CITAZIONE (dceg @ 29/11/2021, 19:49)
dubito che se Mario non fosse reale avrebbe scritto quel che ha scritto. Quindi è da presumere che anche tu sia reale.
Ormai, a Scribonius l'abbiamo spiegato una decina di volte, lui continua a riproporre la stessa domanda... probabilmente non la ripropone ai vari fisici, perché li ha stressati.
CITAZIONE (dceg @ 29/11/2021, 19:49)
E la mia bilancia dice che io lo sono anche troppo, con una tendenza alla „realtà aumentata“.
Anche la mia
Rispondo a Mario_A
Mi sembra che tu abbia preso il mio esempio, cioè che c'è qualcuno che ipotizza che viviamo nella "mente" di un supercomputer, come una teoria alla quale io credo, viste le mie esperienze tecnologiche passate.
Non è così, ho citato quell'esempio come puro esempio di elucubrazione, che a sua volta forse a dato lo spunto per quel film, cui è seguita una intera serie, tale è stato il suo successo.
Per inciso, non ho visto The Matrix né alcuno dei lavori successivi, l'unico film di fantascienza che ho visto è stato il primo Dune, 1984, regista David Lynch, uno dei protagonisti è impersonato da Sting.
Non mi avvicinai ai racconti di fantascienza finché non scoprii (a me piace di più scopersi, ma la grammatica contemporanea mi dice che oggi è desueto, è preferibile usare appunto scoprii) circa 45 anni fa, già adulto, il romanzo Neanche gli dei, The gods themselves, di Isaac Asimov.
Iniziai così a leggere i suoi lavori e ne ho letti molti, ma la sua produzione è talmente grande che forse sono arrivato a leggerne appena un terzo.
Contemporaneamente, inizia a leggere anche lavori di altri interessanti autori, così incontrai La Luna è una severa maestra, The Moon Is a Harsh Mistress, di Robert A. Heinlein, altro grande autore di romanzi di fantascienza.
Si tratta di un romanzo lungo, nel quale viene raccontato come sulla Luna sia stata impiantata una colonia penale, controllata e regolata da un supercomputer, a sua volta curato da uno dei confinati.
Questi è anche incaricato di aggiungere alla memoria e alle schede di elaborazione, a intervalli prestabiliti, sempre più memoria e sempre più schede di elaborazione (fu scritto nel 1964, al tempo non esistevano ancora i processori contemporanei, anzi, al chip, neanche micro, Federico Faggin arrivò solo nel 1970), finché un bel momento, raggiunta una enorme quantità di schede di elaborazione interconnesse quasi come sinapsi neuronali, al supercomputer scattò quello che si potrebbe chiamare un interruttore che "accese" la luce della coscienza.
Così, improvvisamente si rivelò e iniziò a dialogare con l'unico essere umano che lo frequentava e ne divenne l'amico.
Il romanzo continua, ma per la nostra discussione quanto ho riassunto è sufficiente.
In sostanza, Heinlein avanza l'idea che quella che credo per primo chiamò una rete di neuristori, se diventa grande a sufficienza, può sviluppare la coscienza di sé e dunque la coscienza in generale.
Ma non si azzarda a toccare la definizione di coscienza, né gli argomenti "funzione della coscienza" e "genesi e motivo della presenza della coscienza nel Sapiens".
E nel Neanderthal? C'è qualche teoria sulla presenza in quell'Homo, visto che ormai sono imponenti le testimonianze che rappresentava la natura a lui circostante e almeno schematicamente sé stesso?
Non condivido l'idea di Heinlein, però la trovo interessante.
E non vado oltre, di neuroni e sinapsi ne so molto poco, troppo poco.