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La donna nell'antica Grecia, due reperti su cui riflettere

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Perseo87
view post Posted on 10/12/2011, 12:49 by: Perseo87
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CITAZIONE (*Gibo* @ 10/12/2011, 10:26) 
è possibile che il ruolo femminile (sempre relativamente a donne appartenenti a un ceto sociale elevato se non esclusivamente alla classe dominante dello stato) assumesse un'importanza maggiore in contesti aristocratici rispetto che in forme di democrazia (non in senso moderno), dove chi veniva escluso dal diritto politico diventava automaticamente un cittadino di serie B (o meglio un non cittadino).

La domanda è più che lecita, e perfino intrigante.
E' possibile, certo: il caso di Cinisca, secondo me, lo dimostra.
Ma, appunto, la domanda che sorge è: dove era possibile? Cioè, per quale polis della Grecia sarebbe stata realizzabile una cosa del genere? Perché ciò che Cinisca ha fatto a Olimpia, non credo che sarebbe mai stato possibile immaginarlo per una donna ateniese (per quanto ricca e di nobili origini). E questo, proprio per la diversa concezione che si aveva della donna a Sparta.

Stando a un'affermazione di Aristotele (forse un po' esagerata, ma che, in ogni caso, rende l'idea di una realtà ben nota anche agli Ateniesi), le donne spartane avevano nelle loro mani '2/5 di tutti i terreni'. A Sparta, le donne erano coloro che, di fatto, gestivano i kleroi (gli appezzamenti di terreno assegnati agli spartiati, continuamente impegnati in guerra): esse potevano ereditare e trasmettere queste proprietà (utilizzando, a vario titolo, anche i prodotti che se ne ricavavano).

Voglio sottolineare anche un ulteriore dato.
Sempre a Sparta, la costituzione di Licurgo prevedeva che anche le ragazze si allenassero (nude) all'aria aperta, proprio come i maschi (addestrandosi nella corsa, nella lotta, nel lancio del giavellotto, del disco etc.). Non a caso, nella Lisistrata, la spartana Lampitò è immaginata molto abbronzata.
Questa scelta avrebbe risposto a un preciso progetto del mitico legislatore, volto a una sorta di 'procreazione eugenetica' (il figlio nato da un uomo robusto e da una donna vigorosa, non potrà che nascere sano e forte...). Questo dato, secondo me, dovrebbe far riflettere sulla considerazione di cui godeva la donna in questa città: per esempio, contro le concezioni fortemente maschiliste di Aristotele (che, se non erro, sosteneva che il seme del maschio fosse l'unico 'agente attivo' nella generazione della prole), si può dire che, a Sparta, anche alla donna fosse riconosciuta una certa importanza - in senso fisico - ai fini della procreazione.

CITAZIONE (*Gibo* @ 10/12/2011, 10:26) 
Esempi di donne di famiglie aristocratiche caratterizzate dal godere dicerti diritti si avrebbe se non sbaglio nelle culture italiche che entrarono in contatto con il mondo greco (penso agli Etruschi ma anche, almeno, ai popoli stanziati nell'odierna Puglia). Inoltre il possesso dei cavalli è una caratteristica proprio del potere aristocratico e dell'ostentazione di questo status. Per contro quindi a godere di una certa reputazione a Atene erano le etere che svolgevano comunque un'attività riconosciuta e in un certo senso ben normata e fissata all'interno della società.

Il problema del 'lavoro' è un altro tasto interessante da andare a toccare (restavo in fremente attesa che qualcuno sollevasse la questione!).
Quella dell'etera, in particolare, era, senza dubbio, una vera e propria professione (e la banale assimilazione dell'etera a una 'prostituta' non rende giustizia, secondo me, a questa categoria). Si trattava, innanzitutto, di donne libere (addirittura non esentate dal pagamento delle tasse!). Queste giovani erano apprezzate non solo per il loro corpo e i piaceri che sapevano donare, ma anche per le loro abilità nel canto, nella danza e, soprattutto, nella discussione intellettuale. Quest'ultimo dato ci parla di donne colte, che avevano avuto modo di studiare ed erano state istruite anche da personalità famose (per Aspasia si è pensato addirittura al sofista Gorgia).

Il fatto che le etere fossero soprattutto ex-schiave (magari deportate, dopo una guerra, nella città dei vincitori), mi fa pensare che questa loro educazione non fosse stata fornita dai genitori alle proprie figlie, in un'ottica finalizzata a spingerle verso la professione dell'etera. Forse la loro acculturazione era 'a prescindere', e in questi casi disperati diventava una sorta di escamotage (una via di fuga, che permetteva loro di sottrarsi alla schiavitù e di riacquistare una certa dignità e benessere)... Ma non sono abbastanza esperto della questione, e potrei anche prendere un abbaglio.
Mi chiedo, inoltre, se in Asia Minore non ci fosse una diversa concezione dell'istruzione della donna, all'interno della famiglia, che magari ad Atene non esisteva (lo chiedo pensando al fatto che anche Targelia, un'altra famosa etera dell'antichità, era nativa della Ionia).

P.s.

Su Gortyna non posso approfondire molto, Gibo, in quanto non ho mai trovato testi specifici sull'argomento (le poche nozioni che possiedo le ho recuperate da vari pdf trovati in rete, in cui l'argomento veniva comunque analizzato molto all'acqua di rose...). Inoltre, le fonti su cui mi sono basato per scrivere questo post sono meno numerose di quanto non possa sembrare (e io non sono certo un esperto della questione). Ecco perché chiedo notizie e pareri: perché mi piacerebbe provare ad approfondire questo particolare tema (e sono certo che tutti i contributi potrebbero tornare utili).
 
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29 replies since 8/12/2011, 22:47   6676 views
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