CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 13/1/2021, 07:35)
. . . ma non avete anche voi (...) l'impressione che possa forse riflettere un orizzonte culturale un tantino più antico di quello che si dice?
A questa possibilità, confesso, avevo pensato inizialmente anch'io; la mia è stata una sensazione "a pelle", dovuta più che altro alla paleografia, che tuttavia non può essere considerata dirimente ai fini di una datazione, ma solo orientativa. Quello che mi sentirei di escludere, ovviamente, è la possibilità di un prodotto locale, dal momento che il greco caratterizza appunto le iscrizioni delle province orientali dell'Impero.
Vado a memoria, ma credo che le apicature in sé si trovino sia in età ellenistica sia in età romana, quindi non è detto che aiutino più di quel tanto. Magari anche qualche considerazione generale sulla forma delle lettere potrebbe contribuire a restringere il cerchio (l'omicron, ad esempio, in età ellenistica me lo ricordavo in genere più piccolo delle altre lettere, ma anche in questo caso non credo si tratti di una regola ferrea...). La presenza dello iota finale nel dativo credo invece che si mantenga anche in periodo romano (in età ellenistica c'è di sicuro): non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra di ricordare che lo iota sottoscritto nel caso dativo singolare (che ancora oggi troviamo sui testi a stampa) sia stato introdotto come convenzione grafica in età bizantina.
Sono più interessato alla tipologia dell'iscrizione e delle corone, su cui non ho mai avuto occasione di lavorare. Meriterebbe ricontrollare i volumi della Guarducci, per vedere cosa dica lei sulle iscrizioni onorarie (e questo potrei provare a farlo anche io, con un po' di tempo). Credo comunque che la pratica di onorare pubblicamente un privato cittadino da parte del Demos sia, ancora una volta, un fenomeno che inizia in età ellenistica e va intensificandosi in età imperiale, soprattutto nei confronti dei benefattori delle singole città (ho studiato qualcosa proprio sull'evergetismo in Asia Minore e Grecia in età imperiale nell'ambito del corso di Archeologia delle Province romane). Non so se esistano, invece, differenti tipi di corone, cui vadano associati diversi significati.
Inoltre c'è la formula onomastica che è molto particolare, e scarna direi. In Attica, in età classica, nome proprio, patronimico e demotico costituiscono la tipica formula presente sulla gran parte dei monumenti funerari. Qui c'è una leggera differenza, in quanto non si indica il luogo di origine del soggetto, ma si ricostruisce la sua genealogia fino al padre del padre (cioè il nonno di Demetrio). Senza sapere di dove fosse, una ricerca prosopografica non è certo semplice, ma forse, se uno avesse tempo e voglia, potrebbe "divertirsi" a fare qualche ricerca nel sito del Packhard Institute, per verificare se magari esista una qualche corrispondenza (o se siano attestate altre iscrizioni di questo tipo per la provincia d'Asia).
Infine, sulla questione della proprietaria che la riutilizza nella stalla senza accorgersi delle iscrizioni e delle decorazioni... beh, un po' strano è, ma tutto può essere. Non dico tanto le foglie delle corone (che infatti sono state l'elemento che ha fatto scattare il dubbio), ma i solchi dell'epigrafe, più leggeri, una volta riempiti di terra potrebbero esser stati effettivamente invisibili. Fra l'altro, si vede bene un alone più chiaro in corrispondenza della corona di sinistra, che mi fa pensare a una possibile pulizia locale della superficie per appurare la natura della decorazione. Insomma, non voglio dubitare della buona fede di questa persona, e quindi non escludo che davvero il reperto possa essere giunto in passato in Inghilterra da una ignota regione del Mediterraneo orientale, dove forse poteva essere già stato tagliato e reimpiegato come materiale da costruzione.