Ostraka - Forum di archeologia

Maioliche invetriate islamiche nelle chiese romaniche

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view post Posted on 8/3/2012, 17:54
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Sono da poco rientrato da una settimana di trekking sulle pendici della costiera amalfitana.
Il gruppo di cui facevo parte era un po' particolare, avendo ricevuto un invito ufficiale delle rappresentanze degli operatori turistici locali al fine di promuovere il turismo escursionistico. Ragion per cui ci è stata concessa l'opportunità di visitare alcuni luoghi ancora non accessibili al pubblico.
In particolare, l'organizzatore ha ottenuto il permesso dalla soprintendenza locale per farci visitare alcune antiche chiese, chiuse al pubblico perchè ancora in fase di restauro.
Nella chiesa di S.Giovanni del Toro a Ravello ho potuto notare un particolare che mi ha ricordato alcune chiese del pisano, in particolare la basilica di San Piero a Grado (Pisa).
Nello stesso tempo, mi sono ricordato di un accenno in merito fatto nel corso di una discussione del forum.

La chiesa di S.Giovanni del Toro è la tipica chiesa amalfitana del X-XII sec., molto simile come architettura e decorazione degli interni al Duomo di Ravello, anche se più semplice di quest'ultimo.
L'interno è a 3 navate, che in origine dovevano essere affrescate ma oggi si presentano spoglie e terminano in una scalinata salendo la quale si accede al presbiterio e all'altare.
Sulla navata centrale, addossato al pilastro che la separa dalla navata di destra e di fianco alla scalinata centrale, si erge uno splendido ambone, in marmo bianco intarsiato, poggiante su colonne e aggettante sulla navata centrale (questa e le 6 seguenti sono foto scattate da me) http://yfrog.com/77dscf1398dj
Le due lastre quadrate di marmo che si trovano ai lati degli scalini di accesso all'ambone, oltre all'intarsio presentano nove coppelle nelle quali sono incassati altrettanti bacini in maiolica invetriata provenienti dall'Egitto e dal Vicino Oriente, datati attorno al XII sec.
Nella foto di cui sopra, si notano i 4 bacini incassati sulla lastra del lato dx dell'ambone, visibili parzialmente anche qui http://yfrog.com/0jdscf1384nhj, mentre qui si vedono i 5 incassati nella lastra del lato sx http://yfrog.com/jtdscf1386kj
Qui di seguito le foto di 4 di essi
http://yfrog.com/jjdscf1396xj
http://yfrog.com/gidscf1397aj
http://yfrog.com/0rdscf1395oj
http://yfrog.com/j5dscf1387qj
In particolare, il bacino della quarta foto presenta una iscrizione in caratteri cufici (o higiazeni, secondo le più moderne preferenze) che si leggerebbe 'baraka', ossia 'benedizione' (uso il condizionale perchè non conosco l'arabo, tantomeno i caratteri utilizzati e quindi non sono in grado di leggere e tradurre l'iscrizione).
Anche il bacino della terza foto presenta una scritta nei medesimi caratteri, ma sembra non interpretabile a causa della sua incompletezza.

Nelle chiese romaniche della costa tirrenica si vedono molti esempi di bacini maiolicati di produzione vicino-orientale o egiziana. Come ho accennato sopra, gli esempi più numerosi si riscontrano nelle chiese del pisano, dove si contano 631 bacini superstiti murati sulle pareti esterne di 26 diverse chiese (in origine, dovevano essere più del triplo).
In tempi recenti, sono stati tutti rimossi e sostituiti con copie, gli originali sono stati raccolti nel Museo di San Matteo a Pisa.
Il gruppo più numeroso viene dalla Basilica di San Piero a Grado, che in origine ne contava ben 220.
Qui di seguito, vediamo alcune copie fotografate nella collocazione originaria
www.luoghimisteriosi.it/toscana/PISA/grado/banda05.jpg
http://www.luoghimisteriosi.it/toscana/PIS...%20(Custom).jpg
http://www.luoghimisteriosi.it/toscana/PIS...f%20(WinCE).jpg
http://www.luoghimisteriosi.it/toscana/PIS...%20(Custom).jpg

Visitai San Piero a Grado ben 40 anni fa, nel corso di una gita scolastica.
Al tempo, la vista dei bacini non suscitò in me particolare curiosità, mentre mi sono tornati subito alla mente vedendo quelli di San Giovanni del Toro.
Ho quindi cercato di capire come mai oggetti di produzione così chiaramente ispirata all'Islam fossero presenti nelle chiese romaniche di quelle zone.
Il comune di Pisa ha pubblicato questo catalogo dei bacini ricoverati nel Museo di San Matteo www.comune.pisa.it/museo/Inoplug-in/DOC/cne-007/swish.idx
(le illustrazioni richiedono l'attivazione di Javascript e di AdobeShockwave, come si legge qui www.comune.pisa.it/museo/).

Nel testo del catalogo è scritto che
CITAZIONE
L'impiego di ceramiche riccamente ornate e a vari colori sulle murature aveva senza dubbio lo scopo di creare particolari effetti cromatici

E' necessario tenere conto del fatto che la maiolica invetriata cominciò ad essere prodotta in Italia solo dopo il X sec., in Sicilia a seguito della conquista islamica avvenuta nel 902. Probabilmente, la produzione e l'uso di simili manufatti non si diffuse più a nord prima del XII sec., nei territori appena oltre lo Stretto di Messina e raggiunse l'Italia centrale solo verso il XIV sec. (vedi in breve www.archeogr.unisi.it/CCGBA/laboratori/lam/immagini/am6.pdf).
All'epoca della costruzione di queste chiese, quindi, non era disponibile materiale simile di produzione locale. Inserire nelle murature oggetti così brillanti e così duraturi dovette sembrare in effetti un espediente efficace per creare piacevoli effetti cromatici durevoli nel tempo.
Ma questa spiegazione secondo me non è soddisfacente.
Mi vengono in mente due domande: perchè nelle chiese? (non mi è noto il caso di palazzi della stessa epoca similmente decorati) e perchè nell'interno e in un paramento così significativo e visibile come l'ambone, almeno per il caso di San Giovanni del Toro?

Chi ci accompagnò in questa chiesa è una delle autrici dei restauri in corso e ci dette questa spiegazione: sarebbero state inserite in quel luogo per volontà di attestare i rapporti esistenti tra Amalfi e i paesi islamici del Vicino Oriente.
Quindi, mi par di capire, non solo la soddisfazione di una esigenza estetica ma anche l'affermazione, la testimonianza della volontà di una politica commerciale, testimonianza rafforzata dal fatto di aver dato spazio in un luogo sacro ai rapporti con 'il diverso'.

Qualcuno ha altre notizie in merito?
Risponde al vero che il testo presente sul bacino della terza mia foto è incompleto e non interpretabile?

 
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IunoMoneta
view post Posted on 8/3/2012, 20:46




In Val Padana, dove l'uso dei c.d. bacini architettonici è leggermente più tardo, il loro uso è attestato anche nelle facciate dei palazzi. Di recente li ho visti nella facciata del palazzo arcivescovile di Parma (questa è una mia foto:parmat).

Sul significato della loro presenza non ho contributi significativi da proporre. Francamente ho sempre avuto la sensazione che fosse una forma di ostentazione di ricchezza vista la rarità di alcuni pezzi, in particolare di quelli islamici. Ricordo, ad esempio, che il colore blu non entra per ancora parecchio tempo nella gamma delle produzioni italiane per ragioni tecnologiche.
 
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view post Posted on 9/3/2012, 08:51
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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L'uso di bacini di produzione islamica è attestato in numerose chiese della Sardegna e della Corsica, laddove erano impiantate colonie pisane.
Bacini di maiolica invetriata di produzione islamica si possono vedere anche a Pavia, nella chiesa di S.Lanfranco, murati sotto gli archetti pensili della facciata www.sanlanfranco.it/index.php?id=48 e in S.Pietro in Ciel d'Oro www.paviaedintorni.it/temi/sguardo_.../nascosto_8.htm
Vengono datati alla seconda metà del XIII sec., alcuni sono di produzione orientale ma alcuni della chiesa di S.Lanfranco sono i più antichi esempi noti di produzione locale.
Nel secondo sito citato si afferma che venivano portati in Italia dai pellegrini al ritorno dal pellegrinaggio in Terrasanta, quale orogliosa testimonianza dello stesso.

Però, sempre di edifici in qualche modo legati al culto si tratta, anche nel caso del palazzo vescovile di Parma.

Mi spiego meglio.
Molti palazzi civili medievali portano maioliche invetriate murate nella facciata, ma per quanto ne so sono di produzione locale, non provengono dall'Egitto e/o dal Vicino Oriente.
Oggetti di produzione persiana, timuride e Moghul si trovano nelle collezioni medicee, ma la loro vista era evidentemente riservata ai pochi eletti che potevano accedere alla 'wunderkammer' dei duchi.
E' curioso notare come solo edifici legati in qualche modo al culto ostentino decorazioni di origine islamica, con tanto di versetti del Corano e addirittura benedizioni.
 
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*Gibo*
view post Posted on 12/3/2012, 10:52




L'argomento è decisamente interessante e mi dispiace non poterti dire molto.
Sicuramente Amalfi nel suo massimo splendore intratteneva rapporti molto stretti con l'area di influenza araba, in particolare l'Egitto. Per primi stabilirono quartieri e fondaci a Costantinopoli e vennero accolti nei grandi centri di commercio nord africani come Kairuan, Tunisi, Alessandria e il Cairo.

Tra i prodotti commerciati con l'occidente attraverso la mediazione amalfitana c'erano tutti i beni di lusso prodotti nel mondo arabo. Questi erano dei veri e propri status symbol e non mi stupirei se anche la ceramica invetriata fosse stata recepita in Europa in questo modo.
Si dovrebbe anche considerare che molto spesso i mercanti si stabilivano nelle città mediorentali e nordafricane intrattenendo rapporti stretti con le classi sociali agiate del posto e copiandone lo stile di vita.
Rispetto a Amalfi è interessante citare come conferma Pantaleone de comite Maurone. Gli amalfitani furono i primi a creare colonie stabili e a intrattenere rapporti commerciali con l'oriente e il nord Africa e questo giustifica probabilmente la precoce presenza di temi e tecniche arabe nelle costruzioni amalfitane. Solo più tardi le tecniche di produzione arabe vennero riprodotte.

Per la presenza nell'ediliza civile forse il problema è legato a una scarsa sopravvivenza di edifici dell'epoca. In epoca più recente infatti è testimoniato l'uso delle azulejos nelle case magnatizie.
 
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view post Posted on 12/3/2012, 12:11
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Non so se con il vocabolo 'azulejo' intendiamo la stessa cosa, perchè per me, ignorante in materia di archeologia medievale, gli 'azulejos' sono piastrelle di maiolica invetriata prodotte in Spagna e Portogallo a partire dal XVI sec.
Per quanto ne so, furono una rielaborazione dei precedenti 'alicatados', elaborazione effettuata sotto l'influsso delle maioliche invetriate di produzione italiana.

Gli 'alicatados' sono invece di derivazione islamica e vennero realizzati in Spagna, particolarmente nella regione di Valencia, almeno a partire dal XIV sec. (uso declinare questi vocaboli al maschile perchè tali sono in spagnolo).

Ciò che mi ha incuriosito è il fatto di aver trovato oggetti di chiara produzione islamica all'interno di una chiesa cristiana, murati nell'ambone, cioè il punto più osservato, altare a parte, dell'intera struttura.
Mi sembra, poi, che il fatto di aver nettamente ritagliato la scritta 'baraka' in caratteri cufici voglia dire qualcosa, non mi sembra affatto casuale, anche perchè si è posto proprio quel bacino al centro della composizione, come ben si vede dalla mia foto http://yfrog.com/jtdscf1386kj
Inoltre, l'epoca di produzione degli oggetti in questione nonchè di realizzazione della chiesa e dell'ambone è ben precedente sia alla produzione degli alicatados che a quella degli azulejos.

Mi rendo conto che su un solo esempio è difficile ragionare, mi chiedevo se ne esistano altri, al di fuori degli esempi murati nei paramenti esterni delle chiese, che sono molto numerosi e ben documentati.




 
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*Gibo*
view post Posted on 12/3/2012, 14:06




Sugli Azulejos (giusta correzione del genere, mi sono sbagliato usando il femminile) credo di essermi espresso male. Prima precisazione mi riferivo in generale alla produzione ceramica spagnola.
Quello che intendevo dire è che non è possibile fare valutazioni esatte sull'uso di ceramica islamica negli edifici civili perchè questi non sono sopravvissuti, in epoche successive (mi pare di ricordare già dal quattrocento) la ceramica invetriata di produzione straniera e influenza sicuramente araba è impiegata in Italia come oggetto di lusso, comunque molto apprezzato (a quanto so io almeno nell'area ligure). Niente vieta di considerare plausibile un uso precedente di prodotti in parte analoghi di origine islamica per classi agiate che normalmente avevano possedimenti in città islamiche o comunque avevano contatti con il mondo islamico sufficientemente stretti da recepirne gli stili di vita ed il gusto, soprattutto in un epoca in cui l'oriente produce beni di lusso rispetto all'occidente più "arretrato".
Analogamente è attestato a quanto so almeno dal XV secolo anche nelle chiese l'uso di questi prodotti di origine spagnola.

L'uso, nelle chiese, di scritte con caratteri sufici nel romanico e preromanico poi dovrebbe essere piuttosto attestato, non riesco a ritrovare riferimenti ma ricordo anche pietre con iscrizioni sufiche inserite nelle cattedre vescovili in varie cattedrali (mi pare di ricordare che almeno una sia conservata al museo della Crypta Balbi, chiedo aiuto a chi lo conosce meglio o ha il catalogo a casa)...
Detto così è vago ma spero di poter trovare riferimenti.
 
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*Gibo*
view post Posted on 22/3/2012, 10:09




In relazione alle cattedre vescovili l'esempio che avevo in mente è la cattedra di San Pietro conservata a San Pietro in Castello a Venezia. La chiesa è la prima sede episcopale di Venezia. La cattedra dovrebbe essere appartenuta all'apostolo all'epoca del suo episcopato a Antiochia, ovviamente la pietra è molto successiva dal momento che è una stele in cufico con versetti del Corano (a riguardo ovviamente volevo correggere il mio post precedente quando per la fretta invece di dire cufico ho detto sufico :blush.gif: ).

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/comm..._San_Pietro.JPG

A questo punto è possibile che la mia idea di un reperto simile alla Crypta Balbi, che conserva un'interessantissima sezione sull'alto medioevo, potrebbe essere frutto di un lapsus legato al nome di San Pietro...
 
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dizzzi
view post Posted on 23/3/2012, 00:53




Segnalo testo sull'argomento: Graziella Berti, Liana Tongiorgi, I bacini ceramici medievali nelle chiese di Pisa, Roma 1981.
 
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*Gibo*
view post Posted on 16/6/2012, 17:00




Volevo segnalarti altri due interessanti reperti che testimonia l'utilizzo in ambienti di culto cristiani di prodotti di pregio del mondo islamico: si tratta di due paia di calzari pontificali conservati al Museo della Spiritualità a Castel Sant'Elia.
Il primo paio in realtà è un prodotto di ispirazione mediorientale: http://iscr.beniculturali.it/pagina.cfm?usz=5&uid=73&rid=15
Il secondo invece, pur lasciando ipotizzare una produzione non in territori islamici, potrebbe presentare un'iscrizione in cufico e si è parlato di artigiani islamici: http://iscr.beniculturali.it/pagina.cfm?usz=5&uid=67&rid=31

Come nel caso degli Azulejos si tratta di prodotti di grande pregio in cui lo stile "arabeggiante" è chiaro, fermo restando che sono prodotte in territori di culto cristiano, dove però l'influsso è forte per la recente dominazione. D'altra parte fino al Basso Medioevo il mondo islamico è esportatore di beni di lusso apprezzati in occidente e proprio su questi traffici si basa la ricchezza di Amalfi, la più precoce delle Repubbliche Marinare.
 
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view post Posted on 16/6/2012, 21:02
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Hi visto anche, ma purtroppo ora non ricordo dove, paramenti sacri fatti utilizzando stoffe provenienti dall'ambito islamico, in questo caso persiano, se non erro. Anche il manto di Federico di Svevia (devo però controllare, domani sono a casa) venne confezionato con stoffe islamiche .
 
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laura c.
view post Posted on 17/2/2014, 18:25




Anche le chiese di San Paragorio a Noli (SV) e S. Ambrogio a Varazze (SV) presentano bacini ceramici simili. Gli archeologi Tiziano Mannoni e Rita Lavagna hanno fornito contributi interessanti al riguardo. A livello nazionale, e con particolare riferimento alla Toscana, articoli dettagliati sono quelli toscani di Berti-Tongiorgi. Pare universalmente assodato che la funzione fosse quella estetica, ed è evidente che i primi siano stati importati via mare, infatti sono presenti in città il cui traffico navale era fiorente. Successivamente, forse poi prodotti anche localmente ad imitazione di quelli cosiddetti "ispano-moreschi".
 
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10 replies since 8/3/2012, 17:54   1505 views
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