CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 3/4/2020, 07:31)
E' qui che casca l'asino: quello del perduto rilievo milanese non è affatto un bastone come finora si è univocamente creduto, ma si tratta di un "accessorio" proprio dei Lupercalia. Materialmente credo sia un grosso corno (mi pare inevitabile intenderlo di bovide, ma anche qui ci si potrebbe ragionare), comunque un oggetto legato ad una iconografia precisa. I confronti in questo senso, per collegarlo al particolare rito, non chiedermeli a memoria ma ricordo che li avevo trovati, ci sono.
Possibile, certo; tuttavia, sarei comunque curioso di vedere, lì dove secondo te l'asino casca, come se la cavano le altre cavalcature. Personalmente, continuavo ad avere in mente almeno un'iconografia che poteva ricordare questa immagine, e finalmente, pensa che ti ripensa, l'ho ripescata dalla rete:
https://en.wikipedia.org/wiki/Maenad#/medi...lungen_2645.jpg.
Contesto totalmente diverso, mi potresti dire, e sarei assolutamente d'accordo con te: qui siamo in campo ceramografico, greco, di fine età arcaica; qui abbiamo un personaggio femminile, con tirso e con un leopardo stretto nella mano. Ma il succo è quello che mi interessa: simili personaggi del corteo di Dioniso, che nelle loro frenetiche danze maneggiano piccoli felidi (o meglio, felidi rappresentati più piccoli che nella realtà), e che sembrano pure colpirli a bastonate, sono già presenti nella tradizione artistica greca (ai cui modelli, com'è noto, l'arte romana d'età imperiale spessissimo attingeva).
Per quanto riguarda, invece, l'iconografia dei Luperci, online non sono riuscito a trovare nulla che corrispondesse anche solo lontanamente a questa immagine. Ho rintracciato un articolo dove si raccolgono alcune delle (poche) immagini di Luperci note dall'arte romana, e in tutte i protagonisti sembrano essere nudi, o con al massimo un semplice perizoma che gli cinge la vita, nell'atto di agitare strisce di pelle di capra, con cui talvolta colpiscono soggetti femminili. Di sacrifici di cani (e in particolare di cani tipo Spitz) non vedo raffigurazioni. Qui il link da cui poter scaricare il pdf:
www.otium.unipg.it/otium/article/view/38.
E a tal proposito mi chiedo: ma è corretto il ragionamento con cui ci siamo ostinati a parlare di un piccolo cane sacrificato con un colpo di bastone/corno?
Innanzitutto, la questione del "cagnolino": se andate a rileggervi il testo di Plutarco, noterete che c'è una questione terminologica che mi fa un po' pensare. Perché per i Lupercali romani Plutarco parla sempre di un generico
kyon ("cane"), e mai di un
kynidion ("cagnolino") o di uno
skylax ("cucciolo")? Chiedo perché, in tutta l'antichità classica,
kynidion è proprio l'appellativo più tipico per indicare il cane di tipo Spitz. I cuccioli, invece, li tira in ballo solo quando parla dei sacrifici a Ecate nel mondo greco, e mi dà l'idea che questo parallelo l'autore lo abbia fatto più per il valore catartico attribuito alla morte di questi animali, che non per il fatto che in entrambi i sacrifici si offrissero cuccioli. Se proseguite nella lettura, infatti, noterete che quello della purificazione non è l'unico motivo addotto per spiegare il sacrificio del cane: lo scrittore tira in ballo anche il richiamo alla lupa (di cui il cane è sempre stato rivale), il fatto che i cani potevano correre dietro ai Luperci, disturbandone il rito, e ancora il fatto che il cane potesse essere inteso come un'offerta a Pan, protettore delle greggi.
In soldoni, ho la sensazione che il povero Plutarco non avesse la benché minima idea del perché si offrisse in sacrificio un cane durante i
Lupercalia (ma lo perdoniamo, se si considera che a) non era nativo di Roma e b) visse molti secoli dopo l'istituzione dei primi
Lupercalia...). Personalmente, se dovessi andare a senso, credo che immaginerei per questo sacrificio più un cane da pastore (più che altro per il valore simbolico che potrebbe rivestire, data la compresenza di riferimenti a capre e lupi nel rito). Ma certo, neppure io qui ho riferimenti sicuri, la mia è solo un'idea, che dubito potrebbe trovare un serio riscontro (ammesso e concesso, poi, che una razza di cane specifica fosse davvero prescritta per questo rito, cosa che nessuna fonte mi pare ci riporti).
Inoltre, c'è poi il problema del bastone/corno. Forse mi sono perso io qualcosa, ma chi ci dice che questo strumento fosse "proprio dei
Lupercalia", e che fosse utilizzato nel sacrificio dei cani? Chi ci dice che i cani fossero uccisi a bastonate durante il rito, e non per esempio sgozzati sopra un altare? Anche questi sono dettagli che, almeno secondo me, qualche conferma la richiederebbero. Anche perché, in alternativa, il rischio sarebbe quello di stare qui a ricostruire un aspetto al momento inedito dello svolgimento dei Lupercali, a partire da un'unica immagine che non è neppure affatto certo che rappresentasse un Luperco nell'atto di fare un sacrificio...
CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 3/4/2020, 07:31)
Per questo la conferma, anche da parte spagnola sebbene fossero un po' di anni che come tendenza la notizia circolava, che i cagnolini oggetto di forme di sacrificio in ambito romano fossero soprattutto volpini semplicemente offre la possibilità di chiudere il cerchio, almeno in termini di prudente ipotesi
Anche qui, ma di questa cosa siamo sicuri? Di che numeri e casistiche stiamo parlando? Si analizzano contesti rituali ben precisi o ci si butta dentro un po' di tutto, senza fare i necessari distinguo? Perché la cagnolina sepolta accanto alla tomba di un bambino non so quanto possa avere a che fare con rituali come quelli descritti nei
Lupercalia... C'è poi anche l'aspetto osteologico da considerare: trovare ossa di un piccolo cane non significa automaticamente aver rinvenuto un cagnolino tipo Spitz, perché di razze di piccola taglia all'epoca ce n'erano diverse, e nella loro identificazione gioca un ruolo non da poco l'impossibilità di ricostruire i tessuti molli, e con essi molti dei fenotipi che si perdono con la morte (es. forma delle orecchie e del naso, tipo di pelo etc.).
CITAZIONE (LAVORI ARCHEOLOGICI @ 3/4/2020, 10:33)
Sai che questa storia della precarietà della conservazione del rilievo non mi convince? Mi ha fatto venire il ghiribizzo di tornare a vedere cosa ne avesse effettivamente scritto e disegnato l'Alciati.
Le parole a cui faccio riferimento sono quelle dell'articolo di Jstor che ho postato, e che alla fine riporta anche lo stralcio (in versione originale) di tutte le fonti che il Franzoni via via cita nel suo studio. Tuttavia, un dettaglio interessante in questo manoscritto c'è: mi riferisco al disegno del rilievo, in cui l'animale è senza dubbio meno marcatamente "leonino" nel capo, rispetto a quello del Grazioli (sec. XVIII). Tale differenza potrebbe tuttavia essere anche imputabile al tratto dell'autore, che ha praticamente fatto quasi uno schizzo della figura. Questo mi fa riflettere una volta di più sul problema delle riproduzioni da originale, perché, fatto così, il muso perde molta della sua caratterizzazione. Resta comunque il dettaglio vistoso della coda, che sarebbe totalmente nuovo per qualsivoglia razza di cane a me nota. E resto convinto che l'unica soluzione per dirimere la questione sarebbe quella di rintracciare l'originale, per essere sicuri di poter esaminare l'immagine (e il dettaglio dell'animale) per quello che realmente è.