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La creazione dell'uomo secondo i Maya classici - versione lunga

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view post Posted on 23/11/2019, 20:28
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Prima di leggere quanto segue, è utile leggere questa discussione https://ostraka.forumfree.it/?t=77073727

Credo che tutti gli esseri umani abbiano una concezione ciclica del tempo, almeno sul breve periodo.
Intendo dire, per esempio, che tutti sappiamo che il Sole e la Luna si alternano nel cielo, compiendo un ciclo che noi chiamiamo giorno e che dividiamo tra dì e notte, e che il Sole, ogni 365 giorni circa, torna a occupare la medesima posizione nel Cielo, così come fa la Luna ogni 28 o 29 giorni.

Dalle osservazioni di questi cicli, sono nati il calendario solare e quello lunare, dall’osservazione dell’illuminazione solare sono nate le meridiane e gli orologi, solari e non.
Inoltre, già forse dal tardo Neolitico erano stati individuati altri cicli relativi a oggetti che apparivano nel Cielo, notturno e diurno, come per es. l’oggetto che noi chiamiamo Venere.

Le popolazioni della Mesoamerica precolombiana avevano questa concezione ciclica del tempo anche su periodi molto più lunghi.
Per esempio, tutte queste popolazioni erano convinte che esistesse un ciclo di 52 anni, derivante dal fatto che utilizzavano 2 differenti calendari, uno di 260 e l’altro 365 gg, individuando ogni singolo giorno con il nome e la posizione in entrambi. Le combinazioni possibili erano 18980, corrispondenti a 52 x 365 gg, esaurite le quali il ciclo terminava e la Storia si sarebbe ripetuta, almeno negli avvenimenti macroscopici.

http://www.tages.eu/wp-content/uploads/201...-CALENDARIO.jpg
disegno moderno, rappresentativo di come si incastravano tra loro i due calendari di 260 e 365 gg

Quelli che oggi chiamiamo Aztechi (loro chiamavano se stessi Tenocha o Mexica) pensavano che la fine del mondo sarebbe arrivata nel giorno in cui terminava uno di questi cicli di 52 anni.
Inoltre, erano convinti che un uomo che avesse raggiunto l’età di 52 anni fosse un grande saggio, perché aveva visto “tutto”, mentre uno che fosse arrivato a 104 (e forse ce ne sono stati, visto che presero in considerazione questo fatto nei loro codici) doveva essere addirittura pericoloso.

Aztechi e Maya conoscevano anche i cicli di Venere e probabilmente i Maya conoscevano quelli di Marte, forse addirittura quelli di Giove e Saturno.

https://i1.wp.com/www.menphis75.com/images...di%20Dresda.jpg
una delle pagine del Codice di Dresda, con calcoli delle eclissi di sole e luna basati sui cicli di Venere, oggetto celeste che i Maya chiamavano Chak Ek’, ma anche Chicum-Ek’ nel suo aspetto di Lucifero e Lamat nel suo aspetto di Vespero

Inoltre, sia gli Aztechi che i Maya avevano una concezione ciclica su periodi lunghissimi: erano convinti che, prima di quella attuale, ci fossero state 4 ere, tutte della stessa lunghezza e tutte terminate in catastrofi.
Secondo gli Aztechi, nella prima era tutti gli esseri umani erano finiti divorati dai giaguari, nella seconda erano stati trasformati per magia in scimmie, nella terza cancellati da una pioggia di fuoco, nella quarta sommersi da un diluvio.

I Maya credevano che ciascuna delle 4 ere precedenti, dell’Acqua, dell’Aria, del Fuoco e della Terra, fosse durata 1.872.000 giorni, cioè qualche mese in più di 5125 anni.
Secondo i Maya, all’inizio di ciascuna era gli dei crearono un essere vivente, che però si dimostrò non conforme alle aspettative delle divinità, per cui tutte e 4 le ere vennero fatte terminare dagli dei con immani sconvolgimenti, che riportarono lo stato dell’Universo alla situazione iniziale di non esistenza.
Anche tra un atto creativo e l’altro sarebbero trascorsi 1.872.000 giorni, scritti nei loro glifi con una notazione che i mayanisti nostri contemporanei trascrivono così: 13.0.0.0.0, cioè 13 b’aktunob (b’aktun è un periodo di 144.000 gg,, -ob è la desinenza del plurale), 0 k’atunob (k’atun = 7200 gg.), 0 tunob (tun = 360 gg.), 0 winalob (winal = 20 gg.), 0 k’inob (k’in = 1 gg.), totale 1.872.000 gg.

La quinta era, quella nella quale viviamo e che i Maya del periodo PostClassico (900 d.C. – 1550 d.C.) chiamarono dell’Oro, è destinata a non terminare mai, dato che finalmente, secondo il loro mito cosmogonico, venne creato l’essere vivente che soddisfaceva le esigenze degli dei, i quali devono essere nutriti con il suo sangue.
Coloro che si sono “inventati” la fine del Mondo il giorno 20.12.2012 o non conoscevano la vera cosmogonia Maya, in particolare il fatto che l’Umanità attuale sia costituita da esseri “perfetti” per il compito loro assegnato, oppure hanno “giocato” sulla ignoranza e credulità dei cosiddetti new agers, per trarne qualche profitto (vendere libri, raccogliere adepti ai quali estorcere denaro…)

L’essere creato all’inizio della quinta era veniva chiamato Alach Winik, Vero Uomo, perché appunto si dimostrò il Vero Essere all’altezza delle aspettative divine.
I sovrani si appropriarono di questa espressione, trasformandola in uno dei loro titoli, perché essi cercarono in tutti i modi a loro possibili di accreditarsi come discendenti diretti del Vero Uomo, esseri semidivini in Terra, che sarebbero diventati divinità dopo la morte del corpo fisico.

Del mito dei Maya del Periodo Classico, relativo alla creazione dell’Alach Winik, esistono molte versioni, a volte in contrasto tra loro su alcuni particolari, anche se non sulla sua parte fondamentale.
Di seguito, presento il mio racconto di questo mito, che ho ricavato dalle varie versioni che conosco, cercando di “costruirne” una versione per così dire sincretistica.


È necessario permettere un po’ di nomenclatura, altrimenti dovrei aggiungere un tot di note e postille, che renderebbero pesantissima la lettura del racconto.

Nelle lingue Maya, il plurale dei sostantivi viene formato aggiungendo la sillaba finale –ob, quindi come visto in precedenza tunob è il plurale di tun.

Tun, pronunciato con accento tonico differente e differente lunghezza della u, ha molti significati, tra i quali pietra, stele, periodo di 360gg, ascia, giada e verde.
Inizialmente, valeva solo come pietra, poi passò anche a stele, che è una grande pietra. Le stele venivano erette in particolari occasioni, spesso alla fine di un periodo di 360 gg di regno, hanno una forma simile a quella di una testa d’ascia, le più pregiate teste d’ascia erano di giada, la cui colorazione più apprezzata è una tonalità di verde.

Chitam significa pecari, con Chanal Chitamob, Celesti Pecari, venivano indicate 2 stelle di quella costellazione che noi chiamiamo Gemelli e che per i Maya erano la Prima Madre e il Primo Padre.

Utilizzando palle di caucciù, i Maya praticavano un gioco che chiamavano pitz, il giocatore era ah pitz, il campo di gioco kab-al pitz-iil. Incidentalmente, Ah Pitz, cioè Il Giocatore per antonomasia, era uno dei titoli spettanti al sovrano.

Nel Periodo Preclassico (1000 a.C.- 200 a.C.) e per quasi tutto il Periodo Classico, il Grande Creatore non ebbe un nome preciso, solo nel Periodo Classico Tardo (700 – 900 d.C.) si inizio a chiamarlo con vari nomi, a seconda della lingua parlata (i Maya parla(va)no lingue appartenenti a 2 gruppi linguistici differenti, attualmente le lingue utilizzate sono 22). Nella Stele C di Quiriguà viene chiamato Wak Chan Ahau, Sovrano 6 Cielo, nel Popol Vuh è Hunab Ku. Lo stesso vale per la Prima Madre e per il Primo Padre, Ix Ikna e Kitimu sono nomi attribuiti loro in età tarda.

La divinità K’in ti, dai mayanisti chiamata Aculeo di Razza perché viene rappresentato con un aculeo caudale di razza che gli perfora le narici, e la divinità Ak’ab’ na, dai mayanisti battezzata Giaguaro perché nelle rappresentazioni indossa un copricapo a forma di testa di giaguaro, sono due dei 4 pawatunob, i fratelli che reggono come colonne il mondo dei viventi. K’in ti è legato al giorno, lett. il suo nome significa “verso il giorno”, Ak’ab’ na è legato all’oscurità, il nome significa “casa dell’oscurità”. Nella canoa che trasporta il dio Sole nel suo tragitto dal tramonto all’alba, attraverso le nere acque dell’Inframondo, Ak’ab’ na siede ovviamente a prua, K’in ti a poppa.

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?...GurG1VOfyIrth&s
la canoa che trasporta il dio Sole, incisione su un osso proveniente dalla tomba di Jasaw Chan K’awiil, il più grande dei sovrani della città di Tikal

http://3.bp.blogspot.com/-1jTjXe4JNuI/UvQW...al-MLEggart.jpg
ingrandimento dei due rematori

Vucub Caquix significa “7 pappagallo ara macao” ed era un uccello che stava appollaiato sui rami di un alto albero, dei cui frutti era ghiotto.
Nel mito, l’albero è una immensa Ceiba pentandra, che in natura può raggiungere i 70 mt di altezza, nel quale i Maya vedevano la personificazione dell’Asse dell’Universo, identificato nella Via Lattea.
A sua volta, Vucub Caquix era la personificazione del Grande Carro/Orsa Maggiore, asterismo composto da sette stelle e nella cui figura i Maya vedevano la testa di un pappagallo dal grande becco.
Nei miti del Periodo Classico Iniziale, in cima all’Albero Cosmico stava Itzam Yeh, saggio e sapiente uccello-serpente celestiale che non aveva i connotati di ferocia e vanità attribuiti in seguito a Vucub Caquix. Itzam Yeh divenne poi Itzam Na, o Itazmnaj, il grande caimano, altra personificazione della Via Lattea e dio delle acque, mentre sulla cima dell’Albero Cosmico “salì” il pappagallo.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...apa_stela25.jpg
disegno del bassorilievo scolpito sulla stele 25 di Izapa: un personaggio privo della mano destra, probabilmente Hunahpu (vedi racconto) sostiene un palo sul quale sta appollaiato Vucub Caquix, un serpente avvolge sia l’uccello che Itzam Na, il grande caimano, una delle tante personificazioni della Via Latte e alter ego di Itzam Yeh

Aj Maxam è un personaggio storico, vissuto circa un secolo prima della grande crisi della società Maya classica. Fu veramente un grande pittore di vasi e uno scriba di corte, ho “abusato” del suo nome per costruire la figura del personaggio di un secolo successivo, che scrive il racconto del mito.

I barbari venuti dall’ovest, di cui parla Aj Maxam, sono i Maya Putun e Chontal che abitavano nella zona della Laguna de Terminos, sulla costa del Golfo del Messico, alla base della Penisola dello Yucatàn. Essi coltivavano le locali saline ed avevano il controllo del commercio del sale, sia verso le terre Maya, sia verso le terre del Messico centrale. Ne parlerò in un intervento successivo, perché essi apportarono novità nella narrazione mitologica.

Hun significa uno, ahpu significa testa e, per metafora, sovrano, quindi Hunahpu è il Primo Signore, Hun Hunahpu è il Primo Primo Signore e Vucub Hunahpu è Sette Primo Signore.
La dizione Ahpu restò nel mito, ma nella vita di corte si trasformò in Ahau, uno dei titoli spettanti al sovrano di una città Maya.



Il mito della creazione dell’Uomo secondo i Maya – un tentativo di versione sincretistica

Mi chiamo Aj Maxam, sono un principe del sangue regale della città di Naranjo e sono un valente pittore ma soprattutto era lo scriba di corte.
Sono arrivati tempi oscuri, nelle nostre terre, i nostri regnanti sono scomparsi e la nostra società si sta disgregando, per cui i barbari dell’ovest stanno pian piano impadronendosi delle nostre avite terre.
Uno di questi barbari, il più potente del gruppo che si è stabilito nella nostra gloriosa città, ormai quasi abbandonata dai compagni con i quali ho vissuto per molti anni, mi ha ordinato di mettere per iscritto, in cambio di cibo, il racconto della Creazione dell’Uomo.
Non ho altri mezzi di sostentamento, per cui, ubbidiente ai suoi voleri, dopo aver interrogato i pochi anziani sapienti qui rimasti, trascrivo quanto sono riuscito a raccogliere riguardo alla creazione dello Alach Winik, il Vero Uomo, e sul perché fu creato.

Un Non Giorno, nel Non Spazio Senza Tempo, all’Essere Senza Nome, il Puro Spirito, il Grande Creatore, parve giunto di nuovo il momento di mettersi all’opera.
Secondo i nostri grandi astronomi e astrologi, trascorsi 13 b’aktunob dalla fine dell’Era della Terra, il Grande Creatore, nel giorno 4 ahau 5 cumku, decise che era giunto il momento di fare un altro tentativo per vedere di riuscire a creare un essere che provvedesse ad adorare, onorare e nutrire la schiera delle Sue Sacre Forme, ciascuna delle quali avrebbe rappresentato uno o più degli aspetti e dei fenomeni della Natura Universale che Egli avrebbe creato.
Tutte queste forme del Grande e Unico Creatore noi le chiamiamo dei.

Per prima cosa, Egli separò Ak’ab’ Lakam Ha, le Grandi Acque Scure, da Ahakul’, la Grande Sacra Tartaruga, l’Essere Divino che avrebbe sostenuto la Terra, assieme ai quattro pawatunob, che vennero creati subito dopo.
Poi, Egli creò gli dei Ihk’ Naah Chak, Stella-5-Rosso, e il Grande Caimano Itzamnaj, dio delle acque, e ordinò ai 2 pawatunob rematori, K’inti e Ak’ab’na, e ai due dei di sistemare sui loro Troni le Tre Tunob, le Sacre Pietre, per costituire Jelaj K’o’b, Primo Sacro Focolare, e in mezzo a esse fece accendere K’ahk’, il Primo Sacro e Inestinguibile Fuoco.

Trascorsi 5 tunob, Egli creò Ix Ikna, la Signora Prima Madre e nel tun successivo creò Kitimu, il Signore Primo Padre, li creò nel Cielo. Essi sono i Chanal Chitamob, Celesti Pecari che appaiono nella notte sotto forma di stelle.
I Chanal Chitamob si accoppiarono, generando i gemelli Hun Hunahpu e Vucub Hunahpu, che andarono a dimorare nello Xibalba, il regno dei 9 Signori dei Mondi Sotterranei.

I due gemelli erano appassionati del gioco della palla, abili pitzob, quindi costruirono un kab-al pitz-iil.
Mentre giocavano, si incitavano a gran voce e si prendevano vicendevolmente in giro, con grande strepito che disturbava i Signori che laggiù risiedevano, in particolare Vucub Caquix, il grande pappagallo Sette Ara Macao, che per sembrare più bello si era costruito una dentiera di denti d’oro e occhi di giada contornati d’oro. Egli viveva su un altissimo albero, dei cui frutti era ghiotto.
Vucub Caquix era molto presuntuoso e si credeva il dio più bello e importante, si proclamava Sole e Luna contemporaneamente, anche se entrambi ancora non esistevano [vedi più avanti, ndr], ed era anche molto cattivo, a volte addirittura feroce.
Disturbato dallo strepito prodotto dai due giocatori, li uccise, ne fece a pezzi i corpi e li seppellì.

Di Vucub Hunahpu non si seppe più nulla, mentre la testa di Hun Hunahpu rotolò furbescamente fino ai piedi di una strana pianta, che aveva frutti simili a una testa umana, in mezzo ai quali la testa di Hun Hunahpu si mimetizzò.
[Qui sorge uno dei maggiori interrogativi a proposito del racconto: alcune fonti, corroborate da dipinti vascolari, affermano che si trattasse di una pianta di zucca che si arrampicava su un albero, altre fonti, pure esse corroborate da dipinti vascolari, affermano che si trattasse di un albero di cacao, ndr.]

I vecchi sapienti mi raccontarono che un giorno, sotto la pianta passò la giovane e vergine figlia di Xquic, una delle 9 divinità dei Mondi Inferiori.
Prontamente, la testa di Hun Hunahpu sputò al suo indirizzo un grano di giada, che la giovane fanciulla raccolse nelle sue mani, prima che cadesse a terra. In questo modo, venne fecondata e rimase incinta.
Quando suo padre, il dio Xquic, se ne accorse, la cacciò dal suo mondo ed essa si rifugiò presso i vecchi Ix Ikna e Kitimu, che la accolsero amorevolmente.
[Altro interrogativo: quando fu generato Xquic? E con lui gli altri 9 dei dell’Inframondo? ndr.]

Quando venne il momento, la giovane diede alla luce una coppia di gemelli, ai quali inizialmente non venne dato alcun nome.
Successivamente, la giovane diede alla luce una seconda coppia di gemelli, che rimasero anch’essi innominati.

I primi due gemelli si dimostrarono abili artisti, bravi pittori e capaci scribi, mentre i loro fratelli minori dimostrarono di essere abilissimi giocatori di palla, come lo erano stati i primissimi gemelli, il loro genitore, Hun Hunahpu e il loro zio, Vucub Hunahpu.
Per questo motivo, la seconda coppia riceveva più attenzioni da parte dei nonni e la prima ne divenne gelosissima, tanto da vessare e angariare i due più giovani fratelli.
Questi ultimi, allora, organizzarono una partita di pitz assieme ai fratelli maggiori, facendo loro intendere che avrebbero loro insegnato a giocare altrettanto bene.
Ad un certo punto, uno dei gemelli più giovani spedì la palla tra le fronde di un albero vicino al campo di gioco, fingendo di non essere in grado di arrampicarsi per recuperarla.
I due gemelli minori, così, indussero i maggiori ad arrampicarsi, solleticando la loro vanità con il dire loro che erano maggiormente agili ed atletici.
Una volta che i due gemelli maggiori si furono arrampicati tra i rami dell’albero, questo iniziò magicamente a crescere, mentre i due gemelli primogeniti restavano impauriti in mezzo alle sue fronde.
Allora, i due gemelli rimasti a terra suggerirono loro di slacciarsi le cinture e di utilizzarle per scendere, facendosele passare in mezzo alle gambe.
In effetti, i gemelli maggiori riuscirono in questo modo a scendere, ma le loro movenze assomigliavano talmente a quelle di due scimmie che vennero tramutati appunto in scimmie, prendendo il nome di Hun Batz, Prima Scimmia Urlatrice, e Hun Chauen, Prima Scimmia Ragno. E da quel momento, divennero gli scribi degli dei e i patroni di scribi e pittori.

http://research.mayavase.com/kerrmaya_hires.php?vase=1225
Hun Batz e Hun Chauen al lavoro come scribi

Dopo questo fatto, ai gemelli più giovani venne rivelata la sorte del padre e venne dato loro il nome di Hunahpu, Primo Capo, e Ix Balam, Lei Giaguaro [perché Lei, quindi femmina, lo si capirà più avanti, ndr.]

http://research.mayavase.com/kerrmaya_hires.php?vase=791
i due gemelli danzano assieme al loro padre: da sx, Ix Balam, con pantaloni in pelle di giaguaro, il padre Hun Hunapu, quindi Hunahpu con un copricapo a forma di testa di daino con orecchie di pecari e in braccio un serpente. Ciascuno dei 2 gemelli sta guardando una “copia” in altre vesti dell’altro: Ix Balam guarda Hunahpu danzare su un serpente arrotolato, Hunahpu guarda un giaguaro steso a terra. Hun Hunahpu danza davanti al feroce dio Vucub Caquix, sconfitto, steso a terra e spogliato dei suoi attributi (vedi oltre, nel racconto)

http://research.famsi.org/uploads/schele/h.../08/IMG0050.jpg
qui, una replica della stessa scena, senza Hun Hunahpu, in un disegno tratto dal “vaso dell’altare”, dal sito archeologico di Altar de Sacrificios

Come mi hanno raccontato i vecchi sapienti, i gemelli si misero in testa l’idea di recuperare i resti del padre e per farlo si trasferirono nei Mondi Sotterranei, dove iniziarono a giocare abilmente a palla, utilizzando l’antico campo costruito dal padre e dallo zio.
Vucub Caquix si adirò anche con loro, anche perché Hunahpu, abile cacciatore con l’uso della cerbottana, pensò bene di colpirlo, mentre se ne stava tranquillamente a mangiare sul suo albero, con un proiettiledi argilla indurita, che fece saltare tutti i denti della dentiera del pappagallo.
Infuriato, Vucub Caquix volò su di lui e con un colpo di becco gli tranciò di netto il braccio destro [in alcune versioni, si parla della mano destra, ndr.]

Ix Balam recuperò il braccio del gemello e invocò l’aiuto dei nonni per rimetterglielo al suo posto, cosa che ai nonni riuscì perfettamente.
Allora il pappagallo staccò a Hunahpu la testa, come aveva fatto a suo padre.
Ma Ix Balam riuscì a modellare a forma di testa una zucca e la mise sul collo di Hunahpu, che riprese a giocare a palla assieme al gemello. Così facendo, tranquillizzarono Vucub Caquix e lo distrassero, per cui Ix Balam recuperò la testa del gemello, la avvolse nel caucciù e i due continuarono la partita utilizzando quella palla.
Appena venne il momento, Ix Balam sostituì la zucca con la vera testa, nascosta nella palla, e questa si riattaccò perfettamente al collo di Hunahpu.

Il racconto dei sapienti vecchi continuò e mi dissero che a questo punto i due gemelli si misero alla ricerca dei resti del padre, nascondendo la loro attività agli occhi di Vucub Caquix mediante intense fumigazioni.
Riuscirono a rintracciarne e disseppellirne tutti i resti e soprattutto la testa, rimisero insieme il corpo del padre e questo riprese vita, dopo che lo ebbero abbondantemente innaffiato con purissima acqua.
In questo modo, il padre rinacque dal dorso della Sacra Tartaruga, presentandosi come Hun Nal Yè, il dio giovane del mais.

http://research.mayavase.com/uploads/mayavase/hires/1892.jpg
Il cosiddetto piatto della resurrezione: innaffiato da Ix Balam, Hun Hunahpu rinasce nelle vesti di Hun Nal Ye, da un solco nel carapace della Grande Tartaruga, personificazione della crosta della Terra, durante la stagione secca. Sotto di lui sta il teschio di Cauac, il mostro dei mondi sotterranei, da cui spunta una giovane pianta di mais, Dalle due aperture laterali del carapace emergono i due pawatunob, a sx Ak’ab’ na, a destra K’in ti

Allora il Grande Creatore ordinò a Hun Nal Yè di macinare il frutto nato dal proprio corpo e di impastare con il proprio sangue la farina così ottenuta.
Poi, con questo impasto, Hun Nal Yè fabbricò una statua, sulla quale il Grande Creatore soffiò Ik, il vento della vita.
Così, la statua acquistò vigore ed iniziò a muoversi: era nato Alach Winik, il Vero Uomo.
Questi si moltiplicò e lui e i suoi figli iniziarono ad adorare, servire e nutrire con il loro sangue tutti gli dei, le infinite forme del Grande Creatore, così come Egli aveva procurato loro il sostentamento, il frutto della divina Kak, la pianta del mais che cresce rigogliosa nei nostri tupp kak, i campi di mais.

In questo modo, dunque, fu creato Alach Winik, il Vero Uomo.
E per questo, per come siamo stati creati, noi winikob usiamo indicarci come i figli del mais e il nostro Alach Winik, il Vero Uomo nostro sovrano e i nobili della sua corte praticano periodicamente l’autosalasso, donando il proprio nobile sangue come offerta agli dei, perché essi se ne possano nutrire.
E lo stesso fanno con il sangue dei sovrani o dei nobili nemici, catturati in battaglia.

Questo è il racconto che io, Aj Maxam, grande scriba dell’antica corte della gloriosa città di Naranjo, ho raccolto dai sapienti vecchi che ancora vivono con me, e pochi altri miei compagni, nella città ormai occupata dai barbari venuti dall’ovest.
E questo io ho messo per iscritto, perché mi è stato ordinato dal capo dei barbari, che mi darà in cambio cibo per me e la mia famiglia. Perché essi non conoscono la scrittura e sono rozzi e violenti.

In questi tempi oscuri non ci sono né rispetto né considerazione per l’abile scriba, che trasforma le parole in eleganti glifi, e nemmeno per l’insigne pittore, che illustra sapientemente la vita, la morte e il mito nei suoi dipinti.
In questa maniera sono trattato e questo sono costretto a fare, per procurare sostentamento a me e ai miei cari, invece di narrare le nobili imprese dei nostri sovrani e dei nostri guerrieri, invece di dipingere bellissimi ed eleganti glifi sui nostri splendidi vasi.

La barbarie avanza, la terra si è inaridita, Chaak non ascolta più da molto tempo le nostre invocazioni, nessuno più ci difende, diventeremo tutti infelici sudditi di questi esseri incolti, rozzi e violenti…
 
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