CITAZIONE (Usékar @ 2/11/2017, 12:09)
. . . un invito a fare, rivolto a tutti, in generale, e a maggior ragione a coloro che più potrebbero in virtù della loro formazione e base culturale.
Non solo a "fare" nel senso di darsi da fare di più (quello comunque sempre), ma in casi come quello in esame anche un invito a sforzarsi di capire in quali direzioni la nostra figura professionale può essere spesa utilmente e in quali no, non per cattiveria di qualcuno ma semplicemente perché non serve o non è giustificata allo stato attuale delle cose.
Se guardiamo a quel territorio dobbiamo secondo me farci una ragione di due considerazioni in qualche modo contraddittorie.
La prima è che è inutile illudersi: i denari pubblici investiti per una operazione così ambiziosa potranno produrre effetti più o meno positivi, sperabilmente anche molto positivi, ma non si tradurranno in alcun modo seriamente significativo in maggiori introiti economici legati ad un incremento del turismo prodotto dalla specifica iniziativa e non produrranno (per fortuna per il Contribuente) maggiori necessità di "posti" presso la struttura pubblica locale; in particolare non "posti" di alto profilo coerenti con un curriculum universitario specifico. Però produrranno indubbiamente una forte focalizzazione dell'opinione pubblica ed una responsabilizzazione, per via dei denari spesi, da parte delle amministrazioni coinvolte. E qui veniamo al secondo punto.
Contemporaneamente quel Comune (ma diciamo anche sulla base di standard che vengono dalla Regione) si trova almeno teoricamente su livelli estremamente progrediti di integrazione dell'Archeologia con il governo del territorio. Diciamo pure a livelli di eccellenza se paragonati con la maggior parte del Centro-Sud italiano: c'è una mappatura archeologica diffusa recepita nel recente Piano dell'Assetto Idrogeologico (PAI), nel Piano Urbanistico Territoriale per il Paesaggio (PUTTP), persino nel vecchio PRG erano -ormai diversi anni fa- già mappate le segnalazioni archeologiche. Si tratta di mappature che esistono già e che hanno già valore giuridico nei confronti di iniziative di modificazione urbanistica. Ma sicuramente da aggiornare e da raffittire (essendo state per lo più elaborate ad un livello regionale che potrebbe non essere entrato nel dettaglio delle attestazioni locali minori o più recenti). Il nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG) che deve sostituire il vecchio PRG mi risulta che sia in corso di elaborazione anche mediante percorsi di partecipazione pubblica. Personalmente non so cosa preveda in termini di gestione delle potenzialità archeologiche diffuse sul territorio, ma visto che la questione è già presente negli strumenti urbanistici sovraordinati qualcosa dovrà prevedere per forza e quella secondo me è la partita vera, quella che ha sia un effetto immediato che uno durevole per i prossimi decenni, ove l'Archeologia rafforzasse il suo naturale inserimento fra le logiche del governo del territorio locale. Quella per la quale c'è bisogno di noi, quella che ha un senso per il futuro dell'Archeologia (e degli Archeologi) e dell'identità culturale delle Comunità locali.
Ora, l'iniziativa "scenografica", quella grossa, quella finanziata con denari pubblici, non prevede un ruolo per noi. Ma in quel territorio un ruolo per noi c'è. Non solo, ma forse persino c'è un modello anche da esportare.