Ostraka - Forum di archeologia

Ma quali sbocchi?

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Balak
view post Posted on 9/7/2016, 13:35




Sono uno studente di archeologia, tra non molto conseguirò la triennale. Devo dire che in questi anni mi sono sempre più appassionato all'archeologia, quindi non mi pentirò di essermi iscritto in questa facoltà... ma per il resto? Ok la passione, fare ciò che piace, ma sinceramente a questo punto sto seriamente pensando di cambiare totalmente indirizzo di studio (dopo laurea) per provare a studiare qualcosa che mi appassioni di meno ma che mi dia delle possibilità.
Che ne pensate?
Che senso ha continuare con una passione che però probabilmente non porterà soddisfazioni lavorative? Quali sono gli sbocchi? Purtroppo al momento non li trovo, non li vedo. Di scavi con le cooperative non ne parliamo, mi pare di capire che nemmeno i "proprietari" delle cooperative riescano a guadagnare abbastanza per vivere, quindi figuriamoci chi ci lavora... (ovviamente se avete notizie differenti dite pure), prendere la specializzazione per cosa? Per aspettare chissà quanti altri anni per un concorso al mibact e sperare di essere uno dei 500 fortunati sui 19.000 partecipanti? Tutti gli archeologi che ho conosciuto, al di là dell'ambito universitario ovviamente, lavorano tutti in altri ambiti e hanno conservato l'archeologia come passione o meglio come impegno extra lavorativo in associazioni/organizzazioni no profit. A questo punto penso proprio convenga fare così!
Insomma, è un periodo di riflessione... qual è la vostra a riguardo'
 
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view post Posted on 9/7/2016, 16:14

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Se ne hai la possibilità scappa.
Scappa via più veloce che puoi. Ma non solo dall'indirizzo di studio: già che ci sei non ti fermare e scappa più lontano.

La percezione di una mancanza di sbocchi è solo un sintomo: la malattia del sistema è molto più grave: in questo passaggio storico -io mi auguro transitorio, ma chissà- l'intera Università italiana non sta facendo altro che vendere corsi, senza nessuna preoccupazione riguardo all'utilità e al ruolo sociale delle figure che forma. Gli insegnamenti del nostro settore non sono nemmeno peggio di tanti altri: inutile guardare per un ripiego alla giurisprudenza o all'architettura o alle scienze della terra o persino a gran parte delle materie scientifiche come se fossero messe meglio di noi. Non lo sono.

Rifletti su cosa ti è accaduto in questi tre anni: materie importanti ed interessanti, d'accordo, ma ce n'è anche solo una che sia stata trattata ad un livello e con modalità che non fossero quelle di un generico approfondimento liceale?
E' credibile che in pressappoco altrettanto tempo o poco più tu possa cominciare a trovarti a livelli di autonomia e di originalità di indagine paragonabile a quella di chi ora sta insegnando a te?

Se la risposta è no, fatti venire un dubbio: smetti di ragionare in termini di titolo di studio come "pezzo di carta" per accedere al mondo del lavoro, smetti persino di chiederti se ci saranno sbocchi, chiediti invece cosa tu saresti concretamente preparato a fare di socialmente utile e di scientificamente autonomo nel tuo settore di studio qualora degli sbocchi lavorativi ci fossero.

Perdona la durezza, ma dopo che avrai fatto un esame di coscienza del genere, se avrai ancora entusiasmo, il tuo pensiero probabilmente correrà subito a qualche paese straniero, se non ne avrai affatto, potresti anche pensare che nella vita essere "solo" laureato triennale è tutto meno che una infamia.
Altrimenti decidersi a fare anche la magistrale sarà semplicemente un modo per rimandare in là le scelte, in attesa di scoprire (la ufficializzazione del profilo professionale dovrebbe essere imminente, ma i contenuti non ne sono ancora noti) che nel frattempo qualche burocrate ha deciso che in Italia non sei Archeologo se non hai anche la Scuola di Specializzazione. Il tempo che tu ci possa arrivare e prevedo che qualcun altro avrà preteso che nemmeno basta la Specializzazione, ma ci vogliono due livelli post-laurea (Scuola di Specializzazione più un Dottorato): non è ancora successo, ma una vocina mi dice che qualcuno sta già spingendo in questa direzione.

Mala tempora currunt.
 
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Balak
view post Posted on 9/7/2016, 23:34




Come si fa a dire che gli altri non sono migliori di noi? Condivido in parte il tuo discorso. Ma come può dirsi una cosa del genere quando i laureati in ingegneria o in infermieristica, economia ecc. dopo breve tempo trovano lavoro? Certamente lavori temporanei, mal pagati, ma lavori che in un certo senso servono anche a farsi le ossa...Ma in moltissimi casi questi laureati vanno a svolgere poi un lavoro "da grandi", se così si può definire, grazie sia alle conoscenze che hanno acquisito sui libri e all'università che quella acquisita cominciando a lavorare. E archeologia? Tanto studio e tanta pratica per cosa? E' questo il succo della domanda, a cosa serve? Se escludiamo la passione, è possibile trovare qualcosa di pratico a tutto ciò? Ovviamente ci sono anche tante altre lauree combinate come archeologia, ma non tutte... Questo penso sia un dato di fatto..

Ovviamente non posso trovarmi nel breve tempo ai livelli di chi mi insegna, dato che la loro esperienza è attualmente infinitamente maggiore della mia. E' vero che le università in italia sono migliorabili, ma a mio avviso archeologia non è paragonabile alle altre, o meglio, ad alcune in particolare.
Il mio discorso forse era molto più semplicistico. E' chiaro che con una triennale non sarà mai "autonomo scientificamente", non so se sia un problema o meno dell'università italiana o di chissà che cosa, ma il mio discorso è un altro: Si può, dai 18 ai 28-30 anni illudersi inseguendo la passione? Per carità, non rinnego la mia scelta, non scredito l'archeologia e nemmeno chi fa una scelta diversa dalla mia. Ma che senso hanno tutti questi anni di studio, triennale, specialistica, specializzazione o dottorato se poi gli scavi li fanno fare ai volontari e le ricognizioni ai liceali? Non si tratta solo di pretendere una ricompensa economica, ma come si può trovare uno stimolo se quello per cui si studia tanti anni viene poi fatto da persone che non hanno la tua stessa competenza?
Cosa potrebbe cambiare nel riconoscere la nostra professione se poi non stanziano fondi per scavi, le cooperative ti sfruttano e i concorsi per il mibac sono un miraggio? Come dice il post: quali sbocchi? Vale la pena aspettarsi un riconoscimento? E dopo cosa succederà? Gli archeologi saranno super ricercati e ci sarà lavoro per tutti?

In merito al cambiare paese.. è vero, forse si aprirebbero maggiori possibilità, ma bisogna dire che nemmeno tutti possono permettersi o desiderano trasferirsi in un'altra nazione, perché in questo caso entrano in giochi mille altri fattori che non c'entrano nulla con l'archeologia.

Sinceramente sto pensando di abbandonare questo percorso, tenermi stretto le esperienze e tutto ciò che acquisito ma cercare lavoro tramite altre vie, che sia economia, ingegneria o giurisprudenza.
Forse ho scritto questo post con la speranza che qualcuno mi apra gli occhi e mi mostri che in realtà con l'archeologia, con una triennale, una specialistica e una specializzazione, con tanto studio e tanta pazienza, le possibilità lavorative ci sono, e che non è tutto buio come si pensa.. ma probabilmente la mia è una speranza vana
 
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view post Posted on 10/7/2016, 09:15

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Non illuderti che passare ad altra Facoltà in Italia risolverebbe il problema: sono veramente poche quelle che si salvano e sa il Cielo quale sarebbe la situazione quando tu ne uscissi.

Si può, dai 18 ai 28-30 anni illudersi inseguendo la passione?

Si può tutto a questo mondo, ma la ragionevolezza in questa fase storica non sta per nessun profilo professionale nell'illusione dell'automatismo pezzodicarta=impiego.

Sta a mio personale avviso nel saper rispondere (ed un laureando triennale per il proprio settore di studi una risposta dovrebbe cominciare a sapersela dare, se essa fosse di segno positivo) alla domanda "cosa so fare di concretamente utile per la Collettività e cosa di più potrei imparare (sempre a concreto vantaggio per la Collettività) se frequentassi anche la Magistrale"?

Mettere mentalmente a confronto se stessi con i propri Docenti non è affatto irrilevante: un laureato triennale evidentemente solo embrionalmente, ma uno magistrale o meglio ancora all'inizio di un terzo livello universitario dovrebbe cominciare a percepire bene il raggiungimento di una parità di metodo scientifico e di autonomia nel praticarlo rispetto a chi gli sta insegnando.
Non sto parlando di esperienza o di genio originale: i tuoi Professori rimarranno per te sempre i tuoi Professori anche quando tu avessi settant'anni e fossi stato a tua volta docente universitario una vita.
Sto parlando di autonomia personale nella pratica metodologica anche di fronte a progetti (o progettini) nuovi.

Se alla fine della Triennale questa percezione manca proprio del tutto, brutto segno.
 
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Balak
view post Posted on 10/7/2016, 10:27




Ma infatti non mi illudo, sono consapevole però del fatto che, in molte altre facoltà, una volta laureati e aver acquisito una certa competenza, il lavoro, seppur magari con una certa difficoltà, è possibile da trovare: non certo, ma possibile. Cosa che non mi pare avvenga con l'archeologia, se non in rarissimi casi.

Ovvio che "pezzo di carta"=lavoro non è un assioma, ma si potrebbe presupporre che, se hai dedicato un tot di anni per lo studio di una determinata disciplina, al termine del percorso si abbia una certa competenza su quelle materie...
A me non manca la percezione di un'autonomia, ma sono consapevole anche dei limiti che dà una triennale, non essendo un percorso completo...Mentre una certa autonomia è possibile da ottenere arricchendo il proprio bagaglio di esperienze.. Ma, una volta acquisita questa autonomia, si traduce in qualcosa di concretamente utile anche per ME, o solo per la collettività? Che tradotto: riuscirò a vivere della mia passione e con ciò che ho studiato, una volta acquisita questa autonomia, oppure anche con questa autonomia si è condannati al volontariato e allo sfruttamento nelle cooperative?
 
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view post Posted on 10/7/2016, 15:10

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Il mio personalissimo parere è che da questo momento in poi sarai sempre tu ad dover avere chiaro a cosa serve la tua figura professionale e cosa esattamente di concretamente utile essa può produrre per la Collettività.
Non troverai in questo Paese una situazione per la nostra figura (ma anche per tante altre) nella quale sarà sufficiente avere un titolo o superare le prove di un concorso.
Sarai sempre tu a doverti chiedere (e a dover spiegare agli altri) io a che cosa servo e questo sforzo sarà costantemente azzoppato dalla ottusità di burocrati che metteranno di tanto in tanto a casaccio una parolina piuttosto che un'altra in un codice o in un regolamento senza comprenderne minimamente le ricadute tecniche ed occupazionali.

Quindi no, non ci sarà un momento nel quale qualcuno ti proporrà qualcosa di concretamente utile o di economicamente gratificante per te stesso in ragione del tuo titolo nè venendoti a cercare nè pubblicando un bando, anche se sì, costruendo la tua figura oculatamente e muvendoti con la bussola del "che cosa tu puoi fare che sia utile agli altri" puoi pensare di vivere di Archeologia, ma non perchè ti appassiona la materia, ma in quanto ti appassiona essere utile.

Quando dico queste cose oltre che ad un atteggiamento interiore, mi riferisco anche a certe scelte curricolari o all'approfondimento di certe materie piuttosto che altre (di quanti assoluti depistaggi sono infarciti i piani di studi di molte nostre Università?)

In qualche paese straniero (decisamente non in tutti) la vita universitaria e lavorativa di chi sia anche solo diligente ed appassionato nel nostro campo è forse più facile.

Detto tutto ciò, rimbalzi e aumento di prospettive occupazionali li stiamo già vivendo a scatti non di poco conto in maniera discontinua ed ulteriori miglioramenti non possono non arrivare; se non altro perché gli organici sia pubblici che privati per la figura di Archeologo sono in questo momento comunque bassissimi e la carenza di Archeologi si sta facendo sentire sempre più pesantemente.
C'è d'altra parte una variabile difficilmente stimabile nello scenario a breve, a causa della distorsione innaturale della nostra figura da umanistica -e semmai tecnica- a "professionale" (o piuttosto direi io "pseudoprofessionale"): persino gli iperliberisti Stati Uniti hanno negli anni più recenti guardato con sospetto una certa deriva internazionale della figura di Archeologo verso una dimensione di professionista-consulente, noi invece abbiamo plaudito come ebeti al disastro della Legge Madia, crogiolandoci nell'imbonimento che "adesso saremo professionisti" senza pensare che "professionisti" significa niente o assai ridotte tutele da contratto collettivo nazonale di lavoro, niente limitazioni al massimo ribasso negli appalti, niente stimolo alla capacità di investimento ed alla costruzione di organizzazioni commerciali ampie, etc. etc.
Ecco spiegato il paradosso -che mi pare di capire già conosci- dei più posti di lavoro ma a condizioni peggiori (anche nei concorsi pubblici).
 
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Balak
view post Posted on 10/7/2016, 18:20




Quali sarebbero gli aumenti di prospettive occupazionali che stiamo vivendo?
Non capisco nemmeno quali possano essere i modi per vivere di archeologia sinceramente. Data la mia poca esperienza mi piacerebbe conoscere qualche esempio concreto, anche per farmi un'idea...
 
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view post Posted on 10/7/2016, 20:32

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Beh, nel 2016 tanto le imprese private quanto il Ministero hanno ripreso ad assumere.
E' poca cosa, ma è un dato con segno positivo.

Per ora sempre male invece il canale della cosiddetta "archeologia preventiva", dimostrazione evidente che quello della professionalizzazione era un imbroglio, anche se con l'imminente ripartenza di qualche opera pubblica ci sarà un poco di rilancio anche per quel settore (sebbene su occasioni di incarico potenzialmente pressoché dimezzate rispetto a prima, se del nuovissimo Codice Appalti 50/2016 verrà data negli imminenti decreti attuativi una interpretazione riduttiva, come sembrerebbe).

Poi c'è il discorso della finalmente compiuta ratifica da parte italiana della Convenzione de La Valletta, che -a dirla in estrema sintesi- ci obbligherebbe ad integrare la tutela archeologica negli strumenti urbanistici e territoriali; e qui c'è la grande incognita del Referendum Costituzionale di quest'autunno, perché a seconda di come quest'ultimo andrà potrebbe essere molto differente il soggetto attuatore di tali impegni internazionali (e di conseguenza i tempi di attuazione) ed in caso di vittoria del "sì" potrebbero intanto decadere i presupposti sui quali alcune regioni (che sappia io per la verità unicamente poche regioni soprattutto del centro-nord) avevano già negli anni scorsi cominciato a portarsi avanti inserendo la potenzialità archeologica del territorio fra i parameti da elaborare nelle zonizzazioni dei piani di governo urbanistico (PRG, PSC o quello che sia).

Ma cribbio: capisco che alla Triennale queste cose non si insegnino istituzionalmente, ma voialtri non ne parlate nemmeno a livello di organizzazioni studentesche?
 
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Balak
view post Posted on 10/7/2016, 21:22




No non se ne parla, almeno da me, ma forse anche perché il mio è un ateneo non troppo grande (?)
Tuttavia mi sembra tutto un "chissà", "è possibile che..", "devono approvare..", insomma, tutto un'incognita, o meglio speranze di miglioramenti che c'erano anche anni fa. Come si traduce ad esempio questa integrazione della tutela archeologica negli strumenti urbanistici e territoriale? Verrà introdotto negli enti comunali o regionali la figura dell'archeologo? Non so, ma a me sembrano le false speranze che vengono alimentate di tanto in tanto da leggi o provvedimenti vari...
La situazione che, nella mia ignoranza, vedo in archeologia al momento è questa:
Siti archeologici abbandonati a se stessi, parchi archeologici con 6-7 """custodi""" e 0 archeologi, musei archeologici in cui non c'è nemmeno la figura dell'archeologo, scavi che vengono ridotti di anno in anno, anche in siti importanti, e che comunque quando vendono fatti non risultano fonte di "guadagno" per nessuno, tanto volontariato (che per carità, è utile, ma dovrebbe essere di supporto e non a sostituzione del lavoro)...
Questa situazione in che modo potrà cambiare nei prossimi 5-10 anni? Ovviamente non possiamo saperlo, ma, pur non conoscendo esattamente le varie convenzioni, non mi pare nel futuro si prospetti un barlume di speranza, o sono negativo io?
Attualmente l'archeologia a mio avviso non può essere considerato un lavoro. E non perché non ne abbia la dignità o perché non sia utile alla collettività, ma semplicemente perché non c'è possibilità vera di lavorare, di seguire un percorso di studi, arricchirsi autonomamente con esperienze in scavi, musei e chissà dove altro ancora, continuare con specializzazione e specialistica e infine rendersi utile alla collettività svolgendo il proprio lavoro. Se voglio essere utile a me stesso ma anche alla collettività, come posso fare se effettivamente non mi si dà la possibilità?
Probabilmente conosco poco questo mondo, ma vi posso assicurare che tra i miei coetanei è questo il pensiero più diffuso, a prescindere da chi decide di continuare o meno gli studi.
 
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view post Posted on 11/7/2016, 06:53

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Ma vedi che stai cercando non un ruolo, ma un posto?
In questi termini non lo troverai.
Ma attenzione, perché in questa fase storica e in questo Paese non lo troverai per quasi nessuno dei profili universitari di qualsiasi materia (veramente poche le eccezioni).

Io parlo di lavoro che c'era e che è scomparso per effetto di ripetuti passaggi di crisi e di qualche infelice approccio riformatore, che a singhiozzo si riattiva parzialmente ed indico da quali passaggi sta dipendendo e dipenderà una possibile evoluzione generale in senso positivo.

Ma dimentichiamoci che la già avvenuta ratifica degli accordi de La Valletta possa produrre bandi per "posti" da Archeologo comunale: produrrà se tradotta in normativa nazionale (il termine per farlo era verso dicembre 2015 se ricordo bene, ma in queste cose un annetto di tolleranza di solito è normale) e sempreché un cattivo esito del Referendum Costituzionale non mandi a monte tutto una capillarizzazione della tutela archeologica sul territorio, con conseguente normalizzazione di certe diseguaglianze e generale incremento della operatività archeologica.
Ma attenzione, perché se il Referendum andrà male la questione occupazionale in Archeologia sarà l'ultimo dei nostri problemi. Ne avremo di ben più grossi, ma non solamente come Archeologi.

Tutto questo Paese, dalle Banche all'Istruzione al commercio dellOrtofrutta e ancora e ancora è legato oggi a drammatiche incertezze di "chissà", "è possibile che ...", "devono approvare ..." : scappare via può essere una scelta, ma a quel punto bisogna scappare proprio.

Ah, questa affiorante antipatia verso il mondo del Volontariato -per carità, ognuno ha le proprie impressioni- mi sembra del tutto fuori luogo: l'esistenza del Volontariato archeologico fa un gran bene a chi nel settore ci lavora seriamente. E questo per evidenti motivi politici: più è larga la base delle persone interessate ad un argomento e più quell'argomento è oggetto di scelte amministrative e di personale nelle istituzioni competenti. E il modo più convincente di misurare l'interesse per l'Archeologia non sta nel contare i visitatori dei Musei e delle Aree Archeologiche, ma molto meglio nel constatare la presenza di organizzazioni stabili attive nella partecipazione diretta volontaristica.
E' quindi autolesionistico sparare sul Volontariato (anche se sono cinquant'anni che certi ambientini si cimentano in questa pratica).
 
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Balak
view post Posted on 11/7/2016, 10:21




Perdonami eh, ma non vedo perché "ruolo" e "posto" non possano coincidere, sempre se ci siamo capiti cosa intendiamo per l'uno e per l'altro. Non capisco cosa ci sia di male a desiderare vere prospettive per la figura dell'archeologo, che vadano al di là del precario e del volontariato. Mi sembra anzi una cosa che dovrebbe essere ovvia.
E poi non mi sembra assolutamente di avere chissà quale antipatia per il volontariato, non sto criticando l'operato di nessuno, ma ho solo detto che dovrebbe essere di SUPPORTO e non a sostituzione dei lavoratori. E ciò dovrebbe essere la cosa più normale di questo mondo, in tutti i settori è così, non vedo perché non dovrebbe essere lo stesso nel mondo dell'archeologia. E' triste sapere di persone che studiano 7-8 anni e poi l'unica loro possibilità è quella di fare i volontari. Chi fa croce rossa ha un ruolo utilissimo per la collettività, ma non per questo sostituiscono gli infermieri.
E mi pare più grave che certi ambienti ci lucrino sul volontariato, piuttosto che certi ambientini lo critichino. E ripeto per sicurezza: riconosco i meriti di molte organizzazioni no profit e volontari vari, non è una critica a loro, ma al "sistema" che prevede solo queste figure e non altre.
Io vedo l'università e lo studio come un qualcosa di preparatorio al lavoro, che dovrebbe fornirti esperienza, cultura, specializzazione per compiere determinati atti e ricoprire determinati ruoli che poi hanno un'utilità per il collettivo. Forse è una visione sbagliata? Poi se non sono adatto per un certo ruolo, se c'è qualcuno più preparato e più bravo di me, è giusto che sia lui a lavorare. Ma il fatto che un laureato di archeologia possa esprimersi SOLAMENTE tramite il volontariato a mio avviso non è una situazione accettabile..
E' vero che non è solo il mondo dell'archeologia a essere in una situazione critica, ma non mi pare che ciò possa essere una giustificazione, e mi pare, ma sarà una mia impressione, che gli altri settori, nonostante siano in crisi, riescano a rispondere in qualche modo "presente".
 
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view post Posted on 11/7/2016, 18:11

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Lo stato d'animo è più che comprensibile.

Ci sono parecchie cose che sono evidentemente andate storte in questi anni e che in questo momento sono in fibrillazione. Inutile illudersi negandolo.

Non saprei cos'altro dire.
 
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§Karl§
view post Posted on 11/7/2016, 23:15




CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 10/7/2016, 10:15) 
Mettere mentalmente a confronto se stessi con i propri Docenti non è affatto irrilevante: un laureato triennale evidentemente solo embrionalmente, ma uno magistrale o meglio ancora all'inizio di un terzo livello universitario dovrebbe cominciare a percepire bene il raggiungimento di una parità di metodo scientifico e di autonomia nel praticarlo rispetto a chi gli sta insegnando.
Non sto parlando di esperienza o di genio originale: i tuoi Professori rimarranno per te sempre i tuoi Professori anche quando tu avessi settant'anni e fossi stato a tua volta docente universitario una vita.
Sto parlando di autonomia personale nella pratica metodologica anche di fronte a progetti (o progettini) nuovi.

Se alla fine della Triennale questa percezione manca proprio del tutto, brutto segno.

Questo mi pare fondamentale. Anche perché, tu magari no, come molti altri, ma altrettanti studenti della triennale e dei nuovi ordinamenti in genere, arrivano anche alla laurea magistrale, perdonami il termine, come dei "bimbi", scientificamente parlando. Ancora bisognosi di chissà quale supporto, di imparare chissà che cosa. Beninteso, non si smette mai di imparare, e teoricamente e soprattutto praticamente, ma le basi... quelle dovrebbero già essere acquisite da un po', così come una certa autonomia scientifica, critica, ecc. Se scegli un settore (relativamente limitato ovviamente), tu sei (e devi essere) l'esperto. Non il tuo professore, non il tuo tutor, nemmeno il tuo datore di lavoro, tu e solo tu. Comporta una certa responsabilità, di cui ci si deve far carico (c'è di peggio). E poi umiltà ma fermezza nel confrontarsi con la (e nella) comunità scientifica.

Al di là di questo, che attiene ancora (ma non solo) alla formazione/carriera accademica soprattutto (comunque preclusa più che mai, tanto quanto gli altri sbocchi e di più), personalmente appoggio l'idea di andarsene. Prima o poi è probabile che dovrai farlo, se non per sempre almeno temporaneamente. Se decidi di continuare, se non sarà ora sarà dopo la magistrale, o dopo la scuola di specializzazione se deciderai di continuare oltre la laurea. Inoltre, inutile nascondersi dietro un dito, la situazione economica di base tua o familiare conta, c'è poco da fare. Per continuare ad accumulare probabili inutili titoli, tuttavia spesso necessari; per partecipare a scavi non pagati ma ai quali non potresti partecipare altrimenti (in genere scavi universitari all'estero, soprattutto se non ti occupi di archeologia italiana. Magari poco utili, inutili, o dannosi a seconda, rispetto all'archeologia urbana e di cantiere e al mondo lavorativo, ma indispensabili se invece tenti la strada accademica - altra scelta che prima o poi ti toccherà fare), e via discorrendo.

La situazione non è rosea, lo sai da te mi pare. Era così anche quando ti sei iscritto all'università. Non era troppo diversa nemmeno quando mi sono iscritto io. Il futuro in realtà faceva meglio sperare, qualche spiraglio ancora si intravedeva, ma mentre procedevano gli studi la situazione è andata peggiorando, e al conseguimento della laurea era del tutto identica a quella attuale. La decisione non può che essere tua, e non so quanto possa realmente contare in questo quel che ognuno di noi può dire. Si tratta d'altro canto né più né meno che di esperienze personali. Se ci fosse qui qualcuno che dalla laurea è passato attraverso tutta la trafila alla cattedra, o anche solo al posto di ricercatore o di prof. associato, ti direbbe probabilmente che sì, è dura (lo dicono tutti indipendentemente dal fatto che lo sia stato di più o di meno, con o senza raccomandazioni), ma se ti impegni... Chi invece è finito a fare tutt'altro magari ti dirà che non ne vale la pena a meno che tu non lo faccia per pura cultura personale. E così via. Alla fine rimarrai sempre solo tu con i tuoi dubbi di fronte alla scelta.

Per quanto riguarda il volontariato, bisogna sempre intendersi su che tipo di volontariato. Ci sono i volontari della croce rossa, però non svolgono il lavoro degli infermieri specializzati come hai giustamente sottolineato, e tanto meno operano in chirurgia.
 
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view post Posted on 12/7/2016, 08:53

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CITAZIONE (§Karl§ @ 12/7/2016, 00:15) 
Per quanto riguarda il volontariato, bisogna sempre intendersi su che tipo di volontariato.

Vi sto trascinando in offtopic, scusatemene.
Qualunque tipo di Volontariato fa bene all'Archeologia, alla sola condizione che sia ... volontario (non retribuito e non estorto).

Qualunque paletto o limitazione contro al vero Volontariato Archeologico (insisto: quello del tutto non retribuito, anzi magari quello che si autotassa per spirito partecipativo, ma escluse forme di estorsione di prestazioni gratuite a titolo di praticantato o simili) danneggia le speranze di crescita dell'Archeologia e nella mia personalissima interpretazione non è altro che un deficit di autocoscienza rispetto alla domada fondamentale "io Archeologo cosa so fare di concretamente utile per la Collettività?".
Detto brutalmente: i colleghi (non dico su questo Forum, ma in generale) i quali più accanitamente se la prendono contro i Volontari mi danno l'impressione di essere portatori di un retropensiero inquietante, quello che in fondo il loro ruolo sociele è insussistente e ciò che essi si propongono per fare di mestiere tutto sommato lo saprebbe fare chiunque con un minimo di passione e di pratica. Naturalmente ciò non è vero, ma il fatto che si tema tanto il Volontariato è un segno preoccupante di sensazione di inadeguatezza scientifica. Se non fosse così non ci sarebbe bisogno di marcare la differenza: essa apparirebbe chiara da sè.

Comunque se qui su questo Forum (ed in particolare in questa discussione nella quale parliamo di sbocchi lavorativi) la preoccupazione -come io mi immagino- fosse quella più concreta che il Volontariato rischia di ingiustamente togliere opportunità di lavoro a chi fa l'Archeologo per vivere (e magari di sminuirne il prestigio), vi posso tranquillizzare assicurandovi per pluridecennale esperienza che non è affatto così, anzi al contrario: dove c'è vero Volontariato (quello che non si fa pagare, anzi magari si autotassa e lo fa per convincimento e non costretto) le opportunità di lavoro vero ed il prestigio sociale in campo archeologico non si riducono, ma si moltiplicano.
 
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Balak
view post Posted on 5/10/2016, 10:42




Scusate se rispondo solo adesso

CITAZIONE
Anche perché, tu magari no, come molti altri, ma altrettanti studenti della triennale e dei nuovi ordinamenti in genere, arrivano anche alla laurea magistrale, perdonami il termine, come dei "bimbi", scientificamente parlando. Ancora bisognosi di chissà quale supporto, di imparare chissà che cosa.

Su questo hai sicuramente ragione. Sinceramente sto imparando molto di più grazie alla tesi che grazie ai corsi. Sarà forse un problema della mia università , dato che da quello che vedo anche i miei colleghi si sentono allo stesso modo, se non per 1-2 che anche a mio avviso sono molto più preparati degli altri e sono spesso impegnati con corsi extrauniversitari. (anche se ovviamente le colpe sono anche di noi studenti, senza dubbio..).

Al di là di questo ho ormai deciso di accantonare l'archeologia e provare a fare altro, che lavorativamente possa essere più gratificante. Purtroppo non me la sento di affrontare altri 4 anni (specialistica+specializzazione) con una situazione, difficile, com'è quella di oggi.

Tornando al discorso del volontariato penso di aver chiarito come non io non sia contrario, sono contrario però al fatto che spesso il volontario si ritrovi a svolgere lavori o compiti che spetterebbero a persone più competenti. Nonostante la grande quantità di volontari io non vedo tutte queste opportunità lavorative moltiplicate, purtroppo...
 
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16 replies since 9/7/2016, 13:35   4522 views
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