| Questo mio intervento nella discussione non riguarda specificatamente il campo del lavoro di archeologo e le possibilità di impiego che offre una laurea italiana in archeologia. Riguarda il futuro mondo del lavoro, così come è visto da quel gigantesco progetto che in Italia passa sotto il nome di Industria 4.0 o I 4.0 e negli USA viene chiamato Industrial Internet.
Intervengo per farvi presente quanto questo progetto, che è già in parte realizzato, inciderà su tutto quello che viene chiamato "mercato del lavoro". Anzitutto, le previsioni degli analisti sono che quando nella UE il progetto entrerà a regime (cosa prevista per il 2020 almeno nei paesi più avanzati, Germania capofila, Francia come seconda, subito seguite da Olanda, Spagna, Italia, Finlandia, Svezia e Ungheria), creerà almeno 5 milioni di nuovi disoccupati, cioè persone che avevano un lavoro e lo perderanno, senza quindi contare gli eventuali nuovi immigrati, più o meno clandestini, più o meno rifugiati etc. In secondo luogo, per far capire a Leda quello che si pensa succederà, trascrivo un capitolo di un lavoro che ho recentemente pubblicato in merito. Il testo è lunghetto e perdonatemi l'autocitazione, ma è un dato di fatto che per le generazioni più giovani e per quelle che verranno si prospetta un mondo del lavoro in cui ci si dovrà dimenticare del posto fisso, e non solo nel privato.
Ah, a proposito del lavoro di bibliotecario. Ho visitato 3 anni addietro la Biblioteca Nazionale di Minsk, in Bielorussia. Si tratta di una costruzione geodetica, una decina di piani in vetro-acciaio, la sala di accesso è al pianterreno, tutto il resto è deposito, attraversato dai binari elicoidali di una serie di monorotaie. La biblioteca è completamente automatizzata, i visitatori hanno a disposizione una postazione di lavoro dalla quale digitano i dati dei volumi che desiderano consultare. Molti volumi sono già digitalizzati e quindi consultabili direttamente dal computer. Quelli che ancora sono disponibili solo su cartaceo vengono recapitati in zone apposite, tramite le monorotaie sulle quali scorrono carrelli automatici in grado di accedere allo scaffale, identificare il volume, prelevarlo e recapitarlo. In pratica, il lavoro dei bibliotecari è solo quello di far riconoscere volumi nuovi arrivati ad un computer addetto alla catalogazione, il quale genera una etichetta RFID contenente un microchip identificativo da applicare al volume, poi i carrelli automatici trasferiscono il volume sullo scaffale al quale è destinato.
Di seguito, il capitolo del lavoro di cui parlavo, se non vi interessa leggerlo saltate al paragrafo "Tornando a noi".
6. Effetti sul cosiddetto mercato del lavoro e sui percorsi di istruzione
Trovo doveroso accennare al fatto che la quarta rivoluzione industriale (I 4.0) avrà effetti anche sul mercato del lavoro e sui percorsi di istruzione, scolastica e non, effetti che gli osservatori stanno ancora cercando di definire. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, saranno certamente necessarie nuove figure professionali mentre altre sono destinate a scomparire.
Per ora, gli analisti ipotizzano che i lavoratori del futuro dovranno essere altamente adattabili e capaci di destreggiarsi tra più ruoli diversi alla volta. In particolare, il concetto di “un lavoro per tutta la vita” dovrà essere del tutto accantonato e anche quello di formazione continua o permanente, tanto caro alla UE, appare superato.
Gli analisti prefigurano che il mercato del lavoro sarà assolutamente “liquido”, ipotizzando che i lavoratori avranno impieghi solo a termine e dovranno seguire, a scadenze ravvicinate e a loro spese o a carico dello stato, corsi formativi di un giorno o poco più, al fine di acquisire rapidamente nuove competenze. A questo punto, dovranno trovare un nuovo impiego a termine finché le competenze così acquisite non saranno superate, il che probabilmente avverrà in tempi brevi, a causa del continuo evolversi dei sistemi di produzione, gestione e interconnessione. E il ciclo ricomincerà, forse. Si pensa, perciò, che avranno largo spazio le attività a tempo parziale e i freelance: la tecnologia avrà, naturalmente, un ruolo rilevante in ufficio o in qualsiasi altro ambiente lavorativo ma non per questo sostituirà le figure professionali. In questo scenario, è evidente la necessità di adeguare anche l’intero sistema scolastico, vista l’esigenza e l’urgenza di adeguare continuamente le competenze e le figure professionali.
A tal proposito, il Piano del Governo Italiano I 4.0 ha previsto apposite misure di finanziamento, rivolte ● all’ implementazione del Piano Nazionale Scuola Digitale ● alla focalizzazione scuola-lavoro su percorsi coerenti con I 4.0 ● alla creazione di corsi universitari e master post laurea specializzati su tematiche I 4.0 ● all’ incremento del numero degli studenti iscritti a Istituti Tecnici Superiori con corsi riguardanti tematiche I 4.0 e altro ancora.
Probabilmente, molto importante sarà anche lo sviluppo di una nuova cultura all’ interno delle aziende, come suggerisce il modello proposto dall’ industria giapponese. Secondo questo modello del mondo lavorativo in I 4.0, non si deve interpretare I 4.0 solo nel senso di digitalizzare, robotizzare e automatizzare le imprese. All’ interno delle aziende è necessario accompagnare la trasformazione tecnologica ● con lo sviluppo di una nuova cultura, per rendere semplici, stabili e intuibili i processi che portano ai nuovi prodotti e servizi intelligenti ● con la formazione di nuovo capitale umano.
Nella nuova “fabbrica digitale e flessibile”, in cui la flessibilità dei sistemi permetterà di personalizzare i prodotti in funzione della domanda e la catena di produzione sarà ricostruita e simulata in un ambiente virtuale per testarla, l’aspetto umano rimane centrale per risolvere i problemi a monte e consentire l’addestramento del personale. Quindi, all’ uomo resta il compito essenziale di portare creatività, governare le tecnologie, progettare i sistemi, controllare e migliorare i processi produttivi e di conseguenza i prodotti e i servizi. In questo senso si parla di “porre l’uomo al centro dei processi di produzione”.
Restano comunque aperti molti problemi al riguardo, ai quali forse non viene prestata sufficiente attenzione. In un recente articolo, 05.12.2016, pubblicato sul Sole-24 Ore a firma Enrico Verga, si osserva: <<la industry 4.0 implica una valorizzazione delle risorse umane disponibili e una loro ricollocazione su soluzioni maggiormente performanti che permettano una minor formazione (grazie, come menzionato, all’ evoluzione dei sistemi 4.0). Questo aspetto appare positivo per l’industria ma apre una serie di critiche posizioni nella forza lavoro. Scalzati da posizioni di “rendita” derivate dal know-how personale c’è il rischio che i maggiormente consci, tra le risorse umane, possano opporsi a questa rivoluzione (luddismo 4.0?).
È quindi plausibile che dall’ interno della azienda possa aver inizio una serie di “sabotaggi” da parte del personale, che ritiene questa nuova tecnologia nemica. Uno scenario questo molto plausibile, che già in altre nazioni, ha visto i dipendenti di aziende “combattere” contro l’automazione delle catene di produzione (battaglia persa dagli umani a favore dei robot).>>
Tornando a noi. Nel testo che ho riportato si parla quasi esclusivamente di industria, ma come ho esemplificato riguardo alla biblioteca di Minsk, il tutto non coinvolge solo l'ambiente di produzione industriale, bensì tutti i sistemi gestionali delle aziende, anche pubbliche. Per quanto riguarda l'archeologia, la disponibilità di tecnologie che cambiano velocemente renderà necessario l'adeguamento degli studiosi all'uso di queste e l'aggiornamento continuo delle metodiche di supporto e di raccolta ed analisi dei dati. Anche in questo campo, in definitiva, i dati, che non saranno omogenei (immagini, numeri, dati GPS etc.), confluiranno in quello che viene chiamato Big Data, dal quale si potranno ricavare analisi dettagliate. Tuttavia, a causa proprio della disomogeneità dei dati stessi, le metodologie di indagine al fine di estrapolarne risultati significativi sono e saranno ancor di più in futuro molto diverse dalle metodologie statistiche classiche. Quindi, si dovrà operare attraverso l’utilizzo di strumenti di analisi computazionale definiti “non convenzionali”, perché essendo i dati raccolti in maniera non strutturata, è già di per sé inutilizzabile il consueto software di analisi statistica.
Morale. Con tutta probabilità, l'archeologo diventerà sempre meno un ricercatore sul campo, molto di più un analista di immagini digitali acquisite via aerofotogrammetria, scansione laser, georadar, satellite e quant'altro. E si svilupperà, forse già si è sviluppata, una figura di archeologo - analista di software, per poter adeguare i sistemi informatici alla bisogna. La virtualizzazione prenderà sempre più spazio, i touch screen nei musei e nei siti saranno ubiquitari etc. etc. E saranno necessarie nuove figure professionali per provvedere al riguardo, magari trasferendo in forma virtuale i musei e i siti sugli schermi dei computer di casa (si sta già facendo, in 3D...). E anche gli schermi verranno abbandonati, man mano che la tecnologia olografica, in grado di rendere immagini tridimensionali senza nemmeno l'ausilio di uno schermo, diventerà più accessibile in termini di costo. In Arena a Verona si è già tentato l'esperimento di "costruire" le scene di un'opera lirica attraverso l'olografia laser. Gli spettatori non sono rimasti molto soddisfatti, ma siamo solo agli inizi.
E mi fermo qui, per ora.
|