Le precisazioni di carattere geografico e climatico viste in precedenza sono necessarie perchè la crisi della società Maya di cui ci stiamo occupando non avvenne simultaneamente in tutte e tre le zone in cui gli archeologi hanno suddivisa l'area che queste popolazioni occuparono tra il 1200 a.C. e il 900 d.C.
La prima zona che risentì della crisi, attorno al 780 d.C., è quella del Bacino del Petén, nelle Terre Basse meridionali, poi all'inizio del IX sec. la crisi si estese alle Terre Basse settentrionali e infine colpì le Terre Alte e la penisola dello Yucatán.
Le datazioni si possono stabilire con buona approssimazione, perchè i Maya avevano l'abitudine di scolpire date sui loro monumenti, in particolare sulle stele che erigevano nelle grandi piazze cerimoniali a ricordo di intronizzazioni o cerimonie celebrative: a Pomoná, periferia settentrionale del Petén, l'ultima data registrata è relativa al 780 d.C., ad Aguateca, Petén centrale, è relativa al 790, a Quiriguá, Terre Alte, l'ultima data è relativa all'810... etc.etc. fino ad arrivare a Uxmál, Yucatán settentrionale, ultima registrazione nel 907.
Ho scritto in precedenza che riguardo alle cause che determinarono questa crisi 'gli archeologi e gli storici avevano avanzato due ipotesi che sembravano non escludersi a vicenda: l'eccessiva deforestazione della zona avrebbe provocato cambiamenti climatici che causarono una gravissima carestia e ci sarebbe stata una rivolta sociale della gente comune che non sopportava più i gravosi carichi di lavoro impostigli dalla elite dominante.
Le scoperte e gli studi più recenti sembrano confermare entrambe queste ipotesi, o meglio, sembrano confermare la prima come causa principale di cui la seconda fu una conseguenza'.
Al fine di capire perchè si sta arrivando a questa conclusione, è necessario premettere che la crisi avvenuta nelle terre basse Maya tra la seconda metà del secolo VIII e la fine del sec. IX non è l'unica che ci sia testimoniata dalle rovine delle loro grandi città.
Ho brevemente parlato qui
https://ostraka.forumfree.it/?t=60226099&p=489694384 delle ultime eccezionali scoperte nel sito di El Miradór, una sito Maya che si trova nella regione del Petén, la zona più meridionale dello Yucatán (
http://es.wikipedia.org/wiki/Cuenca_del_Pet%C3%A9n), praticamente al centro delle terre basse meridionali.
El Miradór è un sito vastissimo, sviluppatosi a partire dal X sec. a.C., che raggiunse il suo apice tra il 200 a.C. e il 100 d.C., quando si stima avesse una popolazione di più di 100.000 abitanti, per poi venire improvvisamente abbandonato attorno al 150 d.C.
Analoga sorte fu condivisa da altri siti della zona, come Nakbé e El Tintál.
Il centro di El Miradór venne rioccupato verso la fine del VII sec. e abbandonato definitivamente alla fine del IX, ma questa rioccupazione portò all'insediamento di una piccola popolazione, probabilmente meno di un decimo degli abitanti del periodo di massimo splendore (vedi
http://en.wikipedia.org/wiki/El_Mirador).
La maggiore costruzione edificata durante quest'ultimo periodo raggiunge a malapena gli 8 metri di altezza, nulla a confronto dei più di 70 delle grandi piramidi edificate nel primo periodo.
Lo studio dei pollini presenti nei depositi di limo e fango dei bacini lacuali della zona sta fornendo dati molto interessanti, unitamente allo studio delle ossa degli scheletri ritrovati in varie località del Petén e alle scoperte effettuate nel sito di Cancuén (vedi qui per i suoi acquedotti
https://ostraka.forumfree.it/?t=58418340&p=490091448 e qui per ultime scoperte
https://ostraka.forumfree.it/?t=60365696).
Partiamo dallo studio palinologico.
I pollini studiati provengono dai fanghi presenti nel lago Puerto Arturo, situato nelle vicinanze di El Miradór.
Questi pollini ci dicono che fino a circa il 1200 a.C. nella zona predominava la foresta tropicale di alberi di alto fusto.
A partire da questa data, inizia ad incrementarsi la presenza di pollini di piante erbacee, che sostituisce quasi completamente quella del polline di alberi attorno al 350 a.C., per poi crollare attorno al 150 d.C. ed essere sostituita entro 100 anni dal polline di alberi.
Attorno al 1500 si ha un improvviso e per ora definitivo cambio di situazione, a seguito della deforestazione conseguente all'arrivo degli spagnoli.
Inoltre, l'analisi dei depositi di limo ci dice che tra il 350 a.C. e il 250 d.C. la percentuale di materiale portato dal vento cresce enormemente e sembra sempre più povero di humus, mentre prima e dopo prevalgono i materiali portati dalle acque e più ricchi di humus.
Sembra quindi di capire che nella zona si ebbero tre fasi: foresta tropicale secca con alberi ad alto fusto, deforestazione e prevalenza di piante erbacee, riforestazione.
In corrispodenza con la fase di deforestazione i suoli si impoveriscono, mentre con l'inizio della riforestazione i suoli si arricchiscono nuovamente.
Non solo, l'esame dei sedimenti e l'analisi delle dimensioni del bacino nelle varie epoche ha portato a concludere che durante la fase di deforestazione si ebbe un progressivo declino delle precipitazioni, declino che portò addirittura ad una lunga fase di siccità.
La fine della fase di massima deforestazione e conseguente siccità corrisponde con la 'piccola crisi' del bacino del Petén, la riforestazione spontanea è successiva all'abbandono dei siti locali.
Una situazione analoga, nella quale la fase deforestata si arresta alla fine del periodo postclassico (900 d.C.) ci viene testimoniata dall'analisi dei pollini presenti nei fanghi dell'antico bacino artificiale di Aguada Zacatál, nelle vicinanze di Nakbé.
Qui le fasi sembrano essere: prima del 1400 a.C situazione indisturbata, 1400.a.C. - 550-350 inizio della deforestazione, 550-350 a.C - 130-220 d.C. culmine della deforestazione, 220 d.C. - 950 d.C. ripresa della forestazione, 1400 d.C. - oggi nuova deforestazione.
I dati osteologici testimoniano che la 'plebe' Maya del periodo postclassico, cioè dopo il 600 d.C., soffriva di una progressiva fragilità ossea conseguente a livelli decrescenti di qualità nella nutrizione, a differenza delle ossa dei nobili.
In particolare, l'esame delle ossa delle 31 persone rinvenute smembrate nella cisterna di Cancuén, i cui corredi dimostrano chiaramente che appartenevano ad individui facenti parte della classe nobiliare, ha rivelato che esse erano 'forti e sane', tipiche di individui ben nutriti, a differenza delle ossa dei 12 individui rinvenuti nei dintorni del palazzo, che hanno rivelato uno stato di malnutrizione.
Indagini effettuate su resti ossei rinvenuti in altre località hanno dato risultati coerenti con questi.
Importanti sono anche le conclusioni tratte da indagini di tipo statistico condotte sui resti ossei e sul numero delle abitazioni presenti nei vari siti, correlate alla datazione degli stessi.
Queste hanno rivelato che a partire dal preclassico (250 a.C.) si ha un costante incremento della popolazione Maya, che in alcuni siti raggiunse nel periodo classico (200-600 d.C.) una densità incredibile, da 150 a 300 abitanti per kmq nelle zone rurali fino a 800-1000 abitanti per kmq nei dintorni dei centri urbani della regione del Petén (per confronto, oggi 1000 ab.per kmq è la densità della popolazione nella contea di Los Angeles, USA).
A partire dall'inizio del periodo di crisi, la popolazione subisce una drastica diminuzione: si è calcolato che nel 950 d.C. almeno il 90% della popolazione Maya fosse scomparso.
Si pensi che oggi la provincia guatemalteca del Petén, che misura quasi 36.000 kmq, conta circa 300.000 abitanti: con una densità media di 50 ab.per kmq. come quella stimata dell'epoca Maya classica, ne conterebbe quasi 2 milioni.
Anche l'analisi dei resti ossei di animali da carne utilizzati per l'alimentazione ci aiuta.
Dall'inizio del periodo di crisi la percentuale di ossa di grandi animali catturati con la caccia, daini, cervi, tapiri, formichieri etc. decresce drasticamente all'interno dei depositi di scarti di ambito domestico, mentre resta costante all'interno degli immondezzai dei grandi palazzi.
La 'plebe' doveva accontentarsi di modeste quantità di carne di piccoli animali, conigli, coati e volatili in genere, la carne dei grandi animali veniva riservata alla elite nobiliare.
Contemporaneamente, l'elite aumentava di numero ed esigeva sempre più lavoro coatto al fine di costruire i grandi palazzi e le gigantesche piramidi.
Era un serpente che si mangiava la coda: occorreva una grande quantità di legname per calcinare le pietre necessarie a produrre la malta per stucco e materiale cementizio e questo portava ad incrementare vieppiù la deforestazione, causando ulteriore impoverimento dei suoli e aumentando con tutta probabilità la siccità.
Nel momento di massimo splendore, i pavimenti e le facciate dei grandi palazzi erano coperti da uno strato di stucco dello spessore di più di 30 cm e per produrre stucco sufficiente a coprire un mq di superficie era necessario il legname che potevano dare fino a 20 grandi alberi.
Nelle ultime costruzioni, si constata un evidente assottigliamento dello strato di stucco, il cui spessore diventa circa un terzo di quello 'classico'.
Quanto testimoniato dai ritrovamenti del sito di Cancuén ci dice che con tutta probabilità la popolazione circostante si ribellò e massacrò i regnanti e la classe nobiliare.
Non si spiega altrimenti il disinteresse dimostrato per i preziosi beni indossati dalle 31 persone i cui resti furono gettati nella cisterna: che valore poteva avere una collana o una placca di giadeite per un contadino?
Evidentemente, i ricchi mercanti e i nobili, che abitavano il centro e soprattutto il gigantesco palazzo, cercarono di difendersi facendo costruire il muro rimasto incompleto, ma o non fecero a tempo a terminarlo o forse addirittura la manovalanza necessaria si rivoltò unendosi ai ribelli, chissà...
Pochi altri siti di città Maya dimostrano un tentativo del genere, quasi tutti mostrano di essere stati abbandonati quasi improvvisamente, senza che si possano rilevare segni di lotta o di tentativi di costruire muraglie difensive.
Inoltre, nel periodo postclassico (600-900 d.C.) si assiste ad un progressivo degrado nella qualità di esecuzione dei lavori lapidei e della produzione delle celebri terracotte.
Le prove raccolte finora ci dicono che il territorio diventava sempre più improduttivo, a causa di siccità ed impoverimento dei suoli, che l'agricoltura e la caccia non riuscivano più a sopperire alle esigenze alimentari della popolazione e che di conseguenza la gente comune soffriva la fame, mentre l'elite nobiliare andava sempre più aumentando di numero ed esigeva una sempre maggiore quantità di forza-lavoro e di beni di consumo.
E' possibile anche che a causa dello stato di denutrizione in cui versava la gente comune si siano diffuse epidemie, anche se non ho notizia di dati in tal senso.
Sta di fatto che il numero degli abitanti delle terre Maya crollò drasticamente, una situazione ben peggiore di quella provocata in Europa dalla grande peste nera eurasiatica del '300.
Probabilmente, causa di questo crollo fu l'eccessivo sfruttamento delle risorse del territorio, la deforestazione portò all'impoverimento dei suoli e alla siccità, causando una variazione climatica con conseguente grave dissesto idrogeologico.
Mi sembra di ricordare che anche nella Grecia classica sia accaduto, pur con conseguenze meno devastanti sulla popolazione, qualcosa di analogo, tanto da far parlare Platone, nel Crizia, dell'Attica come di 'uno scheletro devastato da una grave malattia'...
Corsi e ricorsi?