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Le pagine passano, ma la solfa non cambia: sempre un mare di ipotesi su toponimi che, nel tempo, potrebbero esser slittati sempre più verso Occidente. Ben inteso: l'idea, secondo me, può essere valida in sé, come principio generale (e badate bene, non è che Frau abbia avuto una qualche intuizione geniale: già Sandro Stucchi, per esempio, aveva formulato un'ipotesi di questo genere, in un suo studio del 1976), ma tutto ciò andrebbe ovviamente provato. E fra le 'prove' (anche accademiche) che il giornalista segnala, secondo me, alcune andrebbero discusse opportunamente.
Per esempio, c'è una ripresa da Alfonso Mele, dal 36° Convegno di Studi sulla Magna Grecia (= Atti di Taranto), che dice di poter trovare un indizio dell'identificazione di un primo Oceano con il Mar Tirreno, a partire dal fatto che, su un famoso vaso del Pittore di Meidias, una delle Esperidi (che, già per Esiodo, vivevano 'al di là dell'inclito Oceano') è denominata Lipara (analogamente all'isola di Lipari, che è proprio oltre lo Stretto di Messina). Ora, secondo me, la cosa meriterebbe qualche appunto in più, perché anche Frau è costretto ad ammette che il primo a parlare di Colonne d'Ercole è Pindaro (518-438 a.C.), che scrive in un periodo in cui la geografia dell'estremo Occidente era abbastanza definita. E proprio Pindaro indica le 'porte di Gades' come il limite estremo raggiunto da Eracle nelle sue peregrinazioni (dunque, ne consegue che le Colonne debbano trovarsi vicino Gades). Stando così le cose, com'è possibile che Pindaro, nella prima metà del V secolo a.C., abbia posto le Colonne d'Ercole in Spagna, mentre Meidias, alla fine dello stesso secolo, abbia fatto retrocedere le Esperidi (e, dunque, di conseguenza, anche le Colonne) verso Oriente? Inoltre, che senso avrebbe definire 'Oceano' (cioè, un mare vasto e inesplorato) il Mar Tirreno in età classica? Non dimentichiamo, poi, che, mentre Pindaro era di origine aristocratica, ed ebbe modo, nella sua giovinezza, di studiare e viaggiare in lungo e in largo, Meidias era pur sempre un ceramografo (e cioè, un artigiano)... No: personalmente, non sono convintissimo della lettura di Mele.
Similmente, anche il fatto che lo Pseudo-Aristotele citi, per quanto concerne i fenomeni vulcanici, prima le terre infuocate oltre le Colonne d'Ercole, e poi, subito a ruota, i fuochi di Lipari e Ischia, secondo me meriterebbe un approfondimento: ovviamente, Frau riporta giusto tre righe del De mirabilibus auscultationibus (par. 137), ma non è detto che, nel contesto originale dell'opera, i due esempi siano realmente concatenati a livello geografico (non so se mi sono spiegato).
Non voglio certo insinuare che Frau l'abbia fatto volutamente; ma certo, non posso neppure non rilevare come, in diversi casi, il nostro giornalista tenda decisamente a sminuire non poco tutte quelle fonti che non concordano con la sua visione della materia: per esempio, è da notare come, analizzando un passo di Apollodoro (o meglio, dello Pseudo-Apollodoro, la cui Bibliotheca non dovrebbe essere del II secolo a.C., ma, a che mi ricordi, della prima età imperiale), Frau bolli come una 'forzatura' la collocazione delle Esperidi, proposta da questo scrittore, nell'estremo Nord dell'Ecumene...
Insomma, vediamo che altro salta fuori. Domani sarò tutto il giorno in giro per le pratiche d'iscrizione al master (e non intendo portarmi a Firenze questo mattone); nel weekend proverò a ritagliarmi un altro po' di tempo da dedicargli.
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