nichilismo purissimo!
Scribonius, la risposta semplice e chiara te l'ha già data dceg:
CITAZIONE (dceg @ 28/11/2021, 08:01)
Come sempre nel caso di queste congetture per avere certezza dovresti avere una risposta dal di fuori del sistema, il che è impossibile.
Dove sta il limite tra il conoscibile e l'inconoscibile? Non c'è, o meglio, non lo troverai mai, perché per trovarlo, dovresti sorpassarlo. Ma se lo avrai sorpassato, significa che non era quello il limite.
Si tratta della stessa spiegazione che si dà all'infinità dell'Universo: se esso è in continua espansione e con esso anche la quarta dimensione, quella del tempo, non se ne potrà mai raggiungere il limite.
In pratica, l'Universo non può non avere un limite, solo che non lo si può raggiungere.
Una sera, chiacchierando tra amici, dceg forse lo ricorda, ho osservato che il concetto di infinito non "entra" nella nostra testa, non è conoscibile né definibile se non per esclusione. Idem dicasi per il concetto matematico di limite.
Questo significa che il nostro pensiero invece li ha, dei limiti.
Il paradosso di Achille e la tartaruga è un "falso" paradosso, perché Achille non potrà fare passettini sempre più piccoli, a un certo momento, dopo essersi pestato i suoi stessi piedi più volte, non gli sarà più possibile rimpicciolire ulteriormente l'ampiezza del passo e di conseguenza raggiungerà la tartaruga. Del resto, il paradosso non parla di ampiezza del passo...
Idem dicasi per quello del barbiere del paese che taglia la barba a tutti quelli che non si fanno la barba: lui se la fa o no? Beh, anche in questo caso, se ne ha voglia si taglierà la barba, oppure sarà felice di lasciarsela crescere.
Si tratta di due esempi letterari, non di casi reali.
Diverso il discorso del gatto di Schrödinger
https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_de...chr%C3%B6dingerche assomiglia molto alla congettura di Boltzmann, in pratica un altro paradosso mentale (al posto di paradosso mi verrebbe spontaneo utilizzare un altro vocabolo, ma non è "politically correct", dato che inizia per ma e finisce per zione).
E proprio considerando quest'ultimo paradosso, mi vien da dire che la scienza in molti casi è una opinione: come può essere valida una teoria che fornisce risultati "corretti" nell'immensamente piccolo, mentre crea assurdità nel macroscopico?
Perché, in questo caso, non non è considerata una dimostrazione della falsità della teoria la palese reductio ad absurdum?
Si risponde: si tratta di una scorretta reductio ad absurdum, dipendente dalla inadeguatezza della nostra situazione esperienziale, abbiamo cinque sensi "rudimentali" e una mente limitata.
Mah, non è solo nelle religioni che vale il credo quia absurdum.
Sono profondamente convinto che le fondazioni di quel ramo della conoscenza che chiamiamo fisica teorica dovrebbero essere totalmente riviste, troppe sono le contraddizioni alle quali oggi si arriva, seguendo la fisica quantistica.
Per tentare di correggerne gli effetti paradossali, a quella teoria ne sono seguite altre, ancora più o meno allo stato embrionale.
Ma si continua a portare avanti quella teoria, nella speranza di arrivare a una conciliazione degli opposti.
Mi ricorda la nascita delle geometrie non euclidee e quella della geometria proiettiva, il cui punto di partenza è molto simile.
Tratto l'esempio della geometria proiettiva, più corto dell'altro.
Essa ha permesso la sviluppo delle proiezioni in piano della sfera e di ogni oggetto che non abbia una superficie riducibile a un piano perfetto.
Il mio docente ha iniziato la prima lezione con queste parole.
"In matematica, quando una cosa non c'è, la si inventa. Allora, per definizione due rette sono parallele in un piano, quando non si incontrano in nessun punto del piano stesso. Bene, allora diciamo che si incontrano all'infinito e trattiamo l'infinito come se fosse un punto."
Da questo inizio, è nata la geometria proiettiva, che i cartografi utilizzano quotidianamente, con ottimi risultati e dalla quale non si può più prescindere.
Chiudo il mio lungo discorso.
Esiste la realtà? Sono io un essere reale? Sono reali le cose attorno a me?
Pare che Siddharta Gautama, più noto come il Bhudda Shakyamuni, a un allievo che gli poneva domande come queste, abbia detto:
"prendi un fico e aprilo"
L'allievo prese il fico e l'aprì.
Siddharta gli chiese: "cosa vedi?'"
Rispose l'allievo "vedo polpa rossa e tanti semini".
Gli disse il Buddha: "prendi un semino e aprilo".
L'allievo prese un semino e l'aprì.
Gli chiese il Bhudda: "cosa vedi?"
Rispose l'allievo: "nulla".
Gli disse il Bhudda: "ecco la risposta: dal nulla nasce la grande pianta di fico".
Questo discorso viene attribuito anche a Kong Fuzi, a un monaco daoista e a un monaco zen, la sostanza non cambia.
Per risolvere il tuo paradosso, finora abbiamo percorso la spirale del centro verso la periferia: inverti il senso di marcia e vai al centro, cerca dentro te stesso.