Ad uso di chi non è pratico di antico folklore cinese.
Per capire quanto seguirà, è utile, se non addirittura necessario, leggere questo racconto
https://ostraka.forumfree.it/?t=77032351Ecco uno dei racconti, in 3 parti, dai quali ho ricavato la mia fantasiosa, ma non tanto, versione.
È necessario fare una premessa.
Alcuni tra i più grandi fiumi del mondo, Brahmaputra, Mekong, Cháng Jiāng, a noi noto come Yángzī Jiāng, il Fiume Azzurro o Yangtsze Kiang in Wade – Giles, e Huáng Hé, il Fiume Giallo, Huang Ho in Wade – Giles, hanno le loro sorgenti attorno o sull’altopiano del Tibet.
In particolare, Cháng Jiāng e Huáng Hé nascono su versanti opposti della catena dei monti Kunlun, che segna il margine settentrionale dell’altipiano, correndo da est a ovest.
Le culture più antiche che fecero della giada nefrite la loro pietra totemica si svilupparono in tre zone dell’attuale Cina: la Mongolia Interna, laddove viene bagnata dallo Huáng Hé , la zona in prossimità della foce del medesimo fiume e quella in prossimità della foce del Cháng Jiāng.
In tutti i tre casi, vennero utilizzati i ciottoli di giada trasportati dai due fiumi e provenienti dalle vene esistenti sui monti della catena del Kūnlún.
Per questo motivo, nelle antiche leggende relative al luogo di provenienza della nefrite e a chi ne controllava la distribuzione, i due fiumi giocano spesso lo stesso ruolo.
Non c’è quindi da meravigliarsi se, nel racconto che trascrivo di seguito, tratta dallo a essere indicate come luogo di residenza di Xīwángmù, la Grande Madre dell’Occidente, sono le sorgenti del Fiume Giallo, non quelle del Fiume Azzurro, come invece appare nei 3 racconti che ho pubblicato in precedenza.
Il racconto che trascrivo proviene da un testo intitolato Qian Han Liu taizi zhuan, cioè Tradizioni relative al Principe Ereditario Liu degli Han Anteriori (prima di ascendere al trono, si chiamavano tutti Liú + il nome proprio), ritrovato nelle grotte di Mogao, vicino alla città di Dūnhuáng.
La versione che riporto, una traduzione semplificata di un antico testo cinese, è a cura del prof. Alfredo Cadonna, oggi in quiescenza, già alla Ca’ Foscari di Venezia, nel Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea.
Lo Shījì, cioè Memorie Storiche, citato all’inizio del racconto fu scritto durante il regno dell’Imperatore Han Wù (140 – 80 a.C.), sempre della dinastia degli Han Anteriori, che quand’era ancora principe ereditario si chiamava Liú Chè.
Lo Shījì narra le vicende più o meno leggendarie della Cina, a partire da Huángdì, il mitico Imperatore Giallo che avrebbe regnato tra il 2697 e il 2597 a.C., per arrivare all’epoca contemporanea a Han Wù.
Parte I Le sorgenti del Fiume Giallo e la pietra del telaio celesteSi narra nello Shījì che l’Imperatore Wù degli Han diede l’ordine al ministro Zhāng Qiān di apprestargli bagagli e provviste e di partire alla ricerca delle alte sorgenti del Fiume Giallo.
Quando lo venne a sapere, la Xīwángmù fece una grande risata e disse: “il Fiume Giallo sgorga dalle viscere del Kūnlún, il monte che si innalza per 3360 decine di migliaia di lí. Anche se ci dedicassi l’intera vita non riusciresti ad arrivarci. Puoi dunque tornare alla capitale; ti darò questa pietra che sostiene il telaio (1) come dono per il tuo sovrano.”
Seguendo il consiglio, Zhāng Qiān fece ritorno con la pietra alla capitale, dove fece all?Imperatore un resoconto completo su quanto aveva detto la Xīwángmù.
Presa la pietra, l’Imperatore convocò nella sala delle udienze i ministri della coret e chiese chi di loro fosse in grado di riconoscerla.
La riconobbe Dōngfāngshuò (2): “Questa è la giada che sosteneva il telaio della Xīwángmù! Come è arrivata fin qui?”
Il viso di drago del sovrano emise allora bagliori di gioia. L’Imperatore conferì a Zhāng Qiān il titolo di “Pacificatore delle Regioni Remote”.
Parte II Le pesche della XīwángmùGiunta la 7 ª notte del 7° mese, la Xīwángmù, con il capo ornato d’un settuplice sheng (3) e di fiori, arrivò con un carro decorato con mica (4) nella sala delle udienze. Quando la vide volteggiare nel vuoto, l’animo del sovrano si turbò, infatti non aveva ancora ottenuto di diventare un immortale.
La Xīwángmù recava con sé cinque pesche, che offrì all’Imperatore nella sala delle udienze. Il sovrano mangiò i frutti e invece di gettare i noccioli li conservò nella mano.
“Perché non gettate via i noccioli, Maestà?” chiese la Xīwángmù. Il sovrano rispose “Il sapore di queste pesche mi è parso delizioso; voglio piantare i semi nel giardino del Palazzo.”
La Xīwángmù si mise a ridere e disse rivolta al sovrano: “Una volta piantati i semi sono necessari 1000 anni perché la pianta cominci a spuntare dal suolo, 2000 anni perché cominci a crescere, 3000 anni perché cominci a mettere i fiori, 4000 anni perché produca dei frutti, 5000 anni perché i frutti maturino. Dal momento che la vostra vita non oltrepasserà i cento anni, ditemi Maestà, le pesche che adesso volete piantare chi le mangerà?”
Proprio in quel momento si trovava a passare di lì Dōngfāngshuò, il quale dette un’occhiata nella sala. La Xīwángmù lo indicò al sovrano dicendo: ”Quand’era bambino, costui venne a tre riprese sotto il mio albero a rubare le pesche. Ogni volta riuscivo ad acciuffarlo e lo legavo a un piede del telaio. Poi lo lasciavo andare. Adesso eccolo qui, diventato ormai adulto!”
Parte III La bruttezza dell’immortale Péngzù (5)L’imperatore disse rivolto a Dōngfāngshuò: “Hai la vita corta, Ministro.” “Come fate a sapere che non vivrò a lungo, Maestà?” chiese Dōngfāngshuò. “ho letto il Trattato di Fisiognomia di Xu Fu dove si dice: se fra il naso e il labbro c’è lo spazio di un pollice, si vivrà per cento anni. Lo spazio sotto il tuo naso non è neanche un pollice, ecco come faccio a saperlo.”
Udite le parole del sovrano, Dōngfāngshuò si piegò a terra per il gran ridere. “ho detto che la tua vita sarà breve” disse l’Iperatore, “che cosa ci trovi da ridere?” “Non oserei mai ridere delle Vostre parole, Maestà”, disse Dōngfāngshuò, “rido penasndo all’eccezionale bruttezza di Péngzù.” “Tu non haio mai visto Péngzù” disse il sovrano, “come fai a sapere che era brutto?”
“Secondo quello che avete appena detto, Maestà, se sotto il naso c’è lo spazio di un pollice, si vivrà per cento anni; ebbene io ho letto il Zhoushu, dove si dice: Péngzù visse 700 anni. Una longevità di 700 anni doveva comportare uno spazio di sette pollici sopra il labbro superiore; e una bruttezza più che certa!”
L’Imperatore riferì il discorso alla Xīwángmù e insieme si fecero grandi risate.
Note(1) Come divinità legata al mondo femminile, Xīwángmù aveva anche il titolo di Tessitrice Celeste, che i cinesi identificano nell’asterismo in corrispondenza di Vega e della nostra costellazione della Lira, che solo una volta all’anno si riunisce con il Mandriano, l’asterismo in corrispondenza di Altair e della nostra Aquila.
Ora chiedo aiuto a Righel, che ho visto mi sta seguendo.
I testi dicono che le due stelle, e quindi i due asterismi, sono situati ai lati opposti della Via Lattea, e l’incontro avviene durante “il 7° giorno del 7° mese” lunare del calendario cinese, vedi alla fine del mio precedente racconto quanto ho scritto a proposito dell’Imperatore Wu e del banchetto a base di cervi bianchi, che alcuni testi specificano essere avvenuto in quel giorno del primo anno dell’era Yuanfeng, vale a dire nel 110 a.C.
La sera del 7° giorno del 7° mese del calendario lunare cinese, quando Altair e Vega si trovano particolarmente vicine, si tiene la festa del Qīxì jié, “festa delle stelle innamorate”, equivalente al nostro San Valentino.
Essa è passata anche nel calendario giapponese e viene celebrata il 7 luglio con il nome di Tanabata Matsuri, che è la traduzione giapponese degli ideogrammi di Qīxì jié e ha lo stesso significato come ricorrenza.
La festa trae origine da un’altra bellissima leggenda cinese, forse il prossimo racconto sarà ad essa legato.
(2) personaggio che aveva la carica di fāngshì, cioè Maestro del Dao
(3) lo sheng indossato dalla Xīwángmù sembra fosse un diadema costituito da sette coppie sovrapposte di dischi di giada bianca, ogni coppia legata da una stretta corda. Esso è probabilmente legato all’identificazione della dea come “tessitrice”, secondo gli esegeti occidentali perché la composizione suggerita dai dischi sarebbe riconducibile alle spole usate nella tessitura a telaio. Per quanto ne so, un modo per tessere è quello di usare come spole appunto delle tessere di pietra, opportunamente forate e manovrate e forse i dischi intrecciavano le corde dalle quali erano “legati”. Ho assistito al lavoro di una signora che utilizzava questa tecnica, nota da reperti archeologici del Neolitico. La signora utilizzava come telaio la sua schiena e il dito alluce del piede sx e tessere di giadeite… Tessera deriva dalla parola greca che indicava il quadrato ed è passato in latino ad indicare le pietruzze utilizzate per comporre i mosaici e forse deriva dalla stessa radice del verbo tessere, radice che significa comporre, vedi
www.etimo.it/?term=tessera e
www.etimo.it/?term=tessere.
(4) Questa serie di racconti è di derivazione daoista, non a caso uno dei protagonisti è il Maestro daoista di corte Dōngfāngshuò. Ho scritto in un altro racconto che i daoisti praticavano, secondo certe condizioni prescritte, l’ingestione di polvere di giada. Non era l’unico minerale che ingerivano, anche la mica entrava in queste pratiche. Distinguevano 5 ti pi di mica, da ingerire in periodi differenti dell’anno, quella in cui, se osservata controluce, predomina il verde in primavera, per esempio. Uno dei sistemi utilizzati era quello di ridurre il minerale a polvere finissima assieme alla giada dello stesso colore, poi mescolato a cannella, aglio e acqua purissima, per poi bere il “frullato” così ottenuto.
(5) Si tratta di una figura leggendaria, un uomo considerato un “santo” dai daoisti, che sarebbe vissuto per più di 700 anni all’epoca della dinastia Shāng, XVI sec. – 1046 a.C.
Edited by Usékar - 6/11/2019, 07:50