Ostraka - Forum di archeologia

Nel MITO DELLA CAVERNA di Platone vi è la descrizione del funzionamento di una CAMERA OSCURA ?

« Older   Newer »
  Share  
Curioso15
view post Posted on 23/5/2017, 16:13




L’invenzione della CAMERA OSCURA si perde nella notte dei tempi .La più antica descrizione giunta fino a noi ,pare essere del cinese MOZI nel V secolo a.C.

Poi arriva Platone . Si può affermare che nel famoso MITO DELLA CAVERNA vi sia anche la descrizione del funzionamento di una CAMERA OSCURA ?
Dopotutto nella Grecia classica, doveva esserci una conoscenza profonda anche dell’ottica, quasi al livello Rinascimentale.

Grazie a chi avrà la pazienza di rispondere .
 
Top
view post Posted on 23/5/2017, 20:17
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,435
Location:
Germania

Status:


Non ci avevo mai pensato, ho sempre immaginato delle ombre. Platone non mi pare accenni al fatto che le immagini siano capovolte, caratteristica specifica della camera oscura.
 
Top
view post Posted on 24/5/2017, 12:51

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
7,867

Status:


CITAZIONE (dceg @ 23/5/2017, 21:17) 
Non ci avevo mai pensato, ho sempre immaginato delle ombre. Platone non mi pare accenni al fatto che le immagini siano capovolte, caratteristica specifica della camera oscura.

Già.
In realtà credo che si tratti di una vexata quaestio che di tanto in tanto riemerge negli ultimi secoli di storia degli studi platonici e che in definitiva la risposta al quesito del topic sia no.

Per riuscire oggi a dire qualcosa di sensato a riguardo bisognerebbe andare a prendersi per bene il testo di Platone e cercare di capire che parole esattamente egli usa per descrivere quella immaginaria situazione. Tutto ciò tenendo presente che affinché si verifichi percettibilmente il particolare fenomeno ottico (in assenza di una lente o di uno specchio) servono per quello che ne capisco io tre condizioni: che l'oggetto ripreso sia in un esterno fortemente illuminato, ma proprio tanto tanto, che il punto di vista sia in un interno decisamente molto buio, ma proprio buio buio, che fra i due ambienti ci sia una separazione opaca attraversata da un foro molto piccolo, ma proprio piccolo piccolo.
Tra l'altro a mia personale esperienza il tutto nella pratica funziona decentemente solo se l'oggetto ripreso è ben fermo quantomeno per diversi secondi, altrimenti ciao.

Chiedo: quali parole utilizza Platone, che potrebbero alludere all'insieme di queste condizioni?

Dopodiché, ma secondo me solo dopo e solo se alla prima verifica si ritenesse di poter rispondere affermativamente (altrimenti si rischia di affastellare argomenti poco risolutivi senza essere passati dal nocciolo della questione), come controprova potrebbe aver senso cercare -sempre sul testo- se Platone pone una posizione relativa precisa e necessaria fra fonte di luce e oggetto ripreso (cioè se si sta parlando di oggetti illuminati frontalmente in grado quindi di riflettere una immagine visiva, oppure di oggetti in totale controluce, in grado solo di proiettare un'ombra) ed in che senso gli osservatori all'interno siano nella sua narrazione obbligati in una posizione vincolata dalla quale non possono girarsi (se mi ricordo bene a mia memoria il testo, ma non fidatevi troppo: sempre necessario andare sull'originale).
 
Web  Top
view post Posted on 24/5/2017, 17:01
Avatar

Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

Group:
oikistés
Posts:
4,026
Location:
Verona - Forlì

Status:


Condivido in toto quanto scritto da Lavori.

Non conosco il testo greco originale (per quanto lo possa essere, visto che si tratta di trascrizione copiata probabilmente più volte...)
Nelle traduzioni che conoscono si parla di un fuoco accesso dietro a sagome che proiettano ombre sulla parete di fronte a uomini incatenati.
Questi non possono muovere la testa e vedono solo le ombre sulla parete, quindi una specie di teatrino delle ombre cinesi, non una camera oscura.
 
Top
view post Posted on 24/5/2017, 17:22
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,435
Location:
Germania

Status:


È quanto ricordavo. Ma non ombre cinesi, o indonesiane, che sono proiettate su di una superficie semitrasparente e quindi si vedono dalla parte opposta.
 
Top
view post Posted on 25/5/2017, 07:07

Advanced Member

Group:
Member
Posts:
7,867

Status:


Se fosse solo per questo temo che il dubbio rimarrebbe, mentre invece sarebbe doveroso spazzarlo via attraverso una lettura attenta, altrimenti la faccenda prima o poi riemerge e siamo daccapo.

Insisto, visto che era stata posta una domanda diretta, avevo sconsigliato di partire in quarta ragionando su uno schema di proiezione delle ombre, prima di aver sviscerato per bene i tre presupposti indispensabili (camera oscura, foro stenopeico, sufficiente illuminazione esterna) per dare una risposta diretta sì o no.
A maggior ragione perché -a parte la specularità o meno- non ci siamo ancora chiesti con che parole Platone (e non vedo perché fare coriandoli di secoli di filologia classica e mettere in dubbio che il testo riporti le parole di Platone: se abbiamo motivi specifici diciamolo) indica ciò che si vede proiettato sulla parete di fondo (per esempio se si tratta di immagini positive realistiche o di pure sagome in controluce come anche nella camera oscura può accadere se l'oggetto non è illuminato frontalmente ma impalla o per così dire "eclissa" la fonte di luce): questo lo dico perché in epoca tardoclassica ed ellenistica la camera oscura, nel senso di metodo di rappresentazione di una immagine realistica per riflessione della luce attraverso un foro da parte di un corpo illuminato, secondo me non era conosciuta, ma i fenomeni ottici connessi al passaggio dei raggi di una fonte di luce attraverso un foro stenopeico e alle corrispondenti geometrie (che stanno alla base della camera oscura) cominciavano ad essere studiati.
Se io mi ricordo bene.

Tra l'altro sarebbe opportuno fare ordine rispetto a postulati di improbabile fondamento storico sulla presunta profonda conoscenza dell'ottica nel mondo antico a livelli di quello rinascimentale, come se tra l'una e l'altra epoca secoli di studi e di sperimentazioni fossero trascorsi invano.

Chiedo anche: cosa abbiamo di archeologico rispetto a tutto ciò? Che prevedendo una risposta muta a braccia larghe sarebbe poi un modo come un altro per chiedere: perché ne stiamo parlando qui?
 
Web  Top
view post Posted on 25/5/2017, 10:06
Avatar

Senior Member

Group:
oikistés
Posts:
19,435
Location:
Germania

Status:


Nulla di archeologico, direi. Al massimo, prendendo Platone come spunto, si parlerebbe di storia delle conoscenze scientifiche, senza alcuna base materiale, riferendosi ad un testo di carattere filosofico. In ogni caso non mi pare che Platone voglia parlare di ottica, indipendentemente dallo stato delle sue conoscnze, ma di qualcosa d'altro.
 
Top
6 replies since 23/5/2017, 16:13   270 views
  Share