Ostraka - Forum di archeologia

La donna nell'antica Grecia, due reperti su cui riflettere

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view post Posted on 8/12/2011, 22:47
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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E' comunemente diffusa l'opinione secondo cui, nell'antica Grecia, la donna era tristemente condannata alla completa esclusione dalla vita sociale, privata di ogni diritto e di ogni libertà personale, e relegata a una vita di completa sottomissione, dentro le mura domestiche. Anche una rapida consultazione di Wikipedia non sembra gettare maggiore luce sulla questione: http://it.wikipedia.org/wiki/Condizione_fe...#Grecia_arcaica.
Come ho avuto occasione di ribadire più volte (sia in questo forum che altrove), però, io non sento di concordare totalmente con questo tipo di visione (che, personalmente, ritengo un po' troppo 'atenocentrica'): purtroppo, noto che, quando si parla di 'antica Grecia', si tende spesso a generalizzare (molto più di quanto non si faccia per la società romana), finendo per ridurre - talvolta in maniera eccessivamente semplicistica - le varie e complesse sfaccettature di questa civiltà a un mero stereotipo attico.

Un articolo comparso su una rivista archeologica (di recente edizione) mi ha fornito, in questi giorni, lo spunto per una discussione su questo tema così controverso, intorno al quale mi piacerebbe intavolare con voi un piccolo dibattito.
In particolare, segnalo due reperti su cui vorrei brevemente riflettere:

1) www.mlahanas.de/Greeks/Olympia/KyniskaSpartaBase.jpg.
La foto in link mostra la base di un monumento proveniente da Olimpia, dedicato dalla giovane principessa Cinisca, figlia del re di Sparta Archidamo e sorella di Agide II e Agesilao II. Il testo ci appare sorprendente:

CITAZIONE
Mio padre e i miei fratelli (sono) re di Sparta: Cinisca, avendo vinto con il carro dei veloci cavalli, eresse questa immagine: dico che io sola tra le donne di tutta la Grecia ottenni questa corona.

La giovane principessa aveva infatti vinto le gare di corsa con il carro in due occasioni (nel 396 e nel 392 a.C.). Pausania riporta una descrizione dei donari dedicati da Cinisca (Periegesi della Grecia, V, 12.5 e VI, 1.6), uno collocato nel pronao del tempio di Zeus e l'altro di fronte alla statua di Troilo: quest'ultimo consisteva in una base di marmo, che sorreggeva una quadriga bronzea, su cui stavano in piedi le statue dell'auriga e della stessa Cinisca.
Cinisca, in verità, non gareggiò mai in prima persona, ma risultò comunque vincitrice (venendo effigiata nel monumento), in quanto, nelle gare olimpiche di corsa dei carri, la vittoria non veniva assegnata all'auriga, bensì al proprietario dei cavalli. Nei pressi di Planistas, le fu addirittura dedicato un heroon e, in seguito, molte altre donne presero parte alle corse di cavalli (anche se non raggiunsero mai la sua fama).

Il caso di Cinisca può essere interpretato, in un certo senso, come una mera esibizione di status sociale; ma questo dato tradisce, a mio avviso, anche la straordinaria possibilità che alcune donne spartane (ovviamente, appartenenti a classi agiate) avevano, non solo di gestire parte dei propri averi, ma addirittura di utilizzarli per poter 'emergere' all'interno della loro stessa polis.

2) www.flickr.com/photos/l-dogg/5037453874/.
In questa pagina, invece, potete vedere una foto della 'Grande Legge di Gortyna', una delle più estese epigrafi greche a noi note, scoperta negli anni '80 del XIX secolo da Federico Halbherr (fondatore della Missione Archeologica Italiana a Creta). L'epigrafe, datata generalmente agli inizi del V secolo a.C., si occupa di questioni di diritto di famiglia e patrimoniale.
Per quanto riguarda la figura della donna, il diritto gortino garantiva tutta una serie di privilegi, impensabili per la coeva società ateniese: in questa città, infatti, essa poteva possedere beni propri e disporne liberamente. In caso di processo, non era costretta a presentarsi in tribunale accompagnata da un tutore. Poteva, inoltre, prendere parte all'eredità paterna (proprio come i suoi fratelli maschi) e possedeva facoltà decisionali anche riguardo al proprio matrimonio (come, ad esempio, in materia di divorzio).

Con questi due esempi, ho cercato di porre l'attenzione su alcuni aspetti della condizione della donna, all'interno di due famose capitali greche, geograficamente e culturalmente distanti da Atene (Sparta, in Laconia, e Gortyna, a Creta). L'analisi delle fonti epigrafiche e storiografiche, in questo senso, ci permette di delineare una concezione un po' più variegata della donna, nella Grecia del V/IV secolo a.C., a dispetto della forte misoginia emergente dai testi di autori come Aristotele (ma senza voler negare, ovviamente, con questo, una certa tendenza 'maschilista' di fondo, tipica di tutto il mondo ellenico).
 
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view post Posted on 9/12/2011, 14:20
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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In aggiunta a quanto detto, vorrei segnalare anche un link a un'interessante pagina, che tratta del rapporto fra Socrate e Aspasia: www.instoria.it/home/socrate_aspasia.htm. Questo per mostrare come non tutti i filosofi d'età classica condividessero le idee diffuse in Grecia (soprattutto ad Atene), riguardo la natura e il ruolo della donna.

Queste sono le notizie di cui dispongo al momento.
Mi piacerebbe conoscere, eventualmente, qualcosa di più sulla condizione della donna in altre città della Grecia antica (Corinto, Argo, Tebe etc.), e magari anche qualcosa sui modi di vita delle donne in Magna Grecia e in Asia Minore (dove, indubbiamente, i coloni greci avranno subìto le influenze delle altre culture preesistenti).
Per esempio, sapevo che in Magna Grecia le donne godevano di maggiore libertà, rispetto a quelle appartenenti alla società ateniese... Chi sa darmi qualche informazione in più?
 
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*Gibo*
view post Posted on 10/12/2011, 10:26




Non so aggiungere molto però vorrei proporti una riflessione che, pur avendomi suggestionato è forse facilmente smontabile: è possibile che il ruolo femminile (sempre relativamente a donne appartenenti a un ceto sociale elevato se non esclusivamente alla classe dominante dello stato) assumesse un'importanza maggiore in contesti aristocratici rispetto che in forme di democrazia (non in senso moderno), dove chi veniva escluso dal diritto politico diventava automaticamente un cittadino di serie B (o meglio un non cittadino).
In questo senso lo status aristocratico è dato dal "sangue" ovvero dall'appartenenza a una famiglia e non solo i maschi godono di questo privilegio. Esempi di donne di famiglie aristocratiche caratterizzate dal godere dicerti diritti si avrebbe se non sbaglio nelle culture italiche che entrarono in contatto con il mondo greco (penso agli Etruschi ma anche, almeno, ai popoli stanziati nell'odierna Puglia). Inoltre il possesso dei cavalli è una caratteristica proprio del potere aristocratico e dell'ostentazione di questo status.
Per contro quindi a godere di una certa reputazione a Atene erano le etere che svolgevano comunque un'attività riconosciuta e in un certo senso ben normata e fissata all'interno della società.
Quindi in entrambi i casi non è la donna in sè a godere di certe libertà o diritti ma la donna in quanto appartenente a una determinata famiglia da un lato a una determinata professione dall'altro.

Non conoscendo la situazione socio-politica di Gortyna non saprei come inserirla in questa riflessione. Si potrebbe però cercare di capire se i diritti che hai elencato fossero concessi a tutte le donne o solo a alcune.
 
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view post Posted on 10/12/2011, 12:49
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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CITAZIONE (*Gibo* @ 10/12/2011, 10:26) 
è possibile che il ruolo femminile (sempre relativamente a donne appartenenti a un ceto sociale elevato se non esclusivamente alla classe dominante dello stato) assumesse un'importanza maggiore in contesti aristocratici rispetto che in forme di democrazia (non in senso moderno), dove chi veniva escluso dal diritto politico diventava automaticamente un cittadino di serie B (o meglio un non cittadino).

La domanda è più che lecita, e perfino intrigante.
E' possibile, certo: il caso di Cinisca, secondo me, lo dimostra.
Ma, appunto, la domanda che sorge è: dove era possibile? Cioè, per quale polis della Grecia sarebbe stata realizzabile una cosa del genere? Perché ciò che Cinisca ha fatto a Olimpia, non credo che sarebbe mai stato possibile immaginarlo per una donna ateniese (per quanto ricca e di nobili origini). E questo, proprio per la diversa concezione che si aveva della donna a Sparta.

Stando a un'affermazione di Aristotele (forse un po' esagerata, ma che, in ogni caso, rende l'idea di una realtà ben nota anche agli Ateniesi), le donne spartane avevano nelle loro mani '2/5 di tutti i terreni'. A Sparta, le donne erano coloro che, di fatto, gestivano i kleroi (gli appezzamenti di terreno assegnati agli spartiati, continuamente impegnati in guerra): esse potevano ereditare e trasmettere queste proprietà (utilizzando, a vario titolo, anche i prodotti che se ne ricavavano).

Voglio sottolineare anche un ulteriore dato.
Sempre a Sparta, la costituzione di Licurgo prevedeva che anche le ragazze si allenassero (nude) all'aria aperta, proprio come i maschi (addestrandosi nella corsa, nella lotta, nel lancio del giavellotto, del disco etc.). Non a caso, nella Lisistrata, la spartana Lampitò è immaginata molto abbronzata.
Questa scelta avrebbe risposto a un preciso progetto del mitico legislatore, volto a una sorta di 'procreazione eugenetica' (il figlio nato da un uomo robusto e da una donna vigorosa, non potrà che nascere sano e forte...). Questo dato, secondo me, dovrebbe far riflettere sulla considerazione di cui godeva la donna in questa città: per esempio, contro le concezioni fortemente maschiliste di Aristotele (che, se non erro, sosteneva che il seme del maschio fosse l'unico 'agente attivo' nella generazione della prole), si può dire che, a Sparta, anche alla donna fosse riconosciuta una certa importanza - in senso fisico - ai fini della procreazione.

CITAZIONE (*Gibo* @ 10/12/2011, 10:26) 
Esempi di donne di famiglie aristocratiche caratterizzate dal godere dicerti diritti si avrebbe se non sbaglio nelle culture italiche che entrarono in contatto con il mondo greco (penso agli Etruschi ma anche, almeno, ai popoli stanziati nell'odierna Puglia). Inoltre il possesso dei cavalli è una caratteristica proprio del potere aristocratico e dell'ostentazione di questo status. Per contro quindi a godere di una certa reputazione a Atene erano le etere che svolgevano comunque un'attività riconosciuta e in un certo senso ben normata e fissata all'interno della società.

Il problema del 'lavoro' è un altro tasto interessante da andare a toccare (restavo in fremente attesa che qualcuno sollevasse la questione!).
Quella dell'etera, in particolare, era, senza dubbio, una vera e propria professione (e la banale assimilazione dell'etera a una 'prostituta' non rende giustizia, secondo me, a questa categoria). Si trattava, innanzitutto, di donne libere (addirittura non esentate dal pagamento delle tasse!). Queste giovani erano apprezzate non solo per il loro corpo e i piaceri che sapevano donare, ma anche per le loro abilità nel canto, nella danza e, soprattutto, nella discussione intellettuale. Quest'ultimo dato ci parla di donne colte, che avevano avuto modo di studiare ed erano state istruite anche da personalità famose (per Aspasia si è pensato addirittura al sofista Gorgia).

Il fatto che le etere fossero soprattutto ex-schiave (magari deportate, dopo una guerra, nella città dei vincitori), mi fa pensare che questa loro educazione non fosse stata fornita dai genitori alle proprie figlie, in un'ottica finalizzata a spingerle verso la professione dell'etera. Forse la loro acculturazione era 'a prescindere', e in questi casi disperati diventava una sorta di escamotage (una via di fuga, che permetteva loro di sottrarsi alla schiavitù e di riacquistare una certa dignità e benessere)... Ma non sono abbastanza esperto della questione, e potrei anche prendere un abbaglio.
Mi chiedo, inoltre, se in Asia Minore non ci fosse una diversa concezione dell'istruzione della donna, all'interno della famiglia, che magari ad Atene non esisteva (lo chiedo pensando al fatto che anche Targelia, un'altra famosa etera dell'antichità, era nativa della Ionia).

P.s.

Su Gortyna non posso approfondire molto, Gibo, in quanto non ho mai trovato testi specifici sull'argomento (le poche nozioni che possiedo le ho recuperate da vari pdf trovati in rete, in cui l'argomento veniva comunque analizzato molto all'acqua di rose...). Inoltre, le fonti su cui mi sono basato per scrivere questo post sono meno numerose di quanto non possa sembrare (e io non sono certo un esperto della questione). Ecco perché chiedo notizie e pareri: perché mi piacerebbe provare ad approfondire questo particolare tema (e sono certo che tutti i contributi potrebbero tornare utili).
 
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*Gibo*
view post Posted on 10/12/2011, 14:35




Riguardo alla vita e alla formazione delle etere una trattazione era presente in "I bassifondi dell'antichità" di Catherine Salles.
L'ho letto diversi anni fa, se riesco a ricordarmi dove l'ho messo magari ci trovo qualcosa di interessante.
 
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view post Posted on 10/12/2011, 17:08
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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CITAZIONE (*Gibo* @ 10/12/2011, 14:35) 
Riguardo alla vita e alla formazione delle etere una trattazione era presente in "I bassifondi dell'antichità" di Catherine Salles. L'ho letto diversi anni fa, se riesco a ricordarmi dove l'ho messo magari ci trovo qualcosa di interessante.

Potrebbe essere d'aiuto. Io non possiedo testi specifici sulla materia.

Nel frattempo, comunque, le mie ricerche continuano (ovviamente, nelle mie possibilità). Spero che possa saltare fuori qualcosa anche e soprattutto riguardo all'educazione di queste ragazze. Come già detto, Aspasia era una donna di grande cultura, esperta di filosofia (e, non di rado, aveva tenuto - in modo molto informale - riunioni con altri uomini e donne, proprio all'interno della casa di Pericle).
Ripensavo al fatto che anche il famoso tiaso di Saffo (fondato dalla stessa poetessa, sull'isola di Lesbo) aveva fini pedagogici per le giovani aristocratiche che vi venivano inviate. Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Tiaso) afferma che questa associazione si occupava, in gran parte, di educare le future spose al canto, alla danza e all'arte della seduzione... Per questo, mi stavo chiedendo se non possano esser state anche 'scuole' come questa (ho usato gli apici perché, in realtà, anche il tiaso di Saffo non era un'istituzione pubblica, e si riuniva nella sua stessa casa) ad aver giocato un certo ruolo nell'educazione di quelle stesse fanciulle, che poi, una volta deportate in città lontane, come bottino di guerra, finivano per diventare etere...
 
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view post Posted on 12/12/2011, 09:08
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Ho fatto qualche ricerca sul web, per ora solo in italiano, e questo è quello che ho trovato di consultabile direttamente


www.dpsd.unimi.it/fonti/2291.pdf, mondo Greco in generale, pag.14 per capitolo Gortyna
www.ledonline.it/Dike/allegati/dike6_Maffi.pdf
http://www.accademiageograficamondiale.com...oli/Gortina.pdf
http://users.unimi.it/dikeius/prin_file/stat/donadio.pdf

Atti di convegni dedicati a Gortyna
http://www.museocivico.rovereto.tn.it/even...ATE=default.jsp, qui una videoregistrazione http://www.museocivico.rovereto.tn.it/news...t.jsp&ID_AREA=6
www.lerma.it/D_Scheda_new.asp?ID=65646

Articoli non firmati, non so quanto attendibili
www.parodos.it/tempoliberosposa.htm
http://web.tiscalinet.it/appuntiericerche/Greco/donna.HTML

Solo Diritto Attico
http://www.ledonline.it/Dike/allegati/Dike...ia-ateniese.pdf


Qui, una breve trattazione 'in generale'
www.eticapubblica.it/public/upload/10.pdf
Cercare con google Lo statuto della sposa nel mondo greco dal IX al IV sec il primo è un documento di MSWord

Probabilmente, li avrete già visti, ma chissà qualcosa potrebbe giungervi nuova
 
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view post Posted on 12/12/2011, 16:07
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- Γνῶθι σεαυτόν -

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Grazie mille, Usèkar! :lol:

Questo materiale è interessantissimo (e, in larga parte, mi era ignoto). Fra le pagine che hai segnalato, l'unica che avevo già consultato è quella dell'Accademia Geografica Mondiale (che, come potete vedere, tratta l'argomento in modo un po' più sommario...). Noto che un paio degli autori, di cui hai riportato gli studi, tendono a non 'entusiasmarsi' troppo per quanto sancito dal Codice di Gortyna, asserendo che le libertà di cui la donna godeva in questa città fossero, in realtà, funzionali alla tutela dell'ordine familiare, per evitare l'insorgere di dispute fra padri e figli.

Non saprei quale posizione assumere in merito a questo specifico dibattito, in quanto non ho mai avuto la possibilità di studiare personalmente il codice gortino (a Firenze non esiste neppure più il corso di Epigrafia greca...). Però, che si tratti (in alcuni casi) di una 'libertà strumentale' o meno, una certa differenza fra la condizione della donna gortina e quella ateniese è innegabile.
Lo studio dell'Università di Milano, inoltre, mi ha riconfermato una mia precedente constatazione. Gortyna e Sparta non sono due città assimilabili per puro caso: si tratta, infatti, di due poleis di tradizione dorica (fra le quali Gortyna sembra esser stata quella che ha subìto un'influenza esterna). Dunque, si potrebbe tentare di suddividere la visione della donna nella Grecia antica in due grandi filoni, paralleli ma non coincidenti fra loro (nel senso che un maschilismo di fondo c'è in entrambi, ma in uno è più accentuato): un filone 'dorico' e uno 'ionico'.
Non a caso, nello stesso pdf, si può leggere:

CITAZIONE
Parleremo, invece, de “la famiglia in Grecia”, dividendo l’argomento in due sezioni dedicate rispettivamente alla città di Atene, come modello delle poleis ioniche (ovviamente, con le riserve sopra esposte a proposito del valore di questo e qualsiasi altro “modello”), e a Sparta e a Gortina, le due uniche città doriche di cui è possibile tentare di ricostruire quantomeno le linee fondamentali della storia familiare.

Interessante è anche lo punto offerto da Garboni (ultimo link):

CITAZIONE
Rispetto alla condizione femminile, lo status della donna nella Grecia antica
era diverso da una città Stato all’altra. La più notevole forma di proprietà privata a
quel tempo era la proprietà di terra. Esistono documenti che registrano donne
proprietarie terriere nelle città Stato Delfi, Gortina, Tessaglia, Megara e Sparta. Al
contrario, le donne ateniesi avevano diritto di proprietà limitato, e a seguito non
erano considerate cittadine a pieno titolo perche la cittadinanza e i diritti civili e
politici derivanti da questa erano definiti in relazione alla proprietà.

Oltre a ribadire la linea già da me espressa (e cioè che non si può sempre generalizzare, quando si parla di antica Grecia, poiché poleis diverse potevano anche essere caratterizzate da orientamenti culturali specifici), leggo che attestazioni di donne proprietarie di terreni sono note anche per Delfi, Megara e perfino per alcune zone della Tessaglia. Mi resta un tantino oscuro il modo con cui si dice che le donne ateniesi 'non erano considerate cittadine a pieno titolo', quasi come se fosse in opposizione alle altre donne, delle regioni sopra elencate... Ma, che io sappia, sulla questione del diritto al voto, la situazione dovrebbe essere stata sempre abbastanza omogenea per tutta la Grecia.
 
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icon4  view post Posted on 3/1/2012, 14:50

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Ciao Perseo,
non so niente di specifico sull'argomento, ma queste questioni hanno sempre incuriosito anche me. La mia unica fonte sull'argomento è stata, molti anni fa, L'ambiguo malanno, di Eva Cantarella, testo specificamente centrato su immagine e ruolo della donna nella Grecia classica. Sinceramente non ricordo (ti parlo di letture di 20 anni fa o più) se utilizzasse solo fonti ateniesi, ma non credo. Sicuramente qualche paragone almeno con Sparta doveva esserci, vista anche la professionalità dell'autrice. Purtroppo il testo è rimasto a casa dei miei, quindi non sono in grado al momento di consultarlo, ma se lo trovi, te lo consiglio. Per inciso il titolo riprende la definizione della donna data da qualche tragediografo ateniese.

I testi dorici che citi mi evocano tutt'altro tipo di confronto, che però può forse tornare utile alla nostra riflessione. Per quel che ne so io, il diritto islamico dà alla donna molti diritti (scusa il gioco di parole): una parte dell'eredità familiare, la possibilità di divorzio sono i primi che mi vengono in mente a memoria. La stessa moglie di Maometto era una mercante più anziana di lui e piuttosto intraprendente, se non ricordo male.

Detto questo, il mondo islamico (almeno quello attuale, ma penso che simili confronti valessero anche per il passato) presenta una gran varietà di condizione effettiva della donna. Si va dalle società maghrebine, piuttosto chiuse, a quelle egiziana e vicino orientali dove si può trovare di tutto (per non parlare della Turchia). Io personalmente conosco bene il mondo palestinese e qui ogni famiglia fa storia a sé: in uno stesso nucleo familiare puoi trovare il marito con moglie con burqa e la nipote che se ne va in giro in magliettina e jeans attillati e ovviamente a testa scoperta. Oppure trovare una donna col chador che però è presidente di associazioni e gestisce in autonomia la propria vita sociale, ma ha il figlio membro di associazioni islamiche. O ancora la deputata che di velo non ne vuol sentire parlare e fa il bello e il cattivo tempo in famiglia e fuori. Tutti casi da me conosciuti personalmente.

Chiaro che parliamo dell'oggi e non di 2.500 anni fa. Ma è solo per dire che il diritto è una cosa, la realtà un'altra e dipende molto dalla cultura sviluppatasi localmente.

 
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view post Posted on 4/1/2012, 11:36
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CITAZIONE (clitemnestra @ 3/1/2012, 14:50) 
non so niente di specifico sull'argomento, ma queste questioni hanno sempre incuriosito anche me. La mia unica fonte sull'argomento è stata, molti anni fa, L'ambiguo malanno, di Eva Cantarella, testo specificamente centrato su immagine e ruolo della donna nella Grecia classica. Sinceramente non ricordo (ti parlo di letture di 20 anni fa o più) se utilizzasse solo fonti ateniesi, ma non credo. Sicuramente qualche paragone almeno con Sparta doveva esserci, vista anche la professionalità dell'autrice.

Ciao Clitemestra! ^_^

Il saggio che citi lo conosco solo di nome, non l'ho mai letto (quindi, neppure io posso esprimermi in merito). Eva Cantarella è sicuramente una grande studiosa del diritto antico, greco e romano, quindi ci sta che possa aver menzionato anche i documenti da noi citati in questa discussione (quasi per certo, credo, la Legge di Gortyna).
Il mio intento, comunque, non era quello di dimostrare che la condizione della donna nell'antica Grecia fosse migliore (o, tantomeno, privilegiata!), rispetto a quanto c'è stato sempre insegnato: io volevo solo cercare di dimostrare come, appunto, pur in una generale condizione di inferiorità, i diritti e le possibilità di scelta delle donne fossero abbastanza diversi, da polis a polis. Questo, per combattere una generale tendenza di giudizio che, a mio avviso, è sempre stata troppo condizionata dalla realtà ateniese - e la Grecia classica, come sappiamo, non si identificava solo con Atene (altrimenti, sarebbe un po' come identificare l'Italia del Rinascimento con il solo Gran Ducato di Toscana...).

CITAZIONE (clitemnestra @ 3/1/2012, 14:50) 
Chiaro che parliamo dell'oggi e non di 2.500 anni fa. Ma è solo per dire che il diritto è una cosa, la realtà un'altra e dipende molto dalla cultura sviluppatasi localmente.

Non sono sicuro di aver capito bene ciò che intendi.
Vuoi dire che, indipendentemente da ciò che ci dicono i testi di diritto antico, forse le donne greche potevano avere una considerazione ulteriormente differenziata, a seconda della località in cui risiedevano?
 
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view post Posted on 5/1/2012, 23:59

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Sì, è più o meno quello che intendevo dire. Tra il diritto e la prassi ce ne passa. Non è detto che una legge sia rispettata nella realtà perché possono subentrare elementi culturali d'altro tipo. Quindi credo che se una legge codificata è senz'altro un indicatore, non è poi detto che sia da prendere alla lettera per capire come dovevano vivere le donne. Dopo di che è una delle poche cose che ci resta per farcene un'idea! Proverò a recuperare il testo della Cantarella nei prossimi giorni e ti farò sapere.
 
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Greco 78
view post Posted on 3/2/2012, 06:43




Mi inserisco nella discussione perchè la trovo di grande interesse (è il mio primo post).
Secondo il mio parere, e su questo sono d'accordo con te Perseo, negli studi "sociologici" sulla Grecia si generalizza sempre molto (senza contare che spesso si riduce tutto alla situazione di Atene e dell'Attica). Certo, se vogliamo cercare esempi "elevati" di donne che escono dall'oikos e prendono parte ad agoni, spettacoli, o addirittura, alla vita politica di una polis in età arcaica o classica, troveremo ben pochi esempi (da te illustrati in apertura). Meglio concentrarsi nell'analisi della vita quotidiana di una qualsiasi donna greca, certamente meno intrigante, ma più vicina alla realtà di quei tempi.
Esiste, a mio parere, una libertà assai relativa per la donna greca. Si deve partire dal presupposto fondamentale che la donna greca di buona condizione sociale (quindi non incluse serve ed etere) era votata interamente alla cura della casa e dello sposo.
Nondimeno già nell'Odissea (opera che ha forgiato la cultura greca) abbiamo esempi di libertà concessa ad una donna. Mi riferisco a Nausicaa figlia di Alcinoo. Infatti, la figlia del re dei Feaci incontra Odisseo mentre è intenta in giochi (al di fuori del contesto palaziale e domestico) sulla spiaggia con le sue ancelle. Ancora dall'Iliade e dalle tragedie greche che si rifanno, in parte, agli "scritti" omerici (pensa alle Troiane di Euripide ad esempio) si possono trovare episodi che indicano un certo grado di importanza delle donne sulla scena politica e sociale (E' Ecuba ad indirizzare Menelao nel discorso con la moglie Elena ed è sempre la moglie di Priamo a parlare con gli invasori greci). Ancora nelle Baccanti le donne della casa reale tebana sono rappresentate come protagoniste, accessorie, ma indispensabili (anche se plagiate da Dioniso). Se poi passassimo alla sfera divina troveremmo ancora più esempi che qui mi pare anche superfluo elencare (d'altronde Atena, dea principale del pantheon greco, è armata di tutto punto come un oplita, ed ancora Artemide (Potnia) viene rappresentata spessissimo come cacciatrice ed arciere infallibile, vedi ad es. il mito delle Niobidi insieme al fratello Apollo).
Fin qui solo qualche esempio che attiene alla sfera regale e mitologica. Sono esempi che esulano dalla vita reale di tutti i giorni, ma recano, comunque, un messaggio chiaro ed inequivocabile: per i greci la donna poteva, in casi eccezionali, anche essere destinataria di onori e posizioni sociali atipiche o pertinenti alla sfera maschile.
Se passassimo alla vita quotidiana vedremmo come la libertà femminile era relegata al gineceo e alla vita in casa con domestiche ed ancelle. Gli elementi fondamentali erano la cura dell'ambiente domestico, l'accumulo e la conservazione di beni primari (cibo e acqua-Kakkabè e Hydriae sono il pane quotidiano della donna greca:) e il poter soddisfare il marito per la generazione di sana ed abbondante prole.
A tal proposito, a parte l'ovvio esempio di Penelepe, possiamo ricordare come una condotta assennata e in linea con le aspettative sociali della polis fosse prerogativa delle fanciulle di famiglie di rango elevato o comunque medio/alto.
Una differenza riscontrabile è sicuramente data dall'età della donna e dalla sua posizione sociale (nubile-sposata). Si nota, infatti, una libertà maggiore per le ragazze che ancora non hanno marito. Mi viene in mente, a tal proposito, una serie di produzioni vascolari della seconda metà del V sec. a . C. (attiche ma rinvenute in varie zone della Grecia e Magna Grecia come Cuma) dove si osservano fanciulle dedite a giocare da sole o in compagnia di altre fanciulle (sempre all’interno di uno spazio chiuso però); si tratta di un chiaro indice di una relativa libertà concessa alle giovinette prima di essere poste sotto il "giogo" maschile. In effetti, una volta sposate, la poca libertà concessa veniva a mancare. Possiamo osservare questo fenomeno dalle molteplici testimonianze iconografiche che abbiamo (su tutte le produzioni vascolari magnogreche di IV a. C. con immagini in cui la donna è relegata sempre (e con monotonia aggiungerei) alla sfera matrimoniale- d'altronde il mundus muliebris è un'invenzione di esclusiva fruizione femminile).
Contro ciò che ho appena scritto esistono gli esempi locresi collegabili alla pratica della prostituzione sacra che è, comunque, accessoria di un culto poliadico. Oppure mi vengono in mente figure di notevole rilievo come la Pizia delfica o la Sibilla Cumana (ma l’importanza del ruolo collegabile con i culti oracolari era inficiata dal fatto che la donna dovesse andare in trances per vaticinare-ergo perdeva il raziocinio ed il controllo di se stessa; prerogative essenziali dell’uomo greco).

Dal quadro che brevemente ho delineato emerge come la donna non potesse avere un ruolo attivo e protagonista nella cultura greca (le mancavano anche le libertà più elementari). Questo al di là dell'interessante esempio che hai riportato da Gortyna.
Un discorso diverso si può fare, invece, su come i greci intendessero la donna al di fuori della Grecia. Infatti, sovente, donne barbare rivestono ruoli e prerogative maschili di notevole importanza ( vedi le Amazzoni ed il ruolo che rivestono nella cultura greca le figure di Antiope o di Pentesilea). Rimane da dire che verso questi personaggi esiste un’ indubbia accezione negativa (le Amazzoni sono nemiche dei Greci sin da Troia e in età classica assumono un'iconografia molto vicina al popolo persiano).
Mi perdonerai se gli esempi riportati hanno il comun denominatore mitologico. Ma, come ben sai, i Greci reinventano il loro passato in funzione del presente in cui vissero. Mito e vita reale sono strettamente interdipendenti. Il mito e le sue raffigurazioni sono il punto di partenza da dove è possibile incominciare a comprendere il mondo antico ed il suo pensiero.
Mi scuso per la lunghezza e l’incompletezza del post.
A presto, Luca.

Edited by Greco 78 - 3/2/2012, 07:21
 
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view post Posted on 3/2/2012, 12:44
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Ciao Luca.
Innanzitutto, ti ringrazio per aver scelto di commentare proprio questo mio vecchio post, il tuo contributo è davvero interessante e ci sono alcuni aspetti che meriterebbero di essere approfonditi. Mi riserbo alcune personali osservazioni:

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 06:43) 
Nondimeno già nell'Odissea (opera che ha forgiato la cultura greca) abbiamo esempi di libertà concessa ad una donna. Mi riferisco a Nausicaa figlia di Alcinoo. Infatti, la figlia del re dei Feaci incontra Odisseo mentre è intenta in giochi (al di fuori del contesto palaziale e domestico) sulla spiaggia con le sue ancelle. Ancora dall'Iliade e dalle tragedie greche che si rifanno, in parte, agli "scritti" omerici (pensa alle Troiane di Euripide ad esempio) si possono trovare episodi che indicano un certo grado di importanza delle donne sulla scena politica e sociale (E' Ecuba ad indirizzare Menelao nel discorso con la moglie Elena ed è sempre la moglie di Priamo a parlare con gli invasori greci).

Ciò che dici, riguardo alla maggior libertà (e importanza) della donna in Omero, è indubbiamente corretto. Mi chiedo solo se (e quanto) possa essere, però, anche rappresentativo della condizione femminile in età classica.

Mi spiego: l'Iliade e l'Odissea sono due poemi di difficile inquadramento, anche per quello che concerne il problema della 'questione omerica'. Gli studiosi, ancora oggi, si trovano a dibattere su quale sia l'effettivo momento storico di cui tali poemi si fanno rappresentanti, in quanto entrambi potrebbero essere costituiti da un nucleo di canti molto antichi (tramandati oralmente), ma corredati da una serie di aggiunte e modifiche, avvenute durante il passaggio dal mondo miceneo a quello greco. Come giudicare, dunque, il contesto della società omerica? Si tratta di un riflesso genuino del mondo miceneo del TB, o di quello greco della prima età del Ferro (oppure, ancora, è una contaminazione di entrambi)?

L'analisi delle figure delle regine omeriche (Penelope in primis) ci rimanda all'immagine di una kyria dotata di ampio potere e controllo sull'intera reggia. Nelle tavolette micenee, per esempio, il termine po-ti-ni-ja (equivalente del greco potnia, 'signora'), è utilizzato spesso per indicare, con molta probabilità, la regina stessa del palazzo (anche se lo stesso termine potrebbe indicare pure la dea, in contesti di carattere sacrale). Dall'analisi filologica della documentazione, pare che questa 'signora' fosse preposta a una grande varietà di compiti di grande responsabilità all'interno del palazzo (controllo su merci, magazzini, distribuzioni, personale etc.). A questo, si aggiunga l'accoglienza che queste offrono a invasori, ambasciatori e viandanti (che traspare dai poemi stessi). In nuce, forse, la potnia micenea e la kyria greca potrebbero essere, quindi, idealmente vicine; ma, se volessimo andare più a fondo, non so se (e fino a che punto) la donna omerica possa essere paragonabile a quella dell'età classica.

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 06:43) 
Se poi passassimo alla sfera divina troveremmo ancora più esempi che qui mi pare anche superfluo elencare (d'altronde Atena, dea principale del pantheon greco, è armata di tutto punto come un oplita, ed ancora Artemide (Potnia) viene rappresentata spessissimo come cacciatrice ed arciere infallibile, vedi ad es. il mito delle Niobidi insieme al fratello Apollo).

Anche questo è corretto. Diciamo che, personalmente, ho cercato di attenermi a esempi più 'umani', senza sconfinare nella sfera divina, in quanto le prerogative di una dea difficilmente potrebbero essere riscontrabili nella vita quotidiana di una donna greca (oltre alla figura di Artemide cacciatrice penso, per esempio, al ruolo di giudice svolto da Atena, nel processo a Oreste...).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 06:43) 
Una differenza riscontrabile è sicuramente data dall'età della donna e dalla sua posizione sociale (nubile-sposata). Si nota, infatti, una libertà maggiore per le ragazze che ancora non hanno marito. Mi viene in mente, a tal proposito, una serie di produzioni vascolari della seconda metà del V sec. a . C. (attiche ma rinvenute in varie zone della Grecia e Magna Grecia come Cuma) dove si osservano fanciulle dedite a giocare da sole o in compagnia di altre fanciulle (sempre all’interno di uno spazio chiuso però); si tratta di un chiaro indice di una relativa libertà concessa alle giovinette prima di essere poste sotto il "giogo" maschile.

Sì, una cosa del genere mi pare fosse stata accennata sul forum anche in precedenza, relativamente alle 'orsette' di Brauron. Indubbiamente, la vita matrimoniale costituiva un vero e proprio giogo per la donna, che vedeva ulteriormente ridotte le sue libertà personali.

A tal proposito, trovo interessante lo spunto offerto dal mito di Atalanta: http://it.wikipedia.org/wiki/Atalanta_(mitologia)#Il_mito. La bambina (non a caso, svezzata da un'orsa), fu raccolta e allevata da un gruppo di cacciatori, divenendo, col tempo, un'abilissima cacciatrice (un ruolo tipico degli uomini). L'oracolo, però, le aveva predetto che avrebbe perso ogni sua abilità nella caccia, il giorno in cui fosse stata presa in moglie da un uomo (dunque, anche qui, abbiamo un'allusione al matrimonio come fine della libertà per questa eroina).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 06:43) 
Contro ciò che ho appena scritto esistono gli esempi locresi collegabili alla pratica della prostituzione sacra che è, comunque, accessoria di un culto poliadico. Oppure mi vengono in mente figure di notevole rilievo come la Pizia delfica o la Sibilla Cumana (ma l’importanza del ruolo collegabile con i culti oracolari era inficiata dal fatto che la donna dovesse andare in trances per vaticinare-ergo perdeva il raziocinio ed il controllo di se stessa; prerogative essenziali dell’uomo greco).

Eh, ma guarda, mentre leggevo il tuo commento, anch'io avevo ripensato alla figura della Pizia delfica... E il rimando mi pare assai interessante (anche in connessione con le baccanti, da te sopra citate). Infatti, se è vero che alcuni santuari erano retti da oracoli e profeti maschi - penso a quello di Zeus a Olimpia - è altrettanto vero che il più importante oracolo di tutta la Grecia (quello delfico, appunto) si affidava ai discorsi deliranti di una donna.
La donna parrebbe essere, in taluni contesti, lo strumento privilegiato del dio, attraverso il quale esso si esprime, previa possessione del soggetto (un concetto analogo a quello dell'enthousiasmos dionisiaco, che invasa le baccanti). L'uomo-sacerdote, anche in questo contesto, ha sempre un ruolo di controllo fondamentale (erano i sacerdoti di Apollo, infatti, che raccoglievano le parole sconnesse della Pizia, formando le enigmatiche risposte da dare a chi era giunto fino a Delfi, per consultare l'oracolo). Ma senza la donna, in questi casi, il dio non parrebbe poter entrare in contatto con il fedele.

Un discorso simile dovrebbe valere (credo) anche per la questione della prostituzione sacra (argomento su cui, però, confesso, sono meno preparato): nel momento in cui l'uomo si unisce alla prostituta della dea, non si unisce carnalmente alla donna, ma alla dea stessa. Il corpo della donna, dunque, si fa strumento e mezzo di contatto, per mettere in comunicazione diretta il fedele con la divinità (non sono certo che esistesse anche una 'prostituzione sacra maschile', e anche Wikipedia ne dà solo alcuni accenni dubbiosi: http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualit%...i_mediorientali).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 06:43) 
Un discorso diverso si può fare, invece, su come i greci intendessero la donna al di fuori della Grecia. Infatti, sovente, donne barbare rivestono ruoli e prerogative maschili di notevole importanza ( vedi le Amazzoni ed il ruolo che rivestono nella cultura greca le figure di Antiope o di Pentesilea). Rimane da dire che verso questi personaggi esiste un’ indubbia accezione negativa (le Amazzoni sono nemiche dei Greci sin da Troia e in età classica assumono un'iconografia molto vicina al popolo persiano).

Concordo con questa tua idea. Penso, per esempio, a una figura come quella di Medea (unica donna ammessa a navigare a bordo dell'Argo, con un'equipaggio di soli uomini), o, se volessimo restare più nel concreto, al caso delle donne etrusche, tanto criticate da Aristotele, perché potevano banchettare sdraiate con i loro mariti.
 
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Greco 78
view post Posted on 3/2/2012, 17:00




Ciao Perseo,
Allora per l'età classica avevo citato alcuni documenti pro e contro. L'insistere su Odissea ed Iliade è dovuto al fatto che entrambi i poemi sono vivi e molto seguiti in età classica (e molto rielaborati e riusati adattandoli al contesto dell'epoca). Rappresentano l'equivalente dell'Eneide in età augustea a Roma. "Omero" ed Esiodo sono le due colonne portanti della cultura greca e il sostrato culturale delle genti elleniche è composto da questi due autori. Ho insistito sull'aspetto mitologico perchè, come detto, rappresenta la base di partenza per ogni discussione si voglia fare su aspetti iconografici e sociali del mondo antico. Naturalmente intendo la mitologia come espressione di usi e costumi rielaborati attraverso il mito. Un buono studioso di arte/società antica, deve necessariamente partire da questi presupposti. Se "Omero" può immaginare figure come Nausicaa vuol dire che realmente sono esistiti casi di libertà personale per una donna nel mondo greco; e se Euripide alla fine del V a. C. immagina Ecuba vuol dire che anche per il tragediografo era pensabile una certa libertà per una figura femminile (di rango reale e in un contesto “rovesciato” comunque). Si tratta però di casi isolati che vanno contestualizzati. Hai ragione nel sottolineare il sostrato "miceneo" dei poemi omerici, ma devi tener conto di come entrambi gli scritti siano rielaborati attraverso i secoli in opere differenti. Quando, ad esempio, adopero il termine "giogo" (tra virgolette) cito un termine di Euripide riprende direttamente da Omero! Il "giogo", per entrambi gli autori, è il peso maschile sulla femmina impalmata. La donna è rappresentata per metafora come una giovenca che tira l'aratro nei campi (superfluo far notare che chi conduce bestia e aratro sia un uomo). Di contro, se i greci creano un pantheon dove le donne hanno un ruolo importantissimo, centrale direi, vuol dire che era pensabile una posizione elevata della donna (contra, vedi nella religione cristiana come la donna sia marginale e sottomessa-esistono solo figure maschili preponderanti- ciò si riflette pesantemente sull'ideologia che viene rappresentata). La mitologia non è un’invenzione astratta e scollegata dal mondo greco reale ma un suo riflesso.
Detto ciò, circoscrivo quanto detto nel precedente post da me scritto. L'ipotesi che la donna greca in età classica fosse priva di libertà (a parte alcuni casi da analizzare e contestualizzare molto attentamente) non è mia naturalmente. Esiste un lungo filone di studi che è ben rappresentato dal classico lavoro di A. Brelich sulla società greca (Paides e Parthenoi, Roma 1969- nel caso in cui ti interessasse). Nella tua risposta molto accurata non hai menzionato i miei brevi cenni alla tradizione iconografica. Li hai saltati e vorrei capire perchè? Non puoi prescindere dal dato materiale per poter comprendere la società greca. Se gli archeologi si fossero limitati alle sole fonti scritte (autori antichi, epigrafi, graffiti ecc.) brancoleremmo nel buio più totale su molte questioni...

Come vedi anche nei miei interventi fornisco pro e contro per entrambe le ipotesi (libertà/servitù); mi pare chiaro che la questione non sia così facilmente delineata come alcuni potrebbero pensare.
Non voglio dilungarmi oltre per non creare un post monstre come ieri.
Se posso permettermi, come spunto sul quale ragionare senza doverti chiudere in biblioteca, ti consiglierei di leggere un breve articolo di L. Todisco apparso su Ostraka del 2009, n.2, pp. 519-528. All'epoca fu molto illuminante per me. Non tratta in toto del nostro discorso, ma di un particolare iconografico su alcuni vasi attici rinvenuti un po' ovunque nel mondo greco. Il dato è importante perchè questa particolare produzione (ma il nostro discorso vuole esulare dalla prospettiva "atticocentrica") viene esportata ed inserita in contesti sociali differenti dal luogo in cui è realizzata (ergo si accoglie, facendolo proprio, un messaggio e un'ideologia differente ma sentita affine). Da questo breve articolo si possono prendere una miriade di spunti sui quale ragionare (soprattutto molti spunti in bibliografia).
Saluti.
 
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view post Posted on 4/2/2012, 01:01
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CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
L'insistere su Odissea ed Iliade è dovuto al fatto che entrambi i poemi sono vivi e molto seguiti in età classica (e molto rielaborati e riusati adattandoli al contesto dell'epoca). Rappresentano l'equivalente dell'Eneide in età augustea a Roma. "Omero" ed Esiodo sono le due colonne portanti della cultura greca e il sostrato culturale delle genti elleniche è composto da questi due autori. Ho insistito sull'aspetto mitologico perchè, come detto, rappresenta la base di partenza per ogni discussione si voglia fare su aspetti iconografici e sociali del mondo antico. Naturalmente intendo la mitologia come espressione di usi e costumi rielaborati attraverso il mito. Un buono studioso di arte/società antica, deve necessariamente partire da questi presupposti.

Di contro, se i greci creano un pantheon dove le donne hanno un ruolo importantissimo, centrale direi, vuol dire che era pensabile una posizione elevata della donna. La mitologia non è un’invenzione astratta e scollegata dal mondo greco reale ma un suo riflesso.

Mmm. Comprendo, ma non condivido del tutto alcune tue affermazioni.
Come altri utenti ben sanno, personalmente, sono un po' più diffidente, talvolta, dall'affidarmi completamente al mito, come a una fonte di risposte a quesiti di carattere sociologico e culturale.
Il discorso è lungo (e necessiterebbe di molti distinguo...).

Per esempio, sappiamo che Atena era conosciuta anche come Πρόμαχος ('che combatte in prima linea'), mentre Artemide era detta Ἑκάτη ('saettatrice', in riferimento alla sua abilità con l'arco). Ma nell'antica Grecia, al di fuori di personaggi mitici e immaginari, non dovrebbero essere noti casi di donne-guerriere o donne-cacciatrici (entrambe occupazioni esclusivamente maschili). Esempio banale, questo, per rimarcare il fatto che il mito non può essere sempre addotto per giustificare una realtà storica e sociale (perché, in questi casi, non hai alcun tipo di corrispondenza fra la condizione della donna e il ruolo della dea).
Questo non significa, ovviamente, che nessuna dea potesse essere ritenuta rappresentativa della condizione della donna (penso, in particolare, a Era, che incarna la tipica sposa greca, sottomessa al marito e, spesso, umiliata dai suoi amori adulterini). Dal canto loro, i casi di Penelope e Nausicaa, forse, sono più pertinenti alla sfera dell'epica (che, sì, potrebbe contenere tracce di antiche realtà sociali, più o meno sopravvissute nell'età classica). Questa, va da sé, è una mia personalissima opinione (liberi tutti di non concordare).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
Detto ciò, circoscrivo quanto detto nel precedente post da me scritto. L'ipotesi che la donna greca in età classica fosse priva di libertà (a parte alcuni casi da analizzare e contestualizzare molto attentamente) non è mia naturalmente.

Ma certo: e, se rileggi bene tutta la discussione, comunque, noterai che lo scopo del mio intervento non era quello di scardinare questa idea, ma solo di ridimensionare la concezione della donna (che fu sempre, in generale, di inferiorità), distinguendo fra poleis di cultura dorica e poleis di cultura ionica (un'intuizione di cui, anche qui, non mi attribuisco il merito, in quanto era riportata in alcuni degli studi indicati da Usèkar).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
Nella tua risposta molto accurata non hai menzionato i miei brevi cenni alla tradizione iconografica. Li hai saltati e vorrei capire perchè? Non puoi prescindere dal dato materiale per poter comprendere la società greca. Se gli archeologi si fossero limitati alle sole fonti scritte (autori antichi, epigrafi, graffiti ecc.) brancoleremmo nel buio più totale su molte questioni...

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
un particolare iconografico su alcuni vasi attici rinvenuti un po' ovunque nel mondo greco. Il dato è importante perchè questa particolare produzione (ma il nostro discorso vuole esulare dalla prospettiva "atticocentrica") viene esportata ed inserita in contesti sociali differenti dal luogo in cui è realizzata (ergo si accoglie, facendolo proprio, un messaggio e un'ideologia differente ma sentita affine). Da questo breve articolo si possono prendere una miriade di spunti sui quale ragionare

Non li ho menzionati perché non sto a discutere su un tipo di dato che mi pare abbastanza oggettivo. Se l'iconografia mostra giovani ragazze che giocano in ambienti chiusi, o donne che si fanno belle nei ginecei domestici, in che modo potrei confutare le realtà che raffigurano?!

Semmai, posso non concordare necessariamente con quanto gli archeologi hanno concluso, riguardo la distribuzione delle ceramiche riportanti queste iconografie. Per come la vedo io, il fatto che una singola iconografia si diffonda (insieme ad altre, di vario tipo) tramite la ceramica, non implica affatto che chi acquistava quelle ceramiche lo facesse perché aderiva al tipo di valore di cui esse si facevano portatrici. Spesso molti archeologi lo danno quasi per scontato, ma, secondo me, non doveva essere sempre così automatico - o almeno, non in tutti i contesti (un conto può essere la velata propaganda individuata nell'arte augustea da Zanker, tutt'altro potrebbe essere il motivo della fortuna di una particolare iconografia nella Grecia d'età classica)... Ma anche questa non è che la mia personale opinione.

P.s.

Sono un po' incerto, infine, sul tuo paragone fra i poemi omerici e l'Eneide: non per altro, ma l'Iliade e l'Odissea sono opere che, con i loro valori, hanno ispirato i vari stadi della società greca; l'Eneide, per contro, non ha ispirato i valori della società augustea, ma (al conrario!) è stata ispirata da essi (Augusto, infatti, chiese a Virgilio di stendere quel particolare poema, per rinforzare il sistema di valori e credenze da lui propugnato). Quindi, condivido il legame fra il singolo poema e la società a cui esso era legato, ma attenzione, perché i rapporti di dipendenza non erano gli stessi...
 
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