Il termine
placenta significa in latino focaccia,
lamina lo stesso che in italiano. Da
placenta deriva il tedesco
Palatschinken tramite il rumeno
placinta , il ceco
palačinka e l'ungherese
palacsinta; da
lamina il francese
omelett.
Fine della prefazione linguistica.Entrambi i termini indicano una vivanda a base di uova, latte e farina (in Francia propriamente le omelettes non hanno farina, sono quindi delle frittate) farcita con composti dolci o salati.
Ieri qui ha nevicato tutto il giorno e tanto per consolarmi ho fatto i Palatschinken (si pronuncia
palacinchen), un ricordo di infanzia di cui sono ghiotto (Beh, non solo di quelli
).
La ricetta è semplice:
Uova
Farina
Latte
Zucchero
Sale
Burro
Marmellata
Stavolta non vi so dare le dosi
: è come la sedia che zoppica a cui si taglia via via un pezzetto di ogni gamba sino che non zoppica più. Il vantaggio è che mentre a furia di correzioni la sedia diventa uno sgabello, i Palatschinken alla fine sono più del previsto: pazienza, io ho un notevole spirito di sacrificio
Ho cominciando mettendo nella sbattitice quattro uova intere, un pizzico abbondante di sale, zucchero (se si vogliono con ripieno salato lo si tralascia), ma non troppo, circa due cucchiaini per uovo. Al posto della farina preferisco usare fecola di mais, che rende il sapore più delicato, ne avevo a casa circa 100 g, ho dovuto quindi usare per le "correzioni" farina di frumento, ad occhi altri 100 grammi. Latte,circa 150 o 200 ml nonché tre o quattro cucchiai da tavola di burro fuso (rende il risultato più saporito ed evita che le calorie siano troppo poche
). Importante è ottenere una pasta fluida ma cremosa, omogenea, senza grumi. Quando è pronta la si lascia riposare, meglio un'oretta, al fresco, la fecola o la farina si gonfiano e il risultato è garantito.
Con queste dosi ne ho fatte 32 (si conservano bene qualche giorno in frigorifero in un recipiente chiuso, mia sorella le surgela senza ripieno e le ha sempre a disposizione per quando vengono i nipoti o il fratello)
Si cuociono in una padella con poco burro badando che siano molto sottili e dorate ma non troppo cotte. Io uso un arnese di alta tecnologia che garantisce un risultato sicuro: si tratta di una "padella inversa", cioè un arnese composto da un cilindro metallico alto circa 5 cm e con un diametro di una ventina, munito di manico e contenente una resistenza elettrica, la superficie superiore, rivestita di teflon è bombata. Insomma, tanto per restare in materia un po' come una patera non ombelicata capovolta
Quest'arnese viene immerso rapidamente nella pastella che è stata versata in un piatto di dimensioni adeguate. La pastella aderisce alla superficie, cuoce e dopo uno o due minuti con una paletta di legno si gira la "frittata", quando è cotta da entrambi i lati la si passa in un piatto e la si farcisce, quindi si arrotola (o piega in quattro) - io preferisco la versione arrotolata - e si dispone in un piatto spolverandola di zucchero al velo.
La situazione ideale è essere in due: uno cucina e l'altro (o altra) mangia
. Sono ottimi però anche riscaldati a microonde. Ieri e oggi ne abbiamo mangiati cinque a testa per cena.
Per il ripieno io sono assai tradizionalista: marmellata di albicocche (per 30 pezzi ne va poco meno di mezzo chilo), ma è possibile tutto: crema di noci, gelato, marmellate varie.