Ostraka - Forum di archeologia

Scuola di specializzazione

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ggmarti
view post Posted on 14/6/2019, 13:51




Ciao a tutti, sono Martina. Sto per terminare la triennale di beni culturali e ho deciso di proseguire la mia strada verso l'Egittologia. Come magistrali più interessanti in quest'ambito ho trovato Pisa con la magistrale di Orientalistica e Torino con "Archeologia e Storia Antica" . Qualcuno sa qual è la migliore? Cercando la scuola di specializzazione in Egittologia ho trovato un master a Torino (ma è aggiornato al 2009,quindi non so se ha chiuso..? ) e una scuola di specializzazione in beni archeologici a pisa che non ho ben capito se è ad indirizzo Egittologo. Quindi ci sono scuole di specializzazione per Egittologia in Italia? Cosa mi consigliate?
Vi ringrazio in anticipo per la risposta
 
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view post Posted on 14/6/2019, 13:58
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Ben arrivata, Martina!
Purtoppo, non sono un archeologo, un po' di pazienza, vedrai che arriverà la risposta ai tuoi quesiti, da parte di chi ne sa ben più di me in materia.
 
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ggmarti
view post Posted on 14/6/2019, 14:05




Ti ringrazio! :)
 
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view post Posted on 16/6/2019, 10:23
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Buongiorno e ben arrivata :)

Io non sono un egittologo, ma non credo che in Italia esista una vera e propria "Scuola di Specializzazione in Egittologia". Ci sono le Scuole di Specializzazione, che rilasciano un Diploma di Specializzazione in Beni Archeologici, e poi ci sono i master, che sono corsi di studio tematici più specifici... Tuttavia, a meno che il master che hai individuato non sia di durata biennale, forse ti conviene imboccare una Scuola di Specializzazione, perché questo titolo è senza dubbio maggiormente abilitante (in Italia) per l'esercizio della professione (e anche per l'accesso ai recenti elenchi dei professionisti della cultura realizzati dal MiBAC).

Le Scuole di Specializzazione sono solitamente ripartite al loro interno in più curricula (es. a Firenze - dove sono ormai prossimo a concludere questo percorso - abbiamo quattro curricula: 1) preistorico; 2) orientale, 3) classico; 4) tardoantico e medievale). Di solito funziona che uno sceglie il curriculum di preferenza al momento dell'iscrizione e poi sostiene una o più prove di ingresso, declinate nel settore prescelto, dopodiché, se riesce ad accedere, si costruisce un piano di studi il più possibile pertinente all'ambito indicato.

Personalmente, sono quasi per certo convinto che un master sia sempre più formativo, se non altro perché ti permette di fare una full immersion nel solo tema di tuo interesse, mentre le scuole per archeologi di solito hanno un raggio assai più ampio di indagine (che spazia dalla Preistoria al Medioevo, e che comprende magari discipline specifiche, legate al settore dei BBCC, come cartografia, diagnostica, diritto etc.). Però c'è anche un discorso di spendibilità del titolo da fare, e fra un master di un anno e la Scuola di Specializzazione temo non ci sia paragone... Dipende quali sono i tuoi obiettivi e cosa desideri fare poi nella vita.

Prima di arrivare alla Scuola di Specializzazione (o ai master di II livello), comunque, devi farti una Magistrale, che è la laurea vera e propria (gli altri sono tutti titoli post-lauream, a cui si accede previo conseguimento del titolo magistrale di Dottore in Archeologia). Con la triennale dovresti poter avere accesso (oltre alla Magistrale) solo a master di I livello (anche se ti consiglio di informarti bene su come funzioni questo discorso). La Magistrale in ogni caso - proprio come la Suola - non dovrebbe avere un indirizzo specifico, ma generico, e dovresti essere tu a scegliere la materia di laurea (in questo caso, Egittologia).
So che Pisa ha una grande tradizione di studi egittologici (da ultima, ha avuto la prof.ssa Bresciani alla guida di questa cattedra). Torino non la conosco, ma essendo la città del Museo Egizio senza dubbio non sarà da meno. Per quello che può essere utile, anche Firenze ha un insegnamento di Egittologia, anche se come tradizione l'ateneo fiorentino tende maggiormente alle ricerche in ambito filologico (geroglifico) e papirologico (in collaborazione con l'Istituto Papirologico "Vitelli"). Un'amica tempo fa mi aveva detto di aver fatto invece Egittologia (se non ricordo male) a Lecce, dove tuttavia, a quel che ho capito, erano più interessati allo studio del Periodo Tolemaico.

Questo è ciò che posso dirti sulla base delle mie conoscenze e della mia esperienza.
In bocca al lupo per il tuo percorso di studi! ;)

Edited by Perseo87 - 16/6/2019, 11:40
 
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ggmarti
view post Posted on 16/6/2019, 10:48




Grazie mille per i chiarimenti, sono stati utilissimi :) e come sarebbe fare invece della Scuola di Specializzazione, un Dottorato di ricerca?
 
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view post Posted on 16/6/2019, 11:44

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CITAZIONE (ggmarti @ 16/6/2019, 11:48) 
. . . e come sarebbe fare invece della Scuola di Specializzazione, un Dottorato di ricerca?

Sempre dopo il biennio della laurea magistrale, naturalmente.
A riuscirci, sarebbe una ottima alternativa.
Credo però che da un bel po' di anni sia diventato alquanto difficile vincere un bando per dottorato senza altro titolo che le due lauree di primo e di secondo livello, ma senza la specializzazione. Non mi pare che sia un requisito obbligatorio, che io sappia, ma trattandosi di una graduatoria sento dire che il percorso di fatto per accedere al dottorato passi all'atto pratico per la specializzazione.
A meno che nella tua regione non esistano convenzioni fra università e mondo del lavoro per dottorati senza borsa universitaria in regime di "alto apprendistato" (in buona sostanza con un Datore di Lavoro del settore o Ente che ti assume in regola allo scopo di farti conseguire il dottorato).
Francamente io non ne conosco nemmeno uno in tutta Italia, ma teoricamente so che dovrebbe essere possibile.
 
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view post Posted on 16/6/2019, 13:34
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Come ha detto Lavori Archeologici, anche il Dottorato di Ricerca (Ph.D.) - come la Scuola di Specializzazione e i master di II livello - è accessibile solo dopo aver conseguito la laurea magistrale (quindi hai ancora due anni come minimo). Il dottorato è forse ancora meglio della scuola, nella misura in cui ti permette di studiare per tre anni un tema specifico (nel tuo caso, egittologico), e ti fornisce inoltre un titolo valido sia per i concorsi in soprintendenze e musei, sia nell'ambito dell'università (mentre con il solo diploma di specializzazione non hai accesso anche ai concorsi da ricercatore e docente). In linea di massima, devi partecipare a un bando pubblico e presentare un progetto di ricerca spalmato su tre anni, che abbia un carattere di rilevanza e interesse nel settore. Ad alcuni dottorati si accede solo tramite esame dei titoli e colloquio, per altri sono previste anche prove scritte.

Sulla necessità di avere anche il diploma di Scuola di Specializzazione prima del dottorato la risposta è ... nì.
Cioè, in teoria sarebbe questo il percorso ideale previsto (Triennale -> Magistrale -> Scuola di Specializzazione -> Dottorato), ma in pratica io conosco più di un collega (sia fiorentino, sia esterno) che è entrato al dottorato direttamente dopo la magistrale. Dipende da tanti fattori il riuscire a farcela subito... però tentare non costa (o, quantomeno, non costa molto). I dottorati poi vanno distinti fra quelli con e senza borsa: quelli "con borsa" prevedono una borsa di studio mensile, che permette allo studente di sostenersi da solo nel suo percorso di ricerca triennale. I "senza borsa", invece, devono fare con le proprie risorse, e spesso non è facile. Negli ultimi tempi, fra l'altro, tutti i dottorati hanno iniziato a prevedere anche un periodo di 6 mesi da trascorrere all'estero (cosa che, a quanto ho capito, prima non era obbligatoria).
 
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ggmarti
view post Posted on 20/6/2019, 06:32




Ringrazio entrambi per i chiarimenti! Delle volte rimango una po' titubante sulla scelta del mio percorso (Egittologia) rimango sempre col dubbio, che, scegliendo questo campo, eliminerei praticamente a priori quelle pochissime possibilità di lavoro che potrei ottenere in Italia come archeologo. (questa non è intesa come un'offesa, è solo un dato di fatto, poiché i periodi sono già critici per qualsiasi lavoro, per la qualifica di archeologo, ahimè ancor di più e credo ancor di più se si sceglie un campo specifico con l'Egittologia). Sicuramente non posso prevedere il futuro e potrei avere comunque fortuna un domani, ma non lo so... Sono insicura su questo aspetto. Spero di sbagliarmi! Consigli?
Delle volte penso anche ad altri due percorsi: Antropologia forense oppure Etruscologia. Per la prima qual è il percorso da seguire? Ho visto che c'è un master a Bologna o Milano, ma prima bisogna fare una magistrale di Archeologia? Esistono solo i master in queste due città o c'è un altro modo per diventare antropologo forense? E per la seconda invece c'è il solito percorso (triennale, magistrale, scuola di specializzazione), giusto? E il miglior Ateneo per quest'indirizzo quale sarebbe?
Ringrazio in anticipo per la risposta e anche per la pazienza :)
 
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view post Posted on 20/6/2019, 07:04

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Se sei tanto incerta e hai in mente ipotesi diversissime e tutte con sbocchi poco sicuri, perché non rimani sulla strada che avevi già cominciato e non torni a considerare (ricordo bene?) una laurea magistrale in Conservazione?

Certo che avrebbe tutti i suoi limiti, ma almeno sapresti meglio di cosa si tratta.

Insomma, intendo dire che cambiare strada ha senso se c'è un ripensamento preciso sul dove si vuole andare, sennò forse ha più senso farsi coraggio e tirare diritto, giusta o meno giusta che fosse stata l'idea di partenza.
 
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view post Posted on 20/6/2019, 09:11
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Io non ne farei tanto un problema di "sbocco sicuro": un po' perché tutte le lauree nel settore archeologico (o comunque nel campo dei Beni Culturali) sono, per certi versi, un terno al lotto, e un po' anche perché la difficoltà di trovare lavoro in Italia accomuna oggi comunque la stragrande maggioranza dei percorsi universitari.

Credo che tu debba invece chiederti se questa strada dell'Egittologia sia realmente la tua, al netto di cosa puoi trovare in Italia. Che poi, secondo me, anche questo è comunque un non-problema, dal momento che il nostro Paese è ricco di collezioni minori di materiale egittologico: a partire dalla metà del XIX secolo, sulla scorta della traduzione del geroglifico, il collezionismo ha infatti conosciuto una nuova "egittomania", e moltissimi musei (anche minori) hanno iniziato a dotarsi di piccoli nuclei di materiale egittologico (qui nella sola Firenze, oltre alla collezione egizia del Museo Archeologico Nazionale, se ne trovano per esempio anche a Villa Stibbert e perfino nel Museo delle Missioni Francescane di Fiesole). Inoltre, se non vuoi allontanarti dall'Italia, c'è sempre e comunque anche il materiale egizio d'età tolemaica e romana, presente nelle grandi collezioni museali di tutta la penisola.

Più difficile darti informazioni sui master in Antropologia, occorrerebbe chiedere a chi se ne occupa (se vuoi ci possiamo sentire in privato e ti giro qualche contatto di collega specializzato e/o dottorato, a cui puoi chiedere informazioni), mentre per l'Etruscologia - al netto della solita Firenze - ti consiglierei in generale di guardarti bene gli atenei di Toscana, Lazio ed Emilia-Romagna, che sono le regioni in cui credo che questa disciplina sia stata studiata meglio (e dove comunque c'è maggior concentrazione di scavi riferiti alla cultura etrusca).
In ogni caso, ribadisco, non farti condizionare dall'idea che l'Egittologia sia un campo troppo ristretto (lo studio è una cosa, il lavoro è altro): le lauree in Archeologia, infatti, ti danno comunque (a prescindere dalla materia di tesi) un'infarinatura generale su molti popoli, culture e materiali del mondo antico, e una volta che hai appreso i rudimenti dello scavo, niente ti eviterà di poter prendere parte a operazioni anche fuori dal tuo settore (conosco più di un collega che ha partecipato a operazioni di scavo in centri urbani, in contesti medievali e post-medievali, pur essendo magari preistorico per formazione).

Per riassumere: la strada dell'archeologia (e dell'Egittologia in particolare) è ancora lunga per te, e senza dubbio è in salita... ma se ti appassiona davvero e il percorrerla non ti risulta troppo faticoso, resta su quello che ti piace fare: vedrai che lo farai in modo brillante e ti darà soddisfazione. La figura dell'archeologo poi - pur con tutti i limiti e i problemi del caso - sta finalmente cominciando a emergere, e a essere riconosciuta in quanto tale, quindi meglio scegliersi una via ben precisa, che restare nel limbo di una laurea generica. In ultima istanza, credo comunque che il "segreto" stia poi nel mantenere sempre una mentalità aperta e non precludersi nessuna strada, senza fare eccessive valutazioni ex ante (che nel nostro mondo - purtroppo, o per fortuna - lasciano sempre più il tempo che trovano).
 
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view post Posted on 25/6/2019, 14:48

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CITAZIONE (Perseo87 @ 20/6/2019, 10:11) 
Io non ne farei tanto un problema di "sbocco sicuro": un po' perché tutte le lauree nel settore archeologico (o comunque nel campo dei Beni Culturali) sono, per certi versi, un terno al lotto, e un po' anche perché la difficoltà di trovare lavoro in Italia accomuna oggi comunque la stragrande maggioranza dei percorsi universitari.

Permettimi.
Altroché se deve essere una questione di "sbocco sicuro", lo deve essere eccome.
Dove non sussiste uno "sbocco sicuro" significa -ad essere garbati, ma mi verrebbe in mente un'altra parola- che l'Università sta fallendo in partenza.

Semmai ognuno di noi potrebbe considerare in termini sfumatamente differenti cosa significhi "sbocco sicuro".
Per parte mia, come ho tentato altre volte di spiegare, lo intendo nel senso del compimento di un percorso di formazione e di acquisizione di conoscenze ai massimi livelli, nella prospettiva almeno potenziale del possibile svolgimento di un ruolo sociale preciso e di utilità sociale precisamente percepita, coerente con gli studi.
"Sbocco sicuro" significa che al termine di un certo livello universitario io sono davvero quell'Etruscologo o quell'Egittologo del quale tutto il mondo ammette che bene o male qualche volta può capitare che possa esserci bisogno.
Non, sottolineo non, nel senso che l'Università debba garantire un lavoro o peggio ancora l'illusione di un "posto" di lavoro, ma nel senso che garantisca saldamente e "magistralmente" il massimo delle competenze teoriche riguardo alla materia, che da quel momento in poi non ci sia più altro bisogno di approfondire gli studi dal punto di vista della conoscenza ma solo di curarne l'applicazione dal punto di vista del metodo in particolari ambiti di dottorato o di specializzazione (e in futuro di aggiornamento).

In questo senso una laurea magistrale diciamo caso in Etruscologia, che si riuscisse a conseguire con fatica a seguito di un ripensamento di un dato momento, senza riguardo e senza coerenza rispetto al percorso di studi precedente (guaio molto facile da combinare oggi, se non si sta attenti), sarebbe nel mio modo di vedere un titolo dallo sbocco assai poco sicuro. Peggio ancora sarebbe un profilo marcatamente sbilanciato verso figure prive di ruolo sociale o dal ruolo sociale attualmente improbabile, quali certi master (ma finché si rimane nei master ancora ancora può passare, purché la laurea abbia una propria credibilità) oggi non resistono alla tentazione di proporre (le discipline forensi non in quanto tali, ma quando praticate troppo strettamente in dimensione archeologica potrebbero essere un esempio).

Insomma, passi che poi si debba far fatica a trovare lavoro, ma non deve poter passare che alla fine possa capitare di avere un titolo ma non una competenza adeguata di solida utilità sociale perché magari con il sistema del cfu si è riusciti a tappullare qualche incertezza di percorso.

Non vogliatemene male.
 
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view post Posted on 25/6/2019, 22:19
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CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 25/6/2019, 15:48) 
Permettimi.
Altroché se deve essere una questione di "sbocco sicuro", lo deve essere eccome.
Dove non sussiste uno "sbocco sicuro" significa -ad essere garbati, ma mi verrebbe in mente un'altra parola- che l'Università sta fallendo in partenza.

Semmai ognuno di noi potrebbe considerare in termini sfumatamente differenti cosa significhi "sbocco sicuro".
Per parte mia, come ho tentato altre volte di spiegare, lo intendo nel senso del compimento di un percorso di formazione e di acquisizione di conoscenze ai massimi livelli, nella prospettiva almeno potenziale del possibile svolgimento di un ruolo sociale preciso e di utilità sociale precisamente percepita, coerente con gli studi. [...] Non, sottolineo non, nel senso che l'Università debba garantire un lavoro o peggio ancora l'illusione di un "posto" di lavoro, ma nel senso che garantisca saldamente e "magistralmente" il massimo delle competenze teoriche riguardo alla materia, che da quel momento in poi non ci sia più altro bisogno di approfondire gli studi dal punto di vista della conoscenza ma solo di curarne l'applicazione dal punto di vista del metodo in particolari ambiti di dottorato o di specializzazione (e in futuro di aggiornamento).

Mi permetterai allora, a tua volta, di dissentire :P

Il problema, forse, è proprio nella sfumatura che si sceglie di dare a quello "sbocco sicuro".
Quando ho usato questa espressione, io non la intendevo nella tua accezione, ma nella effettiva possibilità di trovare, una volta concluso il percorso di formazione, un posto di lavoro che avesse almeno una qualche attinenza con gli studi affrontati.

Questa possibilità non è ovviamente, come dici anche tu, un qualcosa che deve essere "assicurato" dall'Università italiana (anche perché questo non è il compito precipuo di un ateneo): qui si parla di politiche del lavoro statali (che non necessariamente devono essere tradotte solo come "più concorsi e più posti di lavoro da statali"), e ancora di fondi, investimenti e agevolazioni fiscali. Per arrivare a questo, c'è tuttavia da individuare e definire, a monte, un ruolo e una utilità intrinseca per la figura dell'archeologo nella società attuale (e a questo scopo, ad esempio, oggi si stanno muovendo le sempre più diffuse - e discusse - ricerche sull'Archeologia pubblica).
Quest'ultimo passaggio lo sottolineo con una leggera vena polemica (che mi perdonerai), perché, se partiamo noi per primi con il dire che il mondo dovrebbe accorgersi che di noi "bene o male qualche volta potrebbe esserci bisogno", allora siamo noi i primi a bollarci come "non essenziali" alla vita di questo Paese (e quindi è inutile lamentarsi se poi sulla nostra causa lo Stato italiano non interviene mai seriamente). Certo, il lavoro dell'archeologo non è quello del medico, dell'ingegnere o dell'avvocato; allora forse deve cambiare (ed evolversi) il modo con cui la figura dell'archeologo e il suo ruolo sociale vengono intesi e percepiti, sia dallo Stato, sia dalla collettività (e, prima ancora, dagli archeologi stessi).

Vorrei poi fare qualche appunto anche in merito al discorso della preparazione universitaria, a cui hai fatto riferimento.
Personalmente, concordo poco anche il tipo di ateneo ideale che hai tratteggiato: secondo me, infatti, evocare un ateneo che fornisca "il massimo delle competenze teoriche", tale che "non ci sia più altro bisogno di approfondire gli studi dal punto di vista della conoscenza", si traduce in un auspicio estremamente difficile (per non dire impossibile) da concretizzare. E questo, essenzialmente, per due motivi:
1) non esiste un ateneo in grado di formare un archeologo a 360° su tutte le competenze (teoriche e pratiche) necessarie a svolgere il proprio mestiere;
2) è pressoché impossibile non avere più bisogno di approfondire gli studi dal punto di vista della conoscenza.

In primo luogo, tutti gli atenei hanno infatti, bene o male, una propria "tradizione di studi", che privilegia determinati settori e metodi di indagine rispetto ad altri, e che finisce quindi, inevitabilmente, per influenzare non solo la preparazione, ma anche la forma mentis del laureato che si appresta a sfornare. Ciò non significa che gli atenei italiani non siano validi nella formazione che offrono ai loro studenti (questo merito ci viene spesso riconosciuto all'estero): quello su cui peccano è semmai la sproporzione fra studio teorico e applicazione pratica della teoria (troppo scarsa la seconda, rispetto al primo - anche se è pur vero che, alla fine, più o meno ogni lavoro lo si impara davvero solo praticandolo).

In secondo luogo (se ho ben inteso il tuo discorso), auspicare a un livello di preparazione, in ambito universitario, tale da non aver più bisogno di approfondire ulteriormente gli studi mi pare un po' un'illusione con cui, almeno io, ho cercato di far pace da qualche anno. Un esempio: io mi occupo di Archeologia greca (me ne sono occupato sia in triennale, sia in magistrale, e ancora alla Scuola di Specializzazione), eppure ogni corso che ho fatto non è stato nuovo solo da un punto di vista dell'approccio e della metodologia, ma, talvolta, anche dell'argomento in sé. E questo perché gran parte delle civiltà del mondo antico (fra cui quella greca) può essere analizzata sotto un gran numero di aspetti - architettura, ceramica, coroplastica, oreficeria, scultura, bronzistica, glittica, topografia, contesti funerari etc. -, che tuttavia non ci sarà mai tempo per affrontare dettagliatamente nell'ambito dei corsi universitari (sempre più parcellizzati nella loro suddivisione in moduli).

CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 25/6/2019, 15:48) 
Peggio ancora sarebbe un profilo marcatamente sbilanciato verso figure prive di ruolo sociale o dal ruolo sociale attualmente improbabile, quali certi master (ma finché si rimane nei master ancora ancora può passare, purché la laurea abbia una propria credibilità) oggi non resistono alla tentazione di proporre (le discipline forensi non in quanto tali, ma quando praticate troppo strettamente in dimensione archeologica potrebbero essere un esempio).

Questo è un altro problema ancora: il problema che tu sottolinei è certo reale, ma è pur vero che, in certi contesti, anche un'esperienza trasversale può aiutare più di un percorso "canonico", e comunque un master (non tutti eh) può sempre essere una buona occasione per andare ad approfondire un argomento o un settore del sapere, a cui l'università, per specifiche difficoltà, non riesce a provvedere.

CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 25/6/2019, 15:48) 
Insomma, passi che poi si debba far fatica a trovare lavoro, ma non deve poter passare che alla fine possa capitare di avere un titolo ma non una competenza adeguata.

Vero, questo è un problema che si avverte anche fra specializzandi e dottorandi (molti colleghi lamentavano queste lacune nel percorso, e io stesso non ne sono stato certo esente). Ma questo, ripeto, si verifica per i problemi che ho elencato sopra, e perché una preparazione a tuttotondo è assai difficile da conseguire con i soli corsi universitari, per cui molto deve essere demandato anche alla libera iniziativa del singolo.
 
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view post Posted on 26/6/2019, 07:20

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CITAZIONE (Perseo87 @ 25/6/2019, 23:19) 
. . . , se partiamo noi per primi con il dire che il mondo dovrebbe accorgersi che di noi "bene o male qualche volta potrebbe esserci bisogno", allora siamo noi i primi a bollarci come "non essenziali" alla vita di questo Paese (e quindi è inutile lamentarsi se poi sulla nostra causa lo Stato italiano non interviene mai seriamente). Certo, il lavoro dell'archeologo non è quello del medico, dell'ingegnere o dell'avvocato; allora forse deve cambiare (ed evolversi) il modo con cui la figura dell'archeologo e il suo ruolo sociale vengono intesi e percepiti, sia dallo Stato, sia dalla collettività (e, prima ancora, dagli archeologi stessi).
. . .
1) non esiste un ateneo in grado di formare un archeologo a 360° su tutte le competenze (teoriche e pratiche) necessarie a svolgere il proprio mestiere;
2) è pressoché impossibile non avere più bisogno di approfondire gli studi dal punto di vista della conoscenza.

Allora abbiamo un problema, e grosso anche.

Allora chi si avvicina agli attuali percorsi universitari dovrebbe venire prudentemente disincentivato, gli si dovrebbe dire chiaro che il percorso di studi non porta veramente all'esito che apparentemente propone, che non è vero che con una laurea magistrale in Etruscologia tu possa pensare di essere un Etruscologo.

Poi magari nella prospettiva di riuscire prima o poi a riformare il sistema noi dovremmo anche cominciare a dirci chiaro che in Italia c'è un serio bisogno di Archeologi, che il mercato fatica a trovarne e torna a capitare che se ne debbano chiamare dall'estero, che tutti i giorni dobbiamo rinunciare a progetti potenzialmente finanziati o finanziabili semplicemente perché non c'è abbastanza personale disponibile che abbia le competenze per starci dietro.
Però ci servono Archeologi, non tanto Etruscologi, perché più o meno ne abbiamo già più che abbastanza, non Egittologi, perché a dirla tutta ne sono stati sfornati così tanti in questi anni che non si sa proprio più dove metterli, non Archeologi Forensi, perché ad essere pratici tocca ammettere che allo stato attuale non rispondono ad una esigenza lavorativa concreta in Archeologia.

Quell'Archeologo del quale il nostro mondo reale ha un gran bisogno e che si fa fatica a trovare e che nella maggior parte delle Università non ci si preoccupa abbastanza di formare, è un Archeologo "di base", quello che vincendo un concorso pubblico potrebbe essere serenamente in grado di gestire pratiche di tutela indipendentemente dal territorio sul quale finisse a fare servizio o che nel privato potrebbe gestire senza combinare troppi guai le situazioni quotidiane ordinarie della nostra "archeologia esecutiva".

Per formare persone così non esiste un tempo oltre alla Magistrale: Specializzazione e Dottorato ti danno nelle reciprocamente differenti prospettive approfondimenti sul metodo, ma non garantiscono la sistematicità della "conoscenza" che devi farti nei primi cinque anni.
Poi ci sarà al massimo un buon aggiornamento, ma mai più la possibilità di studiare dalla A alla Z.
 
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CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 26/6/2019, 08:20) 
Allora chi si avvicina agli attuali percorsi universitari dovrebbe venire prudentemente disincentivato, gli si dovrebbe dire chiaro che il percorso di studi non porta veramente all'esito che apparentemente propone, che non è vero che con una laurea magistrale in Etruscologia tu possa pensare di essere un Etruscologo (...).

Però ci servono Archeologi, non tanto Etruscologi, perché più o meno ne abbiamo già più che abbastanza, non Egittologi, perché a dirla tutta ne sono stati sfornati così tanti in questi anni che non si sa proprio più dove metterli, non Archeologi Forensi, perché ad essere pratici tocca ammettere che allo stato attuale non rispondono ad una esigenza lavorativa concreta in Archeologia. Quell'Archeologo del quale il nostro mondo reale ha un gran bisogno e che si fa fatica a trovare e che nella maggior parte delle Università non ci si preoccupa abbastanza di formare, è un Archeologo "di base", quello che vincendo un concorso pubblico potrebbe essere serenamente in grado di gestire pratiche di tutela indipendentemente dal territorio sul quale finisse a fare servizio o che nel privato potrebbe gestire senza combinare troppi guai le situazioni quotidiane ordinarie della nostra "archeologia esecutiva".

Partiamo intanto con il fare una doverosa precisazione (soprattutto per i neofiti chi ci leggono e che magari vogliono farsi un po' di orientamento): in Italia, non esiste propriamente una "Laurea in Etruscologia" (o in Egittologia etc.): la laurea che si consegue dovunque (e che è scritta a chiare lettere sulla pergamena) è una "Laurea Magistrale in Archeologia". Etruscologia, Egittologia et similia sono le possibili materie di laurea, che è ben diverso.

Anche in questo senso, non riesco a comprendere (forse per il mio personale vissuto?) questa idea dello studio universitario che deve fornire una conoscenza a carattere enciclopedico della disciplina di cui ci si occupa. Se io decido che nella vita voglio essere un Etruscologo - titolo che io mi do autonomamente per indicare il mio campo di studi (perché, ripeto, il titolo di laurea è per tutti quello di "Dottore Magistrale in Archeologia") - sarò io a costruire il mio piano di studi incentrandolo il più possibile sul settore etruscologico, fino a dedicargli la mia tesi di laurea.
Detto questo, io non sono comunque esentato dall'apprendere almeno anche i rudimenti dell'archeologia preistorica, greco-romana e medievale, perché il mio titolo deve essere comunque spendibile in un'ottica il più ampia possibile: se un domani, da Etruscologo, io accedo per esempio alla Soprintendenza e divento ispettore di un dato territorio, non è che mi potrò occupare del solo materiale etruscologico che eventualmente salterà fuori dalla mia area di pertinenza. Stesso dicasi per un funzionario che andrà invece a occuparsi dei magazzini di un museo.

Quindi la figura di Archeologo con una formazione che spazia in più campi, in teoria, esiste già: solo che, a mio modesto avviso, non può avere una conoscenza dalla A alla Z, neppure della propria disciplina, perché in università si è sempre più inquadrati in un sistema più o meno rigido di esami, CFU e piani di studio, con corsi sempre più ridotti, dove i docenti riescono a darti una panoramica generale sulla civiltà e sulle produzioni che andrai a studiare e poi ti propinano corsi monografici declinati di volta in volta su un argomento specifico. In questo modo, nel tuo settore ci saranno argomenti che conoscerai molto bene e altri che avrai trattato in modo molto più sommario. Ma non può che essere così. Anche perché - ripeto, perché sia chiaro - in cinque anni (attuale 3 + 2) tu non ti occupi solo di Etruscologia, ma devi affrontare anche una sempre più ampia mole di esami nelle materie più disparate (es. Paletnologia, Egittologia, Archeologia greca, Archeologia romana, Archeologia Medievale, ma anche topografia, metodologia, legislazione, restauro, museologia, storia, epigrafia etc.), e i tempi sono quello che sono.
Il fatto che uno non riesca a trattare in modo approfondito ogni singolo aspetto della disciplina, comunque, non lo vedo come un problema poi così insormontabile: l'università, se è valida, oltre alle conoscenze ti fornisce infatti anche un metodo di lavoro e una forma mentis, in aggiunta all'indicazione di tutti i principali corpora (cartacei e informatici) che ti permetteranno, in futuro, di andare ad approfondire quell'eventuale e specifico aspetto più trascurato, qualora tu ti trovassi mai a doverci avere a che fare.

Ben diverso è invece il discorso relativo alle competenze pratiche di un archeologo nel campo della burocrazia e dell'amministrazione (anche perché, specialmente oggi, un funzionario di Soprintendenza passa più tempo dietro a una scrivania, perdendosi fra vincoli, denunce e decreti, che non sui cantieri, dove dovrebbe effettivamente stare). Qui ti do pienamente ragione, e con i colleghi l'anno scorso abbiamo sollevato la stessa necessità al direttore della Scuola di Specializzazione di Firenze, chiedendo che i piani di studio prevedano incontri, seminari e altri tipi di attività con funzionari del settore, così da garantire l'approccio a una materia molto tecnica (che altrimenti lascia perlopiù spiazzati gli stessi archeologi, al momento dei concorsi nel settore pubblico).

CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 26/6/2019, 08:20) 
Per formare persone così non esiste un tempo oltre alla Magistrale: Specializzazione e Dottorato ti danno nelle reciprocamente differenti prospettive approfondimenti sul metodo, ma non garantiscono la sistematicità della "conoscenza" che devi farti nei primi cinque anni.
Poi ci sarà al massimo un buon aggiornamento, ma mai più la possibilità di studiare dalla A alla Z.

Vale quanto detto sopra.
Che poi, a ben vedere, si fa sempre l'esempio (forse più "abbordabile"?) dell'Etruscologia - ossia dello studio di un popolo che, bene o male, si può inquadrare fra IX e I secolo a.C., che non ha lasciato quasi nulla di scritto e che si è diffuso perlopiù fra Toscana e Lazio (e in parte anche in area padana e campana). Ma se si passa all'Egittologia? Lì hai una civiltà che ha coperto il territorio di un'intera nazione, che ha lasciato un corpus sterminato fra iscrizioni parietali e su papiro e che vanta una storia di circa 3000 anni... In cinque anni - dovendo fare anche un ampio numero di differenti esami - credi sia possibile uscire da un ateneo conoscendo dettagliatamente ogni aspetto di ogni singola produzione dell'antico Egitto, con le dovute differenze ed evoluzioni fra (almeno) Epoca Predinastica ed Epoca Tarda? Questo giusto per non parlare poi di quei pazzi di archeologi preistorici, la cui disciplina, con un titolo generico, comprende in realtà decine e decine di culture materiali, sparse per tutto il mondo e riferite a un arco cronologico di milioni di anni...

Edited by Perseo87 - 26/6/2019, 11:02
 
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view post Posted on 26/6/2019, 11:03
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Scusate se intervengo, sapendo bene di non essere un archeologo in discussioni di questo tipo in genere non mi sento di intromettermi.
Nel caso specifico, però, al problema sollevato da LA credo ci sia, da poco, una risposta, intendo questo problema
CITAZIONE
Però ci servono Archeologi, non tanto Etruscologi, perché più o meno ne abbiamo già più che abbastanza, non Egittologi, perché a dirla tutta ne sono stati sfornati così tanti in questi anni che non si sa proprio più dove metterli, non Archeologi Forensi, perché ad essere pratici tocca ammettere che allo stato attuale non rispondono ad una esigenza lavorativa concreta in Archeologia. Quell'Archeologo del quale il nostro mondo reale ha un gran bisogno e che si fa fatica a trovare e che nella maggior parte delle Università non ci si preoccupa abbastanza di formare, è un Archeologo "di base", quello che vincendo un concorso pubblico potrebbe essere serenamente in grado di gestire pratiche di tutela indipendentemente dal territorio sul quale finisse a fare servizio o che nel privato potrebbe gestire senza combinare troppi guai le situazioni quotidiane ordinarie della nostra "archeologia esecutiva".

Se non ho capito male quanto ho letto nel numero dello scorso maggio di una nota rivista del settore, è da poco diventata operativa la Scuola dei beni e delle attività culturali, gestita dalla Fondazione che porta lo stesso nome, della quale è presidente Marco Cammelli, professore emerito di diritto dell'Università di Bologna.
Copio titolo e sottotitolo dell'articolo a firma Daniele Manacorda:

CITAZIONE
UN CERTO SENSO PER IL PATRIMONIO
La neonata Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali mira a formare la futura generazione dei nostri funzionari. Un obiettivo che potrà essere raggiunto solo attraverso una nuova e più ampia visione della tutela e della valorizzazione.

Naturalmente, titolo e sottotitolo non rendono pienamente il contenuto dell'articolo, che mi pare risponda proprio all'interrogativo di cui sopra.
Al proposito, riporto un passaggio

CITAZIONE
L'efficacia si rivelerà semmai nel momento in cui i diplomati, di fronte alle responsabilità future, troveranno nel proprio paniere qualche strumento in più per rendere più incisiva e utile la propria azione nel loro posto di lavoro.

Si parla perciò di multidisciplinarietà, di lavoro di equipe etc. etc., quella che nell'articolo viene definita "una sinergia armonica".
 
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