CITAZIONE (Perseo87 @ 17/12/2011, 11:18)
Gli Egizi facevano davvero cose del genere ai nemici? Io non l'avevo mai sentito. Sapevo che Davide, nella Bibbia, riportò a Saul i prepuzi di duecento Filistei caduti, ma arrivare proprio al taglio del fallo per tutti i nemici mi pare un po' eccessivo...
da medinet habu:
http://picasaweb.google.com/lh/photo/XumRaLShgji9ipt4poIWMgperò precisiamo, non era un uso "rituale", era un uso principalmente (se non escusivamente) pratico: infatti non è che lo tagliavano ai nemici vivi, erano i soldati che li tagliavano ai nemici uccisi, per poterli contare e per poter richiedere la dovuta ricompensa (insomma, un po' come una "ricevuta"..)
A volte il pene, a volte le mani, a volte li uni e gli altri.
A medinet habu per esempio, curiosamente, dice che tagliarono e contarono i peni dei nemici non circoncisi e le mani dei nemici circoncisi (e io mi domando quanti soldati avranno imbrogliato, tagliando sia il pene che la mano ai soldati non circoncisi e spacciandoli per due vittime diverse..)
Un altro esempio in cui si cita il taglio della mano come prova dell'uccisione di un nemico è la biografia di amenemheb.
In effetti a questo scopo i peni hanno un paio di vantaggi rispetto alle mani: prima di tutto attestano che il nemico che hai ucciso era un uomo, e poi beh, ce n'è solo uno per persona, quindi non si può imbrogliare: con le mani uno può tagliarle tutte e due e spacciarle per due mani di due persone diverse (e quindi pretendere una doppia ricompensa) con i peni no..
Per quanto riguarda il cannibalismo in egitto, invece, l'unica testimonianza a me nota viene da questa satira di Giovenale
www.la-poesia.it/antichi/latini/gio...libro-05-15.htmin cui il poeta descrive uno scontro fra fazioni religiose a cui è seguito appunto un atto di cannibalismo. Considerando però che si tratta di una satira di un poeta romano, non di una fonte egizia, fa ovviamente presa e valutata con le dovute cautele.
Qualche esempio di "brutalità" simbolica e rituale comunque c'è anche nelle fonti egizie, anche se piuttosto rare, e secondo me almeno in parte legate a fenomeni sociali e fanatismi religiosi specifici dei periodi in questione, più che "tradizionali" della cultura egizia, va comunque detto che è molto difficile giudicare in maniera oggettiva in quanto noi vediamo solo ciò che gli egizi volevano farci vedere, e in genere gli egizi vanno vedere solo il loro aspetto "migliore".
In particolare si può citare il caso di Amenhotep II, che catturò 7 principi semiti in una campagna militare e sulla via del ritorno prima li appese a testa in giù all'albero della sua nave mentre risaliva il nilo, poi li giustiziò nel tempio di Karnak (quindi si può interpretarlo come una forma di sacrificio umano?), e una volta uccisi ne appese 6 alle mura del tempio di karnak, e 1 lo portò in nubia e lo appese alle mura del forte di Napata come simbolo della sua potenza.
Forse qualche scopo rituale lo aveva anche una gabbia per prigionieri che è attestata nell'antico regno (posso cercare l'articolo specifico, se vi interessa, ma in realtà non dice molto, troppo antico per avere certezze), e probabilmente qualcosa di rituale è attestato anche nella tavoletta di narmer, in cui si vedono due file di prigionieri legati e decapitati, con la testa posta fra le gambe.
www.touregypt.net/images/touregypt/narmera.gifDifficile però dire cosa di preciso.
Atti di brutalità, o vendetta o roba simile contro i prigionieri, senza particolari connotazioni rituali-simboliche sono anche attestate qua e là: gli sconfitti potevano essere deportati, come prigionieri a volte venivano giustiziati (in un caso impalati, sotto Merenptah ), a volte venivano puniti con il saccheggio del bestiame, l'incendio delle case o l'abbattimento di alberi e vigneti (weni, soldato dell'antico regno, avverma di aver distrutto le tende e gli alberi dei beduini della zona del negev.. triste ironia della storia, l'abbattimento degli alberi da frutto è ancora oggi una pratica comunemente applicata nella regione, in quanto anche l'esercito israeliano si è accorto che è un modo piuttosto pratico per distruggere la struttura socioeconomcia delle comunità beduine locali)
Più in generale, premettendo che non conosco nessuno studio specifico al riguardo, ma questo non significa né che tali studi non esistano, né tanto meno che tali fenomeni non esistevano nel mondo egizio, vi posso dire che:
Guerre rituali in senso stretto non mi sembra che ve ne fossero in egitto, o meglio, ogni guerra era in qualche modo vista (e presentata, per lo meno nel contesto dei templi) come una "guerra rituale" o una "guerra sacra", in quanto di fatto la guerra era vista come un mezzo con cui il re Dio espandeva e imponeva l'Ordine (la Ma'at) sulle forze del Caos che si trovavano oltre i confini dell'egitto. Di fatto, la guerra era vista come un modo per espandere i confini dell'ordine cosmico che regnava in egitto, e quindi in un certo senso poteva essere percepita come un atto rituale (anche se poi ovviamente erano le consegueze politico-socio-economiche quelle che contavano di più).
In un certo senso, personalmente ho come la sensazione che almeno in certi casi doveva essere qualcosa di simile al giochetto che facevano gli ottomani: tutte le guerre dell'impero ottomano erano anche delle "jihad", delle "guerre sante". Quando l'impero ottomano dichiarò guerra a francia, inghilterra e russia, durante la prima guerra mondiale, di fatto dichiarò una "jihad" (per legittimaral agli occhi dei sudditi). Quindi di fatto, per entrare in guerra l'impero ottomano invoca una "guerra rituale" (e in genere, anche se teoricamente il sultano come capo spirituale aveva il potere di dichiarare da solo la jihad, in pratica aveva bisogno dell'approvazione da parte dell'autorità religiosa, e in particolare da parte del muftì di costantinopoli, se ricordo bene).
ovviamente, si trattava solo di un giochetto formale, che di "religioso" non aveva nulla, come è palese se si guardano gli schieramenti: gli ottomani dichiarano una "jihad" contro i francesi, gli inglesi e russi, ma questa "jihad" la combattono al fianco dei prussiani e degli autroungarici, e in questa "jihad" rientra anche la guerra che gli ottomani stessi combattono contro i ribelli arabi, comandati dall'allora famiglia dello sceriffo della Mecca (la famiglia Saud, i futuri re d'Arabia Saudita, sostenuti dagli inglesi), discendente diretto di Maometto!
Qualcosa di simile avviene un po' con tutte le guerre ottomane. Altro esempio interessante è la guerra contro cipro (allora veneziana) che porterà alla battaglia di lepanto: dichiarata come "jihad" (anche lì con la benedizione del muftì di costantinopoli de ricordo bene), era in realtà una guerra dettata puramente da ragioni politico-economiche, e di fatto almeno in parte conseguenza dell'insediamento di giuseppe Nasi, il consigliere ebreo (!) del sultano come duca di Nasso e delle Sette Isole (da notare che Nasi è sempre stato chiaramente ebreo, a anzi aveva addirittura lavorato a lungo per ricreare una comunità ebraica a tiberiade, con la benedizione dell'impero ottomano).
Nel caso dell'egitto mi sa che la situazione era in qualche modo analoga: la guerra formalmente era sempre presentata come un atto in qualche modo "rituale" o "sacro", anche se in realtà gli scopi e le motivazioni erano ben più pratiche e reali.
Per quanto riguarda la ritualizzazione della guerra, invece, di nuovo, non conosco nessuno studio preciso e nessuna fonte esplicita, però qualche dettaglio interessante qua e là lo si può trovare.
Prima di tutto, le divisioni dell'esercito egizio (per lo meno all'epoca di Ramsete II ) avevano i nomi delle divinità principali. Vi era quindi una "divisione Amon", una "divisione Ptah", una "divisione Ra", una "divisione Seth".
Il che chiaramente indica se non un aspetto "rituale", per lo meno un aspetto "superstizioso", un modo per associare un particolare Dio (e quindi la sua protezione) ad una particolare parte dell'esercito. Niente di eccezionale, anzi, direi che è una pratica abbastanza comune indipendentemente dal popolo o dal periodo storico (vedi il discorso sul simbolismo cinese che si faceva in un'altra discussione)
Per quanto riguarda l'esistenza di un "codice" della guerra, beh, non mi sembra che abbiamo niente di simile espresso in maniera esplicita, però è interessante notare che nella descrizione della battaglia di Qadesh Ramsete accusa gli Hittiti di aver barato, di aver vinto con l'inganno, di essersi comportati in maniera disonesta (in particolare, schierando un soldato in più sui loro carri da guerra).
Questo potrebbe indicare che gli egizi avevano davvero un qualche tipo di "convenzione" su come fosse opportuno combattere combattere una battaglia, ma può anche essere visto (e secondo me è abbastanza probabile che sia così, almeno in parte) come una scusa usata da ramsete per giustificare la propria sconfitta. Anche perchè vi sono vari esempi di "stratagemmi" usati dagli egizi contro i propri nemici.. Quindi se anche c'erano delle regole di ingaggio, probabilmente o gli egizi erano i primi a non rispettarle (invocandole solo quando gli faceva comodo), oppure dovevano essere delle regole molto più libere di quelle che a cui possiamo essere abituati noi sulla tradizione medievale e post-medievale.
Tutto questo, ovviamente, da prendere e valutare con le dovute cautele, in quanto ripeto non solo non mi sembra che gli studi specifici che conosco trattano di questi aspetti, ma soprattutto non mi sembra neppure di conoscere nessuna fonte egizia che ce ne parla, il che non significa necessariamente che non esistano, ma solo che io non li conosco
P.S. ma allora volete spostare?
Edited by lama su - 18/12/2011, 09:13