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Māori: il mito della colonizzazione della Nuova Zelanda

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view post Posted on 14/4/2021, 19:39
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Prima di iniziare a leggere questo racconto, è bene leggere l’introduzione https://ostraka.forumfree.it/?t=78423638

Io che racconto mi chiamo Pōtatau, sono un Māori, cioè “uno dei normali” nella lingua degli haole pakeha, gli “spregevoli invasori” pallidi, dai capelli color dell’erba secca e gli occhi del color del cielo, arrivati sule grandi canoe spinte dal vento.
Appartengo alla tribù o iwi, come la chiamiamo noi normali, Wherowhero e porto il nome dell’antico capotribù che nel 1858 fu eletto primo re di Kingitanga, l’unione di tutti i Māori di Te Wāhi Pounamu (l’isola della pietra verde, vedi oltre), l’isola che i pakeha chiamarono Isola del Nord, mentre chiamarono Isola del Sud la nostra Te Ika-a-Māui (la casa di Maui, vedi uno dei prossimi racconti).

Nelle mie vene scorre il sangue di Ngahue, il primo capo che fece migrare la sua intera tribù dalla nostra terra d’origine, Hawaiki, che si trova molto lontano da Aotearoa, quell’insieme di isole che i pakeha chiamano Nuova Zelanda.

Non sono un pescatore e nemmeno un guerriero, all’interno del mio whānau, quello che gli invasori pakeha chiamano clan, sono un uomo sacro, il mio compito è quello di conservare e riequilibrare il mana, lo spirito sacro che pervade tutto il whānau e lo tiene unito.
All’interno della potente iwi/tribù Wherowhero, il mio whānau/clan è uno dei maggiori, per cui io sono uno degli uomini sacri più rispettati, come dicono i pakeha.
Tra di loro, sono quello che è stato educato alla conoscenza della nostra storia e delle nostre origini, per cui devo ripetere molto spesso questi racconti al mio discepolo, affinché li impari bene a memoria.
Li debbo ripetere anche a tutta la tribù, ogni volta che ci raduniamo tutti nella nostra wharenui, la grande casa del whānau/clan, perché tutti conoscano e ricordino la nostra storia e le nostre origini.

Te Wāhi Pounamu, l’isola delle pietra verde, venne scoperta molti, molti anni fa, dal nostro grande navigatore Kupe.
Egli vi approdò dopo una lunga traversata a vela, partendo dalla nostra terra ancestrale, Hawaiki.
Poiché nel momento dell’approdo una gigantesca nube bianca avvolgeva tutta l’isola, Kupe la chiamò Aotearoa, che nella lingua degli haole pakeha, gli spregevoli invasori, significa la terra della grande nube bianca.
Kupe tornò poi a Hawaiki e raccontò della sua scoperta, ma solo molti anni dopo il Grande Ngahue, in una splendida giornata di sole, dopo una lunga navigazione a bordo della sua waka tīwai, una canoa da pesca, come la chiamano i pakeha, approdò ad Aotearoa e vide che era un vero paradiso disabitato.

Ngahue era un uomo alto e forte, un vero grande capo, con famosi segni moko e kirituhi sul viso e sul corpo, quelli che i pakeha chiamano tatuaggi, eseguiti con la dolorosa tecnica del whakairo, che utilizza taglienti scalpelli per provocare ferite che vengono riempite di polvere di carbone, per lasciare evidenti cicatrici nere sulla pelle, che i pakeha chiamano scarificazioni.

Tatuaggi facciali di segni moko, eseguiti con la tecnica più semplice e meno dolorosa, chiamata puhoro.
La tecnica whakairo, molto più dolorosa, produce scarificazioni in rilievo, molto più che semplici tatuaggi.
I segni moko sono riservati ai soli veri Māori, le loro volute rappresentano i germogli di felce arborea, il koru o felce d’argento.

http://tatuaggisulweb.it/wp-content/upload...aorisTattoo.jpg

Al suo primo approdo, Ngahue trovò un grande masso di pounamu, quella pietra verde che i pakeha chiamano giada nefrite.
Appena vide il masso, da esso si staccò come per magia, un grosso blocco, che Ngauhe raccolse.
Solo molto tempo dopo Ngahue avrebbe conosciuto la storia di quel grande masso di pounamu. Tuttavia, capì immediatamente che il blocco di pietra staccatosi dalla grande roccia era un segno importante e si mise subito all’opera: da esso, con grande pazienza, ricavò la lama d’ascia che chiamò Tutauru, la legò ad un manico di duro legno e utilizzò lo strumento così creato per abbattere un grande albero di tōtara, un albero che cresce solo nelle due grandi isole di Aotearoa..
Una volta legato il grande e lungo tronco alla sua waka tīwai, tornò ad Hawaiki.

Un pezzo di nefrite kahurangi, proveniente da un grosso masso fluviale dell’Isola del Sud
https://steemitimages.com/640x0/https://cd...S2KyC/image.png

L’ascia tutauru non si può fotografare, la sua lama era molto simile a quella dell’ascia toki poutangata, anche se l’immanicatura della prima è molto molto più semplice, addirittura elementare. Ecco una immagine di toki poutangata
https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?...6xRzRg&usqp=CAU

Il più grande albero di tōtara conosciuto, 36 mt di altezza, diam. del tronco a 1.5 mt di altezza quasi 4 mt. Il legno del tōtara è molto leggero e duro allo stesso tempo, e ha un altro contenuto di olio naturale, che impedisce al legno di marcire
https://en.wikipedia.org/wiki/File:Largest...uakani_Tree.jpg

Giunto nella sua isola natale, Naghue con quello stesso strumento tagliò il tronco in 2 pezzi, li scavò, e costruì con essi una grande waka hourua, quella che i pakeha chiamano canoa oceanica a doppio scafo. La waka era tutta mirabilmente intagliata, con figure e simboli che ci ha tramandato la tradizione.
Ebbe il nome di Te Arawa ed era molto lunga, così lunga da poter contenere tutti i membri di Wherowhero, la tribù di Ngahue.

Terminata la waka, da quanto era avanzato del blocco di pounamu, Ngahue ricavò Kaukau-matua, un paio di splendidi oggetti che i pakeha chiamano orecchini, e se li appese alle orecchie.
Infine, imbarcati tutti i membri della sua tribù a bordo di Te Arawa, riprese il mare e raggiunse nuovamente l’sola che Kupe aveva chiamato Aotearoa.
Una volta sbarcato con tutta la sua tribù, rinominò l’sola Te Wāhi Pounamu, che come ho detto i pakeha dicono significare, nella loro barbara lingua, “l’isola della pietra verde”.

Waka hourua, canoa doppia oceanica, ricostruita nel 2009
https://en.wikipedia.org/wiki/File:Haunui_waka.jpg https://en.wikipedia.org/wiki/File:00_0524..._der_Maoris.jpg

waka taua, canoe da guerra
https://en.wikipedia.org/wiki/File:Maori_w...der_Sporing.jpg
https://en.wikipedia.org/wiki/File:EarleWarSpeech.jpg

Così iniziò la nostra vita nella nuova Patria, nelle due grandi isole che ancor oggi chiamiamo assieme Atearoa.

Ciò che al suo approdo Ngahue non sapeva del grande masso di bellissima pietra verde, lo conobbe poco dopo lo sbarco di Wherowhero, la sua iwi/tribù.
E lo conobbe durante un sogno fatto in una notte senza luna.
Al risveglio, Ngahue raccontò il suo sogno a tutta la tribù e questo fece in modo che tutti i membri del suo whānau/clan, che erano suoi fratelli di sangue, si considerassero dei privilegiati, perché il blocco staccatosi al primo sbarco di Naghue veniva da un masso sacro, che ha una lunga storia, iniziata poco dopo il Principio dei Tempi.
E questo masso stava proprio attendendo Ngahue, per offrirgli quel blocco, il più bello di tutto il masso.

Questo è quanto ci raccontò Ngahue del suo sogno.

Nel sommo del Cielo viveva Hine-tua-hōanga, la dea della pietra che noi utilizziamo costruire le macine che servono per macinare le radici del taro e della felce aruhe.
Assieme a lei viveva in armonia, nell’oceano nei pressi di Hawaiki, il grande pesce Poutini.
Naturalmente, erano degli esseri con grandi poteri, per cui potevano restare vicini anche se vivevano in due luoghi così lontani e diversi tra di loro.
Un giorno Poutini si sfregò contro Hine-tua-hōanga e questo a lei non piacque, perché il pesce aveva una pelle con scaglie durissime, che provocarono dolore alla pietra, per cui i due, che sino a quel momento erano vissuti in perfetta armonia, litigarono furiosamente, così furiosamente che divennero acerrimi nemici.
Hine-tua-hōanga afferrò Poutini e lo scagliò lontano, mandandolo a sbattere contro la barriera di corallo di Hawaiki, nelle cui vicinanze Ngahue era intento a pescare.
Ancora furiosa e non soddisfatta dall’aver scagliato lontano Poutini, Hine-tua-hōanga scese dal Cielo e si mise alla ricerca del pesce.
Poutini, aiutato dall’intrepido Ngahue, fuggì rapidamente per mare, abbandonando le comode, calde e dolci acque delle lagune attorno a Hawaiki, approdando a Tu-hua, piccola isola molto lontana.
Ma Hine-tua-hōanga, sempre furiosa, li raggiunse e li scacciò anche da lì, mettendoli in balia di Mataa, dea della selce, e Whaiapu, dea dell’ascia.
I due fuggiaschi raddoppiarono la loro veloce corsa, finché giunsero sulle coste di Te Wāhi Pounamu, che nella barbara lingua dei pakeha significa “l’isola della pietra verde” e che loro chiamano South Island.
Qui, Ngahue nascose Poutini nelle acque del fiume Arahura, dove il pesce si tramutò in un masso di bellissima e verde scintillante pounamu kahurangi, che i pakeha chiamano nefrite verde smeraldo.
E fu un blocco di questo masso che Poutini donò a Ngahue, il suo pezzo più bello, che Ngahue portò con sé tornando ad Hawaiiki.

Da allora, Poutini è la personificazione della nefrite, Hine-tua-hōanga della pietra su cui viene macinata la radice di taro, Mataa della selce e Whaiapou dell’ascia.
E da allora, pounamu kawakawa, kahurangi, īnanga e tangiwai sono le pietre con le quali costruiamo i nostri amuleti, le nostre pietre totemiche.


Note

Con tutta probabilità, il conflitto tra queste personificazioni nasconde l’allusione al conflitto tra la giada e le pietre utilizzate per lavorarla.
In particolare, per rifinirla e lucidarla la giada viene strofinata su pietre scabrose e quasi altrettanto dure. Questo è probabilmente il significato da attribuire alla nascita del conflitto tra Poutini, cioè la giada nefrite pounamu kahurangi, e Hine-tua-hōanga, la pietra con la quale si fabbricano le macine. Poutini irritò Hine-tua-hōanga, strofinandosi contro di essa, irritandola.
Il fatto che Hine-tua-hōanga scateni contro il pesce/giada Mataa, dea della selce, sta a significare il contrasto tra la preziosa giada, utilizzata solo per fabbricare oggetti di grande valore e carichi di mana, e la più umile selce, utilizzata per creare utensili di uso comune e quotidiano.

Pounamu kawakawa, kahurangi e īnanga sono tre tipi di giada nefrite, delle quali kahurangi è la più apprezzata, perché è la più smeraldina e traslucida.
Pounamu tangiwai è una bowenite/bavenite.
 
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view post Posted on 14/4/2021, 21:52
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Grazie per il bel racconto!
Interessante è anche il fatto che, diversamente da quanto spesso si vuol credere, l‘arrivo degli uomini ha prodotto danni ambientali di grande rilievo, se ben ricordo, ma qui non sono del tutto sicuro, non solo per quanto riguarda la fauna, i moa in particolare, ma anche la flora.
 
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view post Posted on 15/4/2021, 05:49
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Usékar - Usékol: lo shamano Talamanca

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Si, è così.
Come ho scritto nell'introduzione, al loro arrivo, i Māori trovarono un ambiente certamente accogliente e libero dalla presenza di altri esseri umani, ma al quale non erano abituati, nel senso che non corrispondeva ai loro usi alimentari e di vita.
Per questo, iniziarono a tagliare grandi alberi, per costruire canoe e anche le grandi case claniche, che servivano per le loro adunanze.

Tuttavia, questo non avrebbe creato grandi problemi, essi non erano poi molti e la foresta avrebbe tardato poco a rigenerarsi e compensare i loro prelievi per quegli scopi.

Il vero problema furono gli incendi, appiccati per creare spazio all'agricoltura.
Benché fossero abili pescatori e cacciatori, avevano comunque bisogno di alimenti di origine vegetale, non erano abituati alla sola dieta carnea, come lo sono gli Inuit.
Per questo, portarono con sé, sulle grandi canoe oceaniche, alcune specie vegetali che coltivavano nelle zone da cui provenivano e che nelle due grandi isole neozelandesi non esistevano.
L'esperienza aveva insegnato ai polinesiani che il taro, per esempio, non esisteva in molte delle isole da loro colonizzate in precedenza. E la radice di taro era un alimento base della loro dieta.
Non conosco in dettaglio i nomi di altre specie vegetali che importarono, al fine di coltivarle, ma il taro non fu comunque l'unica, anche se fu la principale.
Per questo motivo, per coltivare le specie alimentari che abitualmente consumavano, bruciarono una gran parte delle foreste.

A questo si aggiunse, circa un secolo dopo il loro arrivo, l'effetto del cambiamento climatico generale avvenuto a partire dal XV sec., che portò ad una temperatura media inferiore rispetto al cosiddetto massimo del medioevo,
 
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