Ostraka - Forum di archeologia

Riscoperte le maschere dei Fenici

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 1/2/2011, 23:48
Avatar

Member

Group:
Member
Posts:
839

Status:


http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/...L3PO_SL301.html
Riscoperte le maschere dei Fenici
Cagliari, il nuovo soprintendente rilancia un tesoro archeologico finito in magazzino
Nel corredo anche busti e pregevoli sculture di animali


CAGLIARI. Il soprintendente ai beni archeologici di Cagliari e Oristano, Marco Minoja, viene da Milano, è un esperto di archeologia italica preromana, conosceva tutto, ovviamente, dell’importanza dell’archeologia sarda, ma non ha potuto fare a meno di entusiasmarsi davanti alle teste votive di argilla trovate dal suo lontano predecessore Filippo Vivanet nel 1891 sotto i 70 centimetri d’acqua dello stagno di Santa Gilla, sponda di Elmas. Le cinque teste delle fotografie qui accanto fanno parte del prezioso rinvenimento e non sono mai state esposte in pubblico.
Nel corredo non ci sono soltanto teste: anche piccole mani di bambino, piedi di adulti, busti e pregevoli animali, tutti prodotti tra il IV e il III secolo avanti Cristo, prima che Roma penetrasse in buona parte dell’isola. Alcune di queste testimonianze arricchiscono il museo archeologico nazionale di Cagliari, il resto è nei magazzini, assieme a quelle qui accanto fotografate dalla Nuova. L’intero ritrovamento è conosciuto soltanto dai dipendenti della soprintendenza, come Cinzia Ventimiglia, che custodiscono i reperti imballati a uno a uno nel deposito, e dagli studiosi che hanno consultato Sabatino Moscati e Giuseppe Nieddu. Questi pubblicarono lavori con le foto di tutti e quarantadue i reperti punici tirati fuori nel corso di uno scavo che, a sua volta, merita una sottolineatura. Lo spiega la direttrice del museo nazionale cagliaritano, Donatella Salvi: quello scavo nell’acqua fu un’invenzione di Vivanet e di fatto resta il primo «umido» di tutta l’archeologia subacquea italiana. Vivanet era un architetto e progettò un sistema di vani di legno che, in parole povere, tratteneva l’acqua e permetteva agli archeologi di scavare nel fango. Tornando alle teste di argilla, Minoja, col completo appoggio di Salvi, sostiene due cose: la prima è che questo corredo fittile debba essere ripreso e studiato perché consegnerà molte informazioni da aggiungere alla storia dell’isola in epoca punica; la seconda è che si può cominciare a valorizzare subito i pezzi con un diverso allestimento nel museo archeologico.
Minoja: «È importante tornare su questo materiale, poco studiato, perché si tratta di manufatti che recepiscono chiaramente l’influenza dell’arte greca e italica, ma presentano particolarità locali che vanno capite e approfondite.
Vorrei approfittare del progetto di riallestimento del museo nazionale archeologico per promuovere una ricerca su questi reperti che, assieme ad altri, come quelli del frontone del tempio di Antas a Iglesias, suggeriscono di spingere per uno studio sulle terracotte in Sardegna». Lo staff della soprintendenza e alcuni archeologi liberi professionisti hanno già definito le novità della nuova impostazione nell’allestimento del museo nazionale, che incontra un primo ostacolo negli spazi: belli, razionali, però molto angusti.
Dunque, le terracotte di Santa Gilla: sono votive, fatte di argilla, trovate nella zona di Su Mògoru disperse nel fango ma collocate entro le tracce di un ipotetico recinto formato da palizzate di legno (forse un deposito scivolato lentamente nella laguna), poco lontano da una prateria di anfore. Queste, una volta recuperate, sono state mostrate tante volte al pubblico. Una sorte diversa, invece, è toccata alle teste fittili: al museo ne sono esposte due, femminili, di particolare bellezza, le teste di grifo, coccodrillo e un molosso, mani, piedi e busti, accanto a teste sempre di epoca punica rinvenute nel porto di Cagliari, nel 1936 e poi negli anni Novanta.
Il resto, però, è in cantina, con tutti gli interrogativi che gli studiosi hanno sollevato nel tempo. Si tratta sicuramente di oggetti votivi, ma da nessuna parte attorno allo stagno è stato trovato un luogo di culto. Donatella Salvi: «Mi sono formata l’opinione che tutt’attorno a Santa Gilla ci fossero botteghe di ceramisti e i reperti del 1891 potrebbero essere quel che restava di un luogo di deposito di ex voto, una situazione trovata di frequente, per esempio nei luoghi di culto ellenistici. L’argilla con cui sono fatte è locale ed è di ottima qualità per elasticità e resa nella cottura ed è per questo che oltre le teste ci sono oggetti di uso domestico come anfore, ciotole, ecc. Nella necropoli punica di Tuvixeddu, nel 1997, abbiamo trovato tombe intatte: dentro, ceramiche senza riscontri in altre zone d’Italia. Con Carlo Tronchetti le abbiamo catalogate come Cagliari 1. Qui, e soltanto qui, in Italia, si trovano i motivi e le forme dei manufatti di ceramica a vernice nera di origine campana, e in genere tirrenica, realizzati invece in una vernice rosso chiaro con l’argilla di Santa Gilla. Attorno allo stagno di Santa Gilla, in via Brenta, via Po, via Campo Scipione abbiamo scoperto le matrici di tante forme (soprattutto piccoli animali) e poi case ampie e botteghe. In via Brenta nel 1986 rinvenimmo le vasche di decantazione dell’argilla». Quasi due secoli prima dell’arrivo dei romani, i ceramisti cagliaritani modellavano teste di perfetto gusto ellenizzante: «Possiamo affermare certamente che questi reperti abbiano un legame con quelle tipologie - commenta Salvi -, è interessante notare che il mondo punico non ha rappresentazioni umane fino all’ellenizzazione. Annibale si ispira ad Alessandro, i leader punici si vestono di gusto ellenistico, come i successori del Macedone. Non c’è dubbio che tutto il materiale vada ristudiato e valorizzato, anche in relazione ai ritrovamenti nel porto. La testa di Mercurio rinvenuta dalla Marina militare si lega all’Ercole di Olbia e alla dama di Nora per un elemento che ritorna: un foro nella testa. E perché nei porti? Un altro punto di partenza per studiare le teste fittili è rifare l’analisi dell’argilla. E poi andare avanti con gli scavi. Negli anni ’80 Momo Zucca, Giuseppe Nieddu e Nicola Porcu trovarono altre teste in un punto diverso da Su Mògoru e ipotizzarono la possibilità di ulteriori ritrovamenti. Finora si è scavato dove era necessario fare canali e altre opere, ma la laguna è grande e non è proprio detto che le botteghe fossero soltanto dove sono stati trovati reperti nel 1891 e alla fine degli anni Ottanta».
 
Top
0 replies since 1/2/2011, 23:48   253 views
  Share