CITAZIONE (Righel @ 12/3/2020, 18:16)
Ed ora, la vostra opinione.
Volentieri! Io, nel frattempo, mi ero letto tutto l'articolo di Caruso, e qualche osservazione (al di là del dato prettamente archeoastronomico) vorrei farla sulla sua ricostruzione generale e sulle conclusioni che lui ne trae.
Premetto che il centauro di Lefkandì lo conoscevo fino a oggi più dal punto di vista storico-artistico che archeologico, e confesso anche che quell'interessante dettaglio dell'incisione sul ginocchio sinistro l'avevo sì notata, ma non le avevo mai dato alcun peso particolare (di solito il centauro viene mostrato solo di lato, e io davo per scontato che lo stesso dettaglio, magari a scopo decorativo, dovesse esserci anche sull'altra gamba...).
La ricostruzione data da Caruso è senza dubbio molto suggestiva e affascinante nel suo complesso: l'archeologo ha saputo unire qui archeologia, letteratura, linguistica, storia delle religioni, antropologia e, appunto, archeoastronomia, dando vita a un contributo sicuramente originale e che presenta numerosi spunti di riflessione. Prima fra tutti, mi ha intrigato non poco questa ipotesi del rito di matrice orientale, che implicherebbe la presenza di un feticcio con funzione di
pharmakos, analogo all'accadico
salam mimma lemnu (io parteggio quindi per l'interpretazione del contesto di Lefkandì avanzata da Themelis).
Molto interessante, fra l'altro, appare anche questa interpretazione del segno realizzato sulla gamba sinistra della figura, perché, anche secondo il mio parere, in una società come parrebbe esser stata quella greca della fine del X secolo a.C. - per quel che ne sappiamo, di fatto illetterata fino alla reintroduzione dell'alfabeto di stampo fenicio - sarebbe stato certo plausibile pensare che il segno potesse aver sostituito la tipica formula magica prescritta dal rito orientale. Questo però mi spingerebbe anche a fare una ulteriore considerazione, pensando a un mago itinerante indigeno, e non orientale, dal momento che quest'ultimo avrebbe potuto tranquillamente incidere la formula nella sua lingua d'origine (a quel che sapevo io, infatti, almeno per l'età classica i
magoi erano famosi per il loro ricorso ai
barbarika onomata, ossia parole magiche di senso oscuro, perché pronunciate in una lingua non greca).
Per contro, sono anch'io del parere che sia difficile riconoscere in questa statuetta un'effige di Chirone, "il più nobile dei centauri" (già secondo Iliade 4, 219), e questo non tanto perché sia da ritenere prematuro il fatto che alla fine del X secolo a.C. questa figura potesse essere già più o meno definita a livello mitologico, quanto piuttosto perché, di fatto, la più antica attestazione della vicenda della ferita di Chirone alla gamba sinistra parrebbe esserci tramandata dall'opera dello Pseudo-Apollodoro (che è assai più tarda come datazione, rispetto ai poemi omerici...). Il problema, in ogni caso, come dice anche Caruso, va oltre il riconoscimento dell'identità del soggetto, che, sia come Chirone, sia come entità demoniaca senza un nome, potrebbe aver comunque lavorato come "agente magico" all'interno della necropoli di Toumba.
Un po' più scettico mi trova invece la questione della simbologia solare assegnata al centauro.
Il primo dubbio, leggendo l'articolo, l'ho avuto in relazione al
pithos di Perseo e Medusa (che in qualche modo l'autore cerca di tirare in ballo, a riprova delle sue considerazioni): su questo vaso, infatti, la decapitazione della Gorgone avviene per mano di un personaggio che è senza dubbio Perseo, e quindi va letta necessariamente nel suo contesto mitologico. Del
pithos del Louvre mi ero occupato all'interno della mia tesi triennale, e già all'epoca mi ero imbattuto in un vecchio articolo (Frothingham 1911), che proponeva una lettura in senso "solare" della scena mitologica. Ricordo che verso questa interpretazione io mi mostrai già all'epoca un tantino scettico, perché mi pareva alquanto fantasiosa e azzardata: partendo dall'assunto che i centauri costituissero il simbolo dei raggi del sole, lo studioso proponeva di leggere anche altri elementi presenti sulla scena (come il rettile e il fiore) come simboli solari, secondo una visione che non teneva minimamente di conto del fatto che a) quegli stessi simboli potevano avere anche una valenza "notturna" e b) la datazione del vaso al 650 a.C. lo poneva in un'epoca in cui la tradizione esiodea del mito di Perseo e Medusa era ormai ben stabilita - ed Esiodo per primo aveva fissato la dimora delle Gorgoni "al di là del famoso Oceano, all'estremo, verso la Notte" (Teogonia 274-275).
Eliminato dunque il vaso di Perseo e Medusa, resta il problema della "valenza solare" che i centauri avrebbero avuto secondo l'autore, e che può essere provata anche da un confronto iconografico presente su un
kantharos beotico del Louvre - che, a essere precisi, non dovrebbe essere beotico ma solo proveniente dalla Beozia - perché di fattura attica - e da datare sul finire dell'VIII secolo a.C. (tutti questi dati li ho ripescati dal Beazley Archive, perché l'autore non li indicava:
https://www.beazley.ox.ac.uk/xdb/ASP/recor...Count=7&start=0). Ora io mi chiedo: bastano queste iconografie (di due secoli più tarde rispetto al contesto di Lefkandì, e prodotte in tutt'altra regione), e ancora il dato linguistico di Dumézil (non scevro da critiche, per ammissione dello stesso Caruso) per attribuire ai centauri - o quantomeno al centauro di Lefkandì - una valenza solare? La lettura in senso "solare" della statuetta di Lefkandì mi pare tanto più controversa, inoltre, se si considera che, sempre secondo Caruso: a) la forma equina parrebbe stata usata dai primi artisti greci per indicare i primitivi nemici degli dèi dell'Olimpo; b) nel caso lo si volesse leggere come Chirone, è attestata nel culto anche una forma ctonia di Chirone; c) la statuetta potrebbe esser stata un feticcio analogo al
salam mimma lemnu accadico (che rappresentava "l'immagine di tutto ciò che è male"). Qui mi pare di intravedere una notevole quantità di rimandi al mondo del caos, dell'Oltretomba e delle tenebre, che mal si confanno a un'entità legata al mondo della luce solare.
Ciò non toglie che, se davvero qui si potesse riconoscere il rituale di matrice orientale ipotizzato da Caruso - che mi pare di capire si tenesse più spesso in occasioni di eclissi di sole o di luna - l'ipotesi di riferire la realizzazione delle due sepolture all'anno 906 o 901 a.C. (e forse proprio al 901 a.C.) sarebbe certo molto interessante (magari difficile da "provare" sulla carta, ma sicuramente affascinante). Sarebbe interessante sapere anche, a tale proposito, se la British School of Athens abbia raccolto negli anni '80 anche qualche campione archeobotanico, che magari possa fornire indicazioni sul periodo di inumazione dei resti rinvenuti nelle sepolture di Toumba (anche se sono alquanto scettico...).