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La donna nell'antica Grecia, due reperti su cui riflettere

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Greco 78
view post Posted on 3/2/2012, 06:43 by: Greco 78




Mi inserisco nella discussione perchè la trovo di grande interesse (è il mio primo post).
Secondo il mio parere, e su questo sono d'accordo con te Perseo, negli studi "sociologici" sulla Grecia si generalizza sempre molto (senza contare che spesso si riduce tutto alla situazione di Atene e dell'Attica). Certo, se vogliamo cercare esempi "elevati" di donne che escono dall'oikos e prendono parte ad agoni, spettacoli, o addirittura, alla vita politica di una polis in età arcaica o classica, troveremo ben pochi esempi (da te illustrati in apertura). Meglio concentrarsi nell'analisi della vita quotidiana di una qualsiasi donna greca, certamente meno intrigante, ma più vicina alla realtà di quei tempi.
Esiste, a mio parere, una libertà assai relativa per la donna greca. Si deve partire dal presupposto fondamentale che la donna greca di buona condizione sociale (quindi non incluse serve ed etere) era votata interamente alla cura della casa e dello sposo.
Nondimeno già nell'Odissea (opera che ha forgiato la cultura greca) abbiamo esempi di libertà concessa ad una donna. Mi riferisco a Nausicaa figlia di Alcinoo. Infatti, la figlia del re dei Feaci incontra Odisseo mentre è intenta in giochi (al di fuori del contesto palaziale e domestico) sulla spiaggia con le sue ancelle. Ancora dall'Iliade e dalle tragedie greche che si rifanno, in parte, agli "scritti" omerici (pensa alle Troiane di Euripide ad esempio) si possono trovare episodi che indicano un certo grado di importanza delle donne sulla scena politica e sociale (E' Ecuba ad indirizzare Menelao nel discorso con la moglie Elena ed è sempre la moglie di Priamo a parlare con gli invasori greci). Ancora nelle Baccanti le donne della casa reale tebana sono rappresentate come protagoniste, accessorie, ma indispensabili (anche se plagiate da Dioniso). Se poi passassimo alla sfera divina troveremmo ancora più esempi che qui mi pare anche superfluo elencare (d'altronde Atena, dea principale del pantheon greco, è armata di tutto punto come un oplita, ed ancora Artemide (Potnia) viene rappresentata spessissimo come cacciatrice ed arciere infallibile, vedi ad es. il mito delle Niobidi insieme al fratello Apollo).
Fin qui solo qualche esempio che attiene alla sfera regale e mitologica. Sono esempi che esulano dalla vita reale di tutti i giorni, ma recano, comunque, un messaggio chiaro ed inequivocabile: per i greci la donna poteva, in casi eccezionali, anche essere destinataria di onori e posizioni sociali atipiche o pertinenti alla sfera maschile.
Se passassimo alla vita quotidiana vedremmo come la libertà femminile era relegata al gineceo e alla vita in casa con domestiche ed ancelle. Gli elementi fondamentali erano la cura dell'ambiente domestico, l'accumulo e la conservazione di beni primari (cibo e acqua-Kakkabè e Hydriae sono il pane quotidiano della donna greca:) e il poter soddisfare il marito per la generazione di sana ed abbondante prole.
A tal proposito, a parte l'ovvio esempio di Penelepe, possiamo ricordare come una condotta assennata e in linea con le aspettative sociali della polis fosse prerogativa delle fanciulle di famiglie di rango elevato o comunque medio/alto.
Una differenza riscontrabile è sicuramente data dall'età della donna e dalla sua posizione sociale (nubile-sposata). Si nota, infatti, una libertà maggiore per le ragazze che ancora non hanno marito. Mi viene in mente, a tal proposito, una serie di produzioni vascolari della seconda metà del V sec. a . C. (attiche ma rinvenute in varie zone della Grecia e Magna Grecia come Cuma) dove si osservano fanciulle dedite a giocare da sole o in compagnia di altre fanciulle (sempre all’interno di uno spazio chiuso però); si tratta di un chiaro indice di una relativa libertà concessa alle giovinette prima di essere poste sotto il "giogo" maschile. In effetti, una volta sposate, la poca libertà concessa veniva a mancare. Possiamo osservare questo fenomeno dalle molteplici testimonianze iconografiche che abbiamo (su tutte le produzioni vascolari magnogreche di IV a. C. con immagini in cui la donna è relegata sempre (e con monotonia aggiungerei) alla sfera matrimoniale- d'altronde il mundus muliebris è un'invenzione di esclusiva fruizione femminile).
Contro ciò che ho appena scritto esistono gli esempi locresi collegabili alla pratica della prostituzione sacra che è, comunque, accessoria di un culto poliadico. Oppure mi vengono in mente figure di notevole rilievo come la Pizia delfica o la Sibilla Cumana (ma l’importanza del ruolo collegabile con i culti oracolari era inficiata dal fatto che la donna dovesse andare in trances per vaticinare-ergo perdeva il raziocinio ed il controllo di se stessa; prerogative essenziali dell’uomo greco).

Dal quadro che brevemente ho delineato emerge come la donna non potesse avere un ruolo attivo e protagonista nella cultura greca (le mancavano anche le libertà più elementari). Questo al di là dell'interessante esempio che hai riportato da Gortyna.
Un discorso diverso si può fare, invece, su come i greci intendessero la donna al di fuori della Grecia. Infatti, sovente, donne barbare rivestono ruoli e prerogative maschili di notevole importanza ( vedi le Amazzoni ed il ruolo che rivestono nella cultura greca le figure di Antiope o di Pentesilea). Rimane da dire che verso questi personaggi esiste un’ indubbia accezione negativa (le Amazzoni sono nemiche dei Greci sin da Troia e in età classica assumono un'iconografia molto vicina al popolo persiano).
Mi perdonerai se gli esempi riportati hanno il comun denominatore mitologico. Ma, come ben sai, i Greci reinventano il loro passato in funzione del presente in cui vissero. Mito e vita reale sono strettamente interdipendenti. Il mito e le sue raffigurazioni sono il punto di partenza da dove è possibile incominciare a comprendere il mondo antico ed il suo pensiero.
Mi scuso per la lunghezza e l’incompletezza del post.
A presto, Luca.

Edited by Greco 78 - 3/2/2012, 07:21
 
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