
Mi lagnerò tacendo parafrasando il Metastasio.
 
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Belisarius
view post Posted on 22/2/2020, 20:51




Governanti , progetti alla base per far studiare dagli specialisti cose false ahaahh

La frase che maggiormente mi ha colpito, come irrazionale di questa forma mentis è la seguente: "ovviamente studiano quello che gli fanno studiare... alla prima domanda scomoda rischiano e sono pochi che accettano di essere emarginati. È tutto previsto e governato. "

Per me denota un po' di paranoia. Dceg tu che dici?
 
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view post Posted on 22/2/2020, 22:02
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È una costruzione che si alimenta da sé, un sistema in cui ogni elemento si integra trovando una spiegazione immanente al sistema stesso, ed in questo ha le, o alcune delle, caratteristiche della paranoia. Se poi si tratti di una forma mentis, o di una patologia, o di che altro non lo posso dire.
 
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Belisarius
view post Posted on 22/2/2020, 22:09




sino a dubitare che alla base dell'archeologia vi sia il falso ?
come per ogni altro scibile della sapienza
 
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view post Posted on 22/2/2020, 22:11
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Visto che la terra è piatta non vedo problemi.
 
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Belisarius
view post Posted on 22/2/2020, 22:21




ahahaha
 
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Belisarius
view post Posted on 22/2/2020, 23:16




credo; dico la mia qua poiché inutile andarla a dire a quelli, che il pensiero che dovrebbero adottare, quando pensano che alla base di ogni conoscenza umana vi sia una dietrologia come suddetto, è il seguente:

A: le fonti che ho per dire ciò da dove provengono? (in archeologia) da archeologi ? O da semplici amateur o da chi è dietrologico di pensiero?

B: Le persone che dicono vi sia un complotto e pubblicano libri a riguardo, cosa ne sanno se alla fine nemmeno gli archeologi sono riusciti a capire che vi sia un complotto alla base della loro cultura? Quali sono le loro fonti ?

C: Perché questi che smascherano il complotto/progetto -apparentemente mondiale- sono ancora vivi ?

D: Vista l'archeologia come scienza mondiale, il numero di chi "sa" deve essere elevato. Nessuno ha parlato ?

E: Falsificando le basi dell'archeologia, si dovevano falsificare le basi di altre scienze.

F: Ho letto cosa pensa la psicologia di chi crede a dietrologie mondiali ?

G: Ho le basi scientifiche per affermare cosa sia o meno un falso ?

Ecco, per me dovrebbero chiedersi ciò
 
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view post Posted on 22/2/2020, 23:27
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Ma non lo fanno e non lo faranno mai perché non ne sentono il bisogno o la convenienza. Quindi a darci corda è come lavar la testa all'asinio: si perde ranno e sapone.
 
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Belisarius
view post Posted on 22/2/2020, 23:34




sarò scemo io, ma trovo inconcepibile la mente umana in tal senso. Alla fine allora dovrebbero anche dubitare che le foto fatte dai genitori a loro stesse siano dei falsi, perché
A loro non ricordano
B i genitori potrebbero aver mentito e in realtà far parte di un falso ricordo

ahahah
 
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view post Posted on 22/2/2020, 23:36
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Nessuna intelligenza artificiale raggiungerà il livello della stupidità umana.
 
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view post Posted on 23/2/2020, 13:03
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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CITAZIONE (Belisarius @ 22/2/2020, 13:53) 
Quello che mi chiedo è questo: come si può, con la scienza e le esperienze dell'archeologia, quindi della ricerca scientifica della stessa, oggi, dire: "gli archeologi studiano su quello che gli permettono di studiare". Quindi chi vede dietrologie, suppone che ogni scibile della conoscenza umana si basi su fondamenta falsificate, ergo qualsivoglia lavoro postumo a tale falsificazione, si orienti verso la falsificazione stessa, poiché il terreno è quello.

Riprendo con più calma da dove mi ero interrotto, per rispondere a questo interessante pensiero. Volente o nolente, a mio avviso Belisarius ha toccato alcune corde abbastanza sensibili nel campo dello studio dell'archeologia, che meritano una riflessione seria e onesta, per quanto magari poco piacevole.

In primo luogo, colpisce l'espressione "gli archeologi studiano su quello che gli permettono di studiare". E colpisce perché, purtroppo, almeno in alcuni casi, rispecchia una realtà tristemente verificata.
Chi si occupa di archeologia - e soprattutto chi si trova a dover studiare materiale archeologico - sa bene che, in questo settore, anche solo la possibilità di esaminare un determinato tipo di reperti (oppure un particolare lotto di materiali) non è sempre cosa semplice, né scontata. Nel nostro settore, più che in altri, esiste infatti un annoso problema, che è quello del materiale "in corso di studio": può capitare che un archeologo faccia richiesta per poter studiare uno o più reperti di proprietà statale, e che si senta rispondere dal responsabile che di quel materiale se ne sta già occupando qualcun altro. Ora, al di là del mio personalissimo parere (secondo cui, se un reperto è effettivamente un bene pubblico, non è giusto che sia inaccessibile per via del fatto che "c'è già qualcuno che se sta occupando"), quello che infastidisce è che, talvolta, questo work in progress si allunghi per anni e anni, e di fatto ci siano materiali che restano inaccessibili per molto tempo, perché chi ha detto di volerli pubblicare (di solito, eminenti studiosi o funzionari statali) se la prende "con molto comodo", bloccando però in questo modo lo studio per tutti gli altri interessati.
Beninteso, questo è solo uno degli ostacoli che possono ritardare (se non bloccare, o comunque scoraggiare) la ricerca del singolo: ci sono poi la tipica e asfittica burocrazia italiana, i problemi di responsabilità e di tutela (soprattutto per quanto concerne gli spostamenti dei materiali fuori dai musei, oppure la loro campionatura al fine di effettuare analisi archeometriche), e ancora l'ottusità (quando non direttamente le antipatie personali) di certi dirigenti, che possono rendere la ricerca una vera odissea per il singolo archeologo...

Appurata l'esistenza del problema, il fantarcheologo che denuncia questo, seppur per certi versi a ragione, parte ovviamente da un presupposto sbagliato - ossia l'esistenza di un qualche "potere superiore", che avrebbe interesse a non far progredire la ricerca (per non portare alla scoperta di "verità scomode", che rischierebbero di alterare l'ordine precostituito...).

In secondo luogo, farei una riflessione anche sul problema delle "fondamenta falsificate della ricerca scientifica". Perché, pure in questo caso (anche se, fortunatamente, abbastanza di rado), può succedere che questo problema si verifichi davvero.
Quando ero alla scuola di specializzazione, durante una lezione sulla comunicazione nell'ambito dell'archeologia, una docente ha formulato un pensiero che mi ha dato molto da riflettere: nel mondo dell'archeologia succede spesso che quando uno studioso (magari un nome eminente del settore) pubblica un nuovo articolo, in molti finiscano per citarlo senza stare a porsi il problema se quello che leggono sia effettivamente corretto; con il tempo, citazione dopo citazione, quel contributo può poi diventare una "verità assoluta", difficile a quel punto (ma non impossibile) da smontare. E' un po' il vecchio - e odioso - principio dell'ipse dixit: se l'ha detto un archeologo (e magari uno considerato un'autorità nel suo settore), deve essere sicuramente vero.
La mia risposta è: "non necessariamente".

Al netto di lauree, diplomi, master e Ph.D., è innanzitutto ovvio come tutti (anche i più bravi) possano commettere errori. Questo perché fare archeologia non è, per così dire, come fare matematica, e, seppure i dati siano di per sé oggettivi, l'interpretazione che se ne dà è invece sempre soggettiva, e sono molte le variabili che possono giocare a sfavore della sua correttezza (es. raccolta errata o parziale del campione da analizzare, erronea lettura dei risultati ottenuti, generalizzazione sopravvalutazione o sottovalutazione di un fenomeno a partire dalle informazioni disponibili etc.). Io di questi esempi ne ho trovati tanti nel mio percorso di formazione: fonti antiche tradotte in modo non corretto, letture iconografiche maldestramente banalizzate o generalizzate, trend nell'archeologia della produzione tracciati a partire da pochissimi campioni (e sto parlando di testi scritti da nomi importanti del settore dell'archeologia classica). Fra le ultime, in ordine di tempo, c'è il contributo di van Rookhuijzen sulla rilettura dell'identificazione del Partenone di Atene, che a mio avviso contiene un gran numero di imprecisioni e forzature, ma che ha comunque trovato spazio sulle pagine dell'American Journal of Archaeology (una delle riviste di settore più note, e pure peer-reviewed...). Tralascio poi, volontariamente, i rarissimi (seppur attestati) casi di falsificazione operati in piena consapevolezza da studiosi accademici in cerca di gloria (come quello di Shin'ichi Fujimura, ricordato qualche giorno fa da Usékar in un altro topic).
Occorre allora riconoscere come, soprattutto per i singoli lettori, sia oggettivamente impossibile andare a verificare ogni volta, punto per punto, ogni singola nota e bibliografia di ogni contributo scientifico analizzato; ne consegue quindi che il più delle volte, anche in questo settore, bisogna un po' "fidarsi" di quello che si legge in certe monografie o articoli.

Ma allora, come si fa a evitare che un potenziale errore passi inosservato, e che conclusioni errate possano trasformarsi così in una base su cui andare a costruire altri studi altrettanto traballanti?
Io credo che le uniche armi che abbiamo risiedano, da un lato, nella ferrea osservanza del metodo scientifico e, dall'altro, nel buon uso del proprio senso critico e della propria esperienza. Queste due soluzioni (abbondantemente accompagnate da una sana dose di prudenza) sono, secondo me, le uniche condiciones che possono davvero aiutare a giudicare la correttezza di un contributo scientifico, e a evitare di cadere nella trappola dell'ipse dixit, che giustamente i fantarcheologi denunciano.
Badate bene, anche in questo caso non sto prendendo le parti dei fantarcheologi: il fantarcheologo, infatti, pur adottando talvolta alcuni rimandi bibliografici nei suoi contributi, è il primo che lavora senza affidarsi realmente al metodo scientifico (vuoi perché non lo conosce, oppure perché non ne riconosce il valore), e che non analizza i problemi con senso critico (perché generalmente non ha una reale e approfondita esperienza della materia che tratta, e quindi parla delle cose con estrema superficialità).

Tutto questo papiro per dire che, ok, è sempre bene affidarsi agli archeologi nelle questioni che riguardano l'archeologia; ma occorre avere anche un minimo di conoscenza del metodo scientifico e un po' di sano senso critico, senza procedere con un approccio troppo "positivista", che faccia sentire al sicuro "perché l'ha detto quello studioso famoso", o perché "l'ho letto su quella importante rivista".
L'infallibilità non appartiene neppure agli archeologi :)
 
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Belisarius
view post Posted on 23/2/2020, 14:15




Grazie per la risposta. Certo, non fa una piega. Tutti possono errare. La signorina o signora, della Nuova Cronologia Storica Mondiale voleva però dire altro, da buona complottista. Io ho citati solo de messaggi, ma la signora voleva intendere che:

A: una quale Elite ha creato l'archeologia ed il metodo scientifico proprio per far si che i futuri lavori si basassero su di una falsità, così che, ogni scavo, ogni scoperta, si ergesse su fondamenta false, appunto perché non era esistita una antichità. Monete, cocci vari,armi, ogni cosa ritrovata in realtà era recente, ma il metodo scientifico (falsato) le riportava come antiche

B: l'archeologo mente per prendere in giro il popolo e il tutto girerebbe attorno ai soldi (Musei, antiquari ecc)

C: praticamente da quel che ho capito, solo Fomenko ha ragione, per lei

Per questi è praticamente falso tutto. Tutta un'invenzione la storia antica ed anche medievale
 
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view post Posted on 23/2/2020, 14:43
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Quanto affermi, Perseo, è vero, verissimo, e vale anche per altri campi, non solo per l'archeologia e lo condivido in pieno. Che ci siano errori, interpretazioni errate, superficialità nell'accogliere quanto vien detto dai luminari ecc. ecc. è indubbio, ma questo, come osservi, non significa che ci siano complotti, che tutto sia errato e volutamente distorto per chissà quali fini.

CITAZIONE (Perseo87 @ 23/2/2020, 13:03) 
L'infallibilità non appartiene neppure agli archeologi :)

La coscienza della fallibilità è la base del pensiero scientifico!
 
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