Ostraka - Forum di archeologia

Formazione di lesioni a arco naturale, un tipo di lesione strutturale negli edifici storici

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*Gibo*
view post Posted on 6/2/2012, 11:07




Credo che potrebbe essere interessante analizzare alcuni fenomeni tipici che coinvolgono le strutture durante la propria vita funzionale e nel corso della fase di ruderizzazione. Una conoscenza di questi meccanismi di collasso (o possibile collasso) anche se non hanno un'attinenza vera e propria con l'archeologia in toto, possono interessare alcune branche di essa, come l'archeologia dell'architettura, o fornire informazioni utili a chi si occupa di restauro.
Personalmente ritengo che possano anche costituire una chiave di lettura interessante del patrimonio architettonico, anche per il semplice appassionato che solitamente guarda una struttura solo dal suo lato artistico, prescindendo da quelo fisico.

Uno dei fnomeni più descritti anche nei testi che si occupano di storia delle tecniche costruttive è quello dell'arco naturale.

Viene indicato come “arco naturale” un fenomeno fisiologico di cedimento delle strutture che presentano delle luci, o volute e quindi artificiali, o dovute a crolli di varia natura.
L’intradosso dell’arco naturale presenta andamento parabolico (segmentato in caso di struttura muraria), in assenza di crollo tale andamento è assunto dalle lesioni.
Il meccanismo che si innesca nella formazione dell’arco è quello di una membratura portata da un architrave. In questa configurazione va a gravare sulla struttura non una porzione di membratura di base pari alla lunghezza della luce e altezza verticale, ma una porzione approssimativamente costituita un triangolo equilatero con base pari alla lunghezza della luce (di conseguenza tra i lati si hanno angoli di 60°). L’arco naturale si forma quindi in seguito al distacco della sola porzione gravante sull’architrave.
Ovviamente il profilo assunto nella configurazione reale dipende da vari fattori legati alle modalità con cui si innesca il cedimento e alle caratteristiche geometriche e fisiche della membratura che non sempre approssima un solido omogeneo isotropo.

Il processo doveva essere ben noto fin dall’antichità per esperienza diretta, particolarmente per i cedimenti delle fondazioni (elemento più delicato nelle costruzioni antiche) che innescavano fenomeni di rottura fragile nelle strutture portate.
Ne seguono tutte le applicazioni di archi di scarico a prevenire cedimenti differenziati. Si tratta quindi di un esempio di processi fisici noti contrastati nella pratica costruttiva in modo empirico ma, in alcuni casi, efficace.

Per spiegare meglio il fenomeno basta guardare alcune foto:
www.manualihoepli.it/media/doc/foto_df/09.jpg
www.manualihoepli.it/media/doc/foto_df/10.jpg

in questi primi due casi (tratti dalla documentazione fotografica consultabile online allegata al testo "lesioni degi edifici" di R.Di Francesco) le lesioni sono innescate dall'eccessiva inflessione dell'architrave, in legno nel primo caso in muratura a arco ribassato nel secondo.

Spero nel tempo di poter arricchire la discussione con altre foto con esempi di questo tipo in edifici storici. Ogni contributo è gradito :P
 
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view post Posted on 6/2/2012, 14:30
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Una cosa non capisco bene, queste lesioni tendono, dopo il primo cedimento, almeno sino ad un certo punto, a stabilizzarsi o sono sempre distruttive? Se ben capisco l'architrave cede, ma deve poi sopportare solo il peso del triangolo di muratura che l osovrasta, mentre le spinte del muro sovrastante sono sostenute appunto dall'arco naturale e scaricate lateralmente. O dico grosse fesserie? L'edilizia è una delle moltissime cose di cui so meno di nulla. Ricordo di aver notato talvolta in edifici in precario stato lesioni come quelle illustrate, ma naturalmente non ci ho fatto particolarmente caso e non mi sono posto quesiti in merito.
 
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*Gibo*
view post Posted on 6/2/2012, 17:16




Il caso dell'architrave funziona proprio come dici tu (se ho capito bene): il "triangolo" (che poi ovviamente nello spazio avrà una profondità che ne determina il peso, ma per comodità si considera piano) scarica sull'architrave mentre le sollecitazioni della parte superiore al triangolo arrivano a terra seguedo altre traiettorie.
Se a un certo punto l'architrave cede troppo obbliga il "triangolo" a "tenersi su" in qualche altro modo per mantenere la propria condizione di corpo continuo con il resto della struttura. Ovviamente l'unico altro modo concreto che ha è quello di restare "aggrappato" al resto del paramento murario, nel caso ci sia un legante (per le strutture a secco ovviamente il probleme neanche si pone), ma la resistenza a trazione di questi leganti è veramente bassa.
Il "triangolo" si stacca e crolla nel caso che anche l'architrave sia crollato o semplicemente si appoggia sull'architrave se questo si è solo deformato. Quindi come dici tu il sistema si stabilizza nuovamente avendo perso di continuità: da un lato l'architrave con il carico che deve sostenere dall'altro il paramento murario che ha formato l'arco.
Le cause della deformazione che innesca il fenomeno sono varie e non per forza legate al carico portato, ma non è obbligatorio il collasso dell'architrave. Se questo elemento ha una certa duttilità, ovvero può deformarsi, in modo plastico, quindi irreversibile, prima di rompersi può continuare a lungo a sostenere il carico.

Certo se l'architrave crollasse il triangolo crollerebbe di conseguenza, ma questo non influenzerebbe direttamente la stabilità del resto della struttura. Non a caso spesso dopo la formazione dell'arco naturale è più importante intervenire sulle cause che hanno determinato il cedimento dell'architrave più che sulle conseguenze sulla struttura che ha trovato semplicemente e in modo autonomo una nuova configurazione di equilibrio.
L'aspetto è ancora più delicato quando l'architrave in questione non è quello posto a cavallo di un'apertura ma un cordolo di fondazione su cui appoggia tutto un paramento murario, che a un certo punto si deforma, ad esempio per cedimento differenziato del terreno. Anche in quel caso si innesca un fenomeno di arco naturale in tutta la parete portata a cavallo dei tratti di fondazione che cedono (in alcuni casi su tutta la parete da spigolo a spigolo dell'edificio). Ovviamente in questi casi il cedimento di un triangolo molto vasto potrebbe compromettere la stabilità di tutto il sistema ad esempio se l'arco necessita di un altezza superiore a quella disponibile, ma capisci bene che siamo in un caso limite ben diverso dal semplice cedimento dell'architrave della finestra o del portone. Inoltre le fratture si formano solo dove le sollecitazioni in gioco sono superiori ai valori di rottura del legante (sempre nel caso di muratura non a secco) è non è detto che questo si verifichi in tutti i punti dell'ipotetico arco, come vedi nelle immagini le lesioni tendono a convergere nella chiave dell'arco ma è possibile che si fermino prima perchè di lì in poi i valori di rottura non sono raggiunti.
 
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view post Posted on 6/2/2012, 21:33
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Un po' OT, ma mi è venuto in mente di aver visto semplici edifici in cui sopra l'architrave di una porta o di una finestra vi erano due lastre di pietra o due assi di legno disposte a triangolo, come appunto le lesioni di cui si parla qui, lasciando un'apertura triangolare sopra l'architrave. Le spinte ed i carichi, in questo caso volutamente, agiscono come nel caso dell'arco naturale.
 
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*Gibo*
view post Posted on 7/2/2012, 16:17




Se ho capito bene il risultato dovrebbe essere analogo a quello solitamente interpretato come triangolo di scarico, molto usato nell'architettura micenea, come nel c.d. "tesoro di Atreo":
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/comm...e_of_Atreus.jpg

A riguardo, visto che è venuto fuori l'argomento, ricordo la posizione di G. Magli piuttosto critica riguardo alla spiegazione dei triangoli di scarico per gli edifici pre e protostorici cosìdetti ciclopici (in "I segreti delle antiche città megalitiche"). Secondo lui il ricorso a questi triangoli è frutto di una scelta più estetica (o legata a altre finalità di cui è più difficile l'individuazione) che strutturale. A riguardo cita un confronto tra scelte progettuali prenuragiche e nuragiche che dovrebbero testimoniare la consapevolezza dei limiti di resistenza della pietra e di conseguenza il fatto che le "finestre di scarico" vennero inserite non nel timore per la stabilità ma con altro fine.

Ovviamente, se facciamo solo un discorso dal punto di vista strutturale e degli effetti visibili sulle strutture, non è negabile che il triangolo costituisce un alleggerimento di carico sull'architrave.
 
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4 replies since 6/2/2012, 11:07   1657 views
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