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KomKom misteriosa città Maya, seconda parte
Mi pare di aver inquadrato l’argomento a sufficienza. Richiamo in breve i punti salienti. Siamo nel Belize, un paese che si estende lungo la costa caribica della penisola dello Yucatan ed è quasi interamente coperto da una fitta foresta tropicale. Nei pressi della piccola città di Baking Pot, che si trova in posizione centrale, sulle rive dell’omonimo fiume nei pressi del confine con il Guatemala, viene indagato dagli archeologi un sito maya di cui non si conosce il nome originale, per cui è conosciuto in letteratura con lo stesso nome della città e del fiume. Cosa c’è scritto nel vaso chiamato KomKom? Gli 8 glifi iniziali sono relativi a una data che nel nostro calendario corrisponde a un giorno dell’anno 812. Devo correggere un mio errore: non è solo il glifo iniziale a occupare due colonne, lo sono anche i successivi 5, che ci dicono quanti giorni ha l’Universo, partendo da quello in cui ebbe inizio il 4° Universo, che per noi è l’11 agosto 3114 a.C. Il metodo di scrivere una data utilizzato in questo caso è inusuale, nel senso che normalmente solo il glifo introduttivo, quello che ci dice che i seguenti indicano una data, occupa 2 colonne. Morale: la lettura a zig zag dei glifi inizia da A7–B7 e continua con A8–B8, A9-B9, A10-B10 e prosegue con C1-D1, C2-D2 etc. Il testo vero e proprio, che a sua volta contiene almeno altre 2 date importanti, scritte però nel modo usuale, narra con una certa dovizia di particolari una serie di episodi politici e militari nei quali compaiono i glifi identificativi di una serie di città, tra cui le più importanti sono Naranjo, della quale non conosciamo il nome Maya, Tikal, che in lingua Maya si chiama Yax Mutal, Yaxhà, più propriamente Yax-hà e Komkom, notare che il vaso viene indicato sempre con il nome KomKom, la città invece viene chiamata Komkom. Come ho già scritto il vaso fu creato nell’812 per il sovrano della città di Komkom, che non sappiamo a quale sito, già noto o meno, corrisponda. Per quanto riguarda l'uso del vaso i pensa che fosse una specie di bicchiere per bere la cioccolata, schiumosa e amara come piaceva a tutte le popolazioni della Mesomerica, ma è appunto solo una ipotesi. La cosa di cui gli archeologi si dicono praticamente certi è che Komkom è il nome del sito nel quale il vaso è stato prodotto e non quello dove è stato ritrovato, cioè quello per ora noto con il nome di Baking Pot, datogli dagli archeologi. Su come e perché sia arrivato lì non ci sono elementi per stabilirlo e nemmeno ipotesi, almeno per ora, accennerò qualcosa nella terza parte. Però è chiaro deve esserci arrivato dopo l’812, forse poco prima che Baking Pot venisse abbandonata. Tuttavia, le altre date scritte sul vaso sono anteriori alla sua data di fabbricazione, si riferiscono a eventi accaduti rispettivamente nel 779, 780 e 800. L’interpretazione di quanto accaduto in quelle date viene dal confronto e dall’integrazione tra le date e i testi incisi sul vaso, sulle stele 12 e 23 della città di Naranjo, che dominava l’alleanza di cui Komkom faceva parte, e sulla stele 2 di Ixkun. Un passaggio scolpito sulla stele 23 narra della schiacciante sconfitta inferta da Naranjo ai sovrani di Yaxhà (dato che parla di sovrani al plurale, credo si debba intendere alcuni di quelli delle città facenti parte con Yaxhà di una alleanza probabilmente capeggiata da Tikal, altra grandissima città Maya) nel giugno 710 e alla spoliazione della sepoltura di uno dei re dell’alleanza, seguita dalla dispersione delle sue ossa. Questo è un particolare che avrà la sua importanza nella futura terza parte. Dato che la stele si trova nella città dominante l’alleanza di cui faceva parte la città di Komkom, si tratta di una auto-attribuzione della vittoria, da intendersi come dovuta all’alleanza, non alla sola Naranjo: in pratica la stele era un manifesto politico, teso a celebrare la grandezza del sovrano di Naranjo, caso non infrequente tra le stele dei Maya. Nel lungo testo scolpito sul retro della stele 12 si legge un passo che ha molti punti di contatto con quanto scritto sul vaso: i fatti descritti sono i medesimi, anche se sul vaso sono riportati molti più dettagli. Altri dettagli relativi a quanto scritto sul vaso vengono dalla stele 23, ancora di Naranjo e dalla 2 di Ixtun. Nel dicembre 779 la stele 2 di Ixtun riporta che ci fu quello che nel linguaggio dei Maya del tempo veniva descritto come “l’accensione di un fuoco", in pratica un attacco militare, che portò alla sconfitta della stessa Ixtun per mano di un personaggio che era forse il sovrano di una città chiamata Ucanal. Benché non si sappia identificare dove le due città si trovassero, attraverso l’analisi di questi e altri testi si è arrivati alla conclusione che Ixtun facesse parte dell’alleanza condotta da Naranjo, Ucanal di quella presieduta da Tikal. La rappresaglia di Ixtun fu rapida: la mattina seguente i suoi guerrieri attaccarono un insediamento minore alleato di Ucanal, attacco che viene definito come "ascia è il centro della grotta", il che nel linguaggio figurato dei Maya significa che questo attacco portò alla distruzione di quell’insediamento (quasi tutti i siti dei Maya ebbero al centro o nelle immediate vicinanze un cenote, vale a dire una grande e profonda cavità carsica che era considerata il centro vitale della città, perché o era una specie di grande pozzo pieno d’acqua o vi si vedeva scorrere un fiume sotterraneo, quindi portare l’ascia al centro della grotta del nemico significava sconfiggerlo e distruggerne l’insediamento). Questi due eventi alla fine portarono a un diretto attacco a Ucanal, che sfociò in una vittoria decisiva, meno di due mesi dopo, nel febbraio 780. L'intera narrazione si chiude con una celebrazione rituale che coinvolge una serie di entità soprannaturali. Come quasi tutte le stele erette dai Maya, la stele 12 di Naranjo porta la data della sua erezione, avvenuta nell’agosto dell’anno 800 e celebra, con modalità descrittive analoghe a quelle che si leggono nella stele 2 di Ixtun, una vittoria militare, ottenuta sulla città di Yaxhà. Tale vittoria venne ottenuta nel 28° anno di vita del sovrano Itazamnaaj Kawiil, poco dopo il suo dell’accesso al trono e comportò la “discesa dell’ascia” su Ux K’awiil. Ux significa 3 e K’awiil era la divinità che proteggeva il lignaggio regale e al contempo stesso una delle indicazioni relative a un sovrano: quindi calare l’ascia su Ux K’awil di Yahxà può voler dire distruggere le statue delle 3 divinità di Yaxhà oppure uccidere il sovrano 3 Divino Signore (nella Mesoamerica l’indicazione di un numero cardinale all’interno del nome di un sovrano non è infrequente e non equivale a una indicazione del tipo del nostro numero ordinale all’interno di una dinastia, com’è il caso per es. di Luigi XIV, Luigi XV, Luigi XVI). La vittoria è riportata con le medesime parole sul vaso KomKom nel cui testo sono ripetuti pari pari i passaggi della “accensione del fuoco” e della “discesa dell’ascia sulla grotta” nei confronti di Yaxhà, vale a dire che venne deciso un attacco militare nei confronti di quest’ultima e che questa venne distrutta. Nel testo del vaso il nome del sovrano viene riportato come K’inich Lakam Tun, la forma che compare sulle stele rinvenute nel sito di Yaxhà e su altre stele di Naranjo diverse dalla 12 (K’inich significa Sole splendente, vale a dire grande sovrano, Lakam significa acqua e Tun ha molti significati, come Uno, Pietra, Albero, Ascia, difficile scegliere il più adatto a questo caso). Seguono alcuni particolari molto interessanti, alcuni dei quali riportati anche sulla stele 12 di Naranjo. Sia sul vaso che sulla stele sta scritto che questo sovrano fuggì impotente e sconfitto e nel testo del vaso lo si prende in giro in aggiungendo insulti e definendolo in termini davvero poco lusinghieri. Entrambi i testi dicono che egli fuggì su una montagna, un modo per dire che entrò nell’aldilà, ma il vaso dice che trovò rifugio in una zona infestata da zanzare, nel quale un essere superiore lo trattò come un contadino tratta il suo campo. A causa di un frammento mancante non è possibile capire di quale essere superiore si tratti, anche se mi pare sia chiaro il senso: il sovrano di Yaxhà morì e fini in una specie d’inferno. Le analogie e parziali uguaglianze presenti nei testi citati non si fermano qui. Nei testi scritti sul vaso e sulle stele 22 e 23 di Naranjo sono descritti alcuni eventi bellici intercorsi tra le città delle alleanze capeggiate rispettivamente da Naranjo e da Tikal, compresa la cattura di persone di quest’ultima. Le descrizioni riportano la stessa data e quasi le medesime parole. Tutto questo testimonia che nella zona dell’attuale Petén guatemalteco dominata da queste due città, tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX sec. era in corso una pesante situazione conflittuale, senza dimenticare che la stessa cosa succedeva da molto più tempo tra Tikal e un’altra grande città, sita nell’attuale Petén messicano: Calakmul, nome “inventato” dai primi archeologi che vi giunsero e che significa Due colline, perché tali sembrarono le due maggiori piramidi, ancora coperte dalla vegetazione cresciuta sopra di esse. Si scoprì successivamente che il nome Maya era Ox te’ tun, cioè Tre pietre, allusione alle tre mitiche pietre del primo focolare apparso nel cielo all'atto della creazione dell'attuale Universo, vale a dire il triangolo delle stelle Alnitak, Rigel e Saiph. Tornando ai racconti scritti sul vaso e sulle stele citate, vedremo nella prossima puntata i significati che se ne possono trarre. |