Anche se si tratta di una mostra, segnalo nella sezione delle tecnologie applicate ai Beni Archeologici un bel video in cui mi sono imbattuto oggi, e che credo possa destare l'interesse di alcuni di voi:
https://video.repubblica.it/spettacoli-e-c...9mU6-BftogR2YAk.
Il video di Repubblica si riferisce alla mostra itinerante curata da V. Brinkmann e U. Koch-Brinkmann,
Gods in color ("Divinità a colori"), che dal 2003 ha di fatto inaugurato un nuovo modo di mostrare al pubblico l'archeologia - e in particolare la grande scultura greca e romana - tramite la ricostruzione dei colori che un tempo dovevano caratterizzare queste raffinate produzioni in marmo e bronzo.
Nel tentativo di andare oltre il "grande equivoco" del Rinascimento, che ha portato tutta l'arte moderna a scolpire statue marmoree di un bianco candore, a partire dagli anni '80 del secolo scorso hanno preso il via in Europa alcuni filoni di ricerca sul colore nell'arte antica (di cui Brinkmann può essere ritenuto, a buon merito, un vero e proprio pioniere). Grazie a tecnologie sempre meno invasive (legate all'uso di raggi UV e IR) è oggi possibile ricostruire la policromia delle sculture antiche, anche laddove l'occhio umano non riesce più ad apprezzarla, operando sui reperti originali in modo sempre meno invasivo.
Le scuole di pensiero nel settore della policromia antica sono oggi molte, e le prime ricostruzioni di Brinkmann, oltre ad aver suscitato grande scalpore in seno al mondo accademico, non sono state scevre da critiche (talvolta anche fondate). Tuttavia, osservando oggi queste riproduzioni, è difficile restare impassibili di fronte alla bellezza di alcuni dei più grandi capolavori del mondo antico, tornati a nuova vita grazie alla policromia restituitagli dagli studi di diagnostica. Quello che emerge con forza da questa mostra è senza dubbio l'immagine di una Antichità classica assai diversa da come il Rinascimento e il Neoclassicismo - da Michelangelo a Canova - ci hanno abituati a pensare.