| Anche ragionando così, tanto per fare due amichevoli "chiacchiere da bar", ti sottoporrei comunque alcuni problemi (in parte già emersi anche nella discussione del 2011), che è sempre bene avere presenti quando si parla di ricostruzione dell'antico, e che anche il tuo ipotetico architetto dovrebbe porsi:
1) Ricostruire che cosa?
Come tutti i monumenti dell'Urbe, anche i Fori Imperiali non sono mai stati una realtà "statica", ma sono cambiati nel tempo, insieme con la topografia e le infrastrutture circostanti. Tanto per fare un esempio: agli inizi del IV secolo d.C. il Foro di Traiano fu privato di alcune statue di barbari daci prigionieri, che furono reimpiegate sulla sommità del vicino Arco di Costantino. Dunque occorrerebbe rifare il Foro così com'era prima dell'età di Costantino o andrebbe bene anche quello senza prigionieri? E come ci dovremmo relazionare al "Foro della Pace", che di fatto è stato compreso fra i Fori Imperiali proprio a partire dal IV secolo d.C.? Tecnicamente, infatti, questa dicitura è alquanto tarda, e le fonti ci dicono che Vespasiano realizzò un Templum Pacis, non un Forum Pacis. C'è poi anche il problema del Foro di Cesare, che di solito viene incluso fra i Fori Imperiali, anche se, di fatto, Cesare non fu mai un imperator nel senso in cui noi lo intendiamo comunemente oggi.
2) Ricostruire come?
Qui si pongono almeno due problemi differenti:
a) i materiali: se uno volesse propendere per i materiali antichi, dove troverebbe un quantitativo sufficiente (di reimpiego, ma necessariamente anche di buona qualità) per ricostruire un'opera tanto colossale e complessa, senza andare a demolire una parte di quello che ancora è in piedi? Considera peraltro che molti dei pezzi originali di questi monumenti furono spoliati nel Rinascimento, per andare a realizzare gli apparati decorativi di molti edifici ecclesiastici (ma non solo) di tutta la città di Roma... Se uno invece volesse usare nuovi materiali (es. cuocere nuovi mattoni con le tecniche antiche, fondere nuovi bronzi, cavare nuovi marmi colorati in tutta l'area mediterranea etc.), si ritroverebbe a dover preventivare spese pressoché insostenibili. Non va dimenticato, infatti, che i Romani realizzarono tanta magnificenza anche perché disponevano di un enorme e (quasi) continuo flusso di ricchezze, che in larga misura gli veniva dai bottini di guerra sottratti ai paesi sottomessi.
b) la decorazione: come si potrebbero ricostruire i Fori Imperiali, senza conoscere nel dettaglio la loro fisionomia e senza avere la certezza di come dovessero apparire ed essere disposte le centinaia e centinaia di opere d'arte (molte delle quali in materiale prezioso) e gli apparati decorativi che caratterizzavano questi edifici, e che le fonti talvolta neppure ci nominano? Penso, per esempio, alle esatte fattezze e alla disposizione dei ritratti dei summi viri esposti nel Foro di Augusto, o anche solo alla composizione effettiva della Forma Urbis severiana, la gigantesca "carta catastale" in marmo che, dagli inizi del III secolo d.C., decorava un'ala del Templum Pacis (e di cui noi oggi possediamo frammenti utili a ricostruire appena il 15% della superficie totale). Il rischio di un'operazione come questa sarebbe quello di dover necessariamente ricorrere a una gigantesca e diffusa invenzione, atta a colmare le immense lacune che ancora oggi permangono nella conoscenza dei monumenti di Roma antica... Ma allora, mi verrebbe da dire, a che pro? Sarebbe una ricostruzione verosimile o di fantasia? E, se di fantasia si trattasse, che senso avrebbe investirci?
3) Ricostruire perché?
Ricostruire l'antico è stato, nel tempo, il sogno (o meglio, l'illusione) di molti architetti, che coltivavano l'idea di riportare all'originario splendore le rovine di un passato glorioso, come se quell'operazione potesse restituire qualcosa al prestigio e all'autorità politica della nazione a cui appartenevano. Una cosa del genere fu fatta anche con l'Acropoli di Atene, dove a un certo punto si decise di ricostruire il Partenone e gli altri monumenti dell'Acropoli periclea, cancellando di fatto, con un colpo di spugna, tutta la storia romana, bizantina e ottomana che aveva caratterizzato quel sito archeologico. Questo ha contribuito a creare un enorme falso storico, e che ancora oggi viene venduto agli ignari turisti in visita ad Atene per quello che non è. Le rovine, inoltre, sono importanti anche proprio così come appaiono, perché la loro stessa immagine ed esistenza ha fatto la storia del paesaggio e del territorio in cui sono immerse, e la loro distruzione e/o trasformazione ha contribuito a scrivere una nuova e fondamentale pagina della loro biografia, portando a una diversa percezione del loro aspetto e del loro ruolo: se, da un lato, il Pantheon, salvato dalla conversione in chiesa nel VII secolo d.C., ha ispirato architetture quali la Basilica di San Francesco de Paola in Piazza del Plebiscito a Napoli, le rovine di Paestum o le Piramidi di Giza, seppur depauperate di molti materiali e non più fedeli alle loro antiche sembianze, hanno comunque contribuito a diffondere nel mondo quella "immagine da cartolina" che noi tutti abbiamo in mente quando pensiamo a questi siti.
Dunque, se il restauro ricostruttivo di una rovina si configura inevitabilmente (in questi casi così antichi e poco documentati) come la creazione di un falso storico, come definiremmo l'edificazione ex novo di un monumento oggi allo stato di rudere? E poi, cosa ancor più importante: quale senso avrebbe ricreare solo i Fori Imperiali e per di più fuori dalla città di Roma, nel bel mezzo del nulla? Come per Dceg, più che a una nota di orgoglio nazionale, anche a me la sola idea farebbe pensare a una "Disneyland dell'antico" (o a una nuova Cinecittà, buona al massimo per qualche set cinematografico): una vera e propria "cattedrale nel deserto", di cui anch'io non percepirei minimamente l'utilità né il senso.
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