Ostraka - Forum di archeologia

La misteriosa crisi della società Maya alla fine del IX sec

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view post Posted on 20/2/2012, 20:40
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Una succinta bibliografia è disponibile qui #entry491454239

Quando gli spagnoli ebbero demolito le società e le culture del Messico centrale, rivolsero la loro attenzione verso la zona meridionale della grande regione a sud dell'Istmo di Tehuantepec, zona che avevano solo in parte esplorato perchè coperta da fitte foreste che nascondevano alte montagne e una orografia tormentata.
Inoltre, all'epoca la zona era scarsamente abitata e non sembrava molto appetibile perchè non si avevano notizie circa il fatto che nascondesse particolari ricchezze, in particolare il tanto bramato oro.
E' vero che Francisco de Montejo tentò di occupare lo Yucatán sin dal 1528, appena 7 anni dopo la caduta di Tenochtitlán, arrivando a conquistare Cichén Itzá nel 1531, ma dovette poi ritirarsi a causa della strenua opposizione dei Maya-Toltechi.
Così, nel 1533 dovette accontentarsi di ricevere la lettera patente che lo autorizzava a occupare una piccola porzione dell'attuale costa orientale dell'Honduras, suscitando peraltro l'opposizione di Pedro de Alvarado che nel 1524 aveva fondato Città del Guatemala, poco più a nord.

In realtà, queste prime spedizioni sortirono effetti molto limitati ai fini dell'occupazione del territorio centroamericano, poichè gli spagnoli dovettero limitarsi a fondare alcune città e a controllarne i territori immediatamente circostanti a causa della strenua guerriglia operata dalle popolazioni locali, molto avvantaggiate dalla perfetta conoscenza dell'impervio territorio, densamente forestato, e dal fatto di essere sparse sul territorio stesso in piccole comunità, una situazione ben diversa da quella incontrata dai conquistadores nel Messico centrale.

Così, la penetrazione nello Yucatán avvenne solo dopo il 1550, ad opera soprattutto di frati francescani che aprirono la strada agli invasori.
Solo nella seconda metà del XVIII secolo l'operazioni potè dirsi in qualche modo compiuta, quando finalmente anche la resistenza delle popolazioni del Costarica sud-occidentale venne vinta (vedi nota 1).

La zona immediatamente a sud dell'Istmo di Tehuantepec nel XVI sec. era scarsamente popolata, una situazione ben diversa da quella che si sarebbe presentata agli spagnoli se fossero arrivati mille anni prima.
In particolare, la zona centrale dello Yucatán era dominata dall'aristocrazie dei guerrieri Toltechi, immigrati localmente attorno al X sec., i quali avevano sottomesso quel poco che restava in loco degli antichi abitanti della zona, i Maya.
Già subito dopo l'anno 800 le terre basse abitate dai Maya, che avevano dato origine alla splendida cultura del periodo classico (200 d.C. - 800 d.C.), si presentavano pressochè spopolate, le città erano state abbandonate spesso in gran fretta, le stele in gran parte erano crollate al suolo, altre erano state abbattute, alcune giacevano al suolo incompiute, i maestosi edifici piramidali erano in rovina...

Molto si è scritto e soprattutto fantasticato circa le cause di questa repentina decadenza, anche perchè i frati francescani si preoccuparono immediatamente di eliminare tutte le testimonianze scritte dai Maya nei loro antichi codici, per cui, anche ammesso che questi ultimi possedessero una storiografia scritta, della loro storia nulla ci è rimasto se non leggende e tradizioni tramandate oralmente.
Nulla al proposito ci possono dire i 3 (forse 4) codici Maya superstiti, nè il Popol Vuh, nè i vari libri Chilám Balám.

In passato, sono state avanzate le più svariate ipotesi: chi si è appellato allo studio dei cicli delle macchie solari, chi alla caduta di giganteschi meteoriti o alla esplosione di vulcani, chi alla perdita di conoscenze ancestrali derivanti dell'immigrazione degli Atlantidi e chi più ne ha più ne metta.
In verità, gli archeologi e gli storici avevano avanzato due ipotesi che sembravano non escludersi a vicenda: l'eccessiva deforestazione della zona avrebbe provocato cambiamenti climatici che causarono una gravissima carestia e ci sarebbe stata una rivolta sociale della 'plebe' che non sopportava più i gravosi carichi di lavoro impostigli dalla elite dominante.
Le scoperte e gli studi più recenti sembrano confermare entrambe queste ipotesi, o meglio, sembrano confermare la prima come causa principale di cui la seconda fu una conseguenza.


(1) In Costarica celebre è la saga del cacique Tucurrique, feroce oppositore degli spagnoli, da questi fatto letteralmente a pezzi dopo la cattura.
Per quanto è noto dalle fonti dei conquistatori, in realtà si trattava di un capo dell'etnia Turucaca, trasformato in Tucurrique per aderire all'assonanza con cacique, secondo lo stile tipico di tutte le parlate mesoamericane, stile praticato ancor oggi nei giochi di parole tipo 'el coco loco'.
Non è raro, quando si chiede a un amico costaricense 'como estas?', sentirsi rispondere 'nistua', inversione di sillabe da 'tuanis', a sua volta derivato da 'tunais', corruzione dell'inglese nordamericano 'too nice'...

Il seguito alla prossima puntata.

Edited by Usèkar - 25/2/2012, 18:10
 
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view post Posted on 21/2/2012, 16:42
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Prima di proseguire con la seconda puntata, temo sia necessario fare una serie di precisazioni.

La regione della Mesoamerica che ha dato origine e sviluppo alla cultura Maya (vedi nota 2) è molto vasta, occupava tutta la zona che va dall'Istmo di Tehuantepec nel sud dell'attuale Messico, sino all'Honduras nord-occidentale.
Comprendeva quindi tutto l'Istmo di Tehuantepec propriamente detto, tutto lo Yucatán, il Bacino del Petén, tutto l'attuale Guatemala e parte dell'Honduras.
Si tratta di territori geomorfologicamente molto diversi tra loro.

La penisola dello Yucatán è un 'pianoro' calcareo, attualmente deforestato ma coperto nell'epoca formativa (1200-200 a.C.) da foresta tipica del clima tropicale secco, dominato da un regime delle acque di tipo carsico, a parte la zona occupata dall'attuale Belize che aveva ed ha un clima tropicale umido e quindi vede il prevalere del bosco tropicale umido.

L'attiguo Bacino del Petén è una pianura molto vasta, attualmente coperta da fitte foreste di bosco tropicale secco rigeneratesi dopo l'intenso sfruttamento e la quasi completa deforestazione operate dai Maya tra il 200 a.C. e il 900 d.C.

L'Istmo di Tehuantepec è dominato da una catena montuosa, la Sierra Madre del Sud, che sorpassa i 3000 mt di altezza.
Essa continua nella Sierra Madre del Chiapas, che occupa tutta la parte centro-occidentale del Guatemala e segna il punto più alto dell'America Centrale nel vulcano Tajumulco (4220 mt), proseguendo poi nell'Honduras.
Questa lunga sequenza di Sierras, che si estende per più di 1000 km a ridosso della costa del Pacifico, è caratterizzata da una tormentatissima orografia e il territorio è segnato dalla presenza di alti vulcani attivi.
Le Sierras sono coperte da fitte foreste tropicali, nelle quali predominano la foresta nebulare di alta montagna e più in basso il bosco tropicale secco.

Le sierras degradano in maniera improvvisa in prossimità della costa caribica del Guatemala, che è caratterizzata da profonde vallate originate dall'erosione fluviale, dominate da un clima caldo e molto secco, che le rende assolutamente inospitali, anche se anticamente erano molto frequentate dai cavatori di giadeite.

La sirtuazione del territorio ha fatto si che nelle varie zone climatiche la cultura Maya abbia assunto anche aspetti peculiari.
Per questo motivo, il territorio occupato dai Maya dell'epoca classica (200-600 d.C.) e postclassica (600-900 d.C.) è stato archeologicamente parlando suddiviso in due zone: le terre alte, comprendenti tutta la zona delle Sierras, e le terre basse, a loro volta divise in due subzone, le terre basse meridionali, comprendenti il Bacino del Petén, il Belize e la parte meridionale degli attuali stati messicani di Campeche e Quintana Roo e infine le terre basse settentrionali, comprendenti il rimanente della penisola dello Yucatán, dell'Istmo di Tehuantepec e le colline del Puuc.

Per comprendere compiutamente le argomentazioni presentate nel seguito di questo 'trattatello' è opportuno, prima di proseguire, leggere questi altri due
Cancuén https://ostraka.forumfree.it/?t=60365696
El Miradór https://ostraka.forumfree.it/?t=60226099&p=489694384


Note
(2) E' improprio parlare di popolo Maya e ancor più improprio, anzi addirittura un grave errore parlare di Impero Maya.
I Maya non sono mai stati un popolo 'unico': erano e sono divisi profondamente dal punto di vista linguistico e lo erano e lo sono, sia pur in maniera molto meno profonda, anche dal punto di vista antropologico: la situazione durante la cosidetta epoca classica (200-600 d.C.) li vedeva divisi in piccoli stati perennemente in guerra tra loro.
Ciò che li accomunava erano la cultura e la struttura sociale ed economica: condividevano credenze e pratiche religiose, struttura piramidale della società, pratiche di governo delle acque e di coltivazione dei suoli, metodo di scrittura, tipo di alimentazione e abbigliamento.
Certo vi furono delle eccezioni: per esempio le credenze e pratiche religiose testimoniate a Palenque, al tempo di Pakál e dei suoi successori (600-750 d.C.), sembrano costituire un unicum, ma questo non toglie che anche in quel periodo Palenque condividesse con le altre città-stato Maya molti tratti culturali ed economico-sociali.

Edited by leda77 - 24/2/2012, 12:00
 
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view post Posted on 22/2/2012, 11:47
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Le precisazioni di carattere geografico e climatico viste in precedenza sono necessarie perchè la crisi della società Maya di cui ci stiamo occupando non avvenne simultaneamente in tutte e tre le zone in cui gli archeologi hanno suddivisa l'area che queste popolazioni occuparono tra il 1200 a.C. e il 900 d.C.
La prima zona che risentì della crisi, attorno al 780 d.C., è quella del Bacino del Petén, nelle Terre Basse meridionali, poi all'inizio del IX sec. la crisi si estese alle Terre Basse settentrionali e infine colpì le Terre Alte e la penisola dello Yucatán.
Le datazioni si possono stabilire con buona approssimazione, perchè i Maya avevano l'abitudine di scolpire date sui loro monumenti, in particolare sulle stele che erigevano nelle grandi piazze cerimoniali a ricordo di intronizzazioni o cerimonie celebrative: a Pomoná, periferia settentrionale del Petén, l'ultima data registrata è relativa al 780 d.C., ad Aguateca, Petén centrale, è relativa al 790, a Quiriguá, Terre Alte, l'ultima data è relativa all'810... etc.etc. fino ad arrivare a Uxmál, Yucatán settentrionale, ultima registrazione nel 907.

Ho scritto in precedenza che riguardo alle cause che determinarono questa crisi 'gli archeologi e gli storici avevano avanzato due ipotesi che sembravano non escludersi a vicenda: l'eccessiva deforestazione della zona avrebbe provocato cambiamenti climatici che causarono una gravissima carestia e ci sarebbe stata una rivolta sociale della gente comune che non sopportava più i gravosi carichi di lavoro impostigli dalla elite dominante.
Le scoperte e gli studi più recenti sembrano confermare entrambe queste ipotesi, o meglio, sembrano confermare la prima come causa principale di cui la seconda fu una conseguenza'.

Al fine di capire perchè si sta arrivando a questa conclusione, è necessario premettere che la crisi avvenuta nelle terre basse Maya tra la seconda metà del secolo VIII e la fine del sec. IX non è l'unica che ci sia testimoniata dalle rovine delle loro grandi città.
Ho brevemente parlato qui https://ostraka.forumfree.it/?t=60226099&p=489694384 delle ultime eccezionali scoperte nel sito di El Miradór, una sito Maya che si trova nella regione del Petén, la zona più meridionale dello Yucatán (http://es.wikipedia.org/wiki/Cuenca_del_Pet%C3%A9n), praticamente al centro delle terre basse meridionali.
El Miradór è un sito vastissimo, sviluppatosi a partire dal X sec. a.C., che raggiunse il suo apice tra il 200 a.C. e il 100 d.C., quando si stima avesse una popolazione di più di 100.000 abitanti, per poi venire improvvisamente abbandonato attorno al 150 d.C.
Analoga sorte fu condivisa da altri siti della zona, come Nakbé e El Tintál.
Il centro di El Miradór venne rioccupato verso la fine del VII sec. e abbandonato definitivamente alla fine del IX, ma questa rioccupazione portò all'insediamento di una piccola popolazione, probabilmente meno di un decimo degli abitanti del periodo di massimo splendore (vedi http://en.wikipedia.org/wiki/El_Mirador).
La maggiore costruzione edificata durante quest'ultimo periodo raggiunge a malapena gli 8 metri di altezza, nulla a confronto dei più di 70 delle grandi piramidi edificate nel primo periodo.

Lo studio dei pollini presenti nei depositi di limo e fango dei bacini lacuali della zona sta fornendo dati molto interessanti, unitamente allo studio delle ossa degli scheletri ritrovati in varie località del Petén e alle scoperte effettuate nel sito di Cancuén (vedi qui per i suoi acquedotti https://ostraka.forumfree.it/?t=58418340&p=490091448 e qui per ultime scoperte https://ostraka.forumfree.it/?t=60365696).

Partiamo dallo studio palinologico.
I pollini studiati provengono dai fanghi presenti nel lago Puerto Arturo, situato nelle vicinanze di El Miradór.
Questi pollini ci dicono che fino a circa il 1200 a.C. nella zona predominava la foresta tropicale di alberi di alto fusto.
A partire da questa data, inizia ad incrementarsi la presenza di pollini di piante erbacee, che sostituisce quasi completamente quella del polline di alberi attorno al 350 a.C., per poi crollare attorno al 150 d.C. ed essere sostituita entro 100 anni dal polline di alberi.
Attorno al 1500 si ha un improvviso e per ora definitivo cambio di situazione, a seguito della deforestazione conseguente all'arrivo degli spagnoli.
Inoltre, l'analisi dei depositi di limo ci dice che tra il 350 a.C. e il 250 d.C. la percentuale di materiale portato dal vento cresce enormemente e sembra sempre più povero di humus, mentre prima e dopo prevalgono i materiali portati dalle acque e più ricchi di humus.
Sembra quindi di capire che nella zona si ebbero tre fasi: foresta tropicale secca con alberi ad alto fusto, deforestazione e prevalenza di piante erbacee, riforestazione.
In corrispodenza con la fase di deforestazione i suoli si impoveriscono, mentre con l'inizio della riforestazione i suoli si arricchiscono nuovamente.
Non solo, l'esame dei sedimenti e l'analisi delle dimensioni del bacino nelle varie epoche ha portato a concludere che durante la fase di deforestazione si ebbe un progressivo declino delle precipitazioni, declino che portò addirittura ad una lunga fase di siccità.
La fine della fase di massima deforestazione e conseguente siccità corrisponde con la 'piccola crisi' del bacino del Petén, la riforestazione spontanea è successiva all'abbandono dei siti locali.

Una situazione analoga, nella quale la fase deforestata si arresta alla fine del periodo postclassico (900 d.C.) ci viene testimoniata dall'analisi dei pollini presenti nei fanghi dell'antico bacino artificiale di Aguada Zacatál, nelle vicinanze di Nakbé.
Qui le fasi sembrano essere: prima del 1400 a.C situazione indisturbata, 1400.a.C. - 550-350 inizio della deforestazione, 550-350 a.C - 130-220 d.C. culmine della deforestazione, 220 d.C. - 950 d.C. ripresa della forestazione, 1400 d.C. - oggi nuova deforestazione.

I dati osteologici testimoniano che la 'plebe' Maya del periodo postclassico, cioè dopo il 600 d.C., soffriva di una progressiva fragilità ossea conseguente a livelli decrescenti di qualità nella nutrizione, a differenza delle ossa dei nobili.
In particolare, l'esame delle ossa delle 31 persone rinvenute smembrate nella cisterna di Cancuén, i cui corredi dimostrano chiaramente che appartenevano ad individui facenti parte della classe nobiliare, ha rivelato che esse erano 'forti e sane', tipiche di individui ben nutriti, a differenza delle ossa dei 12 individui rinvenuti nei dintorni del palazzo, che hanno rivelato uno stato di malnutrizione.
Indagini effettuate su resti ossei rinvenuti in altre località hanno dato risultati coerenti con questi.

Importanti sono anche le conclusioni tratte da indagini di tipo statistico condotte sui resti ossei e sul numero delle abitazioni presenti nei vari siti, correlate alla datazione degli stessi.
Queste hanno rivelato che a partire dal preclassico (250 a.C.) si ha un costante incremento della popolazione Maya, che in alcuni siti raggiunse nel periodo classico (200-600 d.C.) una densità incredibile, da 150 a 300 abitanti per kmq nelle zone rurali fino a 800-1000 abitanti per kmq nei dintorni dei centri urbani della regione del Petén (per confronto, oggi 1000 ab.per kmq è la densità della popolazione nella contea di Los Angeles, USA).
A partire dall'inizio del periodo di crisi, la popolazione subisce una drastica diminuzione: si è calcolato che nel 950 d.C. almeno il 90% della popolazione Maya fosse scomparso.
Si pensi che oggi la provincia guatemalteca del Petén, che misura quasi 36.000 kmq, conta circa 300.000 abitanti: con una densità media di 50 ab.per kmq. come quella stimata dell'epoca Maya classica, ne conterebbe quasi 2 milioni.

Anche l'analisi dei resti ossei di animali da carne utilizzati per l'alimentazione ci aiuta.
Dall'inizio del periodo di crisi la percentuale di ossa di grandi animali catturati con la caccia, daini, cervi, tapiri, formichieri etc. decresce drasticamente all'interno dei depositi di scarti di ambito domestico, mentre resta costante all'interno degli immondezzai dei grandi palazzi.
La 'plebe' doveva accontentarsi di modeste quantità di carne di piccoli animali, conigli, coati e volatili in genere, la carne dei grandi animali veniva riservata alla elite nobiliare.

Contemporaneamente, l'elite aumentava di numero ed esigeva sempre più lavoro coatto al fine di costruire i grandi palazzi e le gigantesche piramidi.
Era un serpente che si mangiava la coda: occorreva una grande quantità di legname per calcinare le pietre necessarie a produrre la malta per stucco e materiale cementizio e questo portava ad incrementare vieppiù la deforestazione, causando ulteriore impoverimento dei suoli e aumentando con tutta probabilità la siccità.
Nel momento di massimo splendore, i pavimenti e le facciate dei grandi palazzi erano coperti da uno strato di stucco dello spessore di più di 30 cm e per produrre stucco sufficiente a coprire un mq di superficie era necessario il legname che potevano dare fino a 20 grandi alberi.
Nelle ultime costruzioni, si constata un evidente assottigliamento dello strato di stucco, il cui spessore diventa circa un terzo di quello 'classico'.

Quanto testimoniato dai ritrovamenti del sito di Cancuén ci dice che con tutta probabilità la popolazione circostante si ribellò e massacrò i regnanti e la classe nobiliare.
Non si spiega altrimenti il disinteresse dimostrato per i preziosi beni indossati dalle 31 persone i cui resti furono gettati nella cisterna: che valore poteva avere una collana o una placca di giadeite per un contadino?
Evidentemente, i ricchi mercanti e i nobili, che abitavano il centro e soprattutto il gigantesco palazzo, cercarono di difendersi facendo costruire il muro rimasto incompleto, ma o non fecero a tempo a terminarlo o forse addirittura la manovalanza necessaria si rivoltò unendosi ai ribelli, chissà...

Pochi altri siti di città Maya dimostrano un tentativo del genere, quasi tutti mostrano di essere stati abbandonati quasi improvvisamente, senza che si possano rilevare segni di lotta o di tentativi di costruire muraglie difensive.
Inoltre, nel periodo postclassico (600-900 d.C.) si assiste ad un progressivo degrado nella qualità di esecuzione dei lavori lapidei e della produzione delle celebri terracotte.

Le prove raccolte finora ci dicono che il territorio diventava sempre più improduttivo, a causa di siccità ed impoverimento dei suoli, che l'agricoltura e la caccia non riuscivano più a sopperire alle esigenze alimentari della popolazione e che di conseguenza la gente comune soffriva la fame, mentre l'elite nobiliare andava sempre più aumentando di numero ed esigeva una sempre maggiore quantità di forza-lavoro e di beni di consumo.
E' possibile anche che a causa dello stato di denutrizione in cui versava la gente comune si siano diffuse epidemie, anche se non ho notizia di dati in tal senso.
Sta di fatto che il numero degli abitanti delle terre Maya crollò drasticamente, una situazione ben peggiore di quella provocata in Europa dalla grande peste nera eurasiatica del '300.
Probabilmente, causa di questo crollo fu l'eccessivo sfruttamento delle risorse del territorio, la deforestazione portò all'impoverimento dei suoli e alla siccità, causando una variazione climatica con conseguente grave dissesto idrogeologico.

Mi sembra di ricordare che anche nella Grecia classica sia accaduto, pur con conseguenze meno devastanti sulla popolazione, qualcosa di analogo, tanto da far parlare Platone, nel Crizia, dell'Attica come di 'uno scheletro devastato da una grave malattia'...
Corsi e ricorsi?
 
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Ripeto il link alla bibliografia, dato che l'ho inserito qualche giorno dopo aver pubblicato il tutto
#entry491454239
 
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view post Posted on 21/2/2024, 18:08
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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A distanza di 12 anni dall’ultimo mio post, riprendo l’argomento.

Ci sono diversi aspetti che non ho trattato in precedenza.

Il primo, poco noto, è il ruolo che ebbe la cultura teotihuacana nello sviluppo di alcune tra le maggiori città–stato della vastissima zona chiamata Petén, in particolare Tikal, nome recente dell'antica Yax Mutal.

Questa città è una delle più grandi e spettacolari tra quelle create dai Maya nel Periodo Classico: venne fondata forse nel II sec. a.C. e il suo primo regnante conosciuto, che come tutti i regnanti maya portava il titolo di ajau, è Yax Ehb Xook, vissuto attorno al 90 d.C.
La città si ingrandì abbastanza rapidamente e ancor di più crebbero le dimensioni del territorio da essa controllato.

Il fatto determinante per la prima crescita fu la conquista della città e delle sue alleate Uaxactun e Copan, nel gennaio del 378 d.C., da parte di Siyaj Kʼak, un comandante militare che proveniva da Teotihuacan o da una città strettamente alleata con essa.
Ciò che portò alla vittoria i guerrieri di Siyaj Kʼak fu l’uso in battaglia dell’atlatl, il propulsore utilizzato per scagliare il più lontano possibile le lance, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Propulsore_(arma)
Quest’arma era tipica dei guerrieri del Messico centrale ed era sconosciuta ai Maya, al pari dell’arco, e permise a Tikal di controllare parte del Petén guatemalteco e non solo.

Spesso Teotihuacan viene presentata come una città pacifica, un centro cerimoniale cui facevano capo quasi tutte le etnie dell’America centrale, ma in realtà pare proprio che fosse anche una potenza militare, che decadde e scomparve totalmente attorno al 400 d.C.

L’altra città Maya più importante nella zona del Petén, in questo caso gran parte dell’attuale stato messicano del Chiapas, era Calakmul, nome recente dell'antica Uxte’tuun, che dopo la caduta e l’abbandono di Teotihuacan entrò in conflitto con Tikal, fino a ridimensionarne moltissimo l’importanza dopo averla sconfitta alla fine del conflitto durato dal 537 al 572.
Durante il periodo tra il 400 e il 537 Calakmul aveva conquistato molte delle città-stato controllate precedentemente da Tikal ed è significativo che la crisi di quest’ultima sia iniziata poco dopo la caduta di Teotihuacan.
Tuttavia Tikal non venne conquistata e la guerra continuò in maniera strisciante, con Tikal che andava man mano acquistando forza, finché non sconfisse Calakmul nel corso della guerra dichiarata e combattuta tra il 648 e il 695.

Quello che è interessante notare è che al termine di questa serie di guerre, dichiarate o striscianti, nessuna delle due città riuscì ad avere del tutto la meglio ed entrambe erano per così dire sfinite, non ebbero più le forze necessarie per ottenere la supremazia sull’intera area del Petén.
E la fine di questi conflitti segna l’inizio del declino della società Maya di epoca classica.

Come ho scritto nel corso del 2012 le cause del totale declino di questa società sono state molteplici e tra queste l’esaurirsi delle risorse umane fu probabilmente dovuta anche al perpetuo stato di conflitto tra le varie città, i cui esiti positivi andavano a beneficio delle sole élites nobiliari, mentre quelli negativi andavano a gravare invariabilmente solo sui ceti sociali più bassi, costituiti essenzialmente di contadini e artigiani.

Edited by Usékar - 25/2/2024, 15:36
 
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view post Posted on 22/2/2024, 14:15
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Il caso di Cancuén è paradigmatico, non solo per quanto ne ho scritto sempre 12 anni addietro, vedi https://ostraka.forumfree.it/?t=60365696, bensì anche per quanto si può ipotizzare sia accaduto.

A Cancuén si verificò qualcosa di non registrato nelle altre città Maya abbandonate tra l’VIII sec. e la fine del IX.
Forse qualcosa di simile si può essere verificato a Copàn, ma le testimonianze rilevate, in termini archeologici, non mostrano fatti così drammatici come quelli testimoniati a Cancuén.

Inizio con il precisare quale era il ruolo svolto da Cancuén prima dei fatti che ridescriverò più avanti.
Questa città si trova nella sotto-regione del Río de la Pasión in Guatemala, nel dipartimento di Petén e pur non essendo una città di dimensioni pari a Calakmul e Tikal, fu una città importante nel periodo classico, raggiungendo il maggiore splendore tra il VII sec. e l’VIII.
Taj Chan Ahk, forse il più importante dei suoi governanti, fece costruire nel 770 un palazzo che si estendeva per oltre 23.000 m² e possedeva 200 stanze, forse fu il più grande palazzo costruito dai Maya.
Cancuén era un centro commerciale importante per la sua strategica posizione, specializzato nello scambio di materiali come giada, pirite e ossidiana,.
Sorse presso il Rio de la Pasion, che nasce nei monti dell’Alta Verapaz, nell’odierno Gautemala ed è affluente del Rio Usumacinta, importantissimo fiume che attraversa o passa nelle vicinanze di importanti antiche città Maya, con Dos Pilas, Altar de Sacrificios, Bonampak, Yaxchilan, Piedras Negras, Ceibal, Pomonà e altre ancora.

Il Pasion era navigabile in canoa sin quasi a partire dal tratto più alto e passa accanto alla Sierra de las Minas, lett. Catena dei Monti delle Miniere, dalla quale provenivano i materiali elencati.
Prima di confluire nell’Usumacinta passava per Cancuén, dove c’era il mercato all’ingrosso delle merci trasportate.
In particolare, la preziosa e bellissima giada estratta dai monti della Sierra de las Minas che circondano la Valle del rio Motagua, veniva in gran parte trasportata a Cancuén utilizzando il Rio de la Pasion mentre il restante veniva trasportato verso il Caribe, per mezzo del rio Motagua, raggiungendo l’attuale Bahia de Omoa, dove veniva imbarcato per essere trasportato nell’attuale Belize e da lì verso lo Yucatàn.

A Cancuén la giada veniva sgrezzata e in parte lavorata, quindi avviata al commercio attraverso l’Usumacinta: era dunque una città molto ricca, grazie ai suoi commerci, ma come al solito c’era una grossa disparità tra la ricchezza della classe nobiliare e dei mercanti e la povertà degli artigiani e dei contadini.

Come ho scritto in uno dei post precedenti, gli scavi archeologici in quel sito hanno portato alla scoperta di un massacro di tutti i membri della nobiltà, i resti dei cui corpi fatti a pezzi sono stati trovati all’interno di un chultun, una struttura sotterranea e impermeabilizzata con argilla che in origine serviva da serbatoio per l’acqua.
Il massacro avvenne intorno all’anno 800.
Particolare molto importante: i polsi, le caviglie e il collo delle persone smembrate sono stati gettati nel chultun con ancora addosso i gioielli in giada.

Il sovrano e la sua moglie principale furono seppelliti a parte, in una fossa poco profonda: i loro corpi non furono smembrati e furono sepolti con tutti i loro gioielli, si pensa in gran fretta, data la scarsa profondità della fossa, ad opera di qualche sacerdote scampato al massacro, che aveva potuto in qualche modo riscattare i due corpi.

Al di fuori del chultun vennero ritrovati, abbandonati al suolo senza essere stati sepolti, i resti dei corpi di alcune persone “comuni”: mentre resti scheletrici rinvenuti nel chultun e nella fossa mostravano segni di una corretta e abbondante alimentazione, quelli dei “comuni” mostravano segni evidenti di denutrizione e di malformazioni ad essa dovute.

Gli archeologi ipotizzano che vi sia stata una ribellione dei “comuni” che li portò a uno scontro all’ultimo sangue con la nobiltà, scontro che si concluse con la vittoria dei “comuni” che si vendicarono sui corpi degli sconfitti, smembrandoli e gettandone i pezzi nel chultun.

Perché i “comuni” si ribellarono e riservarono all’élite una fine così violenta?
Alla prossima puntata…
 
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view post Posted on 23/2/2024, 17:03
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Continuo nel mio fatale andare…

Le persone altolocate e ricche rinvenute smembrate a Cancuén forse non erano tutte abitanti della città: si pensa che in parte si trattasse di nobili di altre città colà rifugiatisi per sfuggire alla crisi che si stava verificando in altre zone e che stava causando l’abbandono di molti centri importanti e in qualche caso anche la sollevazione dei “comuni” contro le élites.

Probabilmente tutto fu causato da quello che fu un lunghissimo periodo di siccità nell’intera regione del Petén, durato forse più di 10 anni e verosimilmente dovuto alla eccessiva deforestazione della zona.
Tale deforestazione ebbe due cause:
- l’incremento della popolazione, che portò a bruciare sempre più vasti tratti di foresta per creare campi coltivati;
- la crescente attività edilizia dovuta al fatto che le élites nobiliari necessitavano di edifici abitativi più grandi, via via che le loro famiglie diventavano più numerose e alla costruzione di sempre più grandi piramidi, il che richiedeva via via sempre maggiori quantità di calce, in particolare per la costruzione di nuove piramidi e l’aggiornamento di quelle già costruite, le cui facciate venivano ricoperte di spessi stati di stucco a base di calce spenta, che a sua volta veniva ottenuta “bruciando” massi di calcare per i cui roghi si dovevano utilizzare grandi quantità di legname.

Il risultato di questo lungo periodo siccitoso fu l’enorme riduzione della produzione agricola: l’abbattimento di alberi di alto fusto e non solo per ricavare continuamente zone destinate all’agricoltura non si rivelò efficace, dato che non le si poteva irrigare adeguatamente.

C’è poi da aggiungere che, oltre alla fame, i “comuni” pativano anche le corvée a cui erano sottoposti per costruire gli edifici utilizzati dalle élites nonché per la realizzazione dei templi e delle piramidi volute dai sovrani.

Si deve considerare il fatto che le grandi comunità Maya erano governate da un sovrano che era considerato la fonte di ogni bene materiale, segnatamente del cibo e dell’acqua: quest’ultima era assicurata dalle piogge che cadevano nella stagion opportuna, che si alternava ogni 6 mesi circa con la stagione secca.
La importantissima cerimonia del periodico autosalasso che il sovrano doveva sostenere a cadenza annuale o in periodi di particolare urgenza, dovuta a guerre o calamità naturali, serviva a nutrire i suoi antenati divinizzati e le divinità della natura, al fine di impetrare il loro atteggiamento favorevole alle attività della comunità.
In particolare doveva garantire la caduta della pioggia nel giusto periodo, per avere acqua per dissetarsi e una produzione agricola abbondante.

Il successo della cerimonia dell’autosalasso era assicurato anche dal fatto che il sovrano in quel momento indossava una grande quantità di gioielli di giada, materiale che era considerato in grado di richiamare gli spiriti divini e di abbattere il diaframma che li separava dai viventi.
Di conseguenza, non il solo sovrano si presentava sempre ai “comuni” indossando tali gioielli: lo facevano anche i nobili, in forma minore ma pur sempre cospicua.
E l’attività artigianale per produrre gran parte di questi gioielli era un’altra delle corvée che dovevano sostenere i più abili tra i “comuni”, anche se i gioielli di maggior pregio erano prodotti spesso da principi del sangue e da nobili di alto rango.

L’aumentare del numero dei “nobili nullafacenti” che dovevano essere alimentati da ciò che ricavavano i “comuni” dalla produzione agricola (la caccia aveva poco rilievo e comunque la carne dei pochi animali di taglia superiore ai conigli era destinata ai ceti alti), le corvée richieste da questi e dal sovrano unite alla scarsità di cibo e alla mancanza di acqua stremarono i “comuni” che probabilmente iniziarono a farsi delle domande.

Una di queste, la più importante fu quasi certamente questa: perché dobbiamo mantenere a prezzo delle nostre sofferenze e della nostra stessa vita un sovrano che dovrebbe assicurarci la pioggia e non ci riesce e che non fa altro che esigere gioielli e beni alimentari a beneficio suo, della sua numerosissima famiglia (il sovrano Maya molto spesso aveva un intero harem di mogli, oltre a quella principale) e dei sempre più numerosi nobili di cui si circonda?
La seconda parte di questo interrogativo probabilmente se la posero anche i popolani francesi nella II metà del XVIII sec. e questo portò alla loro famosissima rivolta.

L’ipotesi considerata più probabile è che i popolani che abitavano i grandi centri Maya del Periodo Classico, considerata la situazione e le condizioni in cui vivevano, abbiano volontariamente e quasi sempre pacificamente abbandonato le città e si siano dispersi sul territorio, alla ricerca di una possibile sopravvivenza.
In alcune di queste città, come Cancuén e poche altre, l’abbandono fu tutt’altro che pacifico: le ipotesi circa le motivazioni dell’abbandono sono sempre le stesse, ma allo stato attuale delle conoscenze è pressoché impossibile da stabilire perché in quei pochi siti la rivolta fu così cruenta.
Chissà se si potrà stabilirlo in futuro.
 
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view post Posted on 26/2/2024, 18:41
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Per concludere, mi sembra che questo aforisma di José de San Martín, il Libertador di Argentina, Cile e Perù dall'oppressivo regime spagnolo, sia la descrizione, mutate poche parole, di quello che accadde tra le genti Maya del Petén tra la fine dell'VIII e il X sec.:

Il re ci diceva che se non potevamo comprare la legna da ardere dovevamo imbottirci,
che se non potevamo nutrire il nostro cavallo perché eravamo poveri non dovevamo averne uno,
che se nutrirci era costoso dovevamo mangia meno.
Quindi abbiamo deciso di risparmiare sui costi e di sbarazzarci del re.
 
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view post Posted on 27/2/2024, 10:56

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Discussione molto interessante.

Penso comunque che ormai il termine 'misterioso' potrebbe pure essere omesso, visti anche i risultati delle piu' recenti indagini, i motivi della crisi sembrano piuttosto chiari, come anche indicato qui sopra nel terzo intervento.

Questa vicenda mi pare il miglior paradigma relativo alla crisi di un popolo, rispetto ad altre meno indagate ma comunque simili (come ad esempio per l'isola di Pasqua).

Ed e' un sinistro presagio per tutta l'umanita'...
 
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view post Posted on 27/2/2024, 14:17
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CITAZIONE (giramella @ 27/2/2024, 10:56) 
Penso comunque che ormai il termine 'misterioso' potrebbe pure essere omesso, visti anche i risultati delle piu' recenti indagini, i motivi della crisi sembrano piuttosto chiari, come anche indicato qui sopra nel terzo intervento.

Ho volutamente inserito nel titolo l'aggettivo "misteriosa" perché in questo modo esso attira l'attenzione.
Non mi piace farlo, ma in questa sezione ho portato avanti un numero considerevole di argomenti e ho constatato che quelli che attirano lettori "devono" avere nel titolo quell'aggettivo.

Sono ben lontano dal considerarli argomenti misteriosi e/o poco studiati: uso quell'aggettivo per indurre un po' di gente a leggere qualche articolo in merito non scritto da Kolosimo, von Däniken, Churchward, Giacobbo e consimili misteriologi e/o fantacosi, come li ha soprannominati dceg.

Prova a consultare l'indice della sezione, vedrai credo 4 temi che ormai si possono definire "antichi", nel senso che li ho iniziati parecchi anni fa, e un paio di recenti che portano nel titolo quell'aggettivo: se non ricordo male gli "antichi" riguardano la lastra tombale di Pakal, i teschi di cristallo, il guerriero Maya con il fucile a mitragliatore e le sfere del Costarica.
Ebbene, mentre quasi tutti gli altri temi hanno avuto un numero esiguo di contatti e ancor meno di commenti, questi 4 se non altro hanno avuto un elevato numero di contatti.

Detto questo, preciso che non lo faccio per mia gloria: sto tentando di tenere vivo questo forum, che si sta spegnendo, non ostante l'impegno dei pochi attualmente rimasti a contribuire alla sua vita.
A giudicare dal numero dei contatti avuti da quando ho pensato di adottare questa tattica, mi pare di esserci un po' riuscito: mancano ancora i contributi, spero nel loro arrivo.

Sono d'accordo con te nel pensare che la vicenda che ho cercato di narrare sia paradigmatica dei risultati, per meglio dire dei guasti che l'umanità, così "evoluta" e "progredita" negli ultimi 10 secoli, sta combinando nel nostro pianeta.
Ho seri dubbi riguardo al vero significato di progresso: non credo che sia positiva l'interpretazione che viene data a questa parola dagli attuali tecnologi e tecnocrati, se studiassero attentamente la Storia forse capirebbero cosa intendo dire.
 
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view post Posted on 29/2/2024, 06:03
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Devo aggiungere qualche particolare importante e poco noto.

Benché tra la fine dell’VIII e il X sec. i “comuni” Maya abbiano abbandonato i centri urbani che abitavano, essi non persero la nozione di dove erano situati quelli che noi chiameremmo santuari, i luoghi e gli edifici nei quali avevano in precedenza praticato i loro riti sacri. I gruppi che si trasferirono in località al di fuori del Petén probabilmente portarono con sé almeno parte dei loro sacerdoti e tornarono a visitarli, deponendo offerte su di essi o sugli altari ancora visibili. E lo stesso fecero coloro che si erano dispersi in quello che rimaneva della foresta.

Infatti presso gli altari semisepolti in alcune rovine e all’interno di alcune grotte che, in base ai reperti del Periodo Classico in esse rinvenuti, si sa furono celebrati riti per impetrare la pioggia, assieme a reperti del Periodo Classico sono stati trovati residui di offerte e resti di vasellame antichi ma datati post abbandono, a volte anche di molto.
E non è tutto.

Nei confronti di alcuni siti la tradizione sopravvive ancora oggi, purtroppo il documentato volume di Joel W. Palka Maya Pilgrimage to Ritual Landscapes: Insights from Archaeology, History, and Ethnography, University of New Mexico Press (2014), 392 pag., si trova solo a pagamento, qui le prime 40 pagg., comunque interessanti

https://api.pageplace.de/preview/DT0400.97...4_A39989254.pdf

e qui si possono vedere alcune interessanti foto

https://www.thejugaadproject.pub/home/maya...al-in-guatemala

mentre qui si legge una descrizione dei riti che si tengono nella chiesa del convento francescano di San Juan Chamula, così come in tutto il Chiapas e in alcune aree del Guatemala

https://archive.archaeology.org/9707/etc/maya.html

Non è una prerogativa solo di quell’edificio: altre chiese situate nei territori nei quali vivono i Maya, quasi tutte annesse a conventi francescani e regolarmente officiate, ospitano tutti i giorni cerimonie e riti di antichissima tradizione, officiati dai sacerdoti e shamani Maya.
In genere i frati celebrano la messa al mattino presto, poi liberano la chiesa e lasciano che gli indigeni la utilizzino, in cambio del fatto che questi accettano la sacralità del luogo e degli altari, tenendoli perfettamente in ordine, accendendo candele e coprendoli di fiori freschi, “mascherando” le loro divinità sotto l’aspetto e le prerogative taumaturgiche dei santi ai quali gli altari minori sono dedicati, mentre quella che per i frati è la Santa Croce viene assimilata alla Sacra Ceiba, l’albero che costituisce l’Axis Mundi, vedi questo disegno ricavato dal bassorilievo scolpito all’interno del Tempio della Croce a Palenque

https://mayagodsoftime.com/wp-content/uplo...2-1280x1137.jpg

Traduco un passaggio dalla pagina della Tulane University, creata per presentare un simposio sui siti sacri dei Maya, svoltosi lo scorso 15 febbraio:
<< Le grotte e i cenotes fungevano da importanti spazi sacri dove i Maya potevano entrare in contatto con i loro dei durante tutto il periodo coloniale", scrive il partecipante al simposio John F. Chuchiak, professore associato di storia latinoamericana alla Missouri State University. "I Maya moderni continuano ad andare nelle caverne per offrire petizioni agli dei, così come ai loro antenati, che si ritiene vivano lì >>
 
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view post Posted on 29/2/2024, 12:29
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Trovo molto interessante e soprattutto molto significativo e bello come i Maya, malgrado la cristianizzazione spesso violentemente forzata, abbiano mantenuto vive tradizioni e credenze, parte integrante della loro millenaria cultura.
 
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view post Posted on 29/2/2024, 14:42
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Ho visitato un paio di volte la chiesa di San Juan Chamula e ho assistito ad alcuni dei riti che vi si svolgono, celebrati dai Maya.
Per prima cosa giova ricordare che il paese si trova nella regione degli Altos de Chiapas, a 2300 mt di altezza ed è circondato da foreste di conifere.
Gli alberi hanno coppie di foglie, quelle che chiamiamo aghi, lunghe più di 20 cm e i Maya li considera(va)no simbolo di immortalità, di rinascita, perché sempre verdi e in continua ricrescita, mano a mano che cadono al suolo: è lo stesso concetto legato dalla loro cultura e da molte altre a serpenti e crostacei, che cambiano rispettivamente pelle e carapace quando il loro corpo cresce e i "contenitori" diventano troppo stretti.

Ecco una foto della facciata della chiesa

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...uan_Chamula.jpg

Tornando alla chiesa e agli aghi di abete, ogni mattina poco prima dell'alba gli uomini di San Juan e dei villaggi vicini, a turno, si recano nei boschi e raccolgono un gran numero di sacchi di aghi verdi e li portano nella chiesa.
A fine messa, spostano i banchi e gli altari lignei mobili con le immagini dei santi e liberano tutto il pavimento, lasciando le immagini sacre in evidenza ma allineate lungo le pareti.
L'unico altare che viene ovviamene lasciato al suo posto è quello che noi chiamiamo Maggiore, che è in pietra e contornato dal grande retablo, la pala d'altare che copre l'intera parete di fondo di tutte le chiese cattoliche dell'America latina.
Ecco una mia foto del retablo della chiesa del convento francescano di Valladolid, città del Chiapas, non ho foto di quello di San Juan, altrettanto imponente e con colori sui toni del verde, il perché si capirà alla fine di questo racconto

DSCF0976


Una volta sgombrato i pavimento, lo ricoprono con gli aghi di abete, non a caso la specie si chiama Abies religiosa, lasciando a fianco del portone d'ingresso un gran numero di sacchi ancora pieni di aghi, perché l'intero pavimento viene spazzato più o meno ogni ora e ricoperto con un nuovo strato.

Inginocchiate sopra gli aghi ci sono intere famiglie di Maya, con in testa il loro shamano, che hanno liberato un piccolo spazio davanti a questi e vi hanno messo in piedi un certo numero di candele profumate e accese, poste a formare un triangolo, formazione che gli stessi membri del gruppo assumono.
Dato che stanno impetrando una grazia, le candele hanno colore e numero differente a seconda della richiesta che stanno inviando attraverso giaculatorie per noi ovviamente incomprensibili, dato che si esprimono in uno dei 22 dialetti delle 2 lingue Maya attuali.

Terminate le giaculatorie compare apparentemente dal nulla un galletto, al quale viene recisa la gola: lo shamano si riempie la bocca di guaro, l'acquavite locale, e la spruzza sul corpo del galletto, formando una nuvola che per un attimo viene incendiata dalla fiamma delle candele.
Subito dopo ripete l'operazione con un sorso di coca cola, che ovviamente non si incendia: mentre mi è stato spiegato che la funzione dello spruzzo di guaro e la fiammata sono evocative, quella dell'altro liquido mi è ignota.
Riprendono per un po' le giaculatorie, dopodiché il gruppo si alza e lentamente esce dalla chiesa.

Normalmente inginocchiate sul pavimento ho visto almeno 5 gruppi, perlomeno così è accaduto le due volte che sono entrato in quell'ambiente.

L'atmosfera ha veramente del magico, anche perché si è circondati dagli intensi profumi e dal fumo spigionati dalle candele e dalle vocalizzazioni sommessamente espresse attraverso le giaculatorie.

Preciso inoltre che quando sono entrato in quella chiesa, anni fa, era vietatissimo scattare foto e/o girare filmati:era presente una sorveglianza, discreta ma attenta e se un turista ci provava, rischiava una brutta avventura, del tipo una gragnuola di legnate prima di essere cacciato fuori, non certo con garbo.
Oggi non è più così, o meglio è stato dato il permesso ad alcune troupe professioniste di girare filmati illustrativi, eccone uno, girato nel 2022, la cui realtà però non rispecchia quella che ho incontrato io, forse perché in entrambe le occasioni il periodo delle mie visite era quello pasquale, che "grazie" alla cristianizzazione è diventato molto importante anche per i Maya, o forse perché si trattava di una messa in posa a beneficio di chi girava il filmato

www.facebook.com/watch/?v=653457222388193

Come si può vedere, nel filmato si vede l'altar maggiore illuminato da un numero incredibile di candele accese, cosa normale, ma le persone sono sedute, le persone e le candele non sono disposte a triangolo e le candele sono tutte incolori...
 
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view post Posted on 29/2/2024, 16:19
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Molto interessante. L‘atmosfera con le innumerevoli candele accese mi ha fatto tornare in mente la cripta della chiesa-fortezza di Notre-Dame-de-la-Mer a Les-Saintes-Maries-de-la-Mer nella Camargue, dove le volte sono annerite dalla fuliggine ed il calore è quasi insopportabile. Si tratta di un luogo di venerazione della Santa Sara nera patrona dei Roma, in cui si manifestano forme quasi paganeggianti.

Edited by dceg - 29/2/2024, 22:04
 
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view post Posted on 5/3/2024, 14:52
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Ho scritto in precedenza che recentemente sono emerse importanti novità in merito al perché e percome dell'abbandono delle città Maya del Petén e che avrei aperto una nuova discussione sull'argomento.

Tutto si basa su quanto è venuto alla luce nel sito del Belize chiamato Baking Pot e in particolare sul testo magnificamente dipinto su un vaso ridotto in frammenti, 82 dei quali sono stati rinvenuti.

Se vi interessa, l'ho appena iniziata qui

https://ostraka.forumfree.it/?t=80143925
 
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