| Oggi come oggi davvero non saprei cosa consigliare. Io anche se laureato in archeologia cremuzio, avendo frequentato gli stessi identici corsi di archeologia di lettere classiche, ho fatto tutto ciò frequentando il corso di laurea in storia del vecchio ordinamento a Torino. Fossimo al vecchio ordinamento, per ciò che riguarda la sola laurea (per gli studi post laurea, dottorato e percorso accademico e di ricerca, secondo me ha ragione chi è intervenuto sopra. Non necessariamente la qualità è "superiore" all'estero, ma le possibilità che la cosa si concretizzi però sono maggiori rispetto alla situazione italiana, dove spesso ciò che dovrebbe essere normale diventa un miraggio), per giunta in storia, ti avrei detto senza remore resta in Italia. Scegli bene l'ateneo in base al tipo di formazione che vuoi, al tipo di studi, di corsi, in base ai docenti (per fare l'esempio di Torino che ovviamente è quello che conosco meglio, la qualità del corso di laurea in storia è - o almeno era, nonostante oggi i docenti siano in gran parte gli stessi di qualche anno fa - dato sostanzialmente dalla qualità dei docenti, che in molti ambiti di studio sono l'eccellenza a livello europeo e oltre. Tutti gli aspetti che ad esempio vengono studiati in esami differenti, come quelli che hai elencato, al vecchio ordinamento spesso venivano affrontati in un solo esame di storia, o al massimo due - negli esami di storia romana, oltre alla parte istituzionale da manuale, io ad esempio ho affrontato i seguenti temi ognuno corredato da bibliografia apposita: la storia sociale romana, la storia dell'agricoltura, della tecnica e della tecnologia, le proteste politiche, sociali e religiose attraverso la repressione dei baccanali e gli aspetti di antropologia correlati, ecc. Certo, erano esami da svariate migliaia di pagine, non quelli spesso striminziti e castrati di oggi - anche se pure oggi non vale per tutti i docenti e per tutti i corsi, e con i nuovi esami da 6 crediti ho visto che il programma è stato spesso ampliato con un carico di lavoro che va ben oltre il misero credito in più), ma resta tranquillamente in Italia. Oggi boh... Quello che posso dire è comunque di non scambiare il numero di corsi con la qualità degli stessi. Spesso all'aumentare del numero di corsi molto specifici come quelli che hai citato, corrisponde una frammentazione del programma o addirittura un singolo corso si riduce "semplicemente" ad un seminario con una tesina di qualche pagina. Che sì, è un metodo che può essere estremamente utile, tuttavia secondo me è qualcosa che dovrebbe arrivare DOPO avere avuto quella formazione di base di migliaia di pagine di cui parlavo sopra. Altrimenti diventa una cosa alla CEPU.
Mi rendo conto tuttavia che anni di riforme discutibili inseguendo malamente certi modelli europei e americani (solo per alcuni aspetti. Perché non si segue anche l'abitudine al finanziamento? E statale e privato? E non parlo di far diventare le università una specie di luoghi di proprietà degli "sponsor" - quello è un aspetto che abbiamo spesso copiato piuttosto bene attraverso la nascita di un'infinità di master inutili per la quasi totalità - ma di quell'atteggiamento, di quella predisposizione che il privato ha ad investire in formazione e ricerca, qualsiasi essa sia, quantomeno per una forma che ancora esiste di "filantropia" e "mecenatismo", per continuare una tradizione in cui il "capitalista" e il "borghese" ha in qualche modo l'obbligo - pena la riprovazione sociale - di restituire alla società - in svariati modi e questo è uno - qualcosa di ciò che ha guadagnato), certamente hanno modificato almeno in parte la cultura, ovvero l'atteggiamento verso l'istruzione e la formazione universitaria, e la percezione delle differenze tra il nostro sistema e gli altri si è sicuramente appiattita perché le differenze stesse si sono appiattite.
Voglio dire che oggi forse la ricerca del minimo sforzo per conseguire la laurea è un atteggiamento all'ordine del giorno, ed anche comprensibile dato che in campi come il nostro poi le possibilità lavorative sono piuttosto scarse. E che le differenze sono forse meno profonde rispetto a qualche anno fa. Ad esempio, l'ho già raccontato, quando frequentavo conobbi un gruppo di spagnoli al corso di storia della lingua italiana (col mitico Gian Luigi Beccaria), che stava facendo un erasmus qui o qualcosa del genere, che mi dissero che loro non ci pensavano minimamente a laurearsi in Italia, e che noi eravamo dei pazzi a laurearci con docenti che richiedevano per una "semplice" tesi di laurea un impegno e un lavoro che altrove chiedono per una tesi di dottorato (al vecchio ordinamento per alcuni corsi, in alcuni atenei, c'erano docenti che richiedevano esplicitamente almeno due anni di lavoro sulla tesi per discutere con loro...).
|