Ostraka - Forum di archeologia

Astuzia, frode ed inganno nel mondo antico

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lama su
view post Posted on 6/11/2011, 14:58




In questi giorni stavo rileggendo il racconto egizio di Sinuhe, e mi sono accorto di un dettaglio che non ricordavo: quando Sinuhe incontra Amunenshi, il capo tribù siriano, e quest'ultimo gli chiede la sua storia, Sinuhe decide di rispondere "mentendo".

Questo dettaglio mi ha fatto venire in mente che in effetti sono numerosi gli esempi egizi in cui un personaggio "buono" usa astuzia ed inganno a discapito di altri.
un altro esempio è il racconto del Principe Predestinato, dove avviene, per ben due volte, esattamente la stessa cosa: quando interrogato sulla sua origine prima da dei principi siriani che lo accolgono a braccia aperte e poi da un più burbero capo locale (padre della sua futura sposa) sulle sue origini, il principe egizio mente, inventandosi una storia completamente falsa.

Si potrebbe pensare che anche nel caso di wenamun capiti qualcosa di simile, quando l'inviato egizio dice a Zeker-baal di biblos che lui deve donare il cedro all'egitto perchè cosî facevano i suoi padri (in questo caso però la menzogna viene smascherata Zeker-Baal, che fa portare dei registri in cui è evidente che il legno era si consegnato all'egitto, ma in cambio del dovuto compenso)

Se ci spostiamo poi nel campo mitologico, il racconto di Horus e Seth abbonda di inganni e astuzie compiuti da Horus o da sua madre Iside ai danni di Seth, e sempre in campo mitologico, vi è anche il racconto di Iside ed Amon-Ra, in cui la Dea cerca di scoprire il nome segreto del Dio attraverso un inganno.

Nel libro dei morti poi è famoso il passaggio in cui il defunto afferma di non aver compiuto nulla di male, "purificandosi" così di ogni eventuale crimine. Anche in questo caso, se vogliamo, siamo di fronte ad una forma di inganno legittimato.

Sembrerebbe dunque che, nella cultura egizia, usare l'astuzia e l'inganno per il proprio vantaggio personale fosse una cosa percepita come legittima, "non-negativa", se non proprio positiva. Qui però arriviamo al punto interessante della questione, e cioè al fatto che nei testi sapienziali egizi, così come nelle autobiografie, la vistù che viene elogiata è l'onestà e la giustizia, il rispetto della Ma'at (Ma'at che almeno in teoria doveva essere al centro dell'esistenza di ogni buon egizio, e di cui il faraone era il difensore), e soprattutto, la frode era punita dal sistema legale egizio

Considerando questa apparente contraddizione, si potrebbe pensare che in realtà vi fosse una doppia scala di valori: nel caso di relazioni egizi-egizi, era l'onestà e la giustizia il comportamento da seguire (in quanto tale relazioni si svolgevano all'interno del "mondo" egizio, cioè del mondo della "Ma'at"), mentre nel caso di rapporti egizi-stranieri, l'inganno diventava legittimo, o per lo meno legittimabile (in quanto gli stranieri vivevano al di fuori della Ma'at, e dunque gli egizi stessi non erano tenuti a rispettare la ma'at nei loro confronti?)

Questo spiegherebbe il motivo il comportamento verso gli stranieir, e giustificherebbe anche gli inganni di iside e horus contro seth, visto come Dio del deserto e degli stranieri (e delle popolazioni semitiche, hyksos compresi, in particolare -identificato con ba'al-, per lo meno nel periodo in cui fu scritto il racconto di horus e seth)

Però in che modo giustificare episodi come l'inganno di iside ai danni di Amon-Ra, o il passo del libro dei morti?

Oppure per gli egizi c'era un modo di essere astuti e perfino ingannevoli, pur rimanendo entro i confini della "Ma'at" (la cui definizione, ovviamente, non può essere equivalente al nostro concetto di "giustizia")?

Penso che un interessante approccio a questo problema sia provare ad estrapolarlo dal contesto strettamente egizio, estendendolo ad altre società antiche di cui conosciamo meglio la struttura socio-culturale.

Quindi pongo a voi la domanda: com'era percepito l'inganno nel mondo greco e romano? e come era integrato nel concetto che queste stesso società avevano della "giustizia"?

Nel caso della cultura greca, ovviamente, non può non venire alla mente la figura di odisseo, definito "ricco di inganni" non in senso spregiativo ma, direi, addirittura in senso elogiativo (mentre, e anche questo è significativo, Dante lo mette chiaramente all'Inferno).
Allo stesso modo, mi viene in mente l'esempio di Sparta, dove se non ricordo male i bambini colti a rubare venivano puniti non per aver rubato, ma per essersi fatti scoprire (qui però dovrei verificare, perchè non ricordo la fonte.. qualcuno di voi può confermare?).

Qualcuno di voi sa (o sa se ci sono degli studi su) come questi due valori, la stima per l'astuzia da un lato, e il valore della giustizia venivano combinati e giustificati l'uno rispetto all'altro?
 
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view post Posted on 6/11/2011, 18:19
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Quindi pongo a voi la domanda: com'era percepito l'inganno nel mondo greco e romano? e come era integrato nel concetto che queste stesso società avevano della "giustizia"?

Nel caso della cultura greca, ovviamente, non può non venire alla mente la figura di odisseo, definito "ricco di inganni" non in senso spregiativo ma, direi, addirittura in senso elogiativo (mentre, e anche questo è significativo, Dante lo mette chiaramente all'Inferno).
Allo stesso modo, mi viene in mente l'esempio di Sparta, dove se non ricordo male i bambini colti a rubare venivano puniti non per aver rubato, ma per essersi fatti scoprire (qui però dovrei verificare, perchè non ricordo la fonte.. qualcuno di voi può confermare?).

Qualcuno di voi sa (o sa se ci sono degli studi su) come questi due valori, la stima per l'astuzia da un lato, e il valore della giustizia venivano combinati e giustificati l'uno rispetto all'altro?

Un tema tanto interessante quanto vasto... :wacko:

Ci credi se ti dico che non so neppure da dove cominciare?!
Mi prendi un po' in contropiede, ti confesso, e su un argomento su cui, per di più, ci sarebbe tanto da dire (e oggi ho anche poco tempo!). Non che io sia un esperto, eh: non ho mai letto alcun articolo o saggio su questo specifico argomento, quindi non saprei neanche farti un discorso completo e ben strutturato.
Però, alcuni esempi ce li ho già in mente...

Innanzitutto, se partiamo dalla sfera degli dèi, diversi sono gli esempi di divinità che, in un certo qual modo, sembrano 'giustificare' l'inganno e la frode con i loro atteggiamenti. Primo fra tutti, penso a Hermes, il dio che, fin da piccolo, ha sempre mostrato un comportamento tendente al furto e al raggiro. L'episodio più noto è quello riportato anche nell'inno omerico 'a Hermes', in cui il piccolo dio ruba alcuni capi di bestiame ad Apollo. La scaltrezza e l'astuzia di Hermes sono qui presentate come la disgrazia del dio, da un lato, ma, dall'altro, costituiscono anche il mezzo con cui egli riuscirà a lenire l'ira del fratellastro e a salvarsi.
Nell'inno, Hermes sostiene, di fronte alla madre Maia, di dover diventare dio dei ladri 'per necessità' (poiché entrambi vivevano segregati sulla terra, lontano dall'Olimpo, e nessun uomo, per questo, si preoccupava di offrire loro sacrifici), ma questa potrebbe essere anche una mera giustificazione per il suo comportamento; non avendo mai studiato il testo a fondo, non posso dirlo con esattezza...

Sinonimo di inganni, nel mondo greco, era anche Prometeo, il Titano 'dai torti pensieri', che ingannò le divinità olimpiche, decretando loro la sola offerta di grasso e ossa durante i sacrifici (mentre la carne sarebbe rimasta agli uomini, per i loro banchetti). Il Titano è famoso soprattutto per aver sottratto a Efesto il fuoco sacro dell'Olimpo, e per averlo redistribuito fra gli uomini, quando Zeus lo aveva chiaramente proibito. L'inganno e il furto di Prometeo furono duramente puniti da Zeus, che legò Prometeo a una montagna del Caucaso, condannandolo al supplizio che tutti ben conosciamo.
Anche qui, però, l'inganno ha una duplice valenza: è (e resta) un'azione che viene punita dagli dèi, in quanto non è conforme alla giustizia, ma è il fine che cambia (e che, forse, lo rende - almeno moralmente - meno grave). Prometeo si comporta così perché vuole aiutare gli uomini: lo fa per difendere questa stirpe, così debole di fronte alla prepotenza degli dèi, e agisce in piena consapevolezza del rischio che corre, per amore dell'umanità. Per esempio, è totalmente differente l'inganno del re Licaone, che servì a Zeus un banchetto di carne umana, con l'unico scopo di mettere alla prova la potenza del dio (e, quindi, per un motivo futile e deprecabile).

Per quanto riguarda gli eroi, il caso più famoso è, senza dubbio, quello di Odisseo, a cui già hai fatto accenno: si dice, infatti, che Odisseo incarni il 'nuovo eroe' dell'età del Ferro, in contrapposizione ai vecchi modelli dell'età micenea, in quanto il re di Itaca non vince i suoi nemici solo e soltanto con la forza, ma utilizza anche la sua grande astuzia (che diventa la sua virtù principale).
E' con l'inganno che Odisseo riesce a penetrare nella città di Troia (rimasta inviolata per ben dieci anni di assedio); ed è sempre con l'astuzia che riesce ad avere la meglio su Polifemo (contro cui l'uso della forza bruta non sarebbe valso a nulla). Inoltre, se non fosse stato sempre per la sua abilità nell'ingannare il prossimo, il re di Itaca non avrebbe mai potuto addentrarsi inosservato nel suo palazzo, e debellare tutti i pretendenti, che, nel frattempo, cercavano di insidiare la fedeltà della sua regina...

Similmente, dovrebbero essere noti diversi casi analoghi, anche nella storia vera e propria (quantomeno, parlo per la civiltà greca).
Non conoscevo questo costume spartano di cui tu parli (posso provare a informarmi), ma, per esempio, mi viene in mente il caso clamoroso delle mura di Temistocle, che lo stratega fece realizzare in fretta e furia dagli Ateniesi, con l'inganno, contro il volere degli Spartani (non sto a raccontare la storia nel dettaglio, un buon riassunto potete trovarlo qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Temistocle#Co...asione_persiana).
Ora, è indubbio che si sia trattato di una frode nei confronti dei vecchi alleati; ma ciò che Temistocle ha fatto, lo ha fatto prima di tutto per la sua città. Diciamo dunque che, forse, nella mentalità greca, l'atto deprecabile resta tale agli occhi della Legge, ma, a ben vedere, vale il detto secondo cui 'il fine giustifica i mezzi'. Questa, quantomeno, è la conclusione che io ho tratto dalle nozioni di cui sono in possesso.

Edited by Perseo87 - 6/11/2011, 18:23
 
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IunoMoneta
view post Posted on 6/11/2011, 18:20




Bell'argomento, su cui però so dire poco....
E' subito venuto in mente anche a me Ulisse come esempio di frodi legittime (però anche qui contro i nemici - cavallo di Troia, episodio di Polifemo, Proci - o gli stranieri).

Le commedie greche e latine sono piene di inganni, ma non credo che questo legittimi in qualche modo la frode.
Lasciando un po' a parte il mondo greco, direi che a Roma la frode non fosse granchè ben vista considerato il modello contrattualistico che regge le società romana. E in effetti i grandi eroi romani sono tutti esempi di integrità (non solo quelli storici ma anche quelli di fantasia come Enea). IN parte credo che questo rientri nel modo di autorappresentarsi dei romani e nelle loro differenziazione da altri popoli (come i punici) ritenuti mentitori e fraudolenti.
Detto questo, però, non saprei contribuire di più alla discussione...
 
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view post Posted on 6/11/2011, 19:50
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CITAZIONE (Perseo87 @ 6/11/2011, 18:19) 
Innanzitutto, se partiamo dalla sfera degli dèi, diversi sono gli esempi di divinità che, in un certo qual modo, sembrano 'giustificare' l'inganno e la frode con i loro atteggiamenti. Primo fra tutti, penso a Hermes, il dio che, fin da piccolo, ha sempre mostrato un comportamento tendente al furto e al raggiro. L'episodio più noto è quello riportato anche nell'inno omerico 'a Hermes', in cui il piccolo dio ruba alcuni capi di bestiame ad Apollo. La scaltrezza e l'astuzia di Hermes sono qui presentate come la disgrazia del dio, da un lato, ma, dall'altro, costituiscono anche il mezzo con cui egli riuscirà a lenire l'ira del fratellastro e a salvarsi.

Riporto, in proposito, un interessante passo di S. Ratto (in 'I Dizionari delle Civiltà - Grecia', Electa, 2006, p. 112), in cui si afferma che:

CITAZIONE
Ladro e imbroglione, e per questo signore del furto e dello spergiuro, Ermes è anche venerato nei ginnasi, come esempio per i giovani, per la sua intelligenza ed eloquenza

E, se ci pensiamo bene, anche la futura arte retorica, tanto cara ai sofisti, si baserà, bene o male, proprio su questo: sulla capacità di rigirare sempre il discorso a proprio vantaggio, di avere sempre ragione, fino ad arrivare a capovolgere, addirittura, la gerarchia stessa dei valori su cui si basava la polis.

Per quanto riguarda il furto a Sparta, non sono riuscito a rintracciare alcuna fonte.
In Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Agogh%C3%A9), però, ho trovato questo:

CITAZIONE
Tuttavia i ragazzi non erano ben nutriti e ci si aspettava che rubassero del cibo. Se colti nell'atto, venivano severamente puniti (non per il furto, ma piuttosto per essersi lasciati sorprendere).

Credo, quindi, che ci fosse furto e furto; per questo, si poteva chiudere un occhio solo sul furto di cibo, che serviva comunque alla sopravvivenza (la punizione credo facesse parte del sistema dell'agoghé, nella misura in cui, in guerra, chi si fosse fatto sorprendere a rubare da un nemico, non sarebbe stato risparmiato, quindi si doveva imparare, fin da giovani, ad agire senza essere scoperti).
 
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lama su
view post Posted on 7/11/2011, 00:38




interessante quello che dici perseo, riguardo agli Dei. In effetti nel mondo divino greco l'inganno sembra essere una pratica relativamente comune (mi viene in mente anche l'episodio del libro ottavo dell'iliade, in cui Era e Atena addormentano Zeus per poter aiutare di nascosto i greci).

Però dall'altro lato, è interessante notare che di fatto al di fuori del mondo divino, l'inganno è sì presente, ma mi pare limitato contro gli stranieri o i nemici. Odisseo è sicuramente l'esempio per eccellenza. Un altro esempio che mi viene in mente è Giasone, che assieme a Medea (nella versione di Euripide se ricordo bene) attira con l'inganno Apsirto e lo uccide. Interessante notare che anche in questo caso la vittima è uno straniero, uno della colchide. Non solo, ma è anche un nemico, un inseguitore, quindi in questo caso potrebbe valere il medievale "mors tua vita mea".


Non mi sembra però di ricordare nessun caso di inganni fra greci, nella letteratira. L'unico esempio che forse si avvicina è lo spartimento ingiusto del bottino da parte di Agamennone, che causa l'ira di achille. In questo caso però più che un inganno mi sembra piuttosto un atto di prepotenza da parte del potente.

CITAZIONE
Lasciando un po' a parte il mondo greco, direi che a Roma la frode non fosse granchè ben vista considerato il modello contrattualistico che regge le società romana. E in effetti i grandi eroi romani sono tutti esempi di integrità (non solo quelli storici ma anche quelli di fantasia come Enea).

beh però.. Anche Enea inganna Didone, o per lo meno stando a Virgilio, Didone si sente ingannata da Enea:

At regina dolos (quis fallere possit amantem?)
praesensit,

interessanti le due parole "dolos", e "fallere"

Devo dire però che l'Eneide la consoco meno di iliade e odissea, e non ricordo esattamente in cosa era consistito questo "inganno" (mi sembra che fosse essenzialmente il fatto di essere partito abbandonandola così, ma non ricordo se c'era anche qualcos'altro)

Anche in questo caso, però, in fondo Didone è una straniera..

sull'inganno nell'eneide ho trovato questo articolo che sembra interessante, domani lo cerco:

http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=2916076

Questo esempio in particolare mi sembra particolarmente interessante, perchè come nei casi egizi, qui l'inganno è perpretato ai danni di un personaggio che può essere definito "buono": Didone accoglie i profughi, offre loro cibo ed ospitalità, ed in cambio riceve l'inganno.

Allo steso modo il capo tribù Amunenshi accoglie Sinuhe a braccia aperte, lo invita a stare con lui (in seguito gli darà anche terre, bestiame e sua figlia in sposa), e Sinuhe gli mente.

Stesso discorso per il principe predestinato: quando arriva in siria viene accolto dai principi che lo nutrono e riveriscono (senza sapere chi lui sia), e quando gli chiedono delle sue origini, lui mente.
Il principe predestinato in effetti mente a tutti, mente anche al capo locale (e la menzogna in effetti gli causa problemi in un primo momento, perchè il capo locale non vuole dare sua figlia in sposa ad uno che si presenta come un a specie di cenerentolo cacciato da una matrigna cattiva), e mente persino alla principessa che diventerà sua moglie. In quest'ultimo caso la menzogna non è esplicita, ma è sottointesa nel racconto perchè è solo "tempo dopo", quando decide di tornare in egitto, che le racconta delle sue vere origini. E in questo caso, la principessa lo segue e gli sta accanto, nonostante la menzogna (che quindi appare del tutto ingiustificata).

CITAZIONE
IN parte credo che questo rientri nel modo di autorappresentarsi dei romani e nelle loro differenziazione da altri popoli (come i punici) ritenuti mentitori e fraudolenti.

anche questo è interessante: hai delle fonti precise al riguardo?
Perchè se non sbaglio anche nei poemi omerici i fenici sono visti come avidi e fraudolenti (Perseo correggimi se sbaglio)

Interessante, dico, perchè come detto Didone non solo si dimostra ospitale e generosa verso i profughi troiani, e anche nei testi letterari egizi le genti siro-palestinesi sono spesso caratterizzate da ospitalità e generosità (non in quelli religiosi o di propaganda, in cui gli "Asiatici" incarnano il ruolo dei "nemici", ma questo è un altro discorso).

Forse l'eccezione più significativa è Zeker-Ba'al, il re di Byblos del raccondo dell'egizio Wenamun, la cui scontrosità e poca ospitalità va forse vista all'interno del contesto della trattativa commerciale, e in funzione dell'arroganza di Wenamun stesso (che pretende di ricevere il legname, senza avere nulla per pagarlo)

E a questo punto, mi viene da domandarmi se anche le opinioni negative verso i fenici di greci e romani non fossero piuttosto rivolte contro la loro natura di "mercanti" piuttosto che contro la loro natura di "fenici" (del resto i mercanti sono ladri e imbroglioni per definizione in tutte le culture)
 
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view post Posted on 7/11/2011, 11:26
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CITAZIONE (lama su @ 7/11/2011, 00:38) 
Però dall'altro lato, è interessante notare che di fatto al di fuori del mondo divino, l'inganno è sì presente, ma mi pare limitato contro gli stranieri o i nemici. Odisseo è sicuramente l'esempio per eccellenza. Un altro esempio che mi viene in mente è Giasone, che assieme a Medea (nella versione di Euripide se ricordo bene) attira con l'inganno Apsirto e lo uccide. Interessante notare che anche in questo caso la vittima è uno straniero, uno della colchide. [...] Non mi sembra però di ricordare nessun caso di inganni fra greci, nella letteratira. L'unico esempio che forse si avvicina è lo spartimento ingiusto del bottino da parte di Agamennone, che causa l'ira di achille. In questo caso però più che un inganno mi sembra piuttosto un atto di prepotenza da parte del potente.

Avevo ripensato anch'io alla vicenda di Medea. Ma lì, secondo me, è Medea il vero protagonista, che ordisce intrighi e tradimenti: è lei che abbandona la patria, è lei che tradisce il padre e che aiuta lo sposo a uccidere il fratello; e ancora lei, infine, inganna le figlie di Pelia, spingendole a uccidere il loro stesso padre (senza contare, poi, l'uccisione di Creonte e Glauce, sempre attraverso inganni di natura magica).
Ma Medea è una barbara, e, nell'agire, è spinta dall'amore (un caso analogo è quello di Arianna, che tradisce il padre Minosse, e aiuta Teseo a uccidere il Minotauro - che era pur sempre un suo fratellastro - per poi fuggire con l'amato).
C'è da dire che, in fatto di amore, per la maggior parte, gli eroi greci erano tutt'altro che galantuomini: in entrambi i casi, queste giovani principesse (che hanno compiuto atti indicibili verso i loro familiari, solo in nome dell'amore) non sono certo state ricambiate, poi, con la dovuta riconoscenza...

Sugli inganni orditi fra Greci, comunque, credo che si possa trovare qualcosa nel mondo del teatro (come suggeriva anche Moneta): l'esempio più lampante ce l'hai nella tragedia di Oreste, il cui fattore scatenante è, appunto, la congiura ordita da Clitemnestra ed Egisto, ai danni del re Agamennone (assassinato a tradimento, al ritorno dalla guerra). Un simile evento si verificherà anche per Diomede (tradito da Egialea, ma scampato alla morte) e pure per Idomeneo, re di Creta.

Fra l'altro, una curiosità di carattere 'storico', ma sempre a sfondo mitologico, l'ho ripescata in Wikipedia, cercando notizie proprio su Idomeneo (http://it.wikipedia.org/wiki/Idomeneo):

CITAZIONE
Un giorno, Idomeneo risolse una disputa sorta tra Teti e Medea su chi fosse la più bella, decidendo in favore di Teti. Medea, irritata, maledisse lui e la sua stirpe e condannò i Cretesi a non dire mai più la verità. Si spiega così il proverbiale stereotipo secondo cui «I Cretesi sono tutti bugiardi».

Il detto è interessante, perché si lega, secondo me, perfettamente, con quanto segue:

CITAZIONE (lama su @ 7/11/2011, 00:38) 
Perchè se non sbaglio anche nei poemi omerici i fenici sono visti come avidi e fraudolenti (Perseo correggimi se sbaglio) [...] E a questo punto, mi viene da domandarmi se anche le opinioni negative verso i fenici di greci e romani non fossero piuttosto rivolte contro la loro natura di "mercanti" piuttosto che contro la loro natura di "fenici" (del resto i mercanti sono ladri e imbroglioni per definizione in tutte le culture)

Sì, anch'io ricordo questo particolare disprezzo dei Greci per i Fenici (anche se, al momento, non ho a portata di mano passi ed espressioni di Omero, per poterne riportare qualche esempio). Ma, nell'interpretazione di questo comportamento, mi trovo in pieno accordo con la tua interpretazione: i Greci avranno conosciuto, in larga parte, soprattutto mercanti e marinai fenici, che si muovevano su importanti rotte commerciali (che arrivavano fino ai 'fiumi d'argento' del Tartesso e alle mitiche Cassiteridi), e che, forse proprio per questo, come tutti i mercanti antichi, avranno avuto la tendenza a raggirare i loro concorrenti...
Non sarà un caso se, già agli inizi dell'età del Ferro, si fece impellente la necessità di creare 'porti franchi' lungo queste rotte (magari in connessione a santuari costieri), per garantire le buone intenzioni di chi accoglieva e di chi veniva accolto, sotto l'effige di una divinità dai tratti comuni.

E, forse, l'indole fraudolenta dei Cretesi potrebbe aver avuto - al di là dell'eziologia mitologica - un'origine comune a quella criticata ai Fenici, dato che pure i Cretesi, abitanti di una grande isola, avranno avuto nel commercio una solida base della loro economia.
 
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view post Posted on 8/2/2012, 01:37

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Ciao a tutti, vedo ora questa discussione e aggiungo il pezzettino che meglio conosco:

1. riprendendo in mano in maniera dettagliata l'Odissea, mi aveva molto colpito che Odisseo menta praticamente a tutti, tranne che a Telemaco. Lasciamo stare le avventure in terre straniere, ma anche al suo arrivo a casa Odisseo si rifugia in primis da Eumeo, ma non gli si rivela se non poco prima di attaccare i Proci. Con Penelope è lo stesso. In questo caso però la spiegazione a mio avviso va ricercata nelle parole di spiegazione che lui stesso fornisce a Telemaco (per giustificare la menzogna nei conronti di Eumeo) e alla nutrice Euriclea che lo riconosce suo malgrado: Odisseo ha paura che riconoscendolo lo facciano scoprire. Si rivela solo a Telemaco perché è consapevole di non potere fare tutto da solo e, se vogliamo, per il caso fortuito di averlo incontrato alla capanna del porcaio.
In generale, durante le sue avventure, mi sembra una prudenza minima (vedi episodio del Ciclope).
Sempre in Odissea, però, Odisseo racconta un'avventura immaginaria ai porcai in cui lui sarebbe stato compagno d'armi di Odisseo a Troia: morto di freddo per un'escursione notturna nella piana di Troia, avrebbe svegliato Odisseo che, per aiutarlo, avrebbe a sua volta svegliato i compagni raccontando una balla per spingere qualcuno a correre all'accampamento lasciando là il suo mantello.
Un comportamento molto "italiano" mi verrebbe da dire: la stima verso chi ottiene qualcosa facendo il furbo! ;)

2. riguardo all'atteggiamento nei confronti dei Fenici, non saprei. L'unico episodio che mi viene in mente, sempre in Odissea, riguarda il rapimento del piccolo Eumeo da parte della sua balia fenicia, che si accordò con dei mercanti suoi conterranei per procurargli il piccolo schiavo come pagamento del viaggio di ritorno in patria.

Peraltro non ricordo episodi di particolare furberia da parte di Odisseo nell'Iliade, dove spicca piuttosto per la sua capacità oratoria e di convincimento.

Interessante invece notare, in relazione all'ultima frase del post di Perseo, che in molte delle sue menzogne Odisseo si spacciasse per Cretese, anche se in questo non vedo intenti diffamatori nei confronti di questi ultimi.

Infine, per quel che riguarda la punizione dei piccoli spartani per essersi fatti scoprire a rubare, non ho riferimenti, ma ricordo anch'io dai miei studi al liceo questa cosa.
 
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view post Posted on 8/2/2012, 11:21
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CITAZIONE (clitemnestra @ 8/2/2012, 01:37) 
mi aveva molto colpito che Odisseo menta praticamente a tutti, tranne che a Telemaco. Lasciamo stare le avventure in terre straniere, ma anche al suo arrivo a casa Odisseo si rifugia in primis da Eumeo, ma non gli si rivela se non poco prima di attaccare i Proci. Con Penelope è lo stesso. In questo caso però la spiegazione a mio avviso va ricercata nelle parole di spiegazione che lui stesso fornisce a Telemaco (per giustificare la menzogna nei conronti di Eumeo) e alla nutrice Euriclea che lo riconosce suo malgrado: Odisseo ha paura che riconoscendolo lo facciano scoprire. Si rivela solo a Telemaco perché è consapevole di non potere fare tutto da solo e, se vogliamo, per il caso fortuito di averlo incontrato alla capanna del porcaio.
In generale, durante le sue avventure, mi sembra una prudenza minima (vedi episodio del Ciclope).

Beh, qui credo che il problema di fondo potresti averlo già centrato tu: perché questo 'eccesso' di prudenza, dopo che, in situazioni molto più gravi, Odisseo si era dimostrato decisamente meno accorto? Forse questo avviene proprio in virtù di una piccola (diciamo) 'crescita interna' del protagonista, che, magari, dopo aver perso tutti i suoi compagni, anche per alcune sue scelte poco sagge, ora pensa bene di tenere a freno la sua spavalderia (e quella del figlio), senza lasciare nulla al caso.
Del resto, già una volta era quasi giunto a Itaca, ma, essendosi fidato dei suoi compagni, si era addormentato, permettendo così che essi aprissero l'otre dei vènti di Eolo (che, come sappiamo, li riportarono lontano dalla patria).

CITAZIONE (clitemnestra @ 8/2/2012, 01:37) 
Interessante invece notare, in relazione all'ultima frase del post di Perseo, che in molte delle sue menzogne Odisseo si spacciasse per Cretese, anche se in questo non vedo intenti diffamatori nei confronti di questi ultimi.

I Cretesi hanno sempre avuto una pessima fama fra i Greci.
Per esempio, trovo singolare il fatto che sulla natura menzognera degli abitanti di Creta sia stato costruito addirittura un antico paradosso, noto come 'il paradosso di Epimenide': secondo la tradizione, infatti, Epimenide di Creta (filosofo del VI secolo a.C.) una volta ebbe a dire: 'Tutti i Cretesi sono bugiardi', dando così vita (consapevolmente o meno) a quello che è stato giudicato uno dei più antichi paradossi della storia della filosofia.
Fra l'altro, mi pare di ricordare che i Greci avessero attribuito l'invenzione della pederastia (nel suo lato più condannabile, ovviamente) proprio ai Cretesi (se non ricordo male, in particolare, agli abitanti di Cydonia).
 
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