Ostraka - Forum di archeologia

Posts written by Usékar

view post Posted: 8/3/2024, 17:02 KomKom misteriosa città Maya - America Centrale
KomKom misteriosa città Maya, seconda parte

Mi pare di aver inquadrato l’argomento a sufficienza.

Richiamo in breve i punti salienti.
Siamo nel Belize, un paese che si estende lungo la costa caribica della penisola dello Yucatan ed è quasi interamente coperto da una fitta foresta tropicale.
Nei pressi della piccola città di Baking Pot, che si trova in posizione centrale, sulle rive dell’omonimo fiume nei pressi del confine con il Guatemala, viene indagato dagli archeologi un sito maya di cui non si conosce il nome originale, per cui è conosciuto in letteratura con lo stesso nome della città e del fiume.

Cosa c’è scritto nel vaso chiamato KomKom?

Gli 8 glifi iniziali sono relativi a una data che nel nostro calendario corrisponde a un giorno dell’anno 812.
Devo correggere un mio errore: non è solo il glifo iniziale a occupare due colonne, lo sono anche i successivi 5, che ci dicono quanti giorni ha l’Universo, partendo da quello in cui ebbe inizio il 4° Universo, che per noi è l’11 agosto 3114 a.C.
Il metodo di scrivere una data utilizzato in questo caso è inusuale, nel senso che normalmente solo il glifo introduttivo, quello che ci dice che i seguenti indicano una data, occupa 2 colonne.
Morale: la lettura a zig zag dei glifi inizia da A7–B7 e continua con A8–B8, A9-B9, A10-B10 e prosegue con C1-D1, C2-D2 etc.

Il testo vero e proprio, che a sua volta contiene almeno altre 2 date importanti, scritte però nel modo usuale, narra con una certa dovizia di particolari una serie di episodi politici e militari nei quali compaiono i glifi identificativi di una serie di città, tra cui le più importanti sono Naranjo, della quale non conosciamo il nome Maya, Tikal, che in lingua Maya si chiama Yax Mutal, Yaxhà, più propriamente Yax-hà e Komkom, notare che il vaso viene indicato sempre con il nome KomKom, la città invece viene chiamata Komkom.

Come ho già scritto il vaso fu creato nell’812 per il sovrano della città di Komkom, che non sappiamo a quale sito, già noto o meno, corrisponda.
Per quanto riguarda l'uso del vaso i pensa che fosse una specie di bicchiere per bere la cioccolata, schiumosa e amara come piaceva a tutte le popolazioni della Mesomerica, ma è appunto solo una ipotesi.

La cosa di cui gli archeologi si dicono praticamente certi è che Komkom è il nome del sito nel quale il vaso è stato prodotto e non quello dove è stato ritrovato, cioè quello per ora noto con il nome di Baking Pot, datogli dagli archeologi.
Su come e perché sia arrivato lì non ci sono elementi per stabilirlo e nemmeno ipotesi, almeno per ora, accennerò qualcosa nella terza parte.
Però è chiaro deve esserci arrivato dopo l’812, forse poco prima che Baking Pot venisse abbandonata. Tuttavia, le altre date scritte sul vaso sono anteriori alla sua data di fabbricazione, si riferiscono a eventi accaduti rispettivamente nel 779, 780 e 800.

L’interpretazione di quanto accaduto in quelle date viene dal confronto e dall’integrazione tra le date e i testi incisi sul vaso, sulle stele 12 e 23 della città di Naranjo, che dominava l’alleanza di cui Komkom faceva parte, e sulla stele 2 di Ixkun.

Un passaggio scolpito sulla stele 23 narra della schiacciante sconfitta inferta da Naranjo ai sovrani di Yaxhà (dato che parla di sovrani al plurale, credo si debba intendere alcuni di quelli delle città facenti parte con Yaxhà di una alleanza probabilmente capeggiata da Tikal, altra grandissima città Maya) nel giugno 710 e alla spoliazione della sepoltura di uno dei re dell’alleanza, seguita dalla dispersione delle sue ossa.
Questo è un particolare che avrà la sua importanza nella futura terza parte.

Dato che la stele si trova nella città dominante l’alleanza di cui faceva parte la città di Komkom, si tratta di una auto-attribuzione della vittoria, da intendersi come dovuta all’alleanza, non alla sola Naranjo: in pratica la stele era un manifesto politico, teso a celebrare la grandezza del sovrano di Naranjo, caso non infrequente tra le stele dei Maya.

Nel lungo testo scolpito sul retro della stele 12 si legge un passo che ha molti punti di contatto con quanto scritto sul vaso: i fatti descritti sono i medesimi, anche se sul vaso sono riportati molti più dettagli. Altri dettagli relativi a quanto scritto sul vaso vengono dalla stele 23, ancora di Naranjo e dalla 2 di Ixtun.

Nel dicembre 779 la stele 2 di Ixtun riporta che ci fu quello che nel linguaggio dei Maya del tempo veniva descritto come “l’accensione di un fuoco", in pratica un attacco militare, che portò alla sconfitta della stessa Ixtun per mano di un personaggio che era forse il sovrano di una città chiamata Ucanal.
Benché non si sappia identificare dove le due città si trovassero, attraverso l’analisi di questi e altri testi si è arrivati alla conclusione che Ixtun facesse parte dell’alleanza condotta da Naranjo, Ucanal di quella presieduta da Tikal.
La rappresaglia di Ixtun fu rapida: la mattina seguente i suoi guerrieri attaccarono un insediamento minore alleato di Ucanal, attacco che viene definito come "ascia è il centro della grotta", il che nel linguaggio figurato dei Maya significa che questo attacco portò alla distruzione di quell’insediamento (quasi tutti i siti dei Maya ebbero al centro o nelle immediate vicinanze un cenote, vale a dire una grande e profonda cavità carsica che era considerata il centro vitale della città, perché o era una specie di grande pozzo pieno d’acqua o vi si vedeva scorrere un fiume sotterraneo, quindi portare l’ascia al centro della grotta del nemico significava sconfiggerlo e distruggerne l’insediamento).
Questi due eventi alla fine portarono a un diretto attacco a Ucanal, che sfociò in una vittoria decisiva, meno di due mesi dopo, nel febbraio 780.
L'intera narrazione si chiude con una celebrazione rituale che coinvolge una serie di entità soprannaturali.

Come quasi tutte le stele erette dai Maya, la stele 12 di Naranjo porta la data della sua erezione, avvenuta nell’agosto dell’anno 800 e celebra, con modalità descrittive analoghe a quelle che si leggono nella stele 2 di Ixtun, una vittoria militare, ottenuta sulla città di Yaxhà.
Tale vittoria venne ottenuta nel 28° anno di vita del sovrano Itazamnaaj Kawiil, poco dopo il suo dell’accesso al trono e comportò la “discesa dell’ascia” su Ux K’awiil.
Ux significa 3 e K’awiil era la divinità che proteggeva il lignaggio regale e al contempo stesso una delle indicazioni relative a un sovrano: quindi calare l’ascia su Ux K’awil di Yahxà può voler dire distruggere le statue delle 3 divinità di Yaxhà oppure uccidere il sovrano 3 Divino Signore (nella Mesoamerica l’indicazione di un numero cardinale all’interno del nome di un sovrano non è infrequente e non equivale a una indicazione del tipo del nostro numero ordinale all’interno di una dinastia, com’è il caso per es. di Luigi XIV, Luigi XV, Luigi XVI).

La vittoria è riportata con le medesime parole sul vaso KomKom nel cui testo sono ripetuti pari pari i passaggi della “accensione del fuoco” e della “discesa dell’ascia sulla grotta” nei confronti di Yaxhà, vale a dire che venne deciso un attacco militare nei confronti di quest’ultima e che questa venne distrutta.
Nel testo del vaso il nome del sovrano viene riportato come K’inich Lakam Tun, la forma che compare sulle stele rinvenute nel sito di Yaxhà e su altre stele di Naranjo diverse dalla 12 (K’inich significa Sole splendente, vale a dire grande sovrano, Lakam significa acqua e Tun ha molti significati, come Uno, Pietra, Albero, Ascia, difficile scegliere il più adatto a questo caso).
Seguono alcuni particolari molto interessanti, alcuni dei quali riportati anche sulla stele 12 di Naranjo.

Sia sul vaso che sulla stele sta scritto che questo sovrano fuggì impotente e sconfitto e nel testo del vaso lo si prende in giro in aggiungendo insulti e definendolo in termini davvero poco lusinghieri.
Entrambi i testi dicono che egli fuggì su una montagna, un modo per dire che entrò nell’aldilà, ma il vaso dice che trovò rifugio in una zona infestata da zanzare, nel quale un essere superiore lo trattò come un contadino tratta il suo campo.
A causa di un frammento mancante non è possibile capire di quale essere superiore si tratti, anche se mi pare sia chiaro il senso: il sovrano di Yaxhà morì e fini in una specie d’inferno.

Le analogie e parziali uguaglianze presenti nei testi citati non si fermano qui.
Nei testi scritti sul vaso e sulle stele 22 e 23 di Naranjo sono descritti alcuni eventi bellici intercorsi tra le città delle alleanze capeggiate rispettivamente da Naranjo e da Tikal, compresa la cattura di persone di quest’ultima.
Le descrizioni riportano la stessa data e quasi le medesime parole.

Tutto questo testimonia che nella zona dell’attuale Petén guatemalteco dominata da queste due città, tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX sec. era in corso una pesante situazione conflittuale, senza dimenticare che la stessa cosa succedeva da molto più tempo tra Tikal e un’altra grande città, sita nell’attuale Petén messicano: Calakmul, nome “inventato” dai primi archeologi che vi giunsero e che significa Due colline, perché tali sembrarono le due maggiori piramidi, ancora coperte dalla vegetazione cresciuta sopra di esse.
Si scoprì successivamente che il nome Maya era Ox te’ tun, cioè Tre pietre, allusione alle tre mitiche pietre del primo focolare apparso nel cielo all'atto della creazione dell'attuale Universo, vale a dire il triangolo delle stelle Alnitak, Rigel e Saiph.

Tornando ai racconti scritti sul vaso e sulle stele citate, vedremo nella prossima puntata i significati che se ne possono trarre.
view post Posted: 5/3/2024, 14:52 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
Ho scritto in precedenza che recentemente sono emerse importanti novità in merito al perché e percome dell'abbandono delle città Maya del Petén e che avrei aperto una nuova discussione sull'argomento.

Tutto si basa su quanto è venuto alla luce nel sito del Belize chiamato Baking Pot e in particolare sul testo magnificamente dipinto su un vaso ridotto in frammenti, 82 dei quali sono stati rinvenuti.

Se vi interessa, l'ho appena iniziata qui

https://ostraka.forumfree.it/?t=80143925
view post Posted: 5/3/2024, 14:47 KomKom misteriosa città Maya - America Centrale
KomKom misteriosa città Maya, prima parte

Il sito archeologico Maya di Baking Pot, lett. pentola da forno, ha questo nome perché i primi esploratori che arrivarono nei suoi pressi trovarono molti vasi di terracotta utilizzati dai chicleros, i cercatori della gomma naturale ricavata dal lattice raccolto incidendo la corteccia di piante delle famiglie Moracee e Sapodacee, in particolare Castilla elastica e Manikara o Achras zapota.

I chicleros addensavano il lattice raccolto facendolo sobbollire in grandi pentole di terracotta: da questo pare sia derivato il nome dato alla località del Belize in cui si trova questo sito archeologico, del quale per ora non conosciamo l’originale nome Maya, cosa che lo accomuna a non pochi altri siti scoperti nello stesso Belize, in Guatemala e nel Messico meridionale.

Tra gli abitati Maya della zona del Petén noti sino ad oggi Baking Pot è uno dei più antichi, dato che fu abitato fin dal Periodo Preclassico e fu uno di quelli abbandonati più tardi: i reperti ritrovati dagli archeologi testimoniano che quelli più antichi risalgono perlomeno al 700 a. C. e che l’abitato venne abbandonato solo dopo il 900 d. C., quindi alla fine del Periodo Classico Terminale.

Si tratta di un sito molto piccolo: ai suoi inizi si stima che fosse abitato da non più di 100 persone che divennero 2500 circa nel Periodo Classico, attorno al 400 d. C., per rimanere stabile fino all’abbandono.
Non ostante le sue piccole dimensioni è però diventato famoso in tutta la comunità dei mayanisti per una importantissima scoperta avvenuta durante l stagione di scavi del 2016.

Un po’ di storia.

Iniziamo dalle mappe che individuano posizione e struttura del sito, situato nel distretto di Cayo, in Belize, vedi fig. 1 qui, clickare sopra per ingrandire

https://www.cambridge.org/core/journals/ra...BA097FC96776290

Questo sito faceva parte con tutta probabilità di una alleanza di città-stato comandata dalla grande Naranjo, potente città del Petén guatemalteco le cui date di fondazione e abbandono, circa 500 a. C. – 950 d. C., sono molto vicine a quelle della sua sottoposta.
Anche di Naranjo non si conosce il nome Maya.

Nel corso degli scavi archeologici del 2016 vennero alla luce due stanze sui cui pavimenti giacevano una serie di reperti, scaricati in due fasi e frammentati, vedi fig. 3 sempre in

https://www.cambridge.org/core/journals/ra...BA097FC96776290

Allo stato attuale degli studi non sono certe le date di deposizione di questi due strati ed è molto difficile stabilire il motivo per il quale i reperti ceramici sono stati ridotti in frammenti.
I motivi possono essere stati due: lo scarico dei materiali è avvenuto dall’alto della piazzola che sovrasta il muro della stanza, senza osservare alcuna precauzione per conservarli, oppure i materiali sono stati ridotti in frammenti volutamente, prima o nel corso dello scarico.
Quest’ultima ipotesi sembra la più verosimile: molte popolazioni del passato erano solite “uccidere” ritualmente gli oggetti posseduti e utilizzati da importanti e potenti persone decedute, al fine di ridurre all’impotenza quanto dello spirito e dei poteri del morto si era stabilito in essi, perché se una persona malvagia si fosse impossessata di questi oggetti ancora integri, avrebbe potuto impossessarsi dei poteri del defunto e utilizzarli per danneggiare altri singoli individui o addirittura l’intera comunità.

I reperti consistevano principalmente in:
- vasi e piatti di ceramica ridotti in pezzi;
- due piccoli calamai;
- frammenti di ocarina e flauto;
- strumenti e scaglie di selce;
- lame di ossidiana;
- pezzi di metates cioè pietre da macina di granito;
- una mazza frammentaria di ardesia;
- un piccolo pendente di giadeite sul quale era scolpita la divinità delle stirpi reali, chiamata K’awiil;
- resti faunistici tra cui ossa di animali e conchiglie lavorate, come un pendente di conchiglia caraibica, ornamenti di madreperla di cozze d'acqua dolce () e tre gusci di conchiglia del genere Olivella, per gli ultimi 3 punti vedi

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?...dlKVrAEYaDHg&s;

https://olivirv.myspecies.info/sites/olivi...ting%202017.pdf

https://mussel-project.uwsp.edu/fmuotwaolc...lidsp_2762.html

Ma i frammenti più belli e importanti sono gli 82 che costituiscono circa il 60% del vaso battezzato KomKom, da alcuni indicato anche col nome di Kom Kom, vedi oltre.
Ecco la foto di come sono stati ricomposti quei frammenti del vaso, alto circa 9 pollici, cioè circa 22,5 cm

https://pbs.twimg.com/media/EcmyKovVcAYhqE...&name=4096x4096

Come si può vedere il vaso è interamente ricoperto da un testo scritto nei caratteri glifici tipici della grafia Maya chiamata “stile codice”, vedi questa riproduzione delle pag. 8 e 9 del Codice di Dresda, uno dei soli 4 codici Maya sopravvissuti in forma leggibile

https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_di_Dr..._de_Dresden.jpg

Si è calcolato che in origine il vaso KomKom avesse 202 glifi: si tratta del più lungo testo glifico Maya dipinto su un oggetto di ceramica.
Le lacune che si vedono nella prima foto ne hanno fatto perdere circa il 40% ma gli scavi continuano e si spera di rintracciarne qualche altro frammento.
Anche in presenza di quelle lacune il testo ha parti assolutamente comprensibili e traducibili, che ci hanno dato la conferma di alcune situazioni ipotizzate ma delle quali non si aveva ancora una chiara prova archeologica.

Anzitutto il testo è scritto con modalità tipicamente utilizzate nel sito di Naranjo, il che è già un fatto indicativo e vi si leggono date, eventi e nomi di città e di sovrani.
In particolare viene nominata una città il cui nome è stato decifrato come KomKom o Kom Kom, perché i 2 glifi che lo compongono si leggono Kom(a) Kom(a), ma le due “a” finali si devono elidere per una particolare abitudine dei Maya: quasi sempre chiudevano ogni parola con una vocale, che non si doveva pronunciare e le parole di cui era composto un nome dovevano essere omofone, anche se non uguali, come invece in questo caso.

KomKom per ora rimane una città misteriosa, una delle non poche il cui nome è menzionato nei testi Maya, scolpiti sulle loro stele o sui pannelli rinvenuti all’interno di templi e altri edifici, ma che fino ad oggi non si è riusciti ad associare a un sito preciso già in corso di indagine archeologica oppure la cui posizione è stata comunque identificata.
Tuttavia, a giudicare da quanto scritto nel testo di questo vaso, all’interno dell’alleanza capeggiata da Naranjo anch’essa ebbe un ruolo politico e militare di un certo peso.
Vedremo tutto questo nella prossima 2a parte.

Il testo inizia dalle colonne A e B, all’estrema sx della foto, che si devono leggere a zig zag, cioè A1–B1, A2–B2, A3–B3 etc.
In realtà, A1-B1 è un glifo unico, il Glifo Introduttivo di una data scritta con il sistema del cosiddetto Computo Lungo, il cui conteggio termina con i glifi A6 – B6: la data corrisponde a un giorno del nostro anno 812, cosa che è già indicativa del fatto che quel vaso è stato realizzato nel IX sec.
Ad un certo punto del testo viene specificato chi era il proprietario, che pare essere stato un giovane del quale vengono indicati i nomi di padre e madre, ma manca il tassello con il suo nome.
Questo giovane viene definito Ajau, cioè sovrano, al pari del padre, il che fa supporre che si sia trattato dell’ancor giovane figlio del sovrano precedente, a questi succeduto e già intronizzato.
Contrariamente al solito non vi è indicazione riguardo all’uso del vaso, cosa che non ci permette di sapere se avesse un uso rituale o “civile”: è possibile che questa indicazione si trovasse in una delle mancanze.

Bene, per ora mi fermo qui, il resto alla prossima puntata.
view post Posted: 2/3/2024, 13:53 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
CITAZIONE (dceg @ 2/3/2024, 12:10) 
Data la nostra impostazione centratata sull‘Europa e non priva dei residui del colonialismo tendiamo a ignorare quanto diversificata e complessa sia la storia delle popolazioni native americane e anche gli Statunitensi non hanno un grande interesse a ridimensionare la loro storia, dando la giusta considerazione ai popoli da loro sterminati.

Sull'impegno degli statunitensi devo dire che, se non fosse stato e non fosse tutt'ora per il lavoro delle loro università, dei Maya sapremmo poco o niente, in pratica saremmo fermi ai diari di viaggio e ai disegni dei grandi viaggiatori europei del XVIII e XIX sec.
Lo stesso vale almeno in parte per gli Olmechi e per le culture sviluppatesi in Costa Rica.
Inoltre è grazie alle loro borse di studio che si è sviluppata una classe di archeologi latino americani di grande qualità.
Il problema è che almeno fino agli anni '50 del secolo scorso i loro archeologi si sono comportati troppo spesso come dei predoni: le collezioni dei loro musei e dei loro ricconi sono piene zeppe di importantissimi reperti archeologici provenienti dalle zone un cui loro hanno condotto ricerche: vasi bellissimi, giade di incredibile bellezza e oggetti di oreficeria, il tutto in quantità esorbitante.
E questi reperti sono per la stragrande maggioranza totalmente decontestualizzati

Concordo invece riguardo alla conoscenza del passato dei nativi americani al nord del Messico e al sud del Guatemala: tanto per dire, sono gli archeologi italiani e tedeschi, questi ultimi un po' meno, che in campo archeologico e in quello antropologico hanno intrapreso importantissimi lavori nel Perù e qualcosa hanno fatto in Costa Rica.

La storia della scoperta di Machu Picchu da parte del ladrone nord americano è una panzana di dimensioni colossali mentre, per citarne uno, se non fosse per l'ormai quasi cinquantennale lavoro di scavo, documentazione e reperimento di fondi portato avanti da Giuseppe orefici e tutt'ora in corso, di Nazca e Paracas conosceremmo solo le immagini scattate da bordo di un piccolo aeroplano dalla tedesca Maria Reiche, scomparsa nel 1988.
En passant, Recihe fu ottima matematica.
view post Posted: 2/3/2024, 11:25 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
A questo punto termina il ciclo di “racconti” che ho annunciato sin dall’inizio, riguardanti le 3 grandi migrazioni avvenute nella Mesoamerica prima dell’arrivo nell’attuale Messico centrale delle genti di una grande nazione, proveniente da una zona situata pare molto più a nord.
Ho scritto che di questa e della successiva non mi sarei occupato, ma mi viene voglia di accennare anche a queste.

La tempistica della quarta migrazione è abbastanza controversa: forse iniziò attorno all’800 d.C., sicuramente terminò appena 3 secoli prima dell’arrivo degli Spagnoli.
A sua volta fu probabilmente causa della quinta grande migrazione, partita da una zona non del tutto individuata del Messico e terminata nella parte più meridionale della Mesoamerica, vale a dire l’attuale Nicaragua.


La prima di queste due grandi migrazioni fu quella delle genti Chichimeca (in spagnolo il “ch” davanti a vocale si pronuncia come il nostro “ci”, quindi in questo caso nella nostra lingua il nome è Cicimeca).
Il luogo di origine di queste genti non è noto con precisione, il loro mito narra della partenza da un luogo detto Chicomoztoc, le 7 caverne: forse si trova nell’odierno Utah, ma la cosa è molto controversa.
Sia come sia, arrivarono fino nell’Anháuac cioè la valle centrale dell’attuale Messico, laddove sorge l’attuale capitale di quella repubblica.

Secondo il mito questa migrazione si svolse in 7 episodi successivi, corrispondenti ciascuno a una diversa caverna e a una grande tribù: il Chicomoztoc, il luogo delle 7 caverne, è quindi una immagine mitica, creata per definire 7 migrazioni di nazioni diverse, imparentate tra loro e parlanti la medesima lingua, il nahuátl.
La rappresentazione grafica di queto luogo mitico, con l’elenco delle genti che ci vivevano si può vedere in questa tavola, dipinta nella Historia Tolteca-Chichimeca, un codice risalente al XVI sec., scritto in lingua nahuátl e attualmente conservato nella Bibliothèque Nationale di Parigi.


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Tratto da Cecilia Rossell, “Historia Tolteca-Chichimeca”, Edición Especial Arqueología Mexicana 54, pagina 16r del codice Historia Tolteca-Chichimeca pubblicata in rete, su facebook

Secondo gli archeologi le 7 migrazioni iniziarono nel IX sec. con quelli che a noi sono noti come Toltechi e terminarono nel XIII con i Mexica, quelli che noi chiamiamo Aztechi e che erano guidati dal clan chiamato Tenocha.
Essi fondarono la loro prima e piccola città nel 1248, sulla collina di Chapultépec, per poi fondare, nel 1325, quella che divenne la grande Tenochtitlan, oggi ricoperta dal centro di Città del Messico.

Mi sembra interessante precisare due cose:
- Aztec è una denominazione coniata all’inizio del XIX sec. dal geografo tedesco Alexander von Humboldt per distinguere queste popolazioni precolombiane dall'insieme dei messicani “moderni”;
- Itzcóatl, quarto Tlatoani dei Mexica, cioè Serpente di Ossidiana quarto ”grande oratore” degli Aztechi dal 1427 al 1440, fu autore di una riforma religiosa a causa della quale i depositi degli amoxtli, i libri o codici, principalmente del tipo xiuhámatl, lett. “ámatl/carta degli xiúh/sacerdoti”, cioè quelli che registravano fatti storici del passato, per cui essi persero la nozione della loro storia precedente l’arrivo nell’ Anháuac, quindi non conoscevano il Tecomoztoc: Itzcóatl e i suoi sacerdoti inventarono una nuova mitologia delle origini e li convinsero che la loro terra natale si chiamasse Aztlan, che forse significa “il luogo bianco” o “il luogo dell’airone” e da Aztlan von Humboldt derivò Aztechi.


La successiva migrazione fu dovuta alla spinta della invasione Chichimeca.
Essa causò la migrazione dei Pipil, che da una zona del Messico non identificata con precisione si trasferirono verso sud, seguendo la linea di costa dell’Oceano Pacifico: la loro tribù principale fu quella dei Nicarao, che si stanziò in quel paese che da loro ha preso il nome di Nicaragua.

Benché di questa migrazione si abbiano pochissime notizie, essa ha lasciato testimonianze lungo tutta la costa del Pacifico, a partire dall’Istmo di Tehuatépec.
Tali testimonianze non consistono in resti di edifici, di città o di altre opere architettoniche, bensì in tracce linguistiche e iconografiche, queste ultime presenti nelle figure dipinte sui reperti ceramici e nelle grandi statue in andesite, una pietra vulcanica comune in tutta la Mesoamerica.

Interessante è il fatto che nel corso di questa migrazione i Pipil, quasi sempre indicati con il nome di Nicarao – Pipil, presero contatto con quanto rimaneva della precedente parziale colonizzazione degli Olmeca e si appropriarono di alcuni tratti iconografici tipici di quella cultura.
view post Posted: 1/3/2024, 08:08 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
Il terzo importante evento migratorio, che sconvolse praticamente tutta la Mesoamerica, fu appunto l’abbandono del Petén da parte delle genti Maya, che ho ampiamente illustrato nella “discussione” di cui ritrascrivo l’indirizzo

https://ostraka.forumfree.it/?t=60354372

ma riguardo al quale sono recentemente emerse importanti novità, vedi nota in fondo.

Gli abitanti “comuni” dell’intero Petén lasciarono i loro abitati dopo aver abbandonato e in alcuni casi ucciso tutti i membri delle loro élites.
Questo causò la totale perdita della conoscenza di tutta una serie di attività artigianali e ancor di più interruppe le vie di scambio commerciale, in particolare le due della giada: quella controllata dalla città di Cancuén, che portava in quella città il materiale grezzo proveniente dalla Sierra de las Minas e quella che portava lo stesso materiale, già parzialmente lavorato, dalle città Maya del Petén fino alla regione del Guanacaste, nel nord ovest dell’attuale Costa Rica.

Per un po’ di tempo si assistette a una inversione di quest’ultima via di commercializzazione: rari oggetti in giada lavorati in Costa Rica percorsero l’itinerario in senso opposto, viaggiando probabilmente assieme ad altrettanto rari oggetti costaricensi realizzati con un “nuovo” pregiato materiale.

Nell VI sec. a. C. in Costa Rica si iniziò a lavorare la giada, la cui cultura totemica fu importata in Guanacaste, la zona a nord ovest di quel paese, probabilmente da membri autorevoli della società olmeca ivi trasferitisi.
Come e perché olmechi di alto rango si siano trasferiti in Guanacaste e se davvero questo sia accaduto non è certo: si tratta di argomenti molto dibattuti tra archeologi e antropologi culturali che studiano le culture e le popolazioni precolombiane della Mesoamerica.
Tuttavia è un dato accertato e accettato che nelle figurazioni dipinte sugli oggetti di ceramica prodotti a partire dal VI sec. a. C. dalle genti stanziate lungo la costa del Pacifico, dall’Istmo di Tehuantépec al Guanacaste, si leggono motivi chiaramente olmecoidi, v. per es. Envisioning Greater Nicoya: Ceramic Figural Art of Costa Rica and Nicaragua, c. 800 BCE-1522 CE scaricabile qui

www.academia.edu/4424561/Wingfield_Dissertation_FINAL

Inoltre alcuni centri sorti lungo tale costa presentano sculture di tipo olmeca, scolpite su grandi massi, vedi per es. il sito di Tazumal, nell’attuale El Salvador, qui i disegni di due bassorilievi con figure di sacerdoti Olmechi, i due grandi massi su cui sono stati scolpiti attualmente si trovano nel museo della vicina Chalchuapa

www.latinamericanstudies.org/olmec/chalchuapa-sketch.jpg

www.latinamericanstudies.org/olmec/chalchuapa-sketch-2.jpg

Non solo: oggetti in giada prodotti in area Maya e del Costa Rica nord occidentale mostrano chiare influenze da parte dell’arte Olmeca: ecco alcuni esempi relativi alla testa a becco d’anatra:
ambito Olmeco

https://www.doaks.org/resources/olmec-art/...-billed-pendant

ambito Maya

https://p1.liveauctioneers.com/8255/267632...74976&width=300

Ancor più chiara è l’influenza dell’arte definita Epi – Olmeca sulla iconografia espressa a partire dal V sec. a. C. dagli abitanti del Guanacaste
Arte Epi – Olmeca la statuetta di Tuxtla

https://ids.si.edu/ids/deliveryService?max...f88df6492107232

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...atuette.svg.png

Guanacaste, Costa Rica
Non ho trovato immagini pubblicabili delle giade provenienti dal sito di Ra Regla, due si possono vedere a pag. 16, in alto a dx nella fig. 7, di questa pubblicazione in rete, clickare su PDF

https://revistas.ucr.ac.cr/index.php/antro...icle/view/55168


Dopo il crollo dei Maya del Petén, in Guanacaste si continuò a lavorare fino a circa il IX sec. d. C. la poca giadeite disponibile, ma via via sempre più spesso veniva sostituita da pietre più tenere, sia pur sempre dello stesso colore verde acqua, perché l’importazione della giadeite divenne sempre più difficile e quella di buona qualità era sempre più rara.
Ma tra l’VIII e il IX sec. d. C. le cose cambiarono: genti colombiane di cultura Chibcha arrivarono in Costa Rica attraverso l’Istmo di Panama e introdussero la cultura dell’oro!
E questo cambiò tutto: la pietra verde venne del tutto abbandonata, sostituita dalla cultura legata a questo metallo prezioso, talmente prezioso che veniva unito in lega con notevoli quantità di rame, argento e arsenico.

In quel periodo e fino a tutto il XV sec. rari oggetti in giada e in oro di produzione costaricense arrivarono nello Yucatán attraverso i commerci: se ne sono trovati per es. nel Cenote de Sacrificios di Chichén Itzá.

Solo quando gli Aztechi, nel XV sec., divennero i “padroni” di tutto il Messico centrale vennero rese operative e sicure rotte commerciali che dalla valle dell’Anáhuac, dove si trovava la loro capitale Tenochtitlan, portavano fino in Costa Rica, tanto che una stazione commerciale azteca venne stabilita e mantenuta, per qualche tempo fin dopo la conquista spagnola, addirittura sulle rive del Rio Sixaola, che si trova in prossimità del confine tra gli attuali Costa Rica e Panamá.
Gli Aztechi stabilirono e mantennero quella stazione, dotata di un corpo militare che dava loro la padronanza su una zona che molto distava dai territori che dominavano, per controllare lo sfruttamento delle sabbie aurifere presenti lungo le sponde di quel fiume.

Nota. A proposito dell’abbandono del Petén molto recentemente sono emerse prove definitive di perché e come accadde, ne tratterò aprendo un’altra discussione, appena avrò digerito le pubblicazioni apparse in rete poco tempo fa.
view post Posted: 29/2/2024, 14:42 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
Ho visitato un paio di volte la chiesa di San Juan Chamula e ho assistito ad alcuni dei riti che vi si svolgono, celebrati dai Maya.
Per prima cosa giova ricordare che il paese si trova nella regione degli Altos de Chiapas, a 2300 mt di altezza ed è circondato da foreste di conifere.
Gli alberi hanno coppie di foglie, quelle che chiamiamo aghi, lunghe più di 20 cm e i Maya li considera(va)no simbolo di immortalità, di rinascita, perché sempre verdi e in continua ricrescita, mano a mano che cadono al suolo: è lo stesso concetto legato dalla loro cultura e da molte altre a serpenti e crostacei, che cambiano rispettivamente pelle e carapace quando il loro corpo cresce e i "contenitori" diventano troppo stretti.

Ecco una foto della facciata della chiesa

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...uan_Chamula.jpg

Tornando alla chiesa e agli aghi di abete, ogni mattina poco prima dell'alba gli uomini di San Juan e dei villaggi vicini, a turno, si recano nei boschi e raccolgono un gran numero di sacchi di aghi verdi e li portano nella chiesa.
A fine messa, spostano i banchi e gli altari lignei mobili con le immagini dei santi e liberano tutto il pavimento, lasciando le immagini sacre in evidenza ma allineate lungo le pareti.
L'unico altare che viene ovviamene lasciato al suo posto è quello che noi chiamiamo Maggiore, che è in pietra e contornato dal grande retablo, la pala d'altare che copre l'intera parete di fondo di tutte le chiese cattoliche dell'America latina.
Ecco una mia foto del retablo della chiesa del convento francescano di Valladolid, città del Chiapas, non ho foto di quello di San Juan, altrettanto imponente e con colori sui toni del verde, il perché si capirà alla fine di questo racconto

DSCF0976


Una volta sgombrato i pavimento, lo ricoprono con gli aghi di abete, non a caso la specie si chiama Abies religiosa, lasciando a fianco del portone d'ingresso un gran numero di sacchi ancora pieni di aghi, perché l'intero pavimento viene spazzato più o meno ogni ora e ricoperto con un nuovo strato.

Inginocchiate sopra gli aghi ci sono intere famiglie di Maya, con in testa il loro shamano, che hanno liberato un piccolo spazio davanti a questi e vi hanno messo in piedi un certo numero di candele profumate e accese, poste a formare un triangolo, formazione che gli stessi membri del gruppo assumono.
Dato che stanno impetrando una grazia, le candele hanno colore e numero differente a seconda della richiesta che stanno inviando attraverso giaculatorie per noi ovviamente incomprensibili, dato che si esprimono in uno dei 22 dialetti delle 2 lingue Maya attuali.

Terminate le giaculatorie compare apparentemente dal nulla un galletto, al quale viene recisa la gola: lo shamano si riempie la bocca di guaro, l'acquavite locale, e la spruzza sul corpo del galletto, formando una nuvola che per un attimo viene incendiata dalla fiamma delle candele.
Subito dopo ripete l'operazione con un sorso di coca cola, che ovviamente non si incendia: mentre mi è stato spiegato che la funzione dello spruzzo di guaro e la fiammata sono evocative, quella dell'altro liquido mi è ignota.
Riprendono per un po' le giaculatorie, dopodiché il gruppo si alza e lentamente esce dalla chiesa.

Normalmente inginocchiate sul pavimento ho visto almeno 5 gruppi, perlomeno così è accaduto le due volte che sono entrato in quell'ambiente.

L'atmosfera ha veramente del magico, anche perché si è circondati dagli intensi profumi e dal fumo spigionati dalle candele e dalle vocalizzazioni sommessamente espresse attraverso le giaculatorie.

Preciso inoltre che quando sono entrato in quella chiesa, anni fa, era vietatissimo scattare foto e/o girare filmati:era presente una sorveglianza, discreta ma attenta e se un turista ci provava, rischiava una brutta avventura, del tipo una gragnuola di legnate prima di essere cacciato fuori, non certo con garbo.
Oggi non è più così, o meglio è stato dato il permesso ad alcune troupe professioniste di girare filmati illustrativi, eccone uno, girato nel 2022, la cui realtà però non rispecchia quella che ho incontrato io, forse perché in entrambe le occasioni il periodo delle mie visite era quello pasquale, che "grazie" alla cristianizzazione è diventato molto importante anche per i Maya, o forse perché si trattava di una messa in posa a beneficio di chi girava il filmato

www.facebook.com/watch/?v=653457222388193

Come si può vedere, nel filmato si vede l'altar maggiore illuminato da un numero incredibile di candele accese, cosa normale, ma le persone sono sedute, le persone e le candele non sono disposte a triangolo e le candele sono tutte incolori...
view post Posted: 29/2/2024, 06:03 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
Devo aggiungere qualche particolare importante e poco noto.

Benché tra la fine dell’VIII e il X sec. i “comuni” Maya abbiano abbandonato i centri urbani che abitavano, essi non persero la nozione di dove erano situati quelli che noi chiameremmo santuari, i luoghi e gli edifici nei quali avevano in precedenza praticato i loro riti sacri. I gruppi che si trasferirono in località al di fuori del Petén probabilmente portarono con sé almeno parte dei loro sacerdoti e tornarono a visitarli, deponendo offerte su di essi o sugli altari ancora visibili. E lo stesso fecero coloro che si erano dispersi in quello che rimaneva della foresta.

Infatti presso gli altari semisepolti in alcune rovine e all’interno di alcune grotte che, in base ai reperti del Periodo Classico in esse rinvenuti, si sa furono celebrati riti per impetrare la pioggia, assieme a reperti del Periodo Classico sono stati trovati residui di offerte e resti di vasellame antichi ma datati post abbandono, a volte anche di molto.
E non è tutto.

Nei confronti di alcuni siti la tradizione sopravvive ancora oggi, purtroppo il documentato volume di Joel W. Palka Maya Pilgrimage to Ritual Landscapes: Insights from Archaeology, History, and Ethnography, University of New Mexico Press (2014), 392 pag., si trova solo a pagamento, qui le prime 40 pagg., comunque interessanti

https://api.pageplace.de/preview/DT0400.97...4_A39989254.pdf

e qui si possono vedere alcune interessanti foto

https://www.thejugaadproject.pub/home/maya...al-in-guatemala

mentre qui si legge una descrizione dei riti che si tengono nella chiesa del convento francescano di San Juan Chamula, così come in tutto il Chiapas e in alcune aree del Guatemala

https://archive.archaeology.org/9707/etc/maya.html

Non è una prerogativa solo di quell’edificio: altre chiese situate nei territori nei quali vivono i Maya, quasi tutte annesse a conventi francescani e regolarmente officiate, ospitano tutti i giorni cerimonie e riti di antichissima tradizione, officiati dai sacerdoti e shamani Maya.
In genere i frati celebrano la messa al mattino presto, poi liberano la chiesa e lasciano che gli indigeni la utilizzino, in cambio del fatto che questi accettano la sacralità del luogo e degli altari, tenendoli perfettamente in ordine, accendendo candele e coprendoli di fiori freschi, “mascherando” le loro divinità sotto l’aspetto e le prerogative taumaturgiche dei santi ai quali gli altari minori sono dedicati, mentre quella che per i frati è la Santa Croce viene assimilata alla Sacra Ceiba, l’albero che costituisce l’Axis Mundi, vedi questo disegno ricavato dal bassorilievo scolpito all’interno del Tempio della Croce a Palenque

https://mayagodsoftime.com/wp-content/uplo...2-1280x1137.jpg

Traduco un passaggio dalla pagina della Tulane University, creata per presentare un simposio sui siti sacri dei Maya, svoltosi lo scorso 15 febbraio:
<< Le grotte e i cenotes fungevano da importanti spazi sacri dove i Maya potevano entrare in contatto con i loro dei durante tutto il periodo coloniale", scrive il partecipante al simposio John F. Chuchiak, professore associato di storia latinoamericana alla Missouri State University. "I Maya moderni continuano ad andare nelle caverne per offrire petizioni agli dei, così come ai loro antenati, che si ritiene vivano lì >>
view post Posted: 27/2/2024, 15:52 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
Qui una foto del ritrovamento della testa olmeca di cui ho trascritto l'indirizzo in precedenza: viene chiamata "la faccia sorridente" per l'evidente espressione del viso, l'unico caso finora noto su una ventina circa di esemplari

https://scontent.fflr2-1.fna.fbcdn.net/v/t...b3A&oe=65E31AAC

Da notare che nel patio di una privata abitazione di Villahermosa ho fotografato questa statua olmeca, che probabilmente rappresenta uno shamano che si sta trasformando in giaguaro


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mentre queste sono le mie foto, scattate nel Museo Carlos Pellicer sempre a Villahermosa, della stele del Tortuguero dalla cui iscrizione mal interpretata è nata la leggenda della fine del mondo il 20.12.2012 e la trascrizione del testo glifico


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view post Posted: 27/2/2024, 15:10 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
Il secondo importante evento migratorio, quello che “sconvolse” parzialmente il Petén, fu quasi sicuramente dovuto alla crisi di Teotihuácan.
Ignoriamo chi siano stati, attorno al 100 a. C., i fondatori del sito omonimo, perché attorno al 250 d. C. vi siano cessate le attività edilizie e infine perché attorno al 400 d. C. ci siano segni di grandi incendi e di parziale abbandono del sito, che fu tuttavia parzialmente abitato fino al VII – VIII sec.

Fino a non molti anni fa si riteneva che Teotihuácan fosse una città abitata da genti pacifiche e un sito nel quale si svolgevano importanti pratiche interreligiose: zona dei grandi monumenti a parte, era suddivisa in quartieri, abitati da genti diverse.

Scoperte avvenute negli ultimi 40 anni hanno invece dimostrato che aveva effettivamente quel ruolo, ma era governata da una élite che definire sanguinaria è eccessivo, ma non troppo: a parte la documentazione di sacrifici umani, comuni a tutte le genti mesoamericane, sono state trovate prove di una struttura piramidale del potere e dell’esistenza di una struttura militare.
E questo spiegò il perché di un fatto che risultava in precedenza molto difficile da giustificare: l’arrivo a Tikal, nel gennaio del 378 d. C., di un esercito teotihuacano comandato da un guerriero che spodestò il sovrano legittimo e 15 giorni dopo la morte di questi, non si sa se naturale o provocata dal nuovo arrivato, si insediò a Tikal come sovrano.

Non mi sembra un caso che questo sia accaduto all’inizio della crisi di Teotihuácan testimoniata dai molti e vasti incendi scoperti dagli archeologi e risalenti più o meno al 400 d. C.: è possibile che l’occupazione di Tikal, uno dei più grandi centri della cultura Maya, situato più di 1000 km a sud in linea d’aria, sia la testimonianza della migrazione dei militari teotihuacani in risposta a problemi interni che ne causarono la fuga, dopo aver incendiato parte delle grandi strutture della città d’origine.

Come ho avuto occasione di osservare in questo intervento della discussione che ho citato all’inizio

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nel 378 i teotihuacani riuscirono a sconfiggere i Maya di Tikal perché la loro tecnica militare prevedeva l’utilizzo di quello che in náhuatl si chiama atlatl e in italiano propulsore, arma tipica delle genti del Messico centrale, che consentiva di lanciare dardi, della lunghezza delle nostre lance, a notevole distanza e che era sconosciuta ai Maya, i quali per lanciare corti dardi utilizzavano la molto meno potente cerbottana, dato che non conoscevano nemmeno l’arco, cosa quest’ultima che accomuna tutte le genti della Mesoamerica.

Una volta introdotta a Tikal questa nuova arma, trovo comunque strano che Tikal sia stata più volte sconfitta dalla rivale Calakmul tra il 537 e il 572 e che abbia dovuto aspettare il 648 per poter iniziare una nuova guerra con la sua storica rivale, che sconfisse solo nel 695, sia pure senza annientarla né occuparla.
Forse questo fu dovuto al fatto che anche i guerrieri di Calakmul vennero a conoscenza di quest’arma e la utilizzarono, ma di questo non abbiamo alcuna testimonianza.
Sta di fatto che l’atlatl divenne un’arma diffusa tra le genti Maya dello Yucatán, dopo il trasferimento in quell’area dei profughi che sfuggivano dalla crisi del Petén.

Non è ancora finita, manca la terza puntata.
view post Posted: 27/2/2024, 14:17 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
CITAZIONE (giramella @ 27/2/2024, 10:56) 
Penso comunque che ormai il termine 'misterioso' potrebbe pure essere omesso, visti anche i risultati delle piu' recenti indagini, i motivi della crisi sembrano piuttosto chiari, come anche indicato qui sopra nel terzo intervento.

Ho volutamente inserito nel titolo l'aggettivo "misteriosa" perché in questo modo esso attira l'attenzione.
Non mi piace farlo, ma in questa sezione ho portato avanti un numero considerevole di argomenti e ho constatato che quelli che attirano lettori "devono" avere nel titolo quell'aggettivo.

Sono ben lontano dal considerarli argomenti misteriosi e/o poco studiati: uso quell'aggettivo per indurre un po' di gente a leggere qualche articolo in merito non scritto da Kolosimo, von Däniken, Churchward, Giacobbo e consimili misteriologi e/o fantacosi, come li ha soprannominati dceg.

Prova a consultare l'indice della sezione, vedrai credo 4 temi che ormai si possono definire "antichi", nel senso che li ho iniziati parecchi anni fa, e un paio di recenti che portano nel titolo quell'aggettivo: se non ricordo male gli "antichi" riguardano la lastra tombale di Pakal, i teschi di cristallo, il guerriero Maya con il fucile a mitragliatore e le sfere del Costarica.
Ebbene, mentre quasi tutti gli altri temi hanno avuto un numero esiguo di contatti e ancor meno di commenti, questi 4 se non altro hanno avuto un elevato numero di contatti.

Detto questo, preciso che non lo faccio per mia gloria: sto tentando di tenere vivo questo forum, che si sta spegnendo, non ostante l'impegno dei pochi attualmente rimasti a contribuire alla sua vita.
A giudicare dal numero dei contatti avuti da quando ho pensato di adottare questa tattica, mi pare di esserci un po' riuscito: mancano ancora i contributi, spero nel loro arrivo.

Sono d'accordo con te nel pensare che la vicenda che ho cercato di narrare sia paradigmatica dei risultati, per meglio dire dei guasti che l'umanità, così "evoluta" e "progredita" negli ultimi 10 secoli, sta combinando nel nostro pianeta.
Ho seri dubbi riguardo al vero significato di progresso: non credo che sia positiva l'interpretazione che viene data a questa parola dagli attuali tecnologi e tecnocrati, se studiassero attentamente la Storia forse capirebbero cosa intendo dire.
view post Posted: 26/2/2024, 18:41 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
Per concludere, mi sembra che questo aforisma di José de San Martín, il Libertador di Argentina, Cile e Perù dall'oppressivo regime spagnolo, sia la descrizione, mutate poche parole, di quello che accadde tra le genti Maya del Petén tra la fine dell'VIII e il X sec.:

Il re ci diceva che se non potevamo comprare la legna da ardere dovevamo imbottirci,
che se non potevamo nutrire il nostro cavallo perché eravamo poveri non dovevamo averne uno,
che se nutrirci era costoso dovevamo mangia meno.
Quindi abbiamo deciso di risparmiare sui costi e di sbarazzarci del re.
view post Posted: 25/2/2024, 18:46 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
CITAZIONE (dceg @ 25/2/2024, 17:24) 
La "scomparsa" degli Olmechi è certamente un capitolo interessante e non privo di quesiti irrisolti della storia del Mesoamerica. Da quanto scrivi mi sembra di capire che tu propenda non tanto per una scomparsa, quanto per mutamenti sociali ed integrazione o forse evoluzione delle popolazioni olmeche e della loro culture in quelle Maya.

No, non mi hai frainteso e ti spiego velocemente perché propendo per l'ipotesi della "non scomparsa".
Anzitutto, è ben attestata una cultura detta epi olmeca, che portò avanti alcune delle forme artistiche degli Olmechi.
Gli esempi archeologici dell'esistenza degli Ep Olmechi sono concentrati lungo il Rio Paloapan, nell'odierno stato messicano di Veracruz.
Compaiono nel 300 a. C. circa e sono attribuiti ad essi alcuni monumenti sui quali sono incisi esempi ancora non del tutto evoluti del cosiddetto computo lungo, che utilizza un glifo detto introduttivo molto semplice e la notazione posizionale verticale per scrivere le date, utilizzando un punto per l'unità, cioè il giorno singolo, e una barra orizzontale per indicare 5 giorni, notazione poi adottata dai Maya, che utilizzarono anche un segno per indicare lo 0 posizionale, del quale ancora non si sono trovate tracce in ambito Epi Olmeco, tantomeno Olmeco.

Non solo: su alcune statuette e su una grande stele assieme a una data compaiono anche alcuni glifi poco evoluti e per ora non del tutto compresi, ecco la stele di La Mojarra
https://it.wikipedia.org/wiki/Scrittura_ep...a_superior).jpg

un disegno della statuetta di Tuxtla
https://it.wikipedia.org/wiki/Statuetta_di...a_Statuette.svg

e l'originale, datato c. 200 d. C., si azzarda il 162 d. C. in base alla decifrazione della data indicata
https://th-thumbnailer.cdn-si-edu.com/taud...logue-final.jpg

Nel disegno si distingue bene il glifo introduttivo che definisce i numeri sottostanti come indicanti una data, mentre il motivo delle "testa a papera" è ben noto in giade e bassorilievi Olmeca e almeno un paio di giade con quella testa sono state prodotte e ritrovate in Costa Rica.


CITAZIONE (dceg @ 25/2/2024, 17:24) 
Tuttavia, per quel pochissimo che ne so, ricordo che quanto meno certe forme artistiche olmeche avevano caratteristiche (tratti "negroidi" nelle rappresentazione umane) che in seguito mi pare non si trovino più. O mi sbaglio?

Così è e rimane un altro mistero: da dove vennero? Perhcé sembrano comparire improvvisamente nel XVI - XV sec. a. C. con una cultura totalmente formata.
Non ricordi male a proposito della loro statuaria: nella zona paludosa di La Venta, dello stato di Tabasco sono state ritrovate una ventina di gigantesche teste che riportano tratti facciali negroidi.
Ne ho potuto vedere dal vivo solo una, all'interno del Museo Carlos Pellicer nella città di Villahermosa, capitale dello stato del Tabasco, ecco la foto ufficiale di quella testa
https://es.wikipedia.org/wiki/Parque-Museo...hivo:Olmec2.jpg

Dato che la zona di La Venta, in cui quelle teste alte anche più di due mt e pesanti svariate ton, è oggi territorio oggetto di estrazioni e prospezioni petrolifere, sono state tutte poste "al sicuro" in musei e soprattutto in un parco archeologico creato appositamente sull'isola del Rio Grijalva che si trova nel centro di Villahermosa.
Sfortunatamente quando ho visitato quella città il Rio Grijalva era esondato e il parco allagato, quindi inaccessibile al pubblico.

Il parco ospita ben 33 grandi sculture Olmeca, di cui una decina sono teste, qui una galleria fotografica
https://www.google.com/maps/place/Parque+M...vrdm5?entry=ttu
view post Posted: 25/2/2024, 16:42 Le misteriose migrazioni nella Mesoamerica precolombiana - America Centrale
Questo testo si aggancia a quanto ho scritto in precedenza qui
https://ostraka.forumfree.it/?t=60354372

Al di là delle poche rivolte sanguinose accertate, tra la fine dell’VIII e il X sec. nel Petén ormai quasi totalmente deforestato tutti i centri abitati vennero abbandonati e come ho scritto in precedenza la popolazione si disperse sul territorio, in cerca di zone coltivabili o nelle quali fosse comunque possibile trovare fonti di sostentamento.

In pratica, gran parte delle genti che popolavano le città del Petén si trasferirono nello Yucatán, zona coperta da una selva di alberi molto meno maestosi ma ricca di acque presenti nel sottosuolo carsico.
Molte di esse si stabilirono sulla costa del Caribe in quella che oggi è detta Riviera Maya, fondando numerosi centri abitati e dedicandosi all’attività di pesca, che appresero da quanti già abitavano nella zona di Chetumál e Tulum.

Contemporaneamente emigrarono nello Yucatán anche genti cosiddette Maya-Tolteche, che Tolteche non erano: si trattava di Maya Putún e Chontál, che arrivavano dalle zone delle grandi saline situate sulla costa dell’attuale Golfo del Messico, tra le attuali città di Cotzacoalcos e Ciudad del Carmen e si stabilirono nella zona nord della penisola, fondando per es. Mayapán e Thó, attuale Mérida, e riportando allo splendore Chichén Itzá, Uxmal, Chetumál, Tulum, Cobá e altri centri.
Queste genti erano dedite al commercio di sale con gli abitanti dell’Anháuac, come veniva chiamata la valle centrale del Messico, dove oggi sorge la capitale, e avevano in parte assorbito cultura e forme religiose tipiche delle genti di quei luoghi.
Di conseguenza, portarono con sé e introdussero tra i Maya Yucatechi il culto di Quetzalcóatl, il serpente piumato che in lingua Maya si chiama Kukulcán.

Che cosa comportarono queste tre migrazioni?
Partiamo da circa 1200 anni prima, perché i grandi eventi di questo tipo, accaduti nella Mesoamerica tra il 400 a.C. e l’800-900 d.C., sono stati almeno 3 e almeno altri due seguirono poi, tra il X sec. d.C. e il XIV, ma di questi non tratterò.

Il primo evento di pressoché totale e improvvisa scomparsa di una grande cultura si verificò tra il VI e il V sec. a. C. e riguardò la cultura degli Olmechi.
A parte il fatto che di questo popolo ignoriamo quasi tutto, compreso il vero nome, la loro cultura comparve sulla costa del Golfo del Messico, grosso modo negli attuali stati messicani di Veracruz e Tabasco sull'Istmo di Tehuantépec, più o meno nel 1400 a. C.
Conosciamo abbastanza bene solo le loro forme d’arte e di architettura, più qualcosa delle loro forme religiose.
Molti sono gli interrogativi che li riguardano: principalmente quale sia la loro origine, dove siano finiti e il perché della scomparsa della loro cultura, anche se ne resta una forte eredità nella successiva cultura Maya e in quelle delle popolazioni distribuite lungo l’intera costa del Pacifico di Nicaragua, Honduras, El Salvador e Costa Rica.

L’influsso culturale esercitato dagli Olmechi fu enorme e in un certo senso pervasivo: si deve a loro il doppio sistema calendariale utilizzato da tutte le popolazioni della Mesoamerica, il gioco della palla che i Maya chiamarono pok-a-tok o pitz e le popolazioni di lingua nahuatl tlatcli, la notazione dei numeri e l’aver adottato la giada come pietra totemica.
Certo è anche il fatto che furono i primi a “inventare” un sistema di scrittura glifico, poco prima della loro crisi, sistema che portarono solo a uno stato primitivo e venne poi elaborato e perfezionato dai Maya.

Dove finirono? Molti studiosi sono dell’opinione che siano gli stessi Maya, perché non c’è traccia di conflitti nei loro territori e nemmeno di un abbandono violento, come avvenne nel IX – X sec. d.C. in alcuni siti Maya.
Certo è che i loro grandi centri abitati tra il Vi e il V sec. a.C. si svuotarono e il territorio da essi occupato venne per qualche motivo abbandonato.

Personalmente, sospetto che abbiano avuto una crisi per così dire di identità e i loro maggiorenti si siano dispersi appunto lungo la costa del Pacifico, dove già erano presenti siti abitati da loro stessi o da genti da loro controllate.
Non mi sembra un caso, a questo proposito,
- che la cultura della giada si sviluppi in Costa Rica appunto a partire dal VI sec. a.C.
- che un certo numero di bellissimi manufatti in giada di produzione Olmeca siano stati rinvenuti in Guanacaste, odierna provincia costaricense sulla costa del Pacifico
- che molti oggetti in giada successivamente prodotti in Costa Rica mostrino caratteri olmecoidi.

Dato che i Maya e i costaricensi del Guanacaste mostrarono rispetto per la cultura Olmeca e addirittura si comportarono allo stesso modo anche gli Aztechi, molti secoli dopo, sospetto che alcuni dei loro sacerdoti, eredi di una cultura considerata sacra, si siano trasferiti nelle zone della costa del Pacifico dove vivevano genti che riconoscevano loro una grande autorità spirituale e che ne sia comunque rimasto il ricordo in tutta la Mesoamerica per generazioni e generazioni.

Che i loro eredi siano i Maya è cosa data per certa: ciò che non è chiaro è se questi ultimi siano discendenti diretti degli Olmechi o solo eredi culturali.
Questo perché ci sono prove archeologiche che la società Maya nacque ben prima del VI sec. a.C., anche se solo a partire dal IV sec. a. C. dimostrano di usare il sistema di rappresentazione dei numeri ideato dagli Olmechi e proseguono nella elaborazione e nel perfezionamento della scrittura glifica.

Alla prossima puntata.
view post Posted: 23/2/2024, 17:03 La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec - America Centrale
Continuo nel mio fatale andare…

Le persone altolocate e ricche rinvenute smembrate a Cancuén forse non erano tutte abitanti della città: si pensa che in parte si trattasse di nobili di altre città colà rifugiatisi per sfuggire alla crisi che si stava verificando in altre zone e che stava causando l’abbandono di molti centri importanti e in qualche caso anche la sollevazione dei “comuni” contro le élites.

Probabilmente tutto fu causato da quello che fu un lunghissimo periodo di siccità nell’intera regione del Petén, durato forse più di 10 anni e verosimilmente dovuto alla eccessiva deforestazione della zona.
Tale deforestazione ebbe due cause:
- l’incremento della popolazione, che portò a bruciare sempre più vasti tratti di foresta per creare campi coltivati;
- la crescente attività edilizia dovuta al fatto che le élites nobiliari necessitavano di edifici abitativi più grandi, via via che le loro famiglie diventavano più numerose e alla costruzione di sempre più grandi piramidi, il che richiedeva via via sempre maggiori quantità di calce, in particolare per la costruzione di nuove piramidi e l’aggiornamento di quelle già costruite, le cui facciate venivano ricoperte di spessi stati di stucco a base di calce spenta, che a sua volta veniva ottenuta “bruciando” massi di calcare per i cui roghi si dovevano utilizzare grandi quantità di legname.

Il risultato di questo lungo periodo siccitoso fu l’enorme riduzione della produzione agricola: l’abbattimento di alberi di alto fusto e non solo per ricavare continuamente zone destinate all’agricoltura non si rivelò efficace, dato che non le si poteva irrigare adeguatamente.

C’è poi da aggiungere che, oltre alla fame, i “comuni” pativano anche le corvée a cui erano sottoposti per costruire gli edifici utilizzati dalle élites nonché per la realizzazione dei templi e delle piramidi volute dai sovrani.

Si deve considerare il fatto che le grandi comunità Maya erano governate da un sovrano che era considerato la fonte di ogni bene materiale, segnatamente del cibo e dell’acqua: quest’ultima era assicurata dalle piogge che cadevano nella stagion opportuna, che si alternava ogni 6 mesi circa con la stagione secca.
La importantissima cerimonia del periodico autosalasso che il sovrano doveva sostenere a cadenza annuale o in periodi di particolare urgenza, dovuta a guerre o calamità naturali, serviva a nutrire i suoi antenati divinizzati e le divinità della natura, al fine di impetrare il loro atteggiamento favorevole alle attività della comunità.
In particolare doveva garantire la caduta della pioggia nel giusto periodo, per avere acqua per dissetarsi e una produzione agricola abbondante.

Il successo della cerimonia dell’autosalasso era assicurato anche dal fatto che il sovrano in quel momento indossava una grande quantità di gioielli di giada, materiale che era considerato in grado di richiamare gli spiriti divini e di abbattere il diaframma che li separava dai viventi.
Di conseguenza, non il solo sovrano si presentava sempre ai “comuni” indossando tali gioielli: lo facevano anche i nobili, in forma minore ma pur sempre cospicua.
E l’attività artigianale per produrre gran parte di questi gioielli era un’altra delle corvée che dovevano sostenere i più abili tra i “comuni”, anche se i gioielli di maggior pregio erano prodotti spesso da principi del sangue e da nobili di alto rango.

L’aumentare del numero dei “nobili nullafacenti” che dovevano essere alimentati da ciò che ricavavano i “comuni” dalla produzione agricola (la caccia aveva poco rilievo e comunque la carne dei pochi animali di taglia superiore ai conigli era destinata ai ceti alti), le corvée richieste da questi e dal sovrano unite alla scarsità di cibo e alla mancanza di acqua stremarono i “comuni” che probabilmente iniziarono a farsi delle domande.

Una di queste, la più importante fu quasi certamente questa: perché dobbiamo mantenere a prezzo delle nostre sofferenze e della nostra stessa vita un sovrano che dovrebbe assicurarci la pioggia e non ci riesce e che non fa altro che esigere gioielli e beni alimentari a beneficio suo, della sua numerosissima famiglia (il sovrano Maya molto spesso aveva un intero harem di mogli, oltre a quella principale) e dei sempre più numerosi nobili di cui si circonda?
La seconda parte di questo interrogativo probabilmente se la posero anche i popolani francesi nella II metà del XVIII sec. e questo portò alla loro famosissima rivolta.

L’ipotesi considerata più probabile è che i popolani che abitavano i grandi centri Maya del Periodo Classico, considerata la situazione e le condizioni in cui vivevano, abbiano volontariamente e quasi sempre pacificamente abbandonato le città e si siano dispersi sul territorio, alla ricerca di una possibile sopravvivenza.
In alcune di queste città, come Cancuén e poche altre, l’abbandono fu tutt’altro che pacifico: le ipotesi circa le motivazioni dell’abbandono sono sempre le stesse, ma allo stato attuale delle conoscenze è pressoché impossibile da stabilire perché in quei pochi siti la rivolta fu così cruenta.
Chissà se si potrà stabilirlo in futuro.
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