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La donna nell'antica Grecia, due reperti su cui riflettere

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Perseo87
view post Posted on 4/2/2012, 01:01 by: Perseo87
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CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
L'insistere su Odissea ed Iliade è dovuto al fatto che entrambi i poemi sono vivi e molto seguiti in età classica (e molto rielaborati e riusati adattandoli al contesto dell'epoca). Rappresentano l'equivalente dell'Eneide in età augustea a Roma. "Omero" ed Esiodo sono le due colonne portanti della cultura greca e il sostrato culturale delle genti elleniche è composto da questi due autori. Ho insistito sull'aspetto mitologico perchè, come detto, rappresenta la base di partenza per ogni discussione si voglia fare su aspetti iconografici e sociali del mondo antico. Naturalmente intendo la mitologia come espressione di usi e costumi rielaborati attraverso il mito. Un buono studioso di arte/società antica, deve necessariamente partire da questi presupposti.

Di contro, se i greci creano un pantheon dove le donne hanno un ruolo importantissimo, centrale direi, vuol dire che era pensabile una posizione elevata della donna. La mitologia non è un’invenzione astratta e scollegata dal mondo greco reale ma un suo riflesso.

Mmm. Comprendo, ma non condivido del tutto alcune tue affermazioni.
Come altri utenti ben sanno, personalmente, sono un po' più diffidente, talvolta, dall'affidarmi completamente al mito, come a una fonte di risposte a quesiti di carattere sociologico e culturale.
Il discorso è lungo (e necessiterebbe di molti distinguo...).

Per esempio, sappiamo che Atena era conosciuta anche come Πρόμαχος ('che combatte in prima linea'), mentre Artemide era detta Ἑκάτη ('saettatrice', in riferimento alla sua abilità con l'arco). Ma nell'antica Grecia, al di fuori di personaggi mitici e immaginari, non dovrebbero essere noti casi di donne-guerriere o donne-cacciatrici (entrambe occupazioni esclusivamente maschili). Esempio banale, questo, per rimarcare il fatto che il mito non può essere sempre addotto per giustificare una realtà storica e sociale (perché, in questi casi, non hai alcun tipo di corrispondenza fra la condizione della donna e il ruolo della dea).
Questo non significa, ovviamente, che nessuna dea potesse essere ritenuta rappresentativa della condizione della donna (penso, in particolare, a Era, che incarna la tipica sposa greca, sottomessa al marito e, spesso, umiliata dai suoi amori adulterini). Dal canto loro, i casi di Penelope e Nausicaa, forse, sono più pertinenti alla sfera dell'epica (che, sì, potrebbe contenere tracce di antiche realtà sociali, più o meno sopravvissute nell'età classica). Questa, va da sé, è una mia personalissima opinione (liberi tutti di non concordare).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
Detto ciò, circoscrivo quanto detto nel precedente post da me scritto. L'ipotesi che la donna greca in età classica fosse priva di libertà (a parte alcuni casi da analizzare e contestualizzare molto attentamente) non è mia naturalmente.

Ma certo: e, se rileggi bene tutta la discussione, comunque, noterai che lo scopo del mio intervento non era quello di scardinare questa idea, ma solo di ridimensionare la concezione della donna (che fu sempre, in generale, di inferiorità), distinguendo fra poleis di cultura dorica e poleis di cultura ionica (un'intuizione di cui, anche qui, non mi attribuisco il merito, in quanto era riportata in alcuni degli studi indicati da Usèkar).

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
Nella tua risposta molto accurata non hai menzionato i miei brevi cenni alla tradizione iconografica. Li hai saltati e vorrei capire perchè? Non puoi prescindere dal dato materiale per poter comprendere la società greca. Se gli archeologi si fossero limitati alle sole fonti scritte (autori antichi, epigrafi, graffiti ecc.) brancoleremmo nel buio più totale su molte questioni...

CITAZIONE (Greco 78 @ 3/2/2012, 17:00) 
un particolare iconografico su alcuni vasi attici rinvenuti un po' ovunque nel mondo greco. Il dato è importante perchè questa particolare produzione (ma il nostro discorso vuole esulare dalla prospettiva "atticocentrica") viene esportata ed inserita in contesti sociali differenti dal luogo in cui è realizzata (ergo si accoglie, facendolo proprio, un messaggio e un'ideologia differente ma sentita affine). Da questo breve articolo si possono prendere una miriade di spunti sui quale ragionare

Non li ho menzionati perché non sto a discutere su un tipo di dato che mi pare abbastanza oggettivo. Se l'iconografia mostra giovani ragazze che giocano in ambienti chiusi, o donne che si fanno belle nei ginecei domestici, in che modo potrei confutare le realtà che raffigurano?!

Semmai, posso non concordare necessariamente con quanto gli archeologi hanno concluso, riguardo la distribuzione delle ceramiche riportanti queste iconografie. Per come la vedo io, il fatto che una singola iconografia si diffonda (insieme ad altre, di vario tipo) tramite la ceramica, non implica affatto che chi acquistava quelle ceramiche lo facesse perché aderiva al tipo di valore di cui esse si facevano portatrici. Spesso molti archeologi lo danno quasi per scontato, ma, secondo me, non doveva essere sempre così automatico - o almeno, non in tutti i contesti (un conto può essere la velata propaganda individuata nell'arte augustea da Zanker, tutt'altro potrebbe essere il motivo della fortuna di una particolare iconografia nella Grecia d'età classica)... Ma anche questa non è che la mia personale opinione.

P.s.

Sono un po' incerto, infine, sul tuo paragone fra i poemi omerici e l'Eneide: non per altro, ma l'Iliade e l'Odissea sono opere che, con i loro valori, hanno ispirato i vari stadi della società greca; l'Eneide, per contro, non ha ispirato i valori della società augustea, ma (al conrario!) è stata ispirata da essi (Augusto, infatti, chiese a Virgilio di stendere quel particolare poema, per rinforzare il sistema di valori e credenze da lui propugnato). Quindi, condivido il legame fra il singolo poema e la società a cui esso era legato, ma attenzione, perché i rapporti di dipendenza non erano gli stessi...
 
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