CITAZIONE (lino85 @ 4/3/2012, 16:36)
A me invece risulta invece che la Biblia Hebraica Stuttgartensia sia una semplice edizione che ha come testo di base il testo masoretico preservato nel Codex Leningradensis medievale del 1008,
la Stuttgartensia è un'edizione critica analoga alle edizioni critiche pubblicate per i classici latini o greci (penso per esempio alle varie edizioni di oxford), in cui si pubblica il testo a partire dal manoscritto meglio conservato fornendo in nota le varianti attestate dagli altri manoscritti. In genere preferendo le varianti significative a livello di significato, e tralasciando quelle riconducibili a semplici questioni ortografiche (per esempio i testi di qumran spesso usano le matres lectionis in maniera diversa rispetto al testo masoretico, ma si tratta chiaramente di semplici varianti ortografiche e come tali non sono riportate nella Stuttgartensia).
Da quello che so, la quinta dovrebbe seguire più o meno gli stessi criteri. Per studi approfonditi su argomenti specifici ci sono poi studi puntuali, pubblicati qua e là (ma facilmente rintracciabili).
Di per sè, questo è secondo me già sufficiente allo storico. E se devo essere sincero faccio fatica a vedere la necessità, e soprattutto l'urgenza in questo momento di un progetto di pubblicazione come quello citato dall'articolo che riporti.
Sia chiaro, ovviamente qualsiasi tipo di studio scientifico è utile e importante, però sinceramente faccio un po' di fatica a vedere l'utilità di investire tutte queste energie per creare un'edizione di questo genere, che di fatto non apporta molto alla conoscenza generale se non per piccoli dettagli e sfumature (come la menzione dei "figli di dio", che di fatto non ha niente di straordinario in quanto è già evidente da altre fonti, sia interne sia esterne, che il monoteismo è un fenomeno secondario nella cultura israelita).
sinceramente, troverei molto più utile se almeno parte di quelle energie fossero impiegate per esempio per pubblicare le tavolette di ugarit (molte delle quali, soprattutto quelle a carattere amministrativo/economico non solo non hanno un'edizione critica, ma non sono proprio mai state pubblicate). Senza contare le decine e decine di manoscritti bizantini con commentari a opere classiche, o le decine e decine di testi arabi con traduzioni di testi greci che aspettano di essere non solo di essere pubblicati, ma anche solo di essere identificati (proprio qualche settimana fa ho conosciuto uno che sta studiando un manoscritto arabo di Galeno, inedito).
E questo vale per decine di altri testi sia in medio oriente sia in egitto.
Anzi, se devo essere sincero (e se mi è permesso essere anche un pochettino polemico, ovviamente non verso di te -capisco benissimo il tuo punto di vista- ma verso l'approccio generale..), trovo che questo genere di lavori sia in un certo senso concettualmente poco scientifico, in quanto non giustificato da un interesse oggettivo, ma piuttosto da un interesse specifico dovuto alla "sacralità" del testo stesso.
Un po' come in archeologia biblica: grandi progetti e scavi intensivi per quei siti menzionati nella bibbia, ma totale disinteresse o quasi per tutti gli altri per quanto storicamente possano essere egualmente se non più importanti (per fortuna le cose stanno cambiando negli ultimi decenni). Il risultato è che abbiamo una visione decisamente distorta della realtà storica. Abbiamo siti come megiddo, una cittadina importante ma non certo centrale che però comparendo nella bibbia come 3armageddon si è guadagnata il lusso di scavi intensivi che la fanno sembrare qualcosa di straordinario, mentre altri siti storicamente e archeologicamente più importanti faticano ad avere degli scavi regolari, ammesso che riescano ad averli. Tanto per citare qualche esempio, si Ugarit si è scavato solo un terzo dello strato della tarda età del bronzo, tutto quello che è prima è mistero, la capitale (sic!) di mitanni non è stata neppure sondata seppure si ha una certa idea su dove potrebbe essere situata, mentre l'acropoli di beirut è stata scavata (in fretta) per il 10% e il restante 90% è stato distrutto dai bulldozer nelle fasi di ricostruzione dopo la guerra con l'approvazione di organizzazioni internazionali come l'unesco (sic!).
Il risultato, come detto, è che abbiamo una visione distorta della realtà influenzata da quel testo biblico da cui l'archeologia dovrebbe essere indipendente.
E questo è il "rischio" che vedo anche in questo genere di edizioni critiche: il rischio di enfatizzare un'importanza illusoria di uno specifico testo, a discapito di molti altri testi forse apparentemente più modesti (le tavolette di ugarit con le liste di capre e pastori non sono certo così eccitanti come il racconto biblico) ma in realtà storicamente molto più preziosi sia perchè coevi ai fatti che raccontano, sia perchè pieni di informazioni puntuali precise (forse le tavolette dei caprai non saranno eccitanti, però se tali tavolette ci dicono che fra gli uomini del re di ugarit c'erano persone da ashdod o acri sappiamo che riflettono una realtà storica e sociale reale, di cui non dobbiamo dubitare come invece è il caso per ogni singolo verso del testo biblico).
CITAZIONE (lino85 @ 4/3/2012, 16:36)
Riguardo all'uso delle fonti io aggiungerei anche le fonti giudaiche di epoca ellenistica (Ad esempio Eupolemo, Posidonio, Pompeo Trogo...) che Garbini usa estesamente nei suoi studi.
senza mettere in dubbio il lavoro di garbini che ammetto di non conoscere (anzi, se tu lo consoci perchè non apri una qualche discussione specifica per presentarcelo? personalmente sarei molto interessato), devo dire che sinceramente anche qui faccio fatica a capire come dei testi ellenistici o addirittura di epoca romana come quelli che citi possano essere utili a capire la storia delle popolazioni siro-palestinesi dell'età del bronzo o anche solo dell'età del ferro.
Di fatto mi sembra che questi scrittori si trovino nella stessa posizione di altre scrittori di epoca classica-ellenistica-romana che scrivono su civiltà antiche, come per esempio Erodoto, Manetone, Plutarco o Orapollo per l'egitto, Berosso per babilonia, Filone di Biblo per i fenici. Tutti autori che si sono si dimostrati preservare delle informazioni storiche reali, ma che allo stesso tempo si sono anche dimostrati spesso estremamente inaffidabili o decisamente fuorvianti.
Oggi nessuno ricostruirebbe la storia egizia sulla base di erodoto o manetone (se non ovviamente, e anche lì con cautele più che enormi, per quei periodi contemporanei agli autori stessi o di poco precedenti), ma al massimo userebbe i dati storici per confermare o smentire i testi greci.
E questo in generale mi sembra essere il punto metodologico: è legittimo usare i dati storico/archeologici dei periodo precedenti per spiegare i successivi testi classici/ellenistici/romani, ma lo è decisamente meno usare i testi classici/ellenistici/romani per spiegare i periodi storici precedenti.
Ciò che precede spiega ciò che segue, non viceversa.
Per questo sarei curioso di sapere in che modo garbini utilizza queste fonti.
Se ti va di parlarcene..