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Il culto dei morti nel Costarica precolombiano

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view post Posted on 7/6/2011, 17:10
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Per la bibliografia, vedi https://ostraka.forumfree.it/?t=56102538

Nel 1502, durante il suo 4° ed ultimo viaggio lungo le coste di quel mare che venne poi chiamato Caribe, Cristoforo Colombo sbarcò in prossimità dell'attuale Puerto Limón.
Chiamò tutto questo tratto di costa Veraguas, ma scrisse di aver trovato tanta abbondanza di oro, rame e altri beni che la zona divenne nota come 'la Costa Rica', nome che conserva tutt'oggi.

Scrive il figlio Hernando Colón: "Domenica 2 ottobre (1502) l'ammiraglio comandò che scendesse a terra l'avanguardia con alcuni uomini... Ciò che videro di più notevole fu che dentro una grande casa di legno, coperta di canne, tenevano delle sepolture, in una delle quali c'era un corpo morto, secco e imbalsamato, e in un'altra due, però non c'era cattivo odore e (i corpi) erano avvolti in vestiti di cotone. Sopra le sepolture c'era una tavola sulla quale stavano degli animali scolpiti, su un'altra si vedeva la figura della persona sepolta, adornata con molti gioielli di guanín (lega a basso contenuto di oro che noi chiamiamo tumbaga), e con collane e molte delle cose che più considerano di valore'. (Vida del almirante don Cristobál Colón escrita por su hijo Hernando Colón, in Luis Ferrero, 1985, pag.198, trad.mia).

La casa dei morti visitata dall'avanguardia inviata da Colombo era il luogo di sepoltura dei grandi capi/shamani (usékar in lingua téribe/térraba) di una delle etnie che abitavano il versante Atlantico del Costarica ed il passo va interpretato alla luce di quanto conosciamo oggi: per esempio, di pratiche di imbalsamazione come noi le intendiamo non si ha altra testimonianza che questa, per cui probabilmente Hernando intendeva il fatto che i corpi visti dall'avanguardia si presentavano come delle mummie.

Il culto dei morti tributato ai grandi capi/shamani delle etnie stanziate in quella zona ai tempi di Colombo doveva essere più o meno questo.
Per prima cosa, il corpo del defunto veniva essiccato, probabilmente con lo stesso sistema che gli amerindi amazzonici usavano ancora alla metà del '900 per conservare le teste dei nemici uccisi, ovvero esponendo il corpo al sole mentre veniva trattato con fumigazioni.
Una volta terminata questa operazione, il corpo veniva vestito e adornato come descrive Hernando, quindi deposto nella casa dei morti.
A tal fine, veniva preparata una tavola sulla quale il corpo era adagiato con accanto la sua testa ritratto. La tavola era finemente scolpita con figure totemiche rappresentanti i naguales del defunto, cioè gli animali o gli spiriti antropomorfi che costituivano i suoi alter ego, i quali lo dovevano accompagnare nell'aldilà (questa è una caratteristica comune a tutte le culture del Costarica, molti oggetti in giada e in oro rappresentano l'usékar/shamano con i suoi naguales sul capo o sulle spalle, oppure l'usékar/shamano che si sta trasformando in uno dei suoi naguales).
Queste tavole erano per lo più di legno, nel qual caso non si sono conservate fino ai nostri giorni, ma a volte erano in pietra vulcanica molto compatta, in genere andesite, per cui alcune decine sopravvivono ancora oggi (circa una decina e molti frammenti sono stati raccolti da M.C. Keith, l'ingegnere che alla metà del 1800 progettò e costruì la linea ferroviaria S.José-Puerto Limón, si trovano a New York e sono pubblicati in J.A.Mason, 1945).
Le teste ritratto, invece, erano sempre in pietra, per cui in vari musei e in Mason, 1945, se ne possono vedere molti esempi.
Si sa che ai cadaveri così conservati venivano officiate nella casa dei morti periodiche cerimonie, di cui però non conosciamo i particolari.
Quando moriva un grande cacique/shamano e il posto disponibile nella casa era esaurito, una delle mummie già presenti veniva scomposta, delle sue ossa se ne faceva un pacchetto che veniva avvolto in un robusto panno di cotone e legato con corde annodate in modo caratteristico, e si seppelliva il tutto nella terra.
La tavola, sulla quale la mummia era stata deposta nella casa, veniva piantata nel terreno, a un capo della fossa, come marcatomba assieme alla testa ritratto, lasciandone sporgere la parte che illustrava i naguales del defunto.

Le costumanze delle etnie stabilite sul versante pacifico erano decisamente diverse e sono note in maniera molto più particolareggiata.
Come già detto, comune a tutte le popolazione del Costa Rica precolombiano e non solo (anche i più antichi Olmechi la condividevano) era la credenza che gli usekarés fossero accompagnati da naguales/alter ego.
Quando un cacique/shamano moriva 'fisicamente', si credeva che restasse per alcuni giorni nello stato di 'morto vivente', stato nel quale poteva nuocere grandemente alla comunità se non trattato con i dovuti riguardi (c'è qualcosa di simile nei concetti del buddhismo tibetano, vedi Libro Tibetano dei Morti).
In questa situazione, l'usékar giocava un ruolo essenziale, quello di psicopompo, unico che potesse avvicinare e trattare senza pericolo l'essere 'impuro'.
Per prima cosa, dunque, l'usékar purificava il corpo con un rito che prevedeva un colloquio da solo a solo con il morto seguito da canti in linguaggio rituale.
A questo punto, tutta la comunità si riuniva attorno al corpo del defunto per una cerimonia di canti e balli che durava 3 giorni e 3 notti, accompagnata da numerosi usékares, di vario grado (il grado era indicato dal tipo di strumento che potevano suonare: le marracas distinguevano il grado minore, seguite dal flauto e dal tamburo, massimo grado spesso in associazione col flauto).
In genere, la cerimonia era comandata da un unico usékar di grado elevato, ma si ha notizia di cerimonie concelebrate addirittura da tre usékares di primo grado con una corte di decine di usékares di grado inferiore.
La musica, il canto e il ballo raggiungevano l'apice quando lo shamano direttore annunciava la presenza dell'anima del defunto.
Alla fine dei 3 giorni, il corpo del morto veniva avvolto in foglie di bijagua (calathea lutea, v. http://darnis.inbio.ac.cr/FMPro?-DB=UBIpub...w&id=7019&-Find), quindi deposto su un baldacchino al di sotto del quale venivano poste braci, continuamente alimentate e coperte di fronde di piante che fumigavano il corpo.
Qui rimaneva, costantemente sorvegliato onde nessun animale potesse perturbarne lo stato, finchè la carne, cioè il materiale impuro, non spariva del tutto, lasciando le ossa libere e mondate da ogni contaminazione.
Dopo nove mesi (non a caso: una rinascita), le ossa venivano raccolte in un pacchetto ben confezionato e portate alla sepoltura definitiva, che si trovava in un luogo abbastanza lontano dal centro abitato, in genere in prossimità di un dirupo ai piedi del quale scorre un rio.
Presso alcune comunità, il cammino dal luogo di 'impacchettamento' alla sepoltura era tracciato legando agli alberi delle striscie di tessuto, a segnalare e delimitare una viuzza tortuosa. Dopo l'interramento del pacchetto, nel ritornare alle abitazioni le fettucce venivano recuperate così che il cammino 'sparisse', affinchè il morto non potesse ritrovare la via di casa.

Delle costumanze delle popolazioni dell'intermontano centrale conosciamo molto meno.
Ci restano, però, le raffigurazioni scolpite sul pannello centrale di grandi metates tripodi (pietre per macinare le granaglie) che ci fanno supperre come le costumanze fossero simili a quelle degli amerindi delle grandi pianure del nord America.
Si vedono rappresentati, infatti, uccelli ad ali spiegate che afferrano cadaveri con il loro grande becco uncinato: si pensa che siano rappresentazioni di avvoltoi che, nal cibarsi del corpo dei morti, ne sollevano l'anima al cielo, trasportandovela in volo.

Numerose sono le aree sepolcrali scavate dagli archeologi, in tutte e tre le aree.
In genere, esse sono suddivise in due zone: quella dei 'potenti' e quella della gente comune.
Le tombe dei potenti sono contraddistinte dalla presenza di un ricco corredo funebre, che in genere comprende uno o più metates cerimoniali riccamente adornati con figure di animali/naguales e motivi geometrici rituali, preziosi vasi e statue in terracotta e oggetti in giada, pietra verde e oro (a seconda dei periodi: la giada precede l'oro di almeno 8 secoli e raramente si trovano in associazione).
Le tombe dei 'comuni', invece, hanno un corredo modestissimo o non lo hanno affatto (a volte, la testimonianza archeologica ci indica che sono stati seppelliti sotto il piano di calpestio di una abitazione).
In ambo i casi, però, la tomba è quasi sempre delimitata da muretti a secco di ciottoli fluviali arrotondati e alla superficie del sepolcreto appaiono numerosi ciottoloni (50-60 cm di diam) di forma molto arrotondata.
Molto più rare sono le tombe a cassa, realizzate con lastre di pietra.
Anche nel caso delle tombe a pozzo, la camera sepolcrale si prsneta tuta foderata di ciottoli fluviali subsferici o ellissoidali.
 
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