CITAZIONE (Cerebia @ 29/5/2015, 13:02)
Io credo che nei libri di storia italiani lo spazio dedicato ai popoli preromani sarà sempre molto limitato. E questo semplicemente perchè gli argomenti da trattare sono tantissimi e abbracciano un arco temporale di millenni...
Mi permetto di (ri)entrare in modo fugace nella discussione, per rimarcare ulteriormente questo aspetto sottolineato da Cerebia (e che comunque già alcuni di voi avevano correttamente evidenziato). Non c'è alcuna volontà da parte della scuola italiana (né, tantomeno, dal mondo accademico!) di tener nascosta chissà quale conoscenza agli studenti e alla gente comune in generale; c'è, piuttosto, una (assurda) necessità di correre con i programmi di studio (sia a scuola, sia negli atenei), che impedisce un'adeguata conoscenza di tutto quello che è lo sterminato e variegato panorama archeologico italiano del Tardo Bronzo-Primo Ferro - ragion per cui, purtroppo, culture come quella nuragica della Sardegna, per forza di cose, finiscono relegate ai margini dei testi. Daniele Manacorda ha giustamente scritto che oggi "dal punto di vista biologico, non possiamo leggere la pagina di un libro più velocemente di quanto la leggessero Cicerone o Dante, ma dobbiamo (o forse vogliamo) leggerla più in fretta" (D. Manacorda,
Lezioni di Archeologia, Bari, Laterza, 2010, p. 9).
Mi piace però ricordare anche che, se è vero che dei Sardi nuragici nessuno parla mai (o comunque, se lo fa, non lo fa certo in modo approfondito), lo stesso destino è ugualmente comune - in misura più o meno proporzionale - anche allo studio di Celti, Liguri, Reti, Camuni, Veneti, Umbri, Piceni, Falisci, Sabini, Equi, Volsci, Sanniti, Dauni, Peucezi, Messapi, Enotri, Sicani, Siculi, Elimi e, in generale, di tutti quei popoli "minori" che vanno sotto la denominazione generica di "Italici". Gli Etruschi fanno eccezione in questo, probabilmente per varie ragioni: vuoi per una storia maggiormente intrecciata con quella romana, vuoi per un carattere maggiormente ellenizzato della loro società (dunque, un popolo più noto alle fonti antiche e più "ricco" nelle produzioni artistiche), vuoi forse anche per un "mito moderno" creatosi sul loro conto e giudicato più appassionante, soprattutto dai viaggiatori stranieri dei secoli XVI-XVIII... Ma la storia dei Sardi, in questo, posso garantire che patisce lo stesso destino di quella di quasi tutte le altre popolazioni dell'Italia antica.
C'è poi un ulteriore problema da considerare (e qui parlo per la mia esperienza): durante i miei studi (anch'io mi sono laureato alla magistrale in Archeologia), mi sono reso conto di quanto l'archeologia sia, in generale, nel più ampio mondo della Cultura, un settore terribilmente di nicchia - e quando parlo di archeologia, riferendomi all'Italia, intendo l'archeologia "classica", ovvero quella greca (o meglio, magnogreca), etrusca e romana. L'archeologia italica, purtroppo, sempre per la mia esperienza, costituisce, spesso e volentieri, anche in seno al mondo accademico, una "nicchia nella nicchia" e non sempre si trovano docenti disposti ad affrontare questo tipo di studi. Io, che mi sono laureato a Firenze, per esempio, ho dovuto approfondire da solo la conoscenza di un popolo come quello dei Liguri Apuani (che vivevano nelle regioni montuose a nord dell'Arno), famosissimo per produzioni come quella delle statue-stele, eppure totalmente snobbato nei corsi accademici (giusto giusto, qualcosina ho letto nel volume che ho dovuto studiare per sostenere il mio quarto esame in "Etruscologia e archeologia italica").
Dovrebbe cambiare qualcosa? Indubbiamente: ci vorrebbe un maggiore interesse verso queste "culture minori", sia negli atenei, sia nelle scuole pubbliche, magari con approfondimenti dei docenti e/o visite guidate nei musei e nei siti archeologici più significativi (ognuno con particolare attenzione al suo specifico livello regionale), mentre i vari Ministri, negli ultimi anni, non hanno fatto altro che imporre ritmi e programmi sempre più serrati e generici, costringendo così i docenti a dover saltare a piè pari certi argomenti, oppure ad affrontarli in maniera frettolosa e semplicistica. Qui sta l'errore (e qui, a mio avviso, bisognerebbe intervenire): perché, laddove mancano educazione e sensibilizzazione, non ci potranno mai essere conoscenza reale e rispetto.