Scusami lama, se spezzetto il tuo intervento, saltando un po di palo in frasca, ma mi pare che grazie a queste tue considerazioni riesca a rispondere in modo "sintetico"
ai complessi problemi che ponete sia tu, che massinissa.
CITAZIONE
Personalmente, ribadisco, mi trovo a dubitare che le popolazioni europee avessero il livello di sviluppo socio-culturale necessario a fare questo passo ideologico prima dell'età del ferro (o eventualmente nella tarda età del bronzo, su questo si può discutere - ma di certo non all'epoca del campaniforme).
E ribadiscono, mi domando se nel caso dell'europa di questi periodi non avrebbe più senso cercare di analizzare la situazione sulla base di altri modelli identitari, come appunto quello che citavo basati su "attività" specifiche.
capisco che ognuno cerchi di inquadrae il problema facendo appello al caso storico meglio conosciuto, ma il parallelo e l'impostazione che ne discende con l'Egitto mi rende perplesso.
L'egitto in questo caso aumenta le difficoltà più che risolvere problemi, perchè implicitamente si propone a modello un paradigma inarrivabile per le popolazioni europee dell'età del bronzo. Non possiamo misurare l'ideologia di clan e tribù preistorici occidentali col metro della sofisticata cultura dell'egitto faraonico, e persino, ritengo, dell'egitto pre-dinastico. Tuttavia se anche gli europei occidentali non arrivarono a tale grado di cultura ciò non significa che non giunsero mai ad elaborare delle loro identità etnico culturali attraverso la religione.
i paragoni più adatti dal punto di vista antropologico, per vari motivi, dovremmo andare a ricercarli in formazioni sociali come quelle melanesiane o degli chiefdom delle Hawaii,e cmq ci sono sono anche esempi africani utilizzabili, perchè non sempre le divisioni tribali sono state indotte dagli europei su modello "Hutu-Tutsi" (se questo hai in mente come esempio).
Inoltre anche riferirsi alle popolazioni europee preistoriche in modo indistinto complica il discorso più che facilitarlo.
Dovremmo considerare il diverso grado di strutturazione delle varie culture europee occidentali. Quando uso la parola strutturazione la riferisco alla strutturazione territoriale. Questo è il presupposto necessario anche se talvolta non sufficiente, per almeno ipotizzare una qualche identità etnica.
ad esempio, la presenza e l'uso in continuità temporale dei monumenti funerari, sono elementi importanti per la creazione e la riproduzione di una identità sociale. Questo vale soprattutto per i discendenti delle persone sepolte, i quali, nell'atto dell'iunmazione o della incinerizione dei loro morti presso tali luoghi, rifondano il radicamento della loro comunità nel territorio, lo consacrano, creando dunque una sorta di medium volto a destare senso di identità e di appartenenza. Con il passare del tempo, e magari l'aggiunta di opere monumentali volte allo sfruttamento, al controllo, e in generrale all'organizzione del territorio, questo vien modificato progressivamente sino a trasfigurarsi in una sorta di "paesaggio mitico", il quale a sua volta, ingenera negli individui altro senso di appartenenza e d'identità.
In base alle mie letture e a queste considerazioni secondo me dunque sbagli a impostare il discorso dell'etnicità sulla base del confronto-opposizione "noi-loro"; per me infatti, la creazione di una identità si basa essenzialmente sulla creazione di tale senso di appartenenza che può anche coinvolgere individui o interi gruppi di origine differenti. A questo senso di appartenenza si aggiungono i legami di sangue lingua, i costumi, le idee religiose, che però, dal punto, di vista individuale non sono elementi indispensabili affinchè un individuo possa identificarsi in una comunità o affinchè una comunità ritenga che, nel momento del decesso, quella data persona gli appartenga. Successivamente ancora, può crearsi la dialettica tra il "noi e il loro" da te menzionata. ma è un momento affatto eventuale dal mio punto di vista.
Ovvero: nonm è ovviamente eventuale che una comunità si relazioni con altrre comunità. è eventuale e non necessario che elabori una propria identità basandola sulle differenze e i relativi giudizii di valore o disvalore rispetto alle altre comunità.
nell'europa preistorica c'è tutto questo? in certe zone e in certi periodi sì. in altre zone e altri periodi no. Ad esempio nell'europa del nord durante il bronzo medio, quando le sepolture sono rappresentate dai "barrow" le comunità sembrano poco strutturate sul territorio gli stessi barrow sono sporadici e non hanno grande continuità d'uso. Ciò fa propendere per comunità aperte e poco strutturate, con un alto grado di mobilità territoriale e dunque con una identità etnica e di gruppo più labile o fluida. Viceversa quando più tardi si affermano i campi d'urne ne bronzo recente tali comunità diventano più strutturate territorialmente. E' evidente da vari indizi. quando questo si realizza un senso di appartenenza comunitario già esiste, si crea un legame intergenerazionale col territorio e la fondazione di una vera e propria comunità che svilupperà col tempo cultura religiosa, morale, comune e dunque, un identità sociale e di sangue, pertanto anche etnica. Poco importa se poi questa comunità fosse "chiusa" e in opposizione adl altri, o "aperta" perchè infine poteva benissimo entrambe le cose. Ciò che importa è che fosse una comunità culturale permanente che potesse legare a se gli individui da essa stessa nati o caso mai inglobare individui e gruppi estranei.
in base a quanto appena detto dunque non mi trovo d'accordo quando dici:
CITAZIONE
Personalmente, ribadisco, mi trovo a dubitare che le popolazioni europee avessero il livello di sviluppo socio-culturale necessario a fare questo passo ideologico prima dell'età del ferro (o eventualmente nella tarda età del bronzo, su questo si può discutere - ma di certo non all'epoca del campaniforme).
meglio dire che per parte del campaniforme ciò non si realizzò, ma che un esempio significativo del campaniforme conme questo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Los_Millaresprobabilmente ci andò molto vicino; per me è assai probabile che in quella comunità ci fosse una grande stratificazione sociale, un forte senso comunitario sviluppato anche dalle esigenze di difesa e guerra. Successivamente si può estendere lo stesso discorso alla cultura di el Argar.
sempre partendo dalle premesse di sopra mi trovo in disaccordo con quanto sotto:
CITAZIONE
il fatto che i sardi dell'età del ferro cerchino di "elaborare una loro identità culturale in linea di continuità con l'età del bronzo" non dimostra assolutamente che tale identità fosse già presente in modo "formato" e "cosciente", diciamo, nell'età del bronzo. Anzi.
In effetti, la "rielaborazione" e la "creazione" del passato, di un passato "ideologico" su cui appoggiarsi è proprio uno dei modi in cui si costruisce un'identità etnica
la cultura nuragica, era una delle più strutturate del bronzo medio nel panorama europeo. Secondo me le tombe dei giganti e la oro riproduzione su tuta l'isola sostanziano e provano quanto detto sopra circa i monumenti funebri come prova di elaborazione di una identità comunitaria ed etnica. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che marchino il territorio con un simbolo stereotipato. in aggiunta alle tombe ci sono poi i pozzi sacri e i nuraghi. la rielaborazione dell'identità avviene quando vengono fondati i santuari e i centri proto-urbani già nel 1200 a.C. in seguito ad una rivoluzione dellò'assetto territoriale e dunque anche sociale. A me pare pacifico come la nuova identità del bronzo finale e del primo ferro, si fondasse, proprio in senso identitario, sulla precedente del bronzo medio. A differenza del caso miceneo-greco, pr il nuragico, non c'è nppure una dark age di mezzo.
per l'Italia (così rispondo a Massinissa):
Sulla base di quanto detto sopra non a caso ho fatto l'esempio delle terramare (ma non sottovaluterei neppure il caso della puglia e della regione veneta). Tuttavia tu di queste regioni senz'altro sai più di me.
CITAZIONE
proprio perchè se è vero che alcune forme culturali (se così si possono chiamare) come le terremare, che in verità sono modi di abitare il territorio, collassano (anche se collassare da l'idea di qualcosa di improvviso, e forse non lo è nel tempo quotidiano), altre forme embrionali si notano eccome alla fine dell'età del bronzo. Vero che Sanniti e Piceni trassero i loro nomi da pratiche cultuali e sacre, ma la loro formazione linguistica, etnica, culturale e materiale era già presente, ma appunto nel successivo iato temporale.
sei troppo riduttivo credo quando definisci le terramre semplici modi di abitare nel territorio.
Comunque, ho utilizzato il termine "collasso (?)", perchè leggo di un simultaneo abbandono delle terramare emiliane; un simultaneo e totale abbandono che tutt'oggi non è ancora spiegato. Che questa situazione sia determinata da un lungo processo piuttosto che da una fine improvvisa, qui non interessa credo. Sembra la fine di un "sistema" organizzato per il controllo del territorio, fatto di villaggi disposti a raggera in modo strategico e consapevole.
Questo in base alle tue conoscenze è corretto?
Sino a non molto tempo fa, le terramare - secondo un antica definizione - venivan viste come una "cultura comunista" paritaria ed egualitaria. Fatto salvo il fatto che, proprio l'archeologia e l'antropologia han dimostrato come la gerarchizzazione sociale non sia un fattore indispensabile ai fini dell'identità etnica, la scoperta della necropoli di Casinalbo è riuscita a rivoluzionare la conoscenza di questa cultura contraddicendo quanto finora detto. all'interno di quelle società il ceto guerriero aveva un ruolo predominante come nel resto d'Europa. ma proprio la necropoli in se è quella che ci parla di una comunità abbastanza strutturata territorialmente, e ingrado di creare un rapporto intergenerazionale col territorio, che a sua volta è sintomo di identità etnica. difficile pensare che non avesse sviluppato una appartenenza etnica o comunitaria, a mio modesto modo di vedere e considerare.
e qui, prendendo le mosse dalla menzione del ceto guerriero delle terramare devo ri-contraddire Lama.
CITAZIONE
(e qui no, dedalo, non mi trovo d'accordo con te: la "guerra" non fa le etnie - ci si può fare la guerra anche senza ritenersi "etnicamente diversi", anche senza avere qualunque concetto di "etnia")
Mi sorprende questa affermazione. perchè proprio la duialettica "noi-loro" è fondata sul confronto politico e militare. e questo non vale solo per le società iperstratificate come l'egitto. ma pure lper le tribù, i clan, le comunità basate sullo chiefdom, che queste si confrontino o meno con realtà superiori od uguali.
a grandissime linee in due modi la "guerra" contribuisce alla nascita ed elaborazione di identità etniche:
1) la guerra può rivestire il ruolo di incubatrice e di madre della comunità in se. Storicamente sono documentate ad esempio le fusioni di bande di mercenari inuna nuova comunità, la quale a sua volta può dar luogo ad una nuova etnia (dipende se tali bande si strutturano o meno).
2) la guerra è il presupposto attraverso cui si creano quelle strutture sociali che a loro volta elaborano e fissano l'identità etnica. la quale è essenzialmente (anche se non esclusivamente) una elaborazione del ceto guerriero. in varie tribù di varie zone del modno è proprio l'ingresso dell'individuo nella cerchia dei guerrieri a farlo diventare uomo, cioè menbro della comunità. Può accadere che sia la classe guerriera la portarice di quei segreti religiosi che infne legano culturalmente l'individuo alla società imponendogli doveri e garantedogli i diritti di tale status.
E' attraverso il ceto guerriero che passano tutte le tensioni della dialettica "noi-loro". Ovviamente questa dialettica assume innumerevoli sfacettature. non è detto che un ceto guerriero elabori per forza di cose una visione xenofoba, tanto per dire. Non è detto che al ceto guerriero si possa accedere solo per ragioni di sangue o di ceto. Ma comunque sia, e giusto per fare esempi, elabora il concetto di "grande uomo" del capo militare, che incarna le possibilitàò di sopravvivenza della comuità e l'ordine sociale. oppure elabora la guerra cannibalica nella quale il "loro" diventa un corpo di cui appropriarsi per motivi religiosi. Avevo letto di un popolo mesoamericano che aveva come unica motivazione ed obiettivo delle spedizioni a lungo raggio, proprio l'antropofogia: è un modo per rapportarsi all'altro.
Cero che poi la guerra a scopo di razzia non presuppone affatto una contrapposizione in senso etnico. ma può favorire tale contrapposizione soprattutto se le razzie si ripetono nel tempo.
per le culture europee dell'età del bronzo caratterizzate dalla presenza di un ceto guerriero, da una forte strutturazione sociale, magari da contatti transmarini, non si può non prendere inconsiderazione il ruolo dello stesso ceto guerriero nell'elaborazione nella fondazione di una identità etnica. Così è per la Sardegna, alcune zone d'Italia,tra cui il veneto e la puglia, la sicilia con il centro di thapsos.
Edited by DedaloNur - 13/6/2012, 11:30