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I Codici Maya

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view post Posted on 10/5/2012, 14:30
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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I codici Maya

Quelli che oggi sono noti come codici Maya sono 3 striscie di carta, piegate a fisarmonica, che riportano testi scritti in caratteri glifici e abbondantemente illustrati.
Sono arrivati in Europa probabilmente al tempo della conquista spagnola dell'America Centrale, benchè per lungo tempo siano stati dimenticati in qualche angolo di archivi storici poco frequentati.
Sono comunque noti agli studiosi da quasi due secoli e indubitabilmente riconosciuti come originali. Prendono il nome dalla località dove oggi sono conservati e sono:
-Codice di Madrid o Codex Tro-cortesianus
-Codice di Dresda o Codex Dresdensis
-Codice di Parigi o Codex Peresianus (a volte, viene anche citato come Codice Pérez o Codice Maya-Tzental).
Un quarto, apparso in Messico solo nel 1965, è noto come Codice Grolier dal nome del Grolier club ed è costituito da fogli sciolti.
Non è ancora accettato come autentico da tutta la comunità dei mayanisti, sebbene ultimamente sempre più studiosi ne siano convinti.

Tutti i codici sono fatti di una carta detta in maya yucateco kopò, più nota con il termine nahuatl-azteco di amatl, spagnolizzato in amate (in maya classico veniva chiamata huun).
Questa carta era ricavata dal libro di alcuni ficus, come f.cotinifolia e f.padifolia: dopo essere stato staccato dalla corteccia, il libro veniva bollito, poi battuto e lisciato con pietre piatte e quindi spalmato di stucco bianco.
In questa maniera veniva ricavata una lunga striscia di carta, molto robusta, che veniva piegata a fisarmonica (il sistema è detto anche leporello dal nome di un personaggio del Flauto Magico di Mozart) in fogli alti circa 30-35 cm e larghi 10-15 cm.

In realtà, gli archeologi durante gli scavi hanno rinvenuto in tombe di Uaxactún, Guaytán e San Agustín Acasaguastlán (Messico), Nebaj Takalík (Guatemala), Altún Ha (Belize) e Copán (Honduras) i resti di almeno altri 6 codici.
Però l'umidità e le infiltrazioni di acqua presenti nelle tombe hanno ridotto questi codici in pessimo stato: sembra sia sopravvissuto solo lo strato di fibra vegetale più resistente, lo stucco si è sciolto per cui le pagine si presentano incollate tra loro e allo stato attuale delle conoscenze tecniche non è possibile separarle nè tantomeno leggerne il contenuto, per cui è come se non esistessero.

Prima dell'arrivo degli Europei, i Maya ne possedevano in grande quantità.
Quando nelle Terre Maya giunsero i frati francescani con il compito di evangelizzare le popolazioni che risiedevano costaggiù, ne sequestrarono una grande quantità e li bruciarono in nome del fatto che, come scrive de Landa, potevano essere solo demoniaci, visto che erano stati scritti da persone che non conoscevano la vera religione.
Il solo frate Bartolomeo de las Casas si lamentò dei roghi nei suoi scritti.
Tutti i relatori contemporanei ci dicono che i sacerdoti e gli scribi maya letteralmente si strappavano i capelli quando li vedevano bruciare.
Sta di fatto che con la loro perdita è andata in fumo anche gran parte della possibilità di comprendere l'antica cultura di queste popolazioni.



Il Codice di Madrid è il più 'grande' tra i 4 elencati all'inizio: è lungo 6.82 mt ed è piegato in 56 fogli, scritti fronte-retro, per cui in totale le sue pagine sono 112.
E' datato al sec. XIV e si pensa provenga dalla costa occidentale della penisola del Yucatán, o meglio ancora dalla città di Tayasál, l'antica Tah Itzá odierna Flores capoluogo della regione del Petén guatemalteco, ultima capitale dei Maya-Toltechi Itzá ad essere conquistata, nel 1697 (il che mi porta a pensare che non risponda a verità che sia stato Cortés a portarlo in Spagna, anche perchè ben pochi furono i contatti tra il conquistadòr e le genti maya-tolteche e maya-yucateche).
L'analisi stilistica ha fatto concludere che sia stato scritto e illustrato da una unica persona.

Viene chiamato anche Tro-Cortesiano perchè, probabilmente dopo il suo arrivo in Spagna, venne diviso in due parti.
Una parte prese il nome di Codice Cortesiano da Cortés, il Conquistadòr, l'altra venne in possesso del paleografo spagnolo Don Juán Tro y Ortolano, da cui il nome di Codice Troano.
Solo nel 1880 si riconobbe che facevano parte di un unico codice, forse (molto forse) portato in Spagna da Cortés.
Le due parti vennero riunite nel 1888.

Il contenuto di questo codice è considerato il più ricco e vario tra quelli dei 4 codici elencati.
Si tratta di una specie di calendario, in cui giorno per giorno vengono riportati pronostici che si riferiscono alla caccia, all'apicoltura, alla pioggia, alla semina e al raccolto assieme a rituali per propiziarne l'abbondanza e il successo.
Inoltre, tratta molti aspetti della vita quotidiana, con scene che riguardano la vita civile e religiosa , l'agricoltura, le piante e il loro utilizzo, la musica, la caccia e molto altro.
Un paragrafo, per esempio, illustra una invasione di locuste, una intera sezione illustra l'apicoltura e le divinià con essa relazionate, riportando quasi 50 immagini di api.

La riproduzione integrale si trova qui www.famsi.org/mayawriting/codices/madrid.html


Il Codice di Dresda è lungo 3.56 mt ed è piegato in 39 fogli, scritti fronte retro per un totale di 78 pagine di cui 4 lasciate in bianco.
In origine, aveva copertine in legno con raffigurarazioni di giaguari.
Datato tra l'XI e il XIII sec., è il più antico manoscritto precolombiano noto e proviene quasi sicuramente dalla città maya-yucateca di Chichén Itzá.
Si pensa sia una copia di un manoscritto più antico, risalente alla fine del Periodo Classico Maya (VII-IX sec.) ed è opera di almeno 5 mani diverse (alcuni dicono 8).

Le prime notizie certe relative a questo codice risalgono al 1739, quando venne acquistato a Vienna dalla Biblioteca Reale di Dresda.
Come sia giunto a Vienna non è noto, forse si tratta di uno dei manoscritti inviati da Cortés a Carlo V nel 1519, ma resterebbe da capire come possa esserne venuto in possesso il conquistador, che all'epoca aveva avuti pochissimi contatti con i Maya ed in una zona molto lontana da Chichén Itzá.
La prima riproduzione, fedelissima, fu creata nel 1825/26 ad opera dell'artista lombardo Agostino Aglio, che per praticità la divise in due parti.
La Biblioteca di Dresda ne pubblicò una copia nel 1848, ma solo nel 1853 venne riconosciuto come manoscritto di origine Maya.

La sua importanza nella storia della decifrazione dei glifi maya è enorme.
Nel 1836 il bibliotecario K.C.Falkenstein per ragioni 'estetiche' divise l'originale in due parti di quasi uguale lunghezza e le fece sistemare sotto la protezione di due lastre di vetro.
In queste condizioni iniziò a studiarlo, nel 1880, il bibliotecario E.W.Förstemann, il quale riuscì a decifrarne i segni numerici e la sezione calendariale nonchè alcuni, pochi, glifi stabilendo che non tutti i glifi avevano carattere alfabetico.
Alla fine della II Guerra Mondiale, venne salvato miracolosamente dall'incendio della biblioteca di Dresda.
Era gravemente danneggiato dall'acqua utilizzata per spegnere l'incendio, ma venne meticolosamente restaurato e risistemato sotto le due lastre di vetro originali, anche perchè parte del testo vi era rimasto incollato.
Nell'aprile del 1945, una riproduzione venne rinvenuta a Berlino, nella Preußische Staatsbibliothek (attualmente Staatsbibliothek zu Berlin), ad opera di un ufficiale dell'Esercito Sovietico, il linguista ucraino Yuri Knorozov, il quale se la portò con sè. La riproduzione conteneva anche copia degli altri due codici allora noti, il Peresiano (Parigi) e il Tro-Cortesiano (Madrid).
Avvalendosi di queste copie, nel 1947 Knorozov iniziò a studiare il linguaggio scritto dei maya, arrivando a pubblicare uno studio fondamentale per la decifrazione dei glifi, decifrazione proseguita e completata successivamente da Tatiana Proskuriakoff e Michael D.Coe (il che non significa che gli scritti glifici maya oggi siano completamente interpretabili, solo che sappiamo come leggerli e conosciamo il significato di molti di essi).

Questo codice tratta soprattutto argomenti di carattere astronomico, riportando dettagliatamente nozioni riguardanti i cicli delle eclissi lunari e solari e i cicli del pianeta Venere.
In questa sede, non mi dilungo sul suo contenuto, perchè ho intenzione di dedicare ad esso un 'trattatello' specifico.

Una riproduzione fotografica completa in b/n dell'originale si trova qui http://digital.slub-dresden.de/werkansicht...4a57ccb6089bef0, le copie a colori si possono scaricare alla fine di questa pagina www.famsi.org/mayawriting/codices/dresden.html



Il Codice di Parigi è lungo 1.4 mt, piegato in 12 fogli, scritti fronte retro per un totale di 24 pagine.
Datato tra il 1300 e il 1500, si tratta di un almanacco di profezie con uno zodiaco Maya, quindi come contenuto è molto simile ai numerosi libri Chilám Balám.

Apparve per la prima volta a Parigi nel 1832, come acquisto della Bibliothèque Royale francese (in seguito diventata Bibliothèque Impériale e poi Bibliothèque nationale de France).
Circa tre anni dopo fu creata, sempre ad opera di Agostino Aglio, la prima riproduzione, andata nel frattempo perduta, ma una copia litografica è tuttora esistente tra le opere inedite di lord Kingsborough, conservate nella Newberry Library di Chicago.
Nonostante il codice sia stato spesso citato nei successivi 24 anni, la sua definitiva riscoperta è da attribuire all'orientalista francese Léon de Rosny, che nel 1859 lo rinvenne dentro una scatola gettata in un cestino di vecchie carte vicino ad un camino della Bibliothèque nationale, dove era stato apparentemente dimenticato e si trovava in pessime condizioni.
Era avvolto in una carta con sopra scritto Pérez, forse un riferimento al Jose Pérez che aveva pubblicato due brevi descrizioni dell'allora anonimo codice.
Inizialmente De Rosny lo chiamò Codex Peresianus ("Codice Pérez") a causa del nome sull'involucro, ma nel tempo divenne famoso come Codice di Parigi.
De Rosny ne pubblicò un'edizione facsimile nel 1864.
È tuttora di proprietà della Bibliothèque Nationale.

Vi è riprodotta un'affascinante serie di animali zodiacali e di uccelli 'patroni' dei giorni, simili a quelli che si ammirano sulle pareti dell'ala orientale del Quadrilatero delle Monache a Chichén Itzá.
Vi sono ritratte anche scene che si svolgono nella sala del trono di un sovrano Maya, molto simili a quelle che compaiono sulle stele di Piedras Negras e Quiriguá, complete di fascia celeste, coccodrillo che regge il mondo, il 'mostro' che simboleggia Venere e la Divinità-Uccello che si libra in volo.

Le foto pubblicate dalla Bibliothèque nationale sono visibili qui www.famsi.org/mayawriting/codices/pdf/paris_love.pdf, una fedele restituzione grafica qui http://digital.library.northwestern.edu/codex/codex.html



Il Codice Grolier consta di 11 fogli, molto danneggiati, sciolti e scritti su un solo lato, il retro è tutto in bianco.
Si dice essere stato trovato in una grotta, e in realtà è probabilmente un frammento di un codice molto più lungo, forse di 20 pagine+5 pagine singole a giudicare dal suo contenuto.
Analizzato al radiocarbonio, ne è stata proposta la datazione attorno al 1230.

Prende il nome dal Grolier club, società di New York di appassionati di arte grafica che ne pubblicò le immagini nel 1973 e venne donato poco dopo il rinvenimento allo Stato Messicano.
Si trova nel Museo Nacionál de Antropologia di Città di Messico, ma non è esposto al pubblico, anche se foto scannerizzate sono disponibili sul web.

Ognuna delle pagine mostra un eroe o un dio, girati verso sinistra.
In cima ad ogni pagina si trova un numero, ed in basso a destra quella che sembra essere una lista di date.
Queste date combaciano perfettamente con una parte delle date, relative ai cicli venusiani, riportate nel Codice di Dresda.
La qualità dell'opera è molto scarsa, le immagini delineate sono piuttosto rozze, molto più simili a quelle che si vedono nei codici aztechi che non quelle raffinate tipiche degli altri 3 codici maya: lo stile con cui è stato scritto e sono stati tracciati i disegni che compaiono su questo codice è stato giudicato un misto tra lo stile tolteco e quello mixteco.
Inoltre, le notizie riportate nelle sue pagine, perlomeno quelle che si riescono a leggere, sono molto meno dettagliate degli altri codici, e non forniscono informazioni che non sono già presenti nel codice di Dresda.
A causa del fatto che, caso unico tra i codici maya noti, non è scritto al rovescio e si presenta in fogli sciolti, nonchè per la sua pochezza e il riportare date già comprese nel Codice di Dresda, è stato accusato di essere un falso e appunto per questo probabilmente non viene esposto al pubblico.
Negli ultimi anni, però, si è finito per accettarlo come autentico, pur con qualche mugugno.

Le foto ad alta risoluzione di Justin Kerr si trovano qui www.mayavase.com/grol/grolier.html
 
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