Ostraka - Forum di archeologia

Informazioni riguardo lo stoccaggio di reperti archeologici

« Older   Newer »
  Share  
vvanrome
view post Posted on 9/12/2013, 18:48




Ciao a tutti,
sono uno studente di architettura al Master of Architecture al Bauhaus Dessau in Germania. Ho iniziato il percorso di tesi che attualmente concerne una fase di ricerca sul tema da me scelto.

Questa tesi riguarda la progettazione di un edificio adibito allo stoccaggio di reperti archeologici e tutte le altre attività ad esso connesse, con l'intento di migliorare (qualora ce ne fosse bisogno) questo sistema.

Alla luce di questo vorrei porvi alcune domande a riguardo con la speranza che possiate rispondermi.


1. C'è un'effettiva necessità di valorizzare i reperti tenuti nei magazzini? Se sì, quali potrebbero essere le iniziative finalizzate a questo scopo?


2. Quali potrebbero essere delle disfunzioni nel sistema di stoccaggio attuale?


3. Come si relaziona oggi il museo archeologico italiano con le nuove tecnologie digitali e informatiche?


4. C'è la possibilità di accedere a dei dati quali il numero di reperti conservati nei magazzini o il numero di reperti rinvenuti in media ogni anno etc? Se sì, potreste indirizzarmi verso questi?



Nel ringraziarvi, porgo distinti saluti.
Valerio
 
Top
view post Posted on 9/12/2013, 20:45
Avatar

Advanced Member

Group:
oikistés
Posts:
2,732
Location:
La terra dei canguri

Status:


Ciao, Valerio. Poni domande veramente complesse, nel senso che rispondere non è facile, specialmente per quanto riguarda le soluzioni. Per non parlare delle problematiche dei musei italiani, che aprirebbero uan discussione chilometrica. Cerco di dare qualche risposta:

1) sì, valorizzare i reperti dei magazzini è importantissimo, ai fini soprattutto dello studio di questi reperti da parte degli addetti ai lavori. Esistono alcuni musei i cui magazzini sono musealizzati, vale a dire che i reperti sono, quantomeno, esposti in vetrine anche se non sono accessibili a tutti. Se non sbaglio Lama su aveva postato qualche esempio a riguardo.

2) una prima disfunzione che mi viene in mente è sicuramente quella relativa al microclima dei magazzini. Ogni materiale ha un suo microclima ideale (i reperti in metallo sono diversi da quelli in ceramica a loro volta diversi da quelli in vetro) e nei magazzini non è sempre possibile assicurare il microclima ideale, specialmente in termini di umidità.

3) tasto dolente. le nuove tecnologie hanno riscosso un certo interesse, ma le iniziative sono ben presto rimaste confinate a pochi casi isolati. Vedi ad esempio il Museo di Castiglion Fiorentino, un bell'esempio, però per mancanza fondi i monitor sono per lo più spenti. Anche a Cortona, quando ci sono stata, alcune applicazioni non funzionavano.
Oltre al problema dei fondi, c'è anche quello della mancanza di personale qualificato. Non basta saper usare le nuove tecnologie, bisogna anche saperle usare bene, per non creare ricostruzioni o prodotti di qualità, archeologicamente parlando, scadente. Non ci sono molte professionalità in Italia capaci di fare dei prodotti veramente validi.
Infine, manca presso gli enti che hanno in gestione i beni culturali, la cultura innovativa. Sono ancora arretrati su questo fronte. Leggermente meglio va sul piano della digitalizzazione, ma anche in questo caso, il problema sono i fondi.
Per una panoramica esaustiva, ti consiglio di leggere:

"Innovazione e cultura" a cura di A. Granelli e F. Traclò, Milano 2006.

4) su questo sarebbe meglio ti rispondesse Moneta.
 
Top
view post Posted on 10/12/2013, 19:07
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


Un esempio, molto parziale però e assai limitato, di esposizione dei reperti dei magazzini al pubblico è quello del Museo Egizio di Torino, in cui si sono resi visibili alcuni reperti e gli scaffali sullo sfondo. Un museo, non italiano però, in cui i magazzini sono visibili (pur non avendo veri fondi propri, in quando una dépendance di Parigi) a distanza però, è il Louvre di Lens. Sempe fuori d'Italia una parte dei magazzini del RGM di Colonia sono visibili dall'esterno del museo stesso. Non si può dire in questi casi si tratti di vera musealizzazione, piuttosto di possibilità di vedere i magazzini o meglio uan parte di essi. Nella Fondation Bayeler di Riehen, vicino a Basilea, i laboratori di restauro sono visibili per i visitatori. Non si tratta di reperti archeologici, ma è stato interessante seguire nel corso di diversi anni il restauro di una grande opera di Matisse. Ora ho visto lavorare ad un dipinto di Henri Rousseu, "il doganiere".
 
Top
vvanrome
view post Posted on 11/12/2013, 01:10




Grazie ad entrambi per le risposte molto esaustive, vi spiego in breve la mia idea progettuale:


L'idea va oltre la creazione di nuovi spazi per lo stoccaggio. ho notato che c'è questo effettivo bisogno di valorizzare questi oggetti che altrimenti rimarrebbero nascosti. Molte attività vengono già svolte, ma in particolare la mia idea concerne la digitalizzazione di questi reperti attraverso fotografie e modelli 3D in modo da creare una sorta di "museo digitale su internet" per una semplice visualizzazione da parte dei privati o per quelle istituzioni quali università o musei interessate ad un prestito o acquisto(?).

In pratica questo "magazzino" non mira a stoccare staticamente i reperti ma ad intraprendere un percorso dinamico che li distribuisca e li valorizzi.

accogliere i reperti > restaurarli (se necessario) > immagazzinarli > distribuirli

Il programma è un po' più complesso di questo ma queste sono le linee base.

Ogni commento a riguardo sarebbe apprezzatissimo.



Ripeto la domanda del primo post con la speranza che qualcuno possa rispondermi:

C'è la possibilità di accedere a dei dati quali il numero di reperti conservati nei magazzini o il numero di reperti rinvenuti in media ogni anno etc? Se sì, potreste indirizzarmi verso questi?

Grazie mille
Valerio
 
Top
view post Posted on 11/12/2013, 10:38
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


Idea fantastica, sì davvero fantastica, nel senso forse più proprio del termine, quella di digitalizzare i reperti conservati nei dei magazzini e di renderli disponibili agli utenti in rete. Leda potrà dirti di più con competenza, ma non dimentichiamo che si tratta di cifre enormi, milioni di pezzi singoli. Quindi per prima cosa sarebbero da stabilire i criteri secondo i quali andrebbero scelti i reperti da eventualmente restaurare e quindi digitalizzare, certo solo una minima parte di quanto esiste. Oltre tutto il restauro è un procedimento che già per sua natura richiede tempi lunghi. Per fare un esempio: a Palazzo Madama a Torino, (un museo non archeologico!) è visitabile un "magazzino" di ceramiche, in cui tra l'altro, in vetrine ottocentesche ad un'altezza di oltre due metri ci sono innumerevoli vasi di piccole dimensioni ad occhio greci, magnogreci, etruschi ecc. Ho potuto vederne alcuni solo "digitalizzandoli", cioè fotografandoli alla cieca tenendo la fotocamera sopra la testa a braccia distese in alto. Si tratta, solo in pochi scaffali, di diecine e diecine di reperti solo di scavo, e questoin un museo che non espone, a parte alcuni vetri, oggetti arceheologici.
 
Top
view post Posted on 12/12/2013, 17:35

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
7,865

Status:


Vedo se mi riesce di mettere insieme un minimo di risposta che abbia senso riprendendo i punti delle domande nell'ordine in cui sono state poste:

1. a parte la indubbia motivazione culturale della valorizzazione, c'è una forse persino più pressante motivazione di ordine pratico: questi materiali esistono e sono presi in carico da Pubbliche Amministrazioni, le quali non possono certo buttarli via (anche se talvolta credo che la tentazione gli venga :angry: ), per cui ad un dato momento queste Amministrazioni non possono più fare a meno di accorgersi di non poter oltre accalcare in malomodo casse su casse e sono costrette a cercare soluzioni di maggiore efficienza anche solo proprio per motivi puramente strutturali (solai che non reggerebbero più un ulteriore peso, spazi stracolmi fino nelle vie di transito, porte che non si chiudono più ed amenità di questo genere :rolleyes: ) .
Questo naturalmente è un discorso che vale per quei magazzini museali collegati a territori dove c'è una attività costante e capillare di tutela archeologica, di recupero e di scavo. Musei cioè che costantemente acquiscono (magari anche solo a titolo di deposito da parte di altri Enti, ma comunque con previsione di lunga durata) notevoli quantità di materiali archeologici la massima parte dei quali non è prevedibilmente destinabile in nessun modo ad una esposizione museale tradizionale eppure è portatrice di un indubbio valore culturale (soprattutto per via della provenienza da un contesto stratigrafico preciso) e di un dovere amministrativo alla conservazione.

2. La disfunzione più clamorosa è che se vai in una Soprintendenza a chiedere di consultare la documentazione originale di uno scavo archeologico non sei proprio sicuro al 100% di riuscirci, ma in definitiva hai discrete probabilità con un po' di paziente insistenza di venirne a capo, ma se invece da lì hai poi la necessità scientifica di ricontrollare autopticamente i reperti di uno specifico contesto di quello stesso scavo (che ne so, magari per ricontrollare una datazione che non ti convince o una attribuzione tipologica o qualcosa del genere), nella maggior parte dele città d'Italia rischi di trovarti di fronte a situazioni nelle quali l'accessibilità della singola cassa, sotto a tante altre e dietro ad una enormità di altre ancora, rappresenta un ostacolo proibitivo e concretamente insormontabile.

3. Non credo che ci sia una situazione tipica fra i Musei italiani nell'utilizzo di tecnologie informatiche per la gestione del magazzino: temo anzi che non abbia nemmeno senso parlarne in termini generali perché troppa è la difformità delle situazioni e la stratificazione di strumenti diversi: in alcuni casi puoi trovare sistemi antiquati stile "penna d'oca" ancora discretamente funzionanti, in altri progetti altisonanti di magari vent'anni fa costati denari e fatica non hanno però una ricaduta favorevole nella accessibilità odierna, in altri ancora si sta magari con impegno e buon senso facendo sacrifici per star dietro alle nuove accessioni pur sapendo di avere una montagna di pregresso irrisolto. Poi però ci sono anche delle eccellenze, spesso più legate alla costanza cocciuta di quale Collega che ci ha speso una vita di faticoso lavoro o alla lungimiranza di qualche Amministrazione che ha saputo fare poco alla volta nel lungo periodo che non alla ricchezza dei finanziamenti straordinari una tantum che in passato qualche volta ci sono stati ma che non sempre hanno prodotto benefici adeguati.

4. Lasciando perdere il discorso sui magazzini "storici", ci sono alcuni begli esempi sulla gestione degli afflussi "correnti" di reperti da scavi in varie città, ma come primissimo esempio citerei quello di Modena: non il più grande né il più clamoroso, ma a mio parere senza dubbio esemplare di come gli sforzi nel lungo periodo diano sempre risultati, ma anche in quest'ottica gli imprevisti ed i guai siano sempre in agguato e le correzioni di progetto qualche volta necessarie.

I numeri, anche se relativi ad una situazione medio-piccola, sono numeri enormi, dove anche una rappresentazione digitale del contenuto delle casse non potrebbe che essere larghissimamente "a campione", mentre ovunque in Italia l'utilizzo di più tecnologia nella gestione puramente logistica sarebbe già da solo un passo da gigante.
 
Web  Top
IunoMoneta
view post Posted on 19/12/2013, 21:16




CITAZIONE (dceg @ 10/12/2013, 19:07) 
una parte dei magazzini del RGM di Colonia sono visibili dall'esterno del museo stesso.

Ecco qui una foto delle sala in cui sono conservate le collezioni di studio del Museo di Colonia (dentro è meglio, ma non mi ero azzardata a chiedere di far foto). Se non ricordo male, però, i reperti meno "belli" sono in altro magazzino.!


La gestione dei magazzini è da sempre un problema per la quantità di materiali e per le differenti esigenze di conservazione dei reperti. Ultimamento alcune soprintendenze (ad esempio Veneto e Lombardia) stanno dettando precise prescrizioni in merito alle modalità di consegna con indicazione del tipo di contenitori da adottare in modo da rendere non solo più agevole la gestione dei magazzini con cassette sicuramente impilabili e che non si deformano con il tempo, ma anche più semplice poter accedere ai materiali. Nei magazzini che conosco direttamente è pratica comune non impilare più di 2 cassette su ogni ripiano di scaffale (3 o 4 se sono quelle sottili che si usano per gli intonaci dipinti e per alcuni reperti fragili).
Una gestione informatica dei singoli pezzi mi sembra difficile. Per quanto non sia possibile in nessun modo quantificare gli ingressi annuali (ci sono troppe varianti legati al numero di interventi di scavo e alla "ricchezza" dei diversi siti), non credo di sbagliare indicando in diverse migliaia (anche decine e centinaia di migliaia) i pezzi immessi ogni anno nei magazzini. Ci sono scavi urbani (e ne ho visto più di uno) che da soli hanno restituito decine di migliaia di pezzi, immagazzinati in centinaia di casse.
Diversa è la gestione, anche con strumenti molto semplici (fogli excell o database) delle casse in entrate. In pratica viene registrata la provenienza dei reperti di quelle casse, il loro numero e la loro posizione nel singolo magazzino (ogni soprintendenza ha più magazzini propri più quelli di altri enti in cui vengono "appoggiati" i materiali di diversi scavi).
La situazione che conosco meglio è quella lombarda dove ci sono tre grandi magazzini territoriali (due utilzzano immobili sottratti alla mafia) oltre a quelli presenti nella sede di Milano e nei nuclei operativi di Brescia e Mantova. In più ci sono i magazzini dei Musei Nazionali e quelli dei Musei locali che hanno accettato di tenere in deposito materiali provenienti dal territorio di riferimento del singolo istituto (alle volte molto numerosi), e quelli delle Università che accolgono i reperti degli scavi condotti in concessione e dei contesti in corso di studio. So che in Soprintendenza esistono degli elenchi informatici che consentono di sapere dove sono i materiali dei diversi siti e che è in corso un programma di verifica dei depositi presso i musei locali.
Ho sentito dire che a Roma, dove la Soprintendenza ha fondi maggiori di uffici di altre regioni, stanno informatizzando i magazzini con codici a barre. Ogni cassa ha un codice che, letto da un apposito lettore (simile a quelli che si usano nei negozi) consente di accedere alla scheda di un database in cui è indicato il contenuto. Naturalmente ciò vale per le nuove acquisizioni, mentre il problema grosso è il pregresso (e che pregresso!).
Ovviamente tutto dipende da quanto denaro si ha disposizione per la realizzazione dei progetti.
Alcune Soprintendenze si stanno associando per mettere in comune le risorse e trovare soluzioni condivise. Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia e Toscana stanno elaborando un sistema denominato RAPTOR che dovrebbe permettere la gestione informatica di tutta l'attività amministratica, dei magazzini e dei diversi archivi attraverso un sistema a base territoriale (per maggiori informazioni qui: www.raptor.beniculturali.it/; se avvisa di un problema con il certificato di sicurezza cliccate su Prosegui o altro analogo tasto). Vedremo con il tempo, quando il sistema andrà a regime, come funzionerà. Per ora quanto presentato fa ben sperare.

Una osservazione sul progetto di Valerio. Nel flusso "accogliere i reperti > restaurarli (se necessario) > immagazzinarli > distribuirli", il "distribuirli" mi crea qualche perplessità. Significa dividere i materiali provenienti da uno stesso contesto? Una cosa simile è accettabile solo per ragioni di conservazione (ad esempio, i metalli, ma non solo, devono stare in ambienti a umidità controllata) per il resto nei magazzini, anche in quelli accessibili sarebbe opportuno non smembrare i contesti: per uno studioso è così più facile capire al primo sguardo quale possa essere, ad esempio, l'orizzonte cronologico delle singola unità stratigrafica.

CITAZIONE (IunoMoneta @ 19/12/2013, 21:13) 
Per quanto non sia possibile in nessun modo quantificare gli ingressi annuali (ci sono troppe varianti legati al numero di interventi di scavo e alla "ricchezza" dei diversi siti), non credo di sbagliare indicando in diverse migliaia (anche decine e centinaia di migliaia) i pezzi immessi ogni anno nei magazzini.

Mi sono accorta che serve una precisazione: intendevo ingressi annuali per regione. A scala nazionale di parla di milioni di nuovi reperti ogni anno..... dai cocci dei cocci ai pezzi interi....
 
Top
view post Posted on 19/12/2013, 22:15
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


OT
CITAZIONE (IunoMoneta @ 19/12/2013, 21:16) 
Ecco qui una foto delle sala in cui sono conservate le collezioni di studio del Museo di Colonia (dentro è meglio, ma non mi ero azzardata a chiedere di far foto).

Penso che potevi chiedere. Al RGM di Colonia è comunque permesso fotografare. Inoltre qualche tempo fa, avendo bisogno dell'immagine di un simpulum che sapevo esposto, mi sono rivolto alla vicedirettrice del Museo, dott.sa Naumann-Steckner, che con grandissima cortesia ha fatto fotografare il reperto, di cui il museo non aveva foto, espressamente per me inviandomi poi la foto ed il tutto grtuitamente!

Fine OT

 
Top
view post Posted on 20/12/2013, 11:12

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
7,865

Status:


Essendo io titolare di una ditta specializzata che esegue scavi archeologici, probabilmente non sembrerà strano a nessuno che il mio punto di vista su questo argomento sia del tutto particolare rispetto a chi vede nel magazzino una sorta di "museo di seconda scelta", laddove io sarei invece portato a vederci (o diciamo pure "vorrei vederci") una struttura pubblica attrezzata per interfacciarsi con me allo scopo di concretare in maniera efficiente quello scambio "sociale" tra la rinuncia alla permanenza del bene archeologico nel sottosuolo (circostanza che viene annullata con lo scavo) e conoscenza del contesto smontato dallo scavo attraverso i due classici prodotti dello scavo archeologico: documentazione e materiali.

Insomma a me piacerebbe trovarci una struttura che (in previsione di poter "tirare fuori" a richiesta del Cittadino interessato quella specifica manciata di cocci dal quello specifico strato di quel particolare scavo di quella tal località) fosse davvero in grado ed attrezzata per perseguire degli standard e costringermi a rispettarli, che potesse raccogliere da me quelle informazioni che io produco associate ai reperti e magari perfezionare esso stesso (o meglio ancora collaborare con me per perfezionare) quegli aspetti che sul cantiere è estremamente improbabile -e persino sconsigliabile- che possano essere gestiti fino in fondo. Penso per esempio a questioni come la scrematura nelle ridondanze dei campioni, tanto per dirne una.

In un precedente post si è accennato alla questione dei formati delle casse e alla loro impilabilità. Ebbene nel panorama italiano succede persino che istituzioni consegnatarie di beni archeologici da scavo (di solito enti locali in convenzione con le Soprintendenze) ci dettino dei formati standard per le casse da consegnare a loro salvo scoprire in un secondo momento che i propri scaffali non sono conformi a quegli standard da esse stesse emanati, con conseguente spreco di cubatura, oppure che la previsione di impilamento programmata presenta criticità in relazione ad un eventuale rischio sismico, o che il materiale di cui sul mercato sono esclusivamente fabbricate le casse del particolare modello espressamente richiesto comporta controindicanzioni in materia di prevenzione incendi etc. etc. etc.
Soprattutto capita (nell'Italia di oggi come in quella del XVII secolo il manzoniano "comanda chi può, obbedisce chi vuole" è sempre tristemente all'ordine del giorno) che a fronte di richieste perentorie di casse di determinato modello e dimensione eventuali consegne eseguite con contenitori fuori standard nessuno abbia il coraggio di respingerle e di rifiutarne la presa in carico, così in un attimo anni di progettazione e di organizzazione paziente vanno in fumo.

Oltre ad una più incisiva "direzione d'orchestra" da parte delle Soprintendenze nei confronti dei principali soggetti coinvolti (in particolare istituzioni museali e ditte archeologiche) a mio avviso servirebbe forse anche un minimo (ma proprio un minimo) di prudente appoggio normativo (che a oggi mi pare mancante) per individuare un modo giuridicamente idoneo ed un luogo logisticamente attrezzato in cui certe "scremature" del conservato al momento dell'accessione (e non dopo, suggerirei) siano oculatamente e trasparentemente praticate, per evitare i paradossi oggi frequenti di eccessi di conservazione coesistenti nello stesso territorio e addirittura nello stesso scavo archeologico con conservazioni insufficienti, campionature per analisi prelevate indiscriminatamente e senza progetto o non prelevate affatto e così via. Faccio solo un esempio: nello stesso territorio e nello stesso scavo la conservazione di laterizi potrebbe essere ridicolmente ridondante, mentre in qualche particolare contesto stratigrafico del medesimo scavo la conservazione anche solo di un frammentio millimetrico di laterizio potrebbe essere scientificamente illuminante e costituire un reperto della massima valenza storico-culturale. Ma in quale strato sia in un modo e in quale nell'altro raramente lo capisci mentre stai scavando, ma normalmente solo alla fine.
 
Web  Top
IunoMoneta
view post Posted on 20/12/2013, 18:14




CITAZIONE (dceg @ 19/12/2013, 22:15) 
Penso che potevi chiedere. Al RGM di Colonia è comunque permesso fotografare. Inoltre qualche tempo fa, avendo bisogno dell'immagine di un simpulum che sapevo esposto, mi sono rivolto alla vicedirettrice del Museo, dott.sa Naumann-Steckner, che con grandissima cortesia ha fatto fotografare il reperto, di cui il museo non aveva foto, espressamente per me inviandomi poi la foto ed il tutto grtuitamente!

OT
In realtà io sono entrata in quei magazzini proprio con la Naumann-Steckner (che parla un discreto italiano come molti studiosi tedeschi...) per cercare dei materiali per una ricerca e li ho disegnati e fotografati. Ma mi sembrava troppo chiedere di fotografare la sala dei reperti da dentro visto che già mi hanno ospitata per due giorni con grandissima disponibilità e cortesia.
OT
 
Top
arm1974
view post Posted on 5/1/2014, 11:29




Salve a tutti .
Bella l'idea di una tesi che si propone di tracciare caratteristiche standard per i magazzini di stoccaggio .
In essa aggiungerei anche una sezione didattica dove si mostra la procedura di pulizia dei reperti e magari allestimenti di materiali ceramici molto frequenti in magazzini ma quasi assenti in musei ; ricostruzioni di pavimentazioni , dolia , coperture , esposizione di manubriati o altro materiale costruttivo di varie tipologie , dimensioni e utilizzi (o riutilizzi) in modo da far vivere il magazzino di vita propria indipendente dal museo dando più visibilità ai materiali poveri che spesso sono i veri materiali di studio .

Inoltre dividerei o valuterei la tesi tra i magazzini museali veri e propri e magazzini di stoccaggio di materiale da scavo . Nei primi vi si trova materiale di pregio ma spesso il contesto è sconosciuto , diversamente nei secondi il materiale è corredato da relazioni e US .

Riguardo alla digitalizzazione proporrei (come del resto si sta facendo ) l'utilizzo di parole chiave , senza immagini . A mio parere la ricerca va fatta nelle casse non davanti ad uno schermo , tante volte prendendo in mano un'oggetto si ricevono più informazioni di foto scattate in modo affrettato .

Infine un'ultima precisazione , nei grandi musei vi sono materiali provenienti da contesti svariati , molti materiali risalgono ad "orribili" (perdonatemi il termine) collezioni ottocentesche . Ad oggi si tende ad isolare nei musei i materiali degli scavi del territorio , esponendo con criteri logici e non con la boria di riempire le vetrine . In tal modo oggetti pregevoli ma fuori dal contesto narrativo delle esposizioni restano (fino a nuovi e differenti allestimenti) nella loro culla in magazzino . Proprio sotto questa luce i magazzini possono acquistare pregio e valore , esaltando le funzioni didattiche approfondendo le problematiche di scavo esponendole ad un pubblico sempre più curioso ed esigente . Con la precisazione che dovrà sempre mantenere il carattere di magazzino e senza la pretesa di far concorrenza ai musei . Purtroppo la cosa assorbirebbe notevoli fondi ed energie ....
 
Top
view post Posted on 10/4/2014, 13:59
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


Riguarda solo marginalmente il tema del post, ma mi pare tuttavia sia da segnalare e contemporaneamente da chiedere se lo conoscete, senza per questo aprire una nuova discussione.

Qualche giorno fa, leggendo una vecchia "bustina di minerva" di Umberto Eco (http://espresso.repubblica.it/opinioni/la-...pompei-1.145610) dedicata a Pompei ho trovato da lui segnalato un libro che nel 1988 fu pubblicato con il titolo Le isole del tesoro (ISBN 88-435-2806-8). Si tratta di uno studio condotto da Umberto Eco, Federico Zeri, Renzo Piano e Augusto Graziani. Cito la presentazione ufficiale: "Ideato e realizzato dalla IBM Italia questo libro vuole essere un contributo di riflessione e proposta sul patrimonio storico-artistico nazionale per suggerire la riscoperta non solo in termini culturali ma anche, e soprattutto, di valorizzazione economica".

Incuriosito ho cercato un po' ed ho avuto la fortuna di trovare il volume in vendita da una libreria antiquaria a Vienna ad un prezzo davvero conveniente. Oggi l'ho ricevuto; ho naturalmente avuto appena la possibilità di sfogliarlo, ma mi pare sia interessante, presenti spunti e proposte valide o comunque degne di considerazione. Ho l'impressione che però tutto sia rimasto lettera morta.

Qualcuno ne sa di più?
 
Top
view post Posted on 11/4/2014, 15:46
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


Aggiungo che il volume è completato dal resoconto di una tavola rotonda tenutasi con la partecipazione degli utori e moderata da Carlo Bertelli
 
Top
view post Posted on 12/4/2014, 09:55

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
7,865

Status:


Sullo scenario al quale si riferisce quel libro ci si potrebbe ... scrivere un libro.

Se interessa capire il contesto storico e normativo, suggerirei molto di dare una occhiata alle due principali Leggi italiane di quegli anni in materia di "Giacimenti Culturali".
In particolare all' Art. 15 della Legge Finanziaria 1986 (Legge 41/1986) http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSI...1986/LF1986.pdf
e la Legge 449/1987 http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:...9;449@originale (bisognerebbe cercare meglio di quanto ho fatto io per trovare della 449/1987 il testo coordinato dopo gli emendamenti apportati in sede di conversione, sono sicuro che insistendo un po' si trova, forse anzi potrebbe essere qui, ma non sono sicuro http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:...:1987-10-29;449 ).
Se la memoria non mi inganna c'era stato un ulteriore provvedimento parzialmente analogo l'anno successivo, poi il rubinetto (o la falla, a seconda di come la si veda) fu chiuso.

Naturalmente ricordarsi che gli importi sono espressi in Lire Italiane e non in Euro (però si trattava ancora di una Lira abbastanza forte, prima delle svalutazioni drammatiche di inizio anni Novanta).

In quegli anni c'erano stati dibattiti fortissimi sull'argomento -erano tempi nei quali esistevano ancora dei veri Partiti, che si muovevano ne quadro di sistemi di riferimento ideale piuttosto nitidi, anche se al medesimo tempo erano già gli anni nei quali le tentazioni assistenzialistiche e clientelari dei "governanti di turno" emergevano con prepotenza (la maggior parte del debito pubblico italiano ce lo siamo tirato addosso proprio in quelle fasi). In particolare c'erano stati dibattiti assai vivaci e profondi nelle Commissioni di Camera e Senato nei quali erano emersi sin da subito gli aspetti di grave criticità di un sistema di dispersione di finanziamenti "a pioggia" e dell'ampio ricorso a catene di appalti e subappalti.
Posso testimoniare che di queste cose una gran parte della Società dibatteva attivamente o quanto meno era informata. E da qualche piccolo partito -che ai Beni Culturali voleva un bene dell'anima, se non altro per averne fatto nascere il Ministero appena qualche anno prima- alcune inascoltate Cassandre lanciavano ammonimenti nella direzione del rigore e della programmazione ...
 
Web  Top
view post Posted on 12/4/2014, 10:02
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,429
Location:
Germania

Status:


Grazie per le interessanti informazioni sul contesto in si situa il libro, tanto più interessante per me che già da tempo non vivevo in Italia e e certo ance per gli utenti che allora erano, se già nati, bambini.
 
Top
37 replies since 9/12/2013, 18:48   972 views
  Share