| domanda interessante e complessa..
la risposta è si, certamente le lingue pre-latine hanno influenzato in qualche modo la pronuncia del latino e la sua evoluzione, però da un lato non è sempre evidente capire cosa è influenza precedente al latino e cosa è influenza successiva al latino (per esempio, dovuta alla dominazione longobarda), e soprattutto non necessarriamente un'inflessione presente oggi è il riflesso diretto di una caratteristica presente 2000 anni fa, ma potrebbe esserne una sua conseguenza indiretta, cioè la caratteristica presente 2000 anni fa potrebbe aver scatenato un processo evolutivo/adattativo nel latino (una specie di effetto cascata) che dopo 2 millenni ha dato origine alla caratteristica di oggi.
ti faccio qualche esempio, prendendo la situazione della svizzera italiana (canton Ticino) e del nord italia, che mi è più familiare.
I dialetti Ticinesi e lombardi hanno un sistema vocalico estremamente complesso: oltre alle 7 vocali dell'italiano standard (a é è i ó ò u ; la u nella mia variante in realtà è quasi una forma intermedia tra o e u), abbiamo anche delle vocali turbate (ü, ö1, ö2) e hanno la distinzione tra vocali lunghe e vocali brevi, che ha, seppur limitatamente, valore morfologico (p.es. mangià con à breve = mangiare, mangiâ con â lunga = mangiato). A queste si possono aggiungere due semivocali, "j" e "w", e alcune vocali intermedie (per esempio nella mia pronuncia di "cartella", la mia "e" non è né aperta, né chiusa, è a metà) che però non sono significative a livello di significato.
quindi tra lunghe e brevi, e senza contare i dittonghi, un totale di 20 vocali e 2 semivocali.
Di più: la natura della vocale non è sempre lo stesso, ma può cambiare cambiando la posizione dell'accento. qualcosa di simile accade anche in italiano standard, per esempio nei verbi (vedi per esempio l'oscilalzione tra uo/o in "muòre" / "moriàmo", oppure "viene"/"veniamo"), ma nella mia variante di Ticinese (non posso dire se anche negli altri dialetti) è sistematico: pè = piede / peshìn (con é chiusa) "piedino", fjöö "figlio" / fiurìt "figliolo", "bambino" A livello di accento, come il francese il ticinese tende a perdere le vocali finali non accentate, tranne la "a" (per esempio: it. muro = ticinese müür, cani = can, cuore = cöör, ma donna = dòna)
Chiaramente un sistema vocalico del genere, così complesso, non ha molto a che fare con il latino. Analizziamone una caratteristica alla volta.
Per quello che riguarda l'alto numero, e la tipologia delle vocali di base (non però la distinzione fra lunghe e brevi!) si trova un sistema decisamente comparabile in francese, e poi si trovano dei sistemi vocalici complessi nelle lingue celtiche (irlandese, gallese, bretone) e in inglese. Ora, considerando che sia la francia, sia l'inghilterra, sia il nord italia in epoca pre-latina erano territori celtici, e considerando che questo tipo di vocali si trova ancora nelle lingue celtiche esistenti, è verosimile pensare le ö1, ö2 e ü sono, in un modo o in un altro (non necessariamente direttamente) un'eredità lasciataci dai galli, leponti e compagnia bella. Conferma di ciò viene dal dialetto veneto, che di fatto è strutturalmente un dialetto lombardo, ma ha le stesse vocali dell'italiano. E infatti l'occupazione celtica è stata probabilmente un fenomeno relativamente marginale in territorio veneto.
Per quanto riguarda la distinzione tra vocali lunghe e vocali brevi, il discorso la cosa diventa già meno chiara. Di fatto la maggior parte se non la totalità delle lingue neolatine (italiano e dialetto romano compreso, mi sembra) non distingue tra vocali lunghe e vocali brevi. Tuttavia noi sabbiamo che il latino la distinzione c'era ed era importante. Ora, perchè i dialetti lombardi hanno la distinzione, mentre le altre no? due possibilità: o l'hanno persa come le altre lingue neolatine e poi l'hanno riacquistata in un secondo tempo, oppure sono l'unica lingua ad averla preservata direttamente dal latino (e allora bisogna chiedersi perchè, e se si vuole spigarla con un'influenza delle lingue pre-latine, bisogna spiegare perchè il lombardo ce l'ha, e il francese no). Difficile trovare una risposta, comunque guardando bene, si nota che almeno parte delle vocali lunghe del lombardo possono essere spiegate in base a fenomeni fonetici e grammaticali che si modellano sulla struttura del lombardo stesso, non su quella del latino (per esempio, la vocale diventa lunga in fine di parola quando era seguita da una "d" caduta, per esempio mangiàa < mangiàd, cf femminile "mangiada"). Chiaro che almeno queste vocali lunghe non sono un'eredità diretta dal latino, ma sono un fenomeno interno al lombardo stesso. Però il fatto che "quando una "d" in fine di parola la vocale precedente si allunga" potrebbe essere un qualche tipo di riflesso delle vocali lunghe latine, o potrebbe essere un qualche tipo di riflesso di qualche fenomeno fonetico delle lingue celtiche.
Il discorso dell'oscillazione fra le vocali, invece, è un fenomeno comune a molte lingue neolatine (come abbiamo detto qualcosa di simile c'è anche in italiano standard), però chiaramente un fenomeno post-latino, cioè sappiamo che in latino non c'era (di sicuro non c'era l'oscillazione o/uo, magari c'era un'oscillazione fra ó/ò non marcata nella scrittura), e sabbiamo che compare, per lo meno in italiano, nel medioevo. Ora però, considerando che questo tipo di oscillazione vocalica è comune nelle lingue germaniche, ci si potrebbe domandare se la sua apparizione nelle lingue romanze non sia in qualche modo un riflesso dell'influenza dei popoli barbari, e dei longobardi nel caso specifico. Potrebbe essere, come potrebbe anche trattarsi di una somiglianza casuale, e di un fenomeno creatosi in maniera del tutto autonoma. Ora come ora, personalmente non so dare una risposta (sarebbe interessante studiare un po' meglio le caratteristiche dei vari dialetti barbarici, e sarebbe bello sapere se anche le lingue neolatine dei territori non occupati da popoli germanici presentano gli stessi fenomeni di oscillazione)
Infine, la scomparsa della vocale finale atona. Il fenomeno è presente in lombardo, e anche in francese e in catalano. Inoltre, è anche evidente in inglese. Si potrebbe quindi pensare, come per le vocali, che sia un'eredità delle lingue celtiche. Tuttavia, dall'ortografia, sappiamo che in francese la caduta dell'ultima vocale è relativamente recente, quindi non può risalire ad un'influenza diretta del substrato. Potrebbe però trattarsi di una caratteristica particolare del substrato (magari nell'accentazione) che ha scatenato un'evoluzione a catena che ha portato, alla fine alla caduta dell'ultima vocale. Non impossibile, non dimostrabile.
Questo solo per dare una serie di esempi, considerando solo le vocali, e mi sembra che mostri bene la complessità del problema. Alcuni (pochissimi) "tratti" possono essere riconosciuti, per altri si può intuire che sono il riflesso indiretto (non la manifestazione tale quale!) di fenomeni presenti nelle lingue prelatine, altri sono posteriori, e per altri invece è difficile, se non impossibile, spiegare l'origine.
Se poi parliamo dell'italiano standard, in quel caso, l'"eredità" diventa ancora più "rarefatta": sicuramente il mio modo di parlare italiano sarà influenzato dal background del mio dialetto (per esempio io dico "stèlla", altrove si dice "stélla", io dico "perchè", anche se corretto sarebbe "perché"), e quindi il mio dialetto presenterà delle caratteristiche che potrebbero essere riflessi o conseguenze di caratteristiche del lombardo a loro volta riflessi o conseguenze di caratteristiche delle lingue prelatine.
Insomma, mi sa che la "musicalità" delle lingue parlate 2000 anni fa ha sicuramente contirbuito alla formazione delle diverse forme di latino, però mi sa anche che il risultato, le musicalità di oggi, potrebbero essere profondamente diverse da quelle da cui sono partite 2000 anni fa.
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