Ostraka - Forum di archeologia

A tutta birra!, Da quando si produce la birra?

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view post Posted on 19/5/2021, 18:35
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Per indicare quel prodotto, la dizione sakè è tollerata, purché venga da uno straniero, così come è tollerato il consumo della bevanda sempre tiepida o comunque riscaldata, mentre i puristi giapponesi la bevono in condizioni di temperatura differente, a seconda del piatto con il quale l'accompagnano, come facciamo noi con il vino bianco, bevuto fresco, e rosso, bevuto a temperatura ambiente, semplificando al massimo.

Per quanto riguarda la parola sakè, funziona come per altri vocaboli che da noi sono comuni, ma in giapponese indicano una cosa differente da quella per la quale li utilizziamo noi.
L'esempio classico è harakiri o karakiri, che in Giappone è utilizzato con lo stesso senso del nostro "banale" suicidio.
Il suicidio rituale si chiama seppuku, in Europa usano questo vocabolo, che io sappia, solo i francesi.
Un altro esempio è kamikaze, che i giapponesi utilizzano solo per indicare il tifone che fece naufragare l'imponente squadra navale inviata nel 1281 da Kublai Khan, allo scopo di invadere il Giappone.
Quelli che noi chiamiamo kamikaze, cioè i piloti che compivano attacchi suicidi contro le navi della flotta statunitense, venivano chiamati shinpu o shinpo.

In realtà, il giapponese non è una lingua sola, ci sono 3 lingue che vengono scritte con gli stessi caratteri, pronunciati in maniera differente a seconda del livello sociale della persona che parla.
Kamikaze e shinpu si scrivono con i medesimi caratteri, ma nel pronunciare l'una o l'altra lettura assumono valori ben differenti.
Lo stesso dicasi per harakiri e seppuku.

Non conosco, invece, il caso di sakè, nel senso che non so se abbia equivalenti nelle tre parlate.
Quello che posso confermare è che la bevanda fermentata a base di riso e koji loro la chiamano nihonshu o nihonshyu, sakè è la parola che indica una generica bevanda alcolica ma anche la prima parte della parola sakemai o sakamai, la più pregiata varietà di riso utilizzata per preparare il nihonshu.

Da notare anche che Nihon è il nome che loro danno al Giappone, da Nihon è venuto l'inglese Nippon etc. etc., mentre shu significa seme, quindi nihonshu sarebbe il seme giapponese che più giapponese non si può, la parte per il tutto, più o meno...
 
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view post Posted on 6/6/2021, 11:46
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Anche in America latina si produce una birra tipica, chiamata chicha, frutto della fermentazione del mais maltizzato.
Pare sia nata almeno 5000 anni fa in Perù, dove viene chiamata chicha de jora, cioè chicha di malto di mais, per distinguerla dalla chicha morada che è una bevanda analcolica prodotta con buccia d'ananas e chiodi di garofano.

Di una persona che è "insipida", si dice
"Usted no es nada, ni chicha ni limonada!"

Narra la leggenda che un giovane doveva sorvegliare un edificio di assi e canne, nel quale erano immagazzinati molti choclos, le pannocchie di mais.
Il giovane si addormentò profondamente e mentre dormiva si scatenò un temporale, durante il quale un fulmine colpì l'edificio e lo incendiò.
L'incendio si spense sotto l'acquazzone, ma il calore già aveva provocato la maltizzazione di un bel po' di cariossidi di mais, divenute a quel punto joras.
L'acqua fece fermentare le joras, le cariossidi maltizzate, per cui dall'ammasso di choclos semicombusti scese un rivolo di bevanda frizzante e leggermente alcolica.
Il giovane, svegliato dai tuoni, una volta cessata la pioggia, pensò di assaggiare il liquido che vedeva sgorgare dalle joras, gli piacque, ne bevve un bel po' e si prese una solenne sbronza.

Fin qui la leggenda.
Vediamo come viene prodotta ancor oggi la chicha de jora in famiglia.

Si inizia arrostendo le cariossidi di mais appena raccolto, ancora tenero e non essiccato, al fine di trasformarne in malto l'amido che il seme contiene.
A questo punto, le donne della famiglia le masticano e le insalivano per bene, sputando poi il bolo in un contenitore che altro non è che una metà di grande zucca, in precedenza svuotata e ben essiccata.

Una volta terminata l'operazione, si lascia fermentare il tutto per 5 giorni, dopodiché il liquido viene filtrato e una volta bollito, è pronto per il consumo.
Essere invitati dalla famiglia a consumare la chicha de jora così prodotta è un grande onore, al quale non si dovrebbe assolutamente opporre un rifiuto, dato che si tratta di una dichiarazione di amicizia e stima.
Mio padre visse molti anni in Perù e venne più volte invitato a feste familiari nel corso delle quali la chicha autoprodotta veniva servita in quantità, e la trovò gradevole.

Mi raccontò anche che le donne anziane e sdentate erano considerate le produttrici della chicha migliore, perché masticavano il mais con le gengive, quindi più "dolcemente" e più a lungo delle donne giovani, che invece masticavano con i molari...

Nota: non si conosce il perché sia entrato nell'uso chiamare pannocchie i frutti completi della pianta del mais, dato che in realtà, botanicamente parlando, si tratta di spighe https://www.vitaincampagna.it/orto/domande...le-e-una-spiga/
 
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view post Posted on 6/6/2021, 11:56
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Che le donne sdentate „producano“ la chica migliore l‘avevo già letto. Gli enzimi della saliva favoriscono la fermentazione, e una masticazione più lenta produce più saliva.
Quel che no stroza, ingrasa
Tuttavia al momento mi gusto un bicchiere di vernaccia di San Giminiano, certo di quella fatta spremendo l‘uva coi piedi…
 
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