Atene, scavi urbani in piazza Agia Irini, recuperata una testa di Hermes in marmo

Si potrebbe aggiungere alle critiche l'osservazione che a quanto pare stiamo tornando indietro a rapidissimi passi verso quel buio medioevo del metodo archeologico che furono gli anni Sessanta e soprattutto Settanta, quando solo giovanissimi studenti giusto un minimo svegli e giusto un minimo aggiornati sulle questioni teoriche provenienti dal mondo anglosassone (e in misura molto minore su qualche sporadica intuizione faticosamente proveniente da oltre-cortina) contestavano dando loro la bàia i vecchi luminari universitari che spiegavano gli scavi urbani come rendicontazione delle indagini archeologiche del mondo classico che si svolgevano nelle città di antica fondazione producendo statue, templi e isolate meraviglie.

Lo "scavo urbano" dovrebbe essere ben altra cosa (diciamo pressappoco la capacità concreta di leggere analiticamente con modalità "single context" la complessità pluristratificata delle azioni antropiche là dove esse sono straordinariamente articolate nella molteplicità delle reciproche sovrapposizioni, compresa l'attitudine a mettere in relazione tracce dell'antichità con tracce del passato recente e recentissimo): dovrebbe essere un metodo (che nell'occasione mi sbaglierò ma non vedo) e non una semplice circostanza topografica.

E riguardo a ciò, se Atene piange . . .

Ah sì, sì.

E per quel che ne so io non era sempre stato così.
Ma anche da noi ci stiamo arrivando (o tornando) a rapidissimi passi.
Mi pare di ricordare che avessimo discusso non molto tempo fa di una certa testa di Via Alessandrina; l'analogia non mi pare solo sulla parte anatomica.

. . . Roma non ride.