|
|
| Sottolineo il fatto che se la vicenda raccontata a Braghò dall'anonimo italiano che vive in Inghilterra corrisponde a verità, Deleuze curò tutti gli aspetti della trattativa con la ndrina che rapì Paul Getty III e che portò al "trasferimento" del III bronzo a Malibù, dove si trova la sezione di arte antica del Getty Museum, o più verosimilmente presso l'altra sezione, il Getty Center che si trova su una collina di Los Angeles.
Perciò se il racconto corrisponde a verità, detto bronzo, al pari di molte altre opere citate nell'articolo del Giornale dell'Arte di cui ho trascritto in precedenza l'indirizzo, oggi si troverebbe nei depositi dei due musei situati forse da qualche parte a Los Angeles, chissà se sotto il Getty Center (nb: il Getty Trust controlla anche altre 3 istituzioni...). Ecco uno dei motivi per cui non ne è mai stata permessa la visita a magistrati stranieri e forse a nessuna persona estranea al personale del museo di più alto grado.
Mi sono sempre chiesto quale possa essere la motivazione che spinge istituzioni museali così famose e importanti a detenere oggetti acquistati illegalmente e talmente noti da non poter essere esposti al pubblico: potrei sforzarmi di capire, senza comunque accettarle, le motivazioni che possono spingere un privato ad ammirare da solo o assieme a pochi fidatissimi intimi oggetti di simile provenienza e impossibili da esporre in pubblico. Ma una grande istituzione, creata nel 1953 da Jean Paul Getty (non John come molti scrivono) e ha la struttura di un Trust Indenture (A trust indenture is an agreement in a bond contract made between a bond issuer and a trustee that represents the bondholder's interests), inizialmente controllato dallo stesso fondatore,il bondholder, ma dopo la sua morte (1976) amministrato da un consiglio di 13 persone quale interesse può avere a continuare una simile "tradizione"?
|
| |